venerdì, agosto 18, 2006

RESISTENZA - 18/8/06

Gli spammer sono furbi – sanno bene a quanti italiani piacerebbe leggere questa notizia…
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ITALIENI 18-8
Il virus "Berlusconi assassinato" invade la rete
Silvio Berlusconi ha circolato tutta la settimana sulla posta elettronica di molti italiani. Dietro messaggi con oggetto "Berlusconi assassinato", "La morte di Berlusconi", "La tragedia di Berlusconi", "L'omicidio di Berlusconi", si nasconde un virus. Nel testo del messaggio c'è scritto che l'ex premier è stato ucciso da un soldato israeliano. Ma se si apre il file allegato, un virus attacca il sistema operativo Windows e invade la posta elettronica.
El País, Spagna [in spagnolo]
http://www.elpais.es/articulo/internet/virus/
Berlusconi/asesinado/inunda/red/
elpporint/20060817elpepunet_3/Tes/

giovedì, agosto 17, 2006

RESISTENZA - 17/8/05

IL PAGLIACCIO
che ha sgovernato l’Italia per cinque anni continua ad imperversare… e pensare che alcuni dei “polli di Renzo” del cosiddetto centro-sinistra, oltre a litigare fra loro, lo ritengono un interlocutore credibile per chissà quale “Grosse Koalition”.
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STAMPA 17-8
Corsivo
Un uomo vulcanico
Massimo Gramellini
Poichè il governo dei sinistri offre già spunti sufficienti di satira, mi ero ripromesso di non ospitare più fra queste righe le gesta dell'on. Berlusconi. S'intende, a meno che non si concretizzassero in qualcosa di straordinariamente esagerato. grottesco e volgare. Chessò, allestire un finto vulcano nel villone sardo e organizzare per la notte di ferragosto una colata lavica modello Forza Etna o Stromboli 5. Ebbene, egli lo ha allestito. Il vulcano, dico. Con tanto di eruzione, fumi, lapilli e lava a volontà. Una finzione talmente realistica che gli inquilini delle ville circostanti, credendo d'aver sbagliato mare e di essersi persi in un arcipelago giapponese ad alta densità tellurica, hanno chiesto l'intervento della Protezione Civile.
Immaginiamo lo stupore dei pompieri accorsi sul luogo della «catastrofe», nel rendersi conto di essere capitati dentro la Disneyland di un settantenne. Ma immaginiamo ancora di più lo stupore del padrone di casa: possibile che un privato cittadino non possa più nemmeno fabbricarsi un'eruzione vulcanica nel suo tinello, senza che lo Stato gli mandi subito qualche funzionario a controllare? Bei tempi quelli in cui Nerone riusciva a suonare indisturbato la lira fra le fiamme di Roma e a darne la colpa agli amici di Casini. Al giorno d'oggi uno non può più neppure guardare una colata lavica in Costa Smeralda cantando il karaoke insieme a Iva Zanicchi, che subito i vicini fanno la spia e magari quel comunista triste di Soru si inventa una tassa sui lapilli.
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IL MESSAGGERO 17-8
Il vulcano della villa di Berlusconi lancia lava e lapilli
Arrivano i pompieri

di MARIO AJELLO
FANTASTICAVA il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupery, nel suo pianeta immaginario: «Possiedo tre vulcani, che pulisco tutte le settimane». Silvio Berlusconi ne possiede solo uno, nella sua isola dei sogni, dei cactus e degli anfiteatri greci, ma sembra più che sufficiente per fargli realizzare l’ennesima missione impossibile: diventare il Dio Vulcano.
Nell’estate dei colpi di scena mediatici, dopo la danza di Marrakech per il compleanno di Veronica con tanto di collana di diamanti in dono all’amata e scenografie da Mille e una notte, ecco la nuova trovata di un italiano speciale che vive se stesso in un’aura mitologica capace di colpire l’immaginazione della metà dei connazionali. C’è un telecomando, un finto vulcano nella villa sarda del Cavaliere e il Piccolo Principe di Punta Lada, con un colpo di pollice, fa partire dal cratere le ceneri e i lapilli. Scatenando l’allarme e l’arrivo dei pompieri.
Ma quelle fiamme, più che altro, sono i lapilli del suo io imprevedibile e incandescente, diverte e si diverte e anche per questo piace a chi se lo fa piacere.
Il suo amico Giuliano Ferrara lo descrive come una sorta di «Mozart bambino». Ma ora è anche un Dio Vulcano (evviva evviva... buu... buu... buu...) e se fosse James Bond ma non è detto che non lo diventi sarebbe entrato con una corazza di metallo dentro il suo finto vulcano, come in «Agente 007, si vive solo due volte». Le vite del Cavaliere, come in una fiaba, sono più di due. Un giorno può decidere di trasformarsi in Giove (papà di Vulcano) o in Era (la mamma) e magari lo farà mandando in estasi le platee. Comunque, Berlusconi ridisegna fantasticamente il panorama italiano lì dove non c’era un vulcano ora c’è, un po’ come accade nei casinò di Las Vegas per ribadire la sua natura di Stupor Mundi. E inventa sceneggiature inimmaginabili. Quante volte s’è detto che la politica è una fucina? Lui questo miracolo crede di averlo realizzato davvero, in un angolo del suo giardino incantato. E popolato da ninfe del calibro della Marini e della Parietti, della Lima e della Gregoraci con le quali l’ex premier narrano le cronache ama passare le sue notti brave, fra uno champagne, un amarcord («Quella volta che George W. mi ha detto...») e un urlo da discoteca: «Ritornerò premier!».
Il Piccolo Principe di Punta Lada si colloca così, nella guerra dell’immagine con Prodi in vacanza, in un punto irraggiungibile dalla bicicletta del Professore, in una sfera “eccezzziunale veramenteee” e “smeralda” che funge da contraltare politico-culturale alle ferie normali dell’attuale premier che sta sotto un ombrellone in compagnia di suocera e nuora. O magari il Cavaliere sta soltanto giocando con una credenza dei popoli antichi: quella secondo cui le montagne di fuoco erano abitate da poderosi giganti. A volte, giganti buoni. Come quello di Punta Lada?
Il vulcanico Silvio, poco post-politico nonostante le apparenze sbarazzine, sembra teso a dimostrare che la sua politica nasce dalle viscere della terra ed è calda come la lava, anche se la sua lava domestica è di plastica. Il pirotecnico Silvio, diverso e distante dai nuovi governanti impegnati a pianificare la difficile missione in Libano e a promettere “lacrime e sangue” per la ripresa autunnale, pur vivendo la gravità del momento è come se si fosse messo in testa il vulcano, lì dove due anni fa c’era la bandana e due settimane fa c’era il velo da danzatore del Maghreb. Quali diversivi maggiori di questi si potevano escogitare, rispetto agli altri politici che fanno della normalità la loro cifra?
Nell’immaginario berlusconiano, c’è l’Unione che vive se stessa come un piccolo giardino ingombro di finti sette nani come quelli di tante case semplici e c’è all’opposto il parco reale in cui un vulcano elettronico, a fibre magnetiche come quelle del padrone di casa e capace di sparare fumi bianchi, arancioni e di ogni altro colore escluso il rosso funge da grande allegoria del potere dei sogni e delle favole che s’inverano. Non per forza nella politica.

martedì, agosto 08, 2006

MEDITAZIONE - 8/8/06

La discussione sulle sorti della maggioranza piace e si allarga. Ecco le "proposte estive" di Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini, Francesco Rutelli e Mario Monti per rendere più (o meno) governabile il paese. Due voci della sinistra – una “radicale” e una riformista -- ci spiegano cosa (secondo loro) vogliono dire e dove vogliono portarci.
Io non metto lingua

Luciano Seno
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LIBERAZIONE 8-8
Grande coalizione, larghe


intese o terzo polo?

Gianfranco Fini
"Noi continueremo con una opposizione senza sconti ma proponiamo un patto: voi (governo) non mettete la fiducia sulla Finanziaria, noi presentiamo pochi emendamenti qualificati, ma su quelli discutiamo. Su quelli si vota. Perché poi voglio vedere se su emendamenti che vanno in una certa direzione nella maggioranza prevale la logica di Padoa Schioppa o dei ministri castristi"
Giovanni Russo Spena
Il patto di Fini? Il leader di An parla di emendamenti ultraliberisti, con la pretesa di spostare a destra il baricentro dell’Unione. Prova in questo modo a dividere il centro dell’Unione e Padoa Schioppa dalla sinistra radicale. Un tentativo che fallirà perché noi ci atterremo al programma.
Emanuele Macaluso
Significa che il leader di Alleanza Nazionale vuole raggiungere due obiettivi. Primo: mostrarsi come il politico che vuole discutere costruttivamente con il governo. Ma nello stesso tempo prova a mettere in contraddizione l’attuale maggioranza. Vuole, insomma, dare di sé l’immagine dell’oppositore “non pregiudiziale”. Ma c’è anche una buona, un’abbondante dose di strumentalità. Il passaggio sui ministri “castristi” la dice lunga a proposito.
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Pierferdinando Casini
"Il governo non cadrà sulla Finanziaria, il Polo smetta di oscillare fra il dialogo e la piazza. L'allargamento della maggioranza non può essere l'aggiunta di un posto a tavola, serve per riforme e modernizzazione. Una fase nuova può nascere solo attraverso un approccio nuovo da parte del centrosinistra. Devono capire che la loro autosufficienza numerica non è di per sé un autosufficienza politica"
Giovanni Russo Spena
Mi sembra che Casini dia per finita, anzi per morta, l’esperienza della Casa delle libertà, ed è proprio questo l’aspetto più interessante delle sue risposte all’intervista sul “Corriere”. Insomma: il centrodestra non esiste più, così lui cerca il dialogo con la maggioranza. Anche se, a ben vedere, si tratta di una “polpetta avvelenata”, visto che il suo tentativo è quello di intavolare un discorso alla tedesca. E proporsi lui stesso come Merkel di turno.
Emanuele Macaluso
Le cose che dice Casini hanno un fondo di verità. Non credo di svelare misteri quando dico che non si può andare avanti coi voti di fiducia e con una maggioranza risicata al Senato. Dove comunque basterebbe un vantaggio di due voti, ma dove sei o sette senatori decidono per proprio conto. Senza rispondere a nesssuno. E allora la proposta di Casini è importante: offre una strada che potrebbe portare alla soluzione al problema. Ma è importante soprattutto perché è un segnale: indica la voglia di uscire dalla logica dell’obbedienza a Berlusconi. Tradotto: non faccio più parte della sua corte, provo a fare un’altra politica.
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Francesco Rutelli
"Ho invitato Berlusconi alla festa della Margherita perché voglio civilizzare i rapporti con il Polo (...) La maggioranza tiene e si allarga se troviamo nel Partito democratico un nuovo baricentro, equilibrato. Altrimenti il governo magari va avanti, perché è vivo, ma rischia il trasformismo. Basta superficialità nei rapporti con la Chiesa, l'Unione deve parlare ai cattolici"
Giovanni Russo Spena
Civilizzare i rapporti con l’opposizione è importante, il confronto è l’abc della democrazia e della politica. Per quanto riguarda l’ampliamento dei consensi, penso che alla base ci debba essere la tenuta dell’Unione, che deve restare unita sul programma presentato alle elettrici e agli elettori, quello che ci ha fatto vincere le elezioni. Il Partito democratico è un progetto cui guardiamo con rigore critico ed attenzione: dovrebbe essere una delle due gambe del centrosinistra, l’altra è la sinistra europea.
Emanuele Macaluso
Frasi decisamente criptiche. Se prese alla lettera non significano assolutamente nulla. Ma possono anche significare tutto. Lui vuole realizzare un accordo di centro ma non vuole dirlo apertamente. Vuole che intenda solo chi deve intendere e vuole che non capisca chi è contrario. Un approccio fraudolento.
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Mario Monti
"In Germania i due partiti hanno dato vita ad un governo che affronta con determinazione le diverse lobby... Su quali basi costruire (anche in Italia, ndr) un impegno comune di carattere straordinario? Forse una grande coalizione sarà necessaria. Ma avrebbe una base ben fragile se non fosse fondata su valutazioni condivise. Sarebbe utile che i dibattiti sulle formule politiche non eludessero questi problemi di fondo"
Giovanni Russo Spena
Credo che Mario Monti sia il teorico più serio e organico della Grande coalizione. Lui pensa a una Grande coalizione con al centro le strutture economiche, le imprese e il profitto. Monti è il più serio candidato di Confindustria e dei poteri forti. Se l’Unione fallisse, se all’orizzonte ci fosse una Grande coalizione cui io non credo, lui sarebbe il candidato più probabile.
Emanuele Macaluso
La frase, come tutto l’articolo, va letta bene. Lui dice esplicitamente che oggi non ci sono le condizioni per la Grande Coalizione alla tedesca. Oggi, insomma, per Monti non è all’ordine del giorno un governo Merkel anche qui da noi. Non si fa. Domani, magari, si vedrà. Ma oggi no. E mi sembra assai importante.

lunedì, agosto 07, 2006

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 7/8/06

L'UNITA' on-line 7-8
EDITORIALE
Per fortuna
Pietro Spataro
Leggere certi giornali è stato, ieri mattina, un lavoro abbastanza pesante.
Dunque, vediamo. Il quotidiano di Bossi, la Padania, urlava a modo suo contro l´«invasione degli immigrati» lanciando il suo referendum abrogativo e relativa raccolta di firme. Sotto, una foto che per loro (per loro i padani, s´intende) deve essere quanto di più terrorizzante ci sia: tre ragazzi neri e uno bianco seduti accanto e l´angosciante domanda: «Sarà così il nostro futuro?». Pensate un po´.
Per farci del male siamo passati a Libero, un giornale che come si sa non le manda a dire. E infatti quel fantasista di Feltri si è inventato un titolo ad effetto: «Diventano italiani anzi compagni». Cioè? Cioè, sospetta Feltri, Prodi cerca voti e quindi s´è inventato la cittadinanza agli immigrati (notoriamente tutti comunisti) e magari anche l´iscrizione obbligatoria all´Unione. Mah!
Il sospetto a destra è roba contagiosa e così anche il Giornale del fratello di Berlusconi puntava tutto sulla sinistra che ha fretta di prendersi tutti i voti degli immigrati.
Insomma, con questi bei titoli che ballavano davanti agli occhi, hanno ronzato nelle orecchie le frasi di Calderoli («Contro i bingo bongo mi allenerò al tiro al piattello...»), quelle di Gasparri («I terroristi di Londra erano immigrati diventati cittadini inglesi...»), del leghista Stiffoni («Siamo pronti alle barricate») oppure del berlusconiano Malan («Alle elezioni avremo liste di hezbollah»). E ci sono venuti due pensieri semplici semplici. Il primo: se sarà referendum, sarà una bella battaglia contro il razzismo leghista e noi saremo, come sempre, in prima fila. Il secondo: per fortuna che loro non comandano più e non possono più far danni. Per fortuna. Il governo Prodi teniamocelo ben stretto, che è meglio...
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AVVERTIMENTO AL PROFESSORE
L’Italia è un Paese liberal-democratico: il Presidente del Consiglio può dire e fare quel che gli pare, ma LORSIGNORI non si toccano.

CORSERA 7-8
EDITORIALE
Il pendolo di Prodi
Interventismo del governo
di Francesco Giavazzi
IL Prodi presidente della Commissione europea era avverso a ogni interferenza dello Stato nell’attività delle imprese, attento a garantire l’indipendenza delle Autorità. Nel programma elettorale dell’Unione si profila invece una visione più interventista: «La politica industriale (p. 121) ha oggi un ruolo cruciale nel sostegno allo sviluppo economico. Il nostro obiettivo è quello di creare un unico centro di responsabilità politica preposto a contrastare il declino dell’apparato produttivo italiano, coordinato con i diversi livelli istituzionali di competenza nazionali e territoriali». Questa linea di politica economica sembra prevalere nelle prime scelte compiute.
Il ministro Tommaso Padoa-Schioppa ha spiegato che lo Stato non può vendere altre azioni di Enel, diversamente rischia di perdere il controllo della società.
Ma davvero, per regolare il settore elettrico, occorre sedere nel consiglio d’amministrazione di Enel col potere di nominare presidente e amministratore delegato? Non sarebbe più liberale affidarsi a un’Autorità indipendente e lasciare la proprietà di Enel al mercato?
Venerdì il governo ha proibito la fusione tra Autostrade e la spagnola Abertis.
Prima di vietare un’integrazione tra due aziende europee non sarebbe stato più opportuno istituire un’Autorità per i trasporti e affidarle il controllo di un mercato oggi regolato dall’Anas?
Le cronache estive dedicano ampio spazio al futuro della proprietà di Telecom Italia e ai partiti che già si stanno formando: chi a favore dell’ingresso dell’imprenditore australiano Murdoch, chi di Berlusconi tramite Mediaset, chi della Cir di Carlo De Benedetti. Il presidente del Consiglio ha certamente il diritto di essere informato sul futuro della nostra maggiore azienda di telecomunicazioni ma dovrebbe fugare anche solo il sospetto di voler influenzare o, peggio ancora, determinare il futuro di un’impresa privata. Urge invece che egli vari il suo progetto di una nuova autorità per le reti.
(versione ridotta)
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L’avvertimento è chiaro: Professore, giù le mani dal big business di Lorsignori, i lati oscuri sono affari loro e chi se ne fotte di cittadini, utenti, consumatori o chiamateli come volete, della gente, insomma. Un’esempio emblematico. Tutti gli addetti ai lavori sanno – ma nessuno lo dice a noi, non sono affari nostri – che Abertis è controllata da Benetton attraverso le solite società offshore. Praticamente, Benetton vuole comprare se stesso dalla Spagna, sottraendosi così ai pesanti obblighi contrattuali che ha sempre evaso in Italia. Ah, dimenticavo, le “Autorità”… FACCE RIDE, come si dice a Roma: per cinque anni Berlusconi ha controllato la totalità della TV italiana… ha mai fiatato la cosiddetta “Autorità delle Telecomunicazioni”?
Luciano Seno
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STAMPA 7-8
E la tv svela la crisi del berlusconismo
Pare che circa un milione di “berluscones” stia aprendo gli occhi.

di Klaus Davi
Tutti ricordano che nelle recenti elezioni di aprile, l'Unione vinse per pochi, pochissimi voti. Per la precisione 24.000. Una cifra che ancora oggi procura maldipancia a Silvio e soci, fonte di recriminazioni, polemiche, liti in Parlamento e fuori. 24.000 schede hanno fatto la differenza e hanno spianato la strada a Prodi. Ma se dovessimo invece considerare questo dato sul piano dell'audience televisiva, il peso sarebbe minimo, per non dire irrisorio. 24.000 cittadini/auditel rappresentano molto meno di un punto percentuale di share. Meno di quanto fa il monoscopio alle 3 di notte.
Tuttavia se la televisione è un anticipatore dei segnali deboli che si manifesteranno nella società, spulciando il rapporto Auditel scopriamo curiosi movimenti nelle forme di consumo televisivo che agli inserzionisti dicono poco, ma che agli occhi di un politico possono invece significare qualcosa, eccome. Se confrontiamo i periodi di ascolto compresi tra settembre/giugno 2004/2005 e settembre/giugno 2005/2006, qualcosa di vistoso salta all'occhio.
Le regioni che hanno garantito la sostanziale tenuta di Berlusconi alle elezioni, infatti, paradossalmente accusano un piccolo calo da video-dipendenza.
Partiamo dal Piemonte (qui calcolato con la Valle d'Aosta) che alle ultime politiche ha determinato la tenuta della destra. Nella regione governata da Mercedes Bresso, le tre reti Mediaset perdono un po' di spettatori.
Ma ce n'è anche per il mitico Lombardo-Veneto. Nella regione feudo di Formigoni a calare seppur lievemente in termini assoluti è tutta la corazzata di Cologno Monzese.
Lo stesso dicasi per il Veneto di Galan, per non dire della Sicilia di Toto Cuffaro, che è stata teatro di una rovente campagna elettorale.
Queste piccole migrazioni di telespettatori tradotte in voti pesano, eccome. Sommando le varie oscillazioni si ottiene la somma di oltre 1 milione di telespettatori che fluttuano nel giorno medio. Oltre 700.000 voti sonanti, poco significativi in termini di consenso televisivo, d'accordo, ma molto consistenti nel segreto dell'urna.
(Sunto sostanziale, depurato di lunghe citazioni di cifre e percentuali).
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LIBERAZIONE 7-8
Il “Partito Democratico”?
Un “bizzarro ircocervo”

di Rina Gagliardi
Siamo andati a curiosare sulle sorti del Piddì, il bizzarro ircocervo di cui tanto si parla (e tanto spesso a vanvera) ma di cui si continua a non vedere la luce. Così, ci siamo imbattuti in dichiarazioni di Francesco Rutelli che hanno come oggetto privilegiato proprio il futuro Partito Democratico. E abbiamo appreso diverse cose interessanti, che inevitabilmente si intrecciano con le sorti della maggioranza e del governo Prodi.
Un partito “atlantico”, dice il presidente della Margherita, e anzi americano: la collocazione internazionale del nuovo partito sarà tra Washington (versione Clinton, forse Hillary) e Kadima, il partito di Olmert di cui Rutelli è da tempo un fervido sostenitore. Nel Pd così disegnato, i margini per un legame vero con le socialdemocrazie e i socialisti europei, appaiono alquanto scarsi. Chissà che cosa ne pensano i Ds e il popolo di sinistra.
Dice poi Rutelli (citando furbescamente Togliatti) che il Piddì non solo dovrà conquistare i voti dei cattolici, ma dovrà soprattutto rassicurare la Chiesa (cioè le alte gerarchie ecclesiastiche). Par di capire, in sostanza, che il Piddì dovrà svolgere nei loro confronti un ruolo identico a quello storicamente svolto dalla Democrazia cristiana, là dove l’Unione, al contrario, sta “preoccupando” non poco i vescovi per i soliti rischi di deriva zapaterista. Traduzione: chi avesse in testa qualche passo in avanti sulle unioni civili, o un timido accenno alla revisione della legge 40, è avvertito.
Più in generale, nel Piddì così disegnato non sembra esserci traccia alcuna della sinistra. Viene dunque il sospetto che il presidente della Margherita si sia messo d’impegno per far saltare tutto da qui ai prossimi mesi. In quest’ultimo caso, non sarà facile fare la sinistra di un partito che non c’è.
(paragrafi centrali di un lungo editoriale)

domenica, agosto 06, 2006

MEDITAZIONE - 6/8/06

COMPITO PER LE VACANZE
Dite con parole altrui come si fa a neutralizzare quei “komunisti” e “koglioni” che impediscono la continuazione del berlusconismo senza Berlusconi.

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SVOLGIMENTO
Franco Marini vuole che Unione e Cdl dialoghino e collaborino sui grandi temi di interesse nazionale. Fausto Bertinotti considera il benvenuto chi dall'opposizione vuole aggiungersi allo sforzo di introdurre nella società italiana elementi di equità e giustizia sociale. I presidenti di Senato e Camera invitano i poli al dialogo.
Dice infatti Marini: “Credo che questa sarà la strada che dopo la pausa estiva dovremo intraprendere".
Bertinotti dice che “Se nello schieramento che si definisce "borghese" ci sono delle forze interessanti, con quelle, bisogna dirlo chiaro, si deve collaborare".
«Ora andiamo in vacanza e riposiamo, ma pensiamo che a settembre si deve aprire questa fase nuova», dice Pier Ferdinando Casini.
Non passerà giorno da qui all'appuntamento con la finanziaria senza che centrodestra e centrosinistra discutano del grande tema dell'estate: l'allargamento della maggioranza. Presentato come indispensabile al centrosinistra, in realtà l'allargamento preoccupa principalmente il centrodestra. E nel centrodestra principalmente Casini e Gianfranco Fini. Presi in contropiede dalla nouvelle vague di Silvio Berlusconi che sembra aver deciso di abbandonare la linea dello scontro diretto con la maggioranza.
Perciò verrà riposto il problema della leadership di Berlusconi da parte di Casini e Fini». Insomma, Silvio Berlusconi è costretto a rinunciare alla sua linea aventiniana per restare in sella.
Le riforme costituzionali: probabilmente è su questo terreno che il centrosinistra giocherà la carta del dialogo. «L'opposizione batta un colpo sulla materia decisiva delle riforme», dice il diessino Maurizio Migliavacca.
Renzo Lusetti, deputato della Margherita: «Nelle parole di Casini, leggo un'apertura significativa al governo Prodi e a tutta la maggioranza di centrosinistra. Un'operazione responsabile che apre al dialogo su grandi temi.» Possibilista anche il collega di partito e vicepresidente della Camera Pierluigi Castagnetti: «Nelle parole di Casini, leggo un'apertura significativa al governo Prodi e a tutta la maggioranza di centrosinistra. Un'operazione responsabile che apre al dialogo su grandi temi». Molto significativa l’identità delle dichiarazioni: ordine di scuderia rutelliano, probabilmente. L’aspirante numerario dell’Opus Dei ha infatti invitato Silvio Berlusconi alla festa della Margherita per «civilizzare i rapporti con l’opposizione»; e nella speranza neppure troppo segreta di intercettarne l’elettorato moderato: anche se teme l’«analisi superficiale che una parte dell’Unione fa sul mondo cattolico.» Eh, già, perché, aggiunge «La Chiesa èp erplessa su quanto facciamo. Basta superficialità, l’Unione deve parlare ai cattolici». Riferisce un cronista: “In anticamera lo aspetta un giovane monsignore della Curia.
L’uscita di Casini e l’interesse che le dimostrano Rutelli & Co. è un evidente inciucio “centrista” per promuovere l’allargamento della “maggioranza gracile” di Prodi. Pare tuttavia che possa tagliare le gambe alla “fase Merkel” – slogan col quale da tempo il Foglio sta promuovendo il “Dalemoni” – anche se la prova generale delle “larghe intese” (l’indulto) ha avuto successo. Fini dice chiaramente: “Se cade Prodi si vada alle elezioni.” Berlusconi veramente il “progetto Merkel” se lo tiene di riserva, ma la fuga in avanti di Casini lo costringe a temporeggiare : “Agosto, alleato mio non ti conosco.”
Se esiste il problema di rafforzare la sinistra in corso d'opera - e dio sa se esiste - quel rafforzamento sarà realizzabile solo facendo emergere nella nuova legislazione e nella nuova amministrazione quella differenza di fondo che con una definizione di scuola si chiama lo stato di diritto.
Senza di che il sostantivo democrazia e l'aggettivo democratico non sono che parole vuote, gusci vuoti, castelli di carta esposti ad ogni vento e ad ogni fulmine. Il potere si riduce a sopravvivenza, furberia, corruttela diffusa.
Durare per durare. Questo è il peggior andreottismo nelle sue forme minimaliste. E il peggior berlusconismo nelle sue forme roboanti e mediatiche.
Modernizzare lo Stato e liberare le istituzioni: aspettiamo con fiducia. Ma presto. Il buongiorno infatti si vede dal mattino. Anche quello cattivo.
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DISCLAIMER
Qua di mio c’è solo il titolo – il testo è un polpettone, un fritto misto, cucinato con quel che ho letto oggi sui giornali.
Luciano Seno

venerdì, agosto 04, 2006

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 4/8/06

REPUBBLICA on-line 4-8
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Senti chi straparla
"La politica deve restare fuori e lontana dallo sport, che ha una sua giurisdizione, suoi giudici e un'organizzazione internazionale. Abbiamo critica molte volte la sinistra perché voleva mettere le mani sullo sport. Ora noi non lo faremo."
(Silvio Berlusconi, Corriere della sera, 12 agosto 2003).
"Sono esterrefatto ed indignato delle richieste dell'accusa: il Milan non ha mai avuto favori arbitrali, anzi, al contrario, è stato vittima di favori arbitrali concessi ad altri club, per questo mi è difficile non vedere in questa assurda e spropositata richiesta dell'accusa un movente ed una volontà politica assolutamente inaccettabili nell'ambito dello sport."
(Silvio Berlusconi, Ansa, 14 luglio 2006).
"Il giorno dopo la sentenza che ha rivoluzionato il calcio italiano, va in scena l'ira di Silvio Berlusconi e dei suoi fedelissimi, che insorgono per il trattamento riservato al Milan. Il Cavaliere non ha dubbi sul fatto che la sua squadra, alla quale i giudici della Caf hanno comunque evitato l'onta della retrocessione i serie B, sia stata scelta come obiettivo di una guerra che ha ben poco di calcistico. Il Cavaliere ritiene di essere vittima di un 'verdetto politico'. E tutto il suo 'entourage'' politico si mobilita contro la decisione dei giudici sportivi. Paolo Bonaiuti, portavoce dell'ex premier e tifoso viola, tuona contro la sentenza della Caf che, accusa, 'colpisce quasi venti milioni di tifosi, impedisce all'Italia campione mondiale di essere rappresentata ad alto livello nelle coppe Internazionali e costringerà i nostri migliori calciatori a giocare nelle squadre estere'. Franco Giro sostiene che 'se il Milan avesse avuto un Presidente diverso da Berlusconi la sentenza sarebbe stata favorevole. E invece abbiamo avuto un'altra sentenza 'contra personam', contro Silvio Berlusconi'. Guido Crosetto di Forza Italia accusa la sinistra di aver esercitato 'ingerenzè nella decisione della giustizia sportiva. Maurizio Lupi, altro parlamentare berlusconiano, parla di sentenza 'scandalosa': si allinea anche Angelino Alfano, che da una parte esulta per l'ingresso nella Champion League del suo Palermo (dovuta anche alla penalizzazione del Milan), ma denuncia la 'stangatà dei giudici sportivi."
(Ansa, 15 luglio 2006).
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Berlusconi: "Casini? E' agosto - Alleato mio non ti conosco"
Il Cavaliere, in partenza per le vacanze in Sardegna replica ironicamente sulla necessità di una nuova fase politica
Ma ne parlerà con Rutelli
ROMA - Prima di partire per le vacanze in Sardegna, Silvio Berlusconi lancia qualche frecciatina agli alleati. "Che vuole che le dica... E' agosto. Alleato mio non ti conosco...", risponde a un cronista che gli chiede un giudizio sulle dichiarazioni del leader dell'Udc riguardo alla necessità di una nuova fase politica.
Poi una battuta per il capogruppo di Alleanza Nazionale Ignazio La Russa, che aveva espresso irritazione per l'esclusione di esponenti del suo partito dalle cene del lunedì ad Arcore: "Non c'è nessun problema, sarà senz'altro presente in futuro", afferma l'ex premier.
"Riprenderemo il lavoro al meeting dove incontrerò Formigoni. Quindi il faccia a faccia con Rutelli", aggiunge il leader di Forza Italia prima di lasciare palazzo Grazioli.
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CITAZIONI
«Davanti a una maggioranza in difficoltà il nostro compito non deve limitarsi ad un ostruzionismo sterile ma bisogna aprire una nuova fase della politica italiana. Ora andiamo in vacanza, riposiamoci e soprattutto pensiamo, perché credo che a settembre si aprirà una fase nuova».
(Pier Ferdinando Casini, Corsera 3-8)
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-- Lei seguita a citare l'Udc e il Nuovo Psi: è già avviato l'allargamento della maggioranza?
«Sia nel modo di stare in Parlamento sia nel rispetto e nel merito di tante questioni, loro sono diversi dagli altri. Anche sul modello tedesco di federalismo, sistema elettorale e forma di governo sono vicini al centrosinistra...».
(Vannino Chiti, intervista al Corsera 4-8)
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L'UNITA' on-line 4-8
BANNER
Il grande fratello maggiore. «La crisi mediorientale? Non ho motivo di telefonare a Bush. Mi tengono sempre informato. Tutti questi capi di governo mi considerano come un fratello maggiore. Mi conoscono come un tycoon. Sanno che un giorno quando lasceranno il governo e la politica, potrebbero venire a lavorare da me».
Silvio Berlusconi, La Stampa, 3 agosto 2006
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EDITORIALE
I Giorni di Berlusconi
Furio Colombo
…Ecco il passaggio [di Adriano Sofri] a cui mi riferisco: «Rispetto al regime, così come specificamente lo si evocava - come si chiama regime il ventennio fascista - il centrodestra era contemporaneamente meno e più».
«Più, quanto alla morbida capacità di modellare ed emulare uno spirito pubblico incattivito, inebetito e furbo. Più, quanto alla più volgare selezione alla rovescia di una classe pubblica e di governo. Meno, infinitamente meno, quanto all'esercizio di un potere persecutorio. Non occorreva coraggio per opporsi al centrodestra, non pendevano la galera o l'esilio o le bastonate sui dissidenti. Si poteva, ed era una vergogna, esser cacciati dal proprio posto alla Rai, e replicare canticchiando "Bella ciao": ma non per salire in montagna, o per sbarcare a Ustica o Ventotene».
Poiché è stato l´Unità il primo e il solo giornale a parlare di regime come definizione del governo Berlusconi, credo di essere chiamato in causa (insieme a Padellaro ero allora il direttore, e né lui né io ci siamo mai pentiti del nostro lavoro) e di avere un dovere di chiarimento e di risposta.
La breve rievocazione di Sofri salta un punto molto importante, il più importante nella esperienza italiana di Berlusconi: il conflitto di interessi. Una presenza pesante, autorevole e quasi totale nel mondo dei media ha fatto di Berlusconi un protagonista privilegiato sulla scena mondiale delle comunicazioni.
L´attivismo d´affari e le partecipazioni rilevanti in molti altri rami cruciali dell´attività economica di un Paese con una ristretta classe dirigente - banche, assicurazioni, editoria, finanza - ha posto Berlusconi in condizioni di trovarsi a un crocevia di convenienti incursioni, notate e non notate, pubbliche e segrete, tutte utili sia al potere che al beneficio (clamoroso, come si ricorderà) delle sue aziende.
L´esercizio del potere politico, in una situazione giuridica che assegna al capo dell´esecutivo assensi, veti, permessi, licenze, e anche influenza di umori su molti settori, essenziali della vita di un Paese, ha creato un privilegio raro, forse unico: un potere pubblico-privato (o una pesante sovrapposizione del privato sul pubblico) senza uguali. Per fare un esempio, sotto Berlusconi un giornalista poteva perdere il lavoro all´istante ma non trovarne un altro.
Trovo strano che Sofri abbia scherzato sull´«andare in montagna o sbarcare a Ventotene». È evidente che l´immensa ricchezza personale ha messo Berlusconi in condizione di eseguire vere e proprie operazioni di acquisto del consenso, di taglio dei canali di comunicazione agli oppositori: ricordate Enzo Biagi? Ricordate le «500 accuse» a l´Unità, allo scopo di isolare questo giornale? Ricordate la forte intimidazione di ogni tentativo di dissenso anche parziale? Ricordate il caso Ferruccio De Bortoli?
Ricordate l´ordine di blocco totale della pubblicità fatto pervenire agli inserzionisti potenziali dell´Unità mediante la frase «testata omicida», pronunciata senza obiezioni di alcuno dei presenti in due diverse e popolarissime serate televisive? Ci sono anche fatti non pubblici però gravi e che è opportuno ricordare, come le pesanti difficoltà create in modo aperto e deliberato nella vita d´affari di alcuni azionisti della nuova Unità.
In questo caso «andare in montagna» significa che chi avrebbe potuto cedere la propria partecipazione in questo giornale non lo ha fatto, chi avrebbe potuto tacere non ha taciuto, firme di primo piano abituate a ben altri compensi hanno offerto all´Unità il loro prestigio intatto per quasi niente, e nessuno dei giornalisti che hanno ridato talento e vita a questo giornale si è lasciato intimidire da scenate pubbliche (comprese le conferenze stampa in cui Berlusconi offriva, incontrastato, giudizi infamanti di uomo potente sui nostri giornalisti).
Stiamo parlando di un dominio mediatico che ha cambiato e cambia ancora la faccia del Paese. Mai, prima, si erano sommati un immenso potere economico, un assoluto controllo politico (data la passiva obbedienza del Parlamento) e la proprietà di diritto o di fatto di quattro quinti dei mezzi di comunicazione di massa.
L´esilio c´è stato, eccome. Consisteva non solo nell´escludere i nemici da ogni accesso professionale a tutte le televisioni (infatti anche quelle non immediatamente controllate si adeguavano) ma anche nell´impedire citazioni e riferimenti ai nomi delle persone messe al bando, e certamente dell´Unità, del suo direttore e del suo condirettore e dei suoi giornalisti. L´Unità era il vero obiettivo perché non ha mollato mai la presa sul cuore del sistema berlusconiano, il conflitto di interessi, un conflitto che viene dall´illegalità e genera illegalità.
Sofri mi potrà dire che la mia è una «reazione sproporzionata». Avrebbe ragione se questa risposta (tutta questa risposta) fosse diretta a lui. Invece - come si dice nelle tavole rotonde - devo dirgli grazie per avere sollevato il problema. Ciò che Sofri ha scritto serve per dedicare questa breve rievocazione di un regime mediatico condotto in modo totalitario e senza alcuna distrazione o tolleranza, a coloro che pensano di invitare il proprietario personale di quel regime alla Festa della Margherita, come se si trattasse di una allegra serata con il noto frequentatore del "Billionaire". C´era qualcosa in più da ricordare di quei giorni. Con l´aiuto di Sofri, abbiamo potuto farlo.


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MEDITAZIONE


LIBERAZIONE 4-8
EDITORIALE

Uno spettro s'aggira per la

destra: l'allargamento

di Andrea Colombo
C'è il Fini istituzionale, quello che propone alla maggioranza una specie di "patto fra gentiluomini" sulla finanziaria, e c'è il Fini barricadiero, quello che fissa lo sguardo sognante sulla rivolta dei tassinari e minaccia nuove rivolte di popolo contro la medesima finanziaria. C'è il Berlusconi descamisado, che esorta a insorgere contro la dittatura fiscale, e il Berlusconi pasdaran dell'alternanza, che invia messaggi in codice a Romano Prodi per segnalare che, se del caso, lui è prontissimo a tornare al voto senza perdere tempo con governi tecnici, istituzionali o di larghe intese che dir si voglia. Però c'è anche un Berlusconi tutto diverso, quello che strizza l'occhio ai centristi dell'Unione e si appella direttamente ai democristiani della Margherita: li lusinga e li blandisce, lascia trasparire poco confessabili disponibilità a giochi di sponda reciprocamente vantaggiosi, socchiude spiragli su quelle stesse larghe intese appena rinnegate con il grido di battaglia "Alle urne, alle urne".
Più che indicare una direzione di marcia precisa, Berlusconi e Fini hanno adoperato l'ultimo importante appuntamento parlamentare prima della pausa estiva per bloccare, o almeno per ostacolare, l'unico esito che temono realmente, il cosiddetto allargamento della maggioranza, in entrambe le accezioni, tra loro distantissime, del termine. Si spiega dunque facilmente l'ostilità palesata in aula da Pier Casini, con il suo ostentato rifiuto di unirsi all'ovazione tributata dai colleghi a Silvio Berlusconi.
La minaccia, messa sul tavolo dal cavaliere, di immediato ricorso alle urne in caso di crisi di questa maggioranza si proponeva anche, se non soprattutto, di scoraggiare quel drappello di parlamentari che potrebbero passare il confine subito prima o subito dopo la finanziaria. Si tratterebbe, in questo caso, di un modesto ma dal punto di vista numerico fondamentale "allargamento della maggioranza", di natura tale da non snaturarne l'identità. Dal punto di vista politico, il "piccolo allargamento" siglerebbe l'intesa tra il governo dell'Unione e una parte del capitalismo italiano, in particolare sul terreno comune della lotta contro la rendita.
Per il capo di Forza Italia si tratta di una eventualità temibile e temuta, ma non quanto quella del "grande allargamento" della maggioranza: l'ingresso a pieno titolo dell'intera Udc. Un simile tentativo sarebbe assai più delicato e difficile dell'altro. L'Udc non basterebbe infatti a sostituire l'ala sinistra della coalizione, di conseguenza sarebbe necessario rinegoziare un programma, inevitabilmente spostato al centro ma tale da tenere insieme tutto o quasi l'attuale centrosinistra più il partito di Casini e Cesa. Solo un'operazione così ambiziosa sortirebbe tuttavia il risultato di blindare la legislatura e, in rapida prospettiva, di scalzare Berlusconi sostituendolo alla guida di un nuovo schieramento moderato. E' questa, soprattutto questa minaccia, temuta del resto anche da Romano Prodi, che Berlusconi e Fini si propongono in primo luogo di mettere fuori gioco con la strategia, per tutto il resto vaghissima, annunciata due giorni fa a Montecitorio.

giovedì, agosto 03, 2006

RESISTENZA - 3/8/06

S’ODE A DESTRA UNO SQUILLO DI TROMBA, DA SINISTRA UNO SQUILLO RISPONDE: “Uffa! Bisogna sbarazzarsi quanto prima di chi crede davvero che il centro-sinistra abbia qualcosa a che fare con la sinistra…”
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REPUBBLICA on-line 3-8
Titolo
Casini: "Governo troppo gracile -- Cdl in campo per fase nuova"
Il leader dell'Udc rilancia l'apertura al dialogo proposta da Berlusconi
"Così è impossibile affrontare le grandi questioni nazionali e internazionali"

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CORSERA 3-8
EDITORIALE
Dietro le parole forti la voglia di confronto
La scommessa simmetrica per la seconda fase del premier e del Cavaliere
Massimo Franco
Lo «stato di polizia tributaria» temuto da Silvio Berlusconi, e le piazze inferocite immaginate da Gianfranco Fini se il governo mette la fiducia anche sulla Finanziaria, sono solo scorie postelettorali. Dietro il velo dell'indignazione, spunta la consapevolezza di una «situazione fluida»… mentre sotto voce si ipotizzano scenari diversi. E l'invito berlusconiano alle «persone di buonsenso», rivela il calcolo e la voglia di dialogare con l'Unione.
Il Cavaliere non vuole essere preceduto da altri partiti d'opposizione. Pier Ferdinando Casini, il leader dell'Udc sta cercando di smarcarsi. E al gelo si aggiungono le voci di una «campagna acquisti» da parte dell'Unione.
Additando il voto anticipato come sbocco quasi inevitabile di una crisi, Berlusconi e Prodi sembrano parlare un linguaggio molto simile; e forse rivelano interessi simmetrici, seppure da avversari. Se in autunno il governo non ce la facesse e se ne formasse un altro, avrebbe quasi certamente un nuovo presidente del Consiglio; e, in prospettiva, finirebbe per spuntare un altro capo dell'opposizione. Tornare alle urne presto, invece, darebbe al Cavaliere la possibilità di rimanere il candidato a Palazzo Chigi. Dietro le manovre sull'allargamento della maggioranza si intravede dunque la tentazione di un doppio «parricidio» politico; e il tentativo di scongiurarlo giocando d'anticipo.
La sensazione è che la durezza berlusconiana, abbinata all'appello all'Unione «di buonsenso», miri ad un'operazione simile sul fronte opposto.
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CITAZIONE
La battaglia del governo per sopravvivere è bollente come il sol d’agosto. Prodi rischia di dover gettar la spugna se le condizioni per l’approvazione delle sue leggi non saranno migliorate. Occorrono certamente «convergenze» più che lotte muscolari. E le convergenze possono prefigurare transizioni politiche lunghe e complesse. Qualcuno vorrà inserire in queste transizioni l’idea di «centro». E Berlusconi? Si può fare un centro senza di lui?
(Franco Bruni, Stampa 3-8)
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SOLE - 24 ORE 3-8
EDITORIALE
Berlusconi guarda alle larghe intese
La veemenza dei toni non deve trarre in inganno

Stefano Folli
Il discorso di Silvio Berlusconi alla Camera, ieri, non è stato solo un attacco al governo Prodi sull'abuso dei voti di fiducia o un'arringa sullo «Stato di polizia ». È stato qualcosa di più. Berlusconi ha voluto far intendere che il capo dell'opposizione è sempre lui e che la Casa delle libertà è ancora unita. Così l'ovazione finale e la stretta di mano da parte di Fini (ma non di Casini) era parte della coreografia complessiva. Obiettivo raggiunto. Ma il leader aveva anche un altro scopo. Non perdere il filo di un confronto generale con il centrosinistra, a cui tiene, e soprattutto evitare che tale confronto diventi prerogativa di un segmento della Cdl (per esempio, l'Udc) con esclusione del resto della coalizione.
Di fatto il capo dell'opposizione ha citato «gli appelli» al dialogo e alla comprensione venuti da Napolitano. Ossia dal presidente che la destra non ha votato, ma che oggi apprezza per l'evidente propensione a cercare larghe intese in Parlamento.
Napolitano e il presidente del Senato, Marini, sono impegnati ad accorciare le distanze fra gli schieramenti, a superare i rischi di una situazione in cui solo gli estremisti dei due campi sono premiati.
Ma non c'è dubbio che la novità di un Berlusconi ormai convertito alla ricerca d’intese può fare la differenza. Un Berlusconi in grado di fare propria la linea di Casini e di attuarla in prima persona, può produrre effetti dirompenti. E forse non è un caso se ai primi di settembre, a Caorle, Berlusconi e Rutelli s'incontreranno alla Festa della Margherita. Sarà la prima novità d'autunno.
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CITAZIONI
La Grande Coalizione non è una ipotesi immaginaria, ma è una prospettiva attualissima alla quale stanno lavorando consistenti forze moderate e in particolare i gruppi più forti che dirigono la borghesia italiana (e la Confindustria).
(Piero Sansonetti, Liberazione 3-8)
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Se Prodi sembra ignorare Berlusconi e i suoi inviti, attento alla necessità di un confronto con l’opposizione si è invece detto Rutelli, secondo il quale la Finanziaria potrebbe essere il momento per ampliare la base sociale della maggioranza. «L’allargamento della maggioranza? E’ un dibattito», affermava ieri sera Rutelli. Un dibattito al quale crede poco Umberto Bossi, che ieri l’altro ai suoi spiegava: «Berlusconi mi ha promesso che se Prodi cade sulla Finanziaria, si va subito al voto».
(Marco Conti, Messaggero 3-8)
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IL RIFORMISTA 3-8
E-mail
Caro direttore,
Berlusconi torna a gridare allo «stato di polizia». Sarà colpa della Uefa che ha ammesso il Milan in Champions ma «sotto sorveglianza»?
t.labate@ilriformista.it

mercoledì, agosto 02, 2006

RESISTENZA - 2/8/06

L'UNITA' on-line 2-8
Pagare le tasse?
Per Berlusconi è «una oppressione fiscale e burocratica francamente preoccupante»

Durante le dichiarazioni di voto sulla fiducia al provvedimento in cui sono compresi il "pacchetto anti evasione" e le liberalizzazioni Silvio Berlusconi ha duramente attaccato il governo: «Questo decreto controlla la vita economica del cittadino e delle imprese in maniera assoluta e totale, attraverso un intreccio con le banche. Da qui viene fuori una oppressione fiscale e burocratica francamente preoccupante».
Secca la risposta di Bersani: «Ritengo che sia una vergogna che ci sia una istigazione così violenta a una disabitudine alla fedeltà fiscale. Trovo anche che al presidente Berlusconi sia sfuggito un particolare: se stiamo incassando soldi in più per il fisco, non è per le misure di Tremonti, è perché abbiamo detto mai più condoni, e la gente sa che non ci sarà un condono». «In un Paese con il massimo grado di evasione fiscale, il nostro ex presidente del Consiglio si preoccupa se sia uno Stato di polizia tributaria. Bisogna informare Berlusconi - aggiunge il ministro - che tutte queste norme sono conosciute e presenti in quasi tutti i Paesi occidentali».
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CITAZIONI
L’intervento di Berlusconi, si chiude tra gli applausi fiume dell'opposizione. Il chiasso in aula è assordante, tanto da non permettere al presidente della Camera, Fausto Bertinotti, di proseguire i lavori. «Possiamo continuare a lavorare - interrompe Bertinotti - o dobbiamo aspettare?». In ogni caso, «l'aula può applaudire o dissentire ma sia sobria» conclude. Dario Franceschini commenta rivolto a Bertinotti: «Ha fatto bene a non interrompere il lungo applauso a Berlusconi perché finalmente ha avuto quell'applauso che non ha ricevuto in 5 anni di governo dalla sua maggioranza».
(Corsera 2-8)
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"Berlusconi qualche volta prima parla e poi pensa. Crede, per esempio, che il fratello di Romolo si chiamasse Remolo, «che il kapò» sia un termine pugilistico. Qualche tempo fa voleva andare a salutare «papà Cervi», deceduto nel 1970. In certi momenti si ha l'impressione che gli manchino le basi per esercitare certe funzioni, e che non bastino certi tacchi per rimediare l'altezza".
(Enzo Biagi, archivio Corsera)
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CRONACHE DELL’ALLARGAMENTO

IL MESSAGGERO 2-8
Senato, parte l’allargamento: Di Pietro “aggancia” Vizzini
Altri senatori Cdl pronti a “traslocare” in autunno

Marco Conti
Il problema dell’eccessivo uso dei voti di fiducia sta al primo punto dell’agenda del presidente del Consiglio che nei giorni scorsi ha discusso con i suoi della questione, specie in vista dell’approvazione della legge Finanziaria. Il problema si lega strettamente a quello dell’allargamento della maggioranza. Su questo fronte i partiti del centrosinistra si muovono sulla linea indicata da Prodi a favore del passaggio di singoli parlamentari. Il primo successo dovrebbe portarlo a casa l’Idv di Antonio Di Pietro che nei giorni scorsi avrebbe chiuso un accordo con Carlo Vizzini. Il senatore di Forza Italia - che alle scorse elezioni lavorò con Silvio Berlusconi alla stesura delle liste - sarebbe quindi prossimo a traslocare nell’Italia dei Valori. Vizzini da qualche settimana è in freddo con Forza Italia, partito che nella battaglia, tutta siciliana, contro Gianfranco Miccicchè non lo avrebbe difeso a sufficienza.
Comunque sia, tra i banchi dell’Ulivo del Senato c’è la convinzione di poter infoltire le proprie file entro l’anno di altri dieci senatori che passerebbero direttamente con l’Unione o che - più probabilmente - potrebbero finire nel gruppo misto.

martedì, agosto 01, 2006

MEDITAZIONE - 1/8/06

Che siamo in braghe di tela, non ci piove. Che ci voglia una “stangata” per addrizzare i conti, è ovvio. Qua si tratta solo di vedere chi deve darla, la “stangata”, e chi deve prenderla. Memori del teorema Agnelli-Cuccia, secondo il quale nessuno meglio d’un governo di sinistra è capace di far ingoiare alle masse una politica di destra, Lorsignori vorrebbero tenersi un Prodi depurato dalle “scorie” della sinistra vera, l’alternativa essendo il “Dalemoni” o, peggio, un ritorno alle urne, dalle quali non è escluso che possa risorgere il Merda. Intanto, parliamone tanto…
Noi possiamo solo suggerire a Prodi di tirare a campare nella speranza di tempi migliori ma…
COME SI SUOL DIRE A ROMA,
“A Professo’, nun t’allarga’ ttroppo…”

Luciano Seno
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LIBERAZIONE 1-8
Allargare la maggioranza?
Prodi strizza l’occhio ai “delusi” del centrodestra

Frida Nacinovich
L’Inter sogna Luca Toni, il Milan Pierluigi Buffon. L’Unione pensa a Marco Follini, a Bruno Tabacci, ai delusi del centrodestra (quelli che sono finiti in serie “b”, tanto per restare nella metafora). Rinforzare il centrocampo? C’è chi dice sì, chi invece scuote la testa pensando che la squadra va bene com’è, anche chi esagera. Il dipietrista “ribelle” Sergio De Gregorio (ancora lui) sogna una grande coalizione Margherita-Ds-Forza Italia. Riesce a suscitare un’emozione solo nella Dc di Gianfranco Rotondi. Tant’è.
Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più, se sposti un po’ la seggiola stai comodo anche tu. Più che a un allargamento della maggioranza, Romano Prodi sembra interessato a chi nella Casa delle libertà viveva male ieri e oggi vive ancora peggio. Insomma ci potrebbe essere qualche new entry sotto i rami dell’Ulivo. Il centrodestra berlusconiano la prende male, malissimo. Altro che “operazione simpatia”. Irritazione. Accuse di esortazione al ribaltonismo. Previsioni di crisi di governo in tempi brevi. La reazione dell’opposizione è violenta e scomposta. «L’appello rivolto da Prodi a parlamentari del centrodestra perché si facciano calamitare dal suo governo è patetico», dice senza giri di parole Michele Vietti, portavoce dell’Udc. Il più critico di tutti è Sandro Bondi. La voce (del padrone) di Forza Italia giudica grave «che il presidente del Consiglio solleciti operazioni di trasformismo politico». Di più: «L’unica cultura politica che conosce Prodi - conclude Bondi - è quella dell’abigeato politico». Niente meno. Per il segretario della Democrazia cristiana, Gianfranco Rotondi «quello che propone Prodi è un inno al trasformismo, fa rima più con il giolittismo che con il bipolarismo». Da che pulpito.
E l’Ulivo che fa? Discute. «Dobbiamo approvare la finanziaria e poi continuare ad andare avanti con le nostre gambe - spiega Dario Franceschini - Se poi qualcuno si aggiungerà, ben venga. Ma è cosa diversa dal teorizzare un cambiamento di maggioranza». In una intervista a “l’Unita”, il capogruppo dell’Ulivo alla Camera dice di non vedere «soggetti disponibili, se si intende un allargamento politico». Insomma, per Franceschini quello di un allargamento della maggioranza è un tipico dibattito “estivo”: «Mi sembra - aggiunge - un discorso del tutto teorico». Il segretario del Pdci Oliviero Diliberto dice che i provvedimenti devono essere presentati al Senato senza fiducia e se la maggioranza va sotto si torna al voto. «Soluzione - risponde Franceschini - tecnicamente possibile, perché prevista dalla Costituzione, ma politicamente dirompente. La cui valutabilità, peraltro, spetterebbe non a noi ma al presidente della Repubblica». Secondo il segretario generale della Cgil Epifani c’è il rischio che il governo Prodi cada sulla finanziaria. «Il passaggio più difficile - replica il capogruppo ulivista a Montecitorio - riguardava la politica estera e lo abbiamo superato rifinanziando le missioni». Con qualche fatica.
L’Unione discute, non solo sotto l’ombrellone, non solo di calcio. Clemente Mastella osserva: «C’è un’autosufficienza, si può governare con quello che c’è, se ognuno è responsabilmente legato agli impegni presi prima delle elezioni». «Abbiamo sottoscritto un programma - ricorda il guardasigilli - c’è una maggioranza più che sufficiente alla Camera, c’è una difficoltà al Senato. Basta attivare un meccanismo: quello di un governo che fa disegni di legge e li porta all’approvazione del Parlamento nella sua interezza». Il diessino Fabio Mussi è più tagliente: «Non vorrei che i prossimi mesi li passassimo a discutere a chi si allarga e quanto si allarga. Sarà bene occuparsi delle cose da fare». «E’ un tormentone», taglia corto il ministro dell’Università. «Sapevamo delle difficoltà della legislatura perché abbiamo vinto di una incollatura. Prodi dice che è sexy: è un sexy horror. Il problema è che bisogna essere saldi nell’applicazione del programma». Prima di tutto il programma, il resto si vedrà, anche se la via del governo è lastricata di pietre sconnesse, soprattutto al Senato.
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SOLE - 24 ORE 1-8
EDITORIALE
L'inconsistente (e prematuro) dibattito sulla maggioranza più larga
Stefano Folli
Il dibattito sull'allargamento della maggioranza è un tipico argomento estivo tanto petulante quanto inconsistente.
Non serve a rafforzare la coalizione di governo, perché non sono alle viste passaggi di campo individuali o collettivi. Ma contribuisce, al contrario, a offrire della maggioranza un'immagine di crescente debolezza. Se il presidente del Consiglio si espone in prima persona, offrendo un approdo agli eventuali transfughi del centrodestra,vuol dire che la situazione è davvero precaria.
In verità il tema dell'allargamento è stato posto male e nel momento sbagliato. Soprattutto perché si devono ancora consumare gli eventi politici che potrebbero cambiare lo stato delle cose. Primo fra tutti l'esame della legge finanziaria in autunno.
Qui ha ragione Piero Fassino nell'intervista alla «Stampa»: la Finanziaria è il vero test per il centrosinistra. Berlusconi e i suoi sono convinti che Prodi inciamperà proprio sulla manovra economica. Ne consegue che nessuno, nella Casa delle libertà, vorrà cambiare schieramento prima di vedere se la profezia si realizza.
Se invece, come dice il segretario dei Ds, il governo Prodi supera l'esame d'autunno, allora il quadro può mutare in fretta: e nel 2007 potrebbero esserci novità. In altre parole: oggi è la maggioranza in condizioni di evidente fragilità. Ma se riesce ad approvare la Finanziaria senza sfaldarsi, allora il premier avrà di fronte a sé un orizzonte più sicuro.
E i problemi politici saranno tutti del centrodestra. In quel caso sì che potrebbe verificarsi qualche smottamento nelle file della Casa delle libertà, a tutto vantaggio del centrosinistra. Ma questo non avverrà prima dell'anno venturo e solo dopo che Prodi avrà dimostrato di sopravvivere alla manovra economica.
In sostanza il segretario diessino ha fatto capire al presidente del Consiglio di aver sbagliato i tempi delle dichiarazioni. Non è oggi il momento di parlare di allargamento. Il governo deve ancora dimostrare qualcosa: a se stesso e all'opposizione. Finora si è tenuto in piedi grazie ai voti di fiducia al Senato. Domani dovrà rinforzarsi, se ne sarà capace,e solo in seguito gestire un possibile allargamento.
Non sarà facile. Perché le ipotesi sono due. La prima è che l'allargamento — sempre dopo la Finanziaria, quindi nel 2007— riguardi pochi individui che decidono di fare il salto. Magari sei o sette senatori. È la soluzione preferita da Prodi e da alcuni dei suoi alleati, per la buona ragione che non metterebbe a rischio gli assetti politici della coalizione. Nessun partito si sentirebbe emarginato,non si potrebbe parlare di «deriva neocentrista ».
Viceversa, la seconda ipotesi è più compromettente dal punto di vista politico. Se un pezzo della Cdl si stacca e,con un'operazione trasformistica, passa a sinistra,si capisce che gli equilibri del centro sinistra ne sarebbero sconvolti. In particolare, l'estrema sinistra verrebbe tagliata fuori, mentre il centro moderato sarebbe premiato oltre misura. Ma è difficile immaginare che sarebbe Prodi a gestire un tale terremoto.
In ogni caso, non è adesso il momento di parlarne. «Prima devono esplodere le contraddizioni della sinistra» dice Vietti, dell'Udc. Anche lui pensa alla Finanziaria e la vede come il macigno che si abbatterà sui fragili puntelli della maggioranza. Anche Fassino pensa alla Finanziaria, ma per ricavarne la lezione opposta. Non c'è che aspettare, con l'aiuto dell'estate.
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CITAZIONI
“Allargamento”
Ecco uscir fuori la nuova parola magica: allargamento. Dove per allargamento si intende l'ingresso nella maggioranza di alcune componenti moderate dell'attuale opposizione, al doppio scopo di rendere meno precari i margini di vantaggio al Senato e di controbilanciare il peso dei gruppi radicali. L'ipotesi non può considerarsi del tutto accademica, visto che ne parla con favore Fassino e lo stesso Bertinotti non la esclude a priori.
(Giovanni Sabbatucci. Il Messaggero 1-8)
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C’è chi parla di «allargamento della maggioranza», di «grande coalizione» e altre formule che, comunque, richiamano il superamento dell’attuale maggioranza. Ma non si farà nulla, in attesa di tempi migliori. Che non verranno. Solo allora si tenteranno iniziative per dare un governo al paese o per tornare a votare. In ogni caso, tutto sarà più difficile per tutti, anche perché non ci saranno più gli schieramenti con i loro leader così come li abbiamo conosciuti e votati. Chi vivrà vedrà.
(Emanuele Macaluso, Il Riformista 1-8)