APRILEONLINE 31-3
IL CAVALIERE A CAVALLO
FRA CRAXI E CASINI
Il Cavaliere ferito, separato in casa con una delle sue tante amanti, quella vecchia Dc rappresentata dal partito di Pier Ferdinando Casini, si comporta in questi giorni come il classico maschietto italiano, umiliato e offeso, abbandonato senza un (per lui) ragionevole motivo. E toccato nel cuore e nell'orgoglio, anche le brillanti sparate di Berlusconi perdono il loro consueto smalto.
Nel tentativo di recare danno al promotore di questa improvvisa lotta intestina, da qualche giorno il leader di Forza Italia non perde occasione per attaccare il presidente Udc, ultima la strenua difesa dei sodali della Lega, tacciata di estremismo. "Gli estremisti sono quelli dell'Udc, e non il Carroccio", sarebbe stata la pronta levata di scudi del Signore di Arcore, anche se in realtà, solo per fare un esempio, alla riunione di Alessandra Mussolini & Co. ci andrà proprio lui.
Non meno di ventiquattr'ore prima, però, Berlusconi si era lasciato andare a una equiparazione da brivido, altamente rischiosa, che a più di qualcuno ha fatto tremare i polsi. Nel vortice del perduto controllo delle sue emozioni personali e politiche (che come sappiamo bene spesso magicamente coincidono), il Cavaliere ferito si è infatti lasciato andare a questa dichiarazione: "Casini cerca di costruire il grande centro e forse ha nostalgia della politica dei "due forni". Pensa di porsi come ago della bilancia come faceva Craxi". Uno sfogo registrato e archiviato dal soggetto chiamato in causa con assoluta non chalance: "Se Berlusconi pensa che il paragone mi indigni si sbaglia. Craxi è stato una grande personalità politica".
A pochi giorni dal voto contrario sull'Afghanistan, giudicato in Italia e in Europa del tutto controproducente per la sua strategia politica, il presidente del glorioso Milan si cimenta dunque in un altro clamoroso autogol, che soltanto i corti di memoria potrebbero non giudicare tale.
A parte la gaffe sui "due forni", che come rilevato dall'inviperita figlia di Bettino era espressione utilizzata nella prima Repubblica per indicare determinate scelte andreottiane (e non craxiane) in una delicata fase della sua attività di governo, l'infelice confronto proposto da Berlusconi nasce male perché a coinvolgere il fu segretario socialista è proprio lui, cioè a dire colui che del "decisionismo terzista" di Craxi raccolse i frutti più prolifici. Come dimenticare la legge Mammì sui diritti televisivi, tanto per fare l'esempio più eclatante? Come obliare un decennio (gli Ottanta), costellati dall'imperversare politico dell'allora nuovo corso socialista di stampo craxiano, al quale faceva seguito la crescita esponenziale dell'impero economico berlusconiano? Chi potrebbe oggi affermare senza tema di essere smentito che senza Craxi oggi Berlusconi non sarebbe dov'è, non fosse altro perché nel 1994 andò a occupare quell' "horror vacui" lasciato nello scacchiere della politica italiana proprio dal suo maggior referente in transatlantico, per portare a buon fine i suoi mastodontici giri di affari?
Da Craxi a Casini, il salto di re Silvio sembra essere politicamente mortale, col rischio di perdere buona parte di quanto faticosamente accumulato in questi anni, in termini di potere e consenso pubblico. Anni che si sono rivelati lunghi e difficili per il nostro paese, soprattutto per quegli italiani che non hanno potuto godere di corsie preferenziali. Ma il ritorno di un certo "centrismo" di maniera (e di sostanza) potrebbe sempre tornare a sparigliare di nuovo le carte. Di questo ha paura il Cavaliere ferito?