venerdì, giugno 30, 2006

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 30/6/06

TEMPI DURI, PER NOI PERSONE PER BENE
Qua di fatti – non dico “fatti di sinistra”, per carità, fatti e basta – non se ne vedono: si vede e si sente solo una frenetica “voglia di centro”. Non so come andrà a finire ma temo che ci aspetti un prolungato periodo di Resistenza – se molliamo noi, non solo si consolida il berlusconismo ma magari torna pure il Merda.
Luciano Seno
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MALATEMPORA MAGAZINE # 126
A CHI HA LETTO IL SIGNORE DEGLI ANELLI
Il NO che ha salvato la costituzione venuta dalla resistenza, dal momento più alto dell'italietta ora così in basso, è come Frodo che butta l'anello malefico (la TV Berlusconica di Mordor) nel cratere, per sempre.
Mordor per un po’ non tornerà (si spera) ma Berlusconi-Saruman, per quanto ridimensionato, riesce ancora a rovinare la meravgliosa terra degli hobbit, facendone scempio (metà degli italiani...).
Ora si tratta di bonificare e cacciarlo: se vi rileggete quelle cinquanta ultime pagine della riscossa degli hobbit capirete tutto. Certo, Frodo-Prodi è un po’ difficile da digerire, come metafora, ma la bonifica ci sta.
Ancora una volta, la grande letteratura spiega, illustra, illumina la vita, a chi vuole. Se rileggete quelle pagine sul ringhioso Saruman=Berlusconi, troverete un po’ di sollievo, di conforto. Forse il peggio è passato, forse l'incubo è finito.
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APRILEONLINE 29/30-6
EDITORIALI
Conto alla rovescia per Berlusconi
La leadership del Cavaliere traballa dopo le durissime sconfitte collezionate negli ultimi mesi - Ora Lega, An e Udc, entrati in fibrillazione, sollecitano una ''riflessione''
Leo Sansone
A.A.A. Leader del centrodestra cercasi. L’annuncio per la sostituzione di Silvio Berlusconi alla guida della Casa delle libertà ancora non è arrivato, ma il conto alla rovescia è cominciato. Il cavaliere ha collezionato ben tre sconfitte in tre mesi.
Sono stati tre colpi durissimi alla sua leadership nel centrodestra. Ora Lega, An, e Udc sono entrati in fibrillazione e sollecitano “una riflessione ”. L’Udc, con il vice segretario Mario Tassone, arriva anche a chiedere “un chiarimento” nella Cdl. Nessuno, per ora, parla di dissociazione o di revisione della coalizione o di rinnovamento della leadership, ma sono questioni ormai sul tappeto. Il problema non è se, ma quando verranno poste.
Largo ai “cinquantenni”, come disse un anno fa lo stesso Berlusconi dopo le sconfitte subite dal centrodestra alle elezioni europee e alle regionali, una disponibilità però quasi subito messa da parte con due argomentazioni: “Mi sento giovanissimo”; “Sono l’unico capace di tenere unita la coalizione”. Sono tre i nomi dei cinquantenni da tempo in campo: Pier Ferdinando Casini, fondatore dell’Udc; Gianfranco Fini, presidente di An; Roberto Formigoni, Forza Italia, presidente della regione Lombardia.
Quattro anni di sconfitte elettorali del centrodestra (la prima arrivò alle elezioni amministrative parziali del 2003) sono troppe per An, Udc e, ora, anche per la Lega.
Il no al referendum costituzionale, “devolution” in testa, è stato un trauma per il Carroccio ed ha spezzato “l’asse del nord” tra Forza Italia e la Lega.
Ed ora può accadere di tutto. La Lega si è alleata due volte con Berlusconi (nel 1994 e nel 2001), una volta con Massimo D’Alema (nel 1995 per dare vita al governo Dini), due volte è andata alle urne da sola (nel 1992 e nel 1996), sempre ha alzato la bandiera dell’autonomia del nord. Così oggi non può accettare la sconfitta del federalismo: “Mi alleerei anche con il diavolo pur di avere il federalismo”, disse all’inizio degli anni Novanta.
Come potrebbe recuperare Berlusconi messo in un angolo?
Per tenere banco può rilanciare in due modi: dare vita al “partito unico” del centrodestra, insistere che solo lui può assicurare l’unità del centrodestra, tenendo agganciata la Lega. Già, la Lega prostrata per aver perduto la sua storica battaglia sul federalismo.
“Arrivederci...”, disse Berlusconi ai cronisti lasciando il 16 maggio palazzo Chigi al successore Prodi. E’ una promessa molto difficile da mantenere, come quella di ridurre le tasse. E’ “un arrivederci” che appare “un addio”.
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Il Grande Centro? Non più solo uno spettro
Angelo Notarnicola
Subito dopo il voto e la vittoria del "No" al referendum costituzionale, è Romano Prodi il più solerte nell'inviare un comunicato stampa dal chiaro significato politico: "Le riforme della Costituzione si devono fare con l'accordo più ampio possibile e non a colpi di maggioranza". Il premier gioca d'anticipo.
Da un lato è necessario rafforzare il governo, accelerare il processo costituente del partito democratico, dall'altro bisogna aiutare Pierferdinando Casini a conquistare la leadership del centrodestra. Come? Legittimandolo come interlocutore principale dell'opposizione per quanto riguarda le riforme costituzionali. Il leader dell’Udc è gradito a tutti i poteri forti.
L'alleanza trasversale Prodi-Rutelli-Casini ha già vinto nella corsa al Quirinale. Oggi ci riprova. Sembra che le parole di Casini sul rifinanziamento della missione militare in Afghanistan, pronunciate nell'ultima direzione dell'Udc, vadano proprio in questa direzione.
Ossia: l’Udc voterà sì in cambio di qualcosa che non corrisponde all’ingresso nel governo. L’Udc ritiene che il duopolio Berlusconi-Bossi sia finito e che non ci possa essere più un futuro politico nel centrodestra che passi in prima persona per il cavaliere.
Casini pur sostenuto da sinistra non può farcela da solo. Così Vannino Chiti, ministro dei Rapporti con il Parlamento e uomo investito da Prodi per il dialogo con il centrodestra, lancia un appello anche a Gianfranco Fini.: "Se si apre una stagione di confronto - osserva - tutto cambia e Berlusconi esce di scena". E aggiunge: "Casini può essere l'uomo del dialogo come settori di An. Perché Fini dovrebbe farsi sfuggire l'occasione?". L’invito è servito. Accetterà il leader di An di sedere al tavolo imbandito da Prodi-Rutelli-Casini? La risposta è "sì". E arriva dopo cinque lunghe ore di discussione nell’esecutivo nazionale del suo partito. Gianfranco Fini dice in modo inequivocabile a Berlusconi che il suo tempo è finito. Ora, con Casini e Fini, ci sarebbero tutti i presupposti, numerici e politici, per il paventato "Grande Centro". La sinistra è avvisata.
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REPUBBLICA on-line 30-5
Sommari
Riforme, Napolitano invita al dialogo
"Cercare largo consenso in Parlamento"
Il capo dello Stato in visita a Genova pochi giorni dopo il referendum
"Spirito riformatore e attaccamento ai valori nazionali possono ben combinarsi"
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Napolitano scrive a Marini e Bertinotti
"Soluzioni concordate per i laici Csm"
Lettera del capo dello Stato ai presidenti di Senato e Camera
Invito a sollecitare i due poli a "convergere per trovare una soluzione"
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CORSERA 30-6
Sommario
Marini: dialogo con Cdl
Il presidente del Senato: non mi scandalizzerebbe un voto positivo dell'Udc al decreto sull'Afghanistan
Il dialogo con la Cdl è difficile ma necessario
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CITAZIONI
E' per forza un inconfessabile «inciucio», è un indecente favore al governo dire sì, dall'opposizione, al finanziamento della missione militare italiana in Afghanistan? O non è invece un apprezzabile gesto di coerenza?
(Pigi Battista, Corsera 30-6)
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Silvio Berlusconi ha deciso che “l’interesse e il prestigio dell’Italia… vengono prima di ogni tattica politica e di ogni interesse di parte”. Per questo la Casa delle libertà voterà a favore del rifinanziamento. La soluzione più ragionevole sarebbe quella di un dispositivo di poche parole che permetta di raccogliere una stragrande maggioranza in Parlamento.
(Il Foglio 30-6)

mercoledì, giugno 28, 2006

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 28/6/06

PROVE TECNICHE DI “GRANDE CENTRO”
Il governo condannato a un'intesa ambigua: la «maggioranza di riserva» con i centristi del Polo
Berlusconi deve rendersi conto che vi sono questioni d'interesse nazionale nelle quali è utile dare una mano a Romano Prodi, soprattutto al Senato dove la maggioranza è più fragile e il contributo del centrodestra può essere decisivo. Collaborando con il governo farebbe emergere le posizioni massimaliste della sinistra antagonista.
(Paolo Franchi & Sergio Romano, Corsera 28-6)
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E’ opportuno che si torni a parlare di «dialogo». E che ne parlino Prodi e Berlusconi, i più titolati a mettere in campo un tentativo.
(Marcello Sorgi, Stampa 28-6)
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Casini dichiara di voler ricominciare a fare politica sui temi internazionali, sui temi economici, sui temi istituzionali. State a vedere se alla fine non sarà più rapido e concreto Umberto Bossi.
(Europa 28-6)
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La Lega può accettare le proposte di «dialogo» formulate da Prodi e reiterate da Fassino. Abbiamo sentito ancora ieri Roberto Maroni ripetere che «il federalismo è essenziale» . È la posizione sempre ribadita da Bossi. E non a caso Piero Fassino si è affrettato a proporre un percorso comune verso il federalismo fiscale.
(Ferruccio de Bortoli, Il Sole-24 Ore 28-6)
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De Benedetti vuole diventare un player decisivo nel mercato dell’energia e secondo voci ricorrenti pensa direttamente all’Enel. C’è chi osserva lo strano flirt diplomatico con Berlusconi, che ha ambizioni sul gas. Il 20 giugno Carlo De Benedetti rilanciava un’offensiva diplomatica verso Berlusconi. L’Ing. notava che le ragioni per cui il Cav. non avrebbe dovuto entrare in società con lui erano cadute con la fine della stagione di governo e gli riconosceva di esser stato “cortese e corretto”. Il giorno dopo, Repubblica dava amichevole e leale risalto all’operazione di acquisizione del terzo gruppo editoriale francese da parte della Mondadori con una intervista a Marina Berlusconi.
(Il Foglio, 28-6)
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Il paese vuole essere governato e sa benissimo che per raggiungere questo obiettivo bisogna ristabilire un clima di civile convivenza e di sereno confronto.
(Il Messaggero 28-6)
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Il senatore dell’Idv, Sergio De Gregorio, dopo un accordo con la Cdl, scalza dalla presidenza della commissione Difesa del Senato la pacifista Lidia Menapace.
(Aprileonline)
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CI SIAMO GIA’…
Noi Resistenti, Komunisti e Koglioni lo stiamo dicendo da tempi non sospetti a chiunque voglia ascoltare – una volta sbarazzatisi del Merda, Lorsignori vogliono preservare il berlusconismo e rifilarci un bel “Grande Centro” da Casini a Rutelli. Per poi fare i loro porci comodi con l’andreottiano “sistema dei due forni” e la benedizione del Pastore Tedesco.
Ma guarda caso, ABBIAMO VINTO NOI! E abbiamo vinto anche nonostante la tiepida e spesso controproducente campagna della cosiddetta sinistra. E NON CI STIAMO! E con noi non ci staranno i sei italiani per bene su dieci che, liquidato il Merda e la sua cagata costituzionale, non si faranno certo rifilare la cagata centrista.
Luciano Seno
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MEDITAZIONE 28/6/06


LIBERAZIONE 28-6
EDITORIALE

Uguaglianza non è

estremismo

Ma “quelli del NO” non parlano un linguaggio centrista o conservatore
Ritanna Armeni
Il referendum del 25 giugno ha segnato una sconfitta del polo di centro destra, ha affermato il valore della Carta costituzionale, ha confermato quella vittoria dell’Unione che il 9 aprile era apparsa piuttosto risicata.
Non c’è però in queste riflessioni, senza dubbio giuste, un’analisi dei sentimenti profondi, dell’inclinazione istintiva che ha spinto gli italiani ad andare a votare e a dire no alla riforma della seconda parte della costituzione. In poche parole non c’è un’analisi dei valori di fondo che quella partecipazione e quel voto vogliono indicare. Si preferisce, almeno finora, sottolinearne gli aspetti strettamente politici se non politicisti.
Invece anche i numeri che abbiamo a disposizione possono parlare e dare una indicazione che va oltre loro stessi.
Che cosa indicano allora questi numeri? Intanto la partecipazione al voto, inaspettata, con il superamento del 50 per cento ci fa capire che gli italiani avevano ben chiari i contenuti di questo referendum e la sua importanza. Erano consapevoli della serietà dello scontro politico e di idee sul quale erano invitati ad esprimersi. Indicano anche che quando non c’è quorum la partecipazione è più alta perché non è possibile fare uso dell’astensione e allora la discussione, lo scontro, la partecipazione sono garantiti.
Che cosa indica poi la vittoria del no? Solo il desiderio di dare un altro colpo a Bossi e Berlusconi? Solo la voglia di confermare la vittoria del 9 aprile? Oppure pensiamo davvero che gli italiani in una caldissima domenica di giugno siano andati a votare solo sul numero dei parlamentari o sui poteri delle massime cariche politiche e istituzionali? Tutte cose importanti, sia chiaro, ma non tanto importanti da motivare una partecipazione ed un voto così fortemente determinati.
La spinta fondamentale al voto del 25 giugno è stata data da un adesione tranquilla ad alcune idee di cui gli italiani sono “radicalmente” convinti. Queste idee sono quelle di solidarietà, di eguaglianza di fronte ai diritti, quindi di democrazia. Il 25 giugno il paese ha votato contro un’idea diseguale del paese che passava attraverso la disuguaglianza nell’istruzione e nella salute, nella scuola e nella sanità. E questo voto è stato dato in misura significativa nella quasi totalità del paese, smentendo anche la divisione che appariva scontata fra la parte del paese ricca e interessata a gestire le sue risorse ed la parte più povera destinata a gestire la sua emarginazione. E ha votato per un’idea di democrazia forte, in cui il parlamento esprima effettivamente la voce dei cittadini e consolidi il suo ruolo e il governo si esprima in un equilibrio di poteri senza cadere in tentazioni e intenzioni dirigiste se non autoritarie e centralizzatrici.
Il voto del 25 giugno ha messo insomma in evidenza che parole, valori, giudicati ingenui o estremisticamente radicali come solidarietà, eguaglianza nell’ accesso ai diritti di cittadinanza, parole iscritte anche in alcune costituzioni liberali, ma nate da rivoluzioni radicali, non sono lontane dal comune sentire dei cittadini. Anzi ne fanno talmente parte che quei cittadini sono in grado di riconoscerli negli articoli a volte di difficile lettura di una carta costituzionale. Tutto appare chiaro quando c’è un’idea di fondo, un sentire radicato, un sentimento convinto. Ed è strano che tanti commentatori ed analisti non abbiano ancora messo in evidenza la forza e la determinazione di questi sentimenti e di questi valori.
Ma forse una ragione c’è. Essi, anche se non gridati, anche se appartengono alla maggioranza dei cittadini, non per questo sono moderati, non indicano un’Italia disponibile ad abbandonare la scommessa del cambiamento, non parlano un linguaggio centrista o conservatore. Per questo piacciono poco e si preferisce ignorarli. Invece dovrebbero essere presi in seria considerazione. Danno una indicazione di fondo che spetta alla politica decifrare e far vivere. Fanno capire per esempio quanto sia vecchia, poco realistica l’idea di una popolo rassegnato all’andamento dell’esistente in cui solo alcune ed estremistiche frange si ostinano a predicare valori impossibili. Così come la pace anche la democrazia e l’eguaglianza non appartengono solo ad isolati idealisti o ad arrabbiati estremisti. Sono valori dei cittadini di questo paese. Ad essi sono molto interessati. Quando sono in una Costituzione. E anche se nascono da una o più rivoluzioni.
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ITALIENI 28-6
Evasione inaccettabile
Il premier italiano Romano Prodi ha avvertito che l'evasione fiscale in Italia ha raggiunto "livelli inaccettabili". "Sono incompatibili con la democrazia", ha aggiunto, spiegando che la cifra evasa equivale al 7 per cento del prodotto interno lordo italiano, pari cioè alla spesa sanitaria nazionale. "Che facciamo, chiudiamo gli ospedali per salvare l'evasione fiscale?", ha chiesto ironicamente Prodi intervenendo al quattordicesimo congresso della Uil.
La Vanguardia, Spagna [in spagnolo]
http://www.lavanguardia.es/lv24h/
20060627/51274883720.html
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“Si fa ma non si dice”, come soleva dire mia nonna per certe cose che potevano risultare invise a Lorsignori. Questo invece dice ma non fa – perché se fa, è fatto.
Luciano Seno

martedì, giugno 27, 2006

RESISTENZA - 276/06

MANIFESTO 27-6
Sommario di I pag.
Bentornata
La controriforma costituzionale è stata respinta. Alta la partecipazione al voto (53,6%), una marea di No (61,7%) sommerge il disegno di Bossi e Berlusconi. La destra prevale solo nel Lombardo-Veneto e se la prende con gli elettori: «Gli italiani fanno schifo».
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“Me sta bbene, so’ ccontento…”, come diceva Gassmann, il pugile suonato de “I Mostri”. Ove mi ritrovassi a non fare schifo al Merda, farei una seria autocritica: “Dov’è che ho sbagliato?”
Luciano Seno
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REPUBBLICA on-line 27-6
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
L'autobroglio
"Già riscontrate le prime gravissime irregolarità nelle operazioni preliminari allo spoglio in corso nel seggio speciale di Castelnuovo di Porto riservato ai voti degli italiani residenti all'estero. "Dai nostri rappresentanti di lista - spiega il coordinatore nazionale di FI, on. Sandro Bondi - apprendiamo, fra l'altro, che alcune buste sarebbero arrivate aperte e non sigillate; che alcune schede sarebbero già state aperte e di fatto 'prescrutinate' prima del termine di inizio delle operazioni di spoglio; che alcune schede sarebbero state aperte e richiuse con nastro adesivo; che in alcune sezioni le schede nulle sarebbero già state selezionate e separate da quelle valide; che alcune schede sarebbero già state firmate e timbrate presso le sezioni prima dell'inizio delle operazioni di spoglio; che vi sarebbero urne aperte e non sigillate. Tutto questo avviene in un clima di totale confusione, con episodi di esplicita ostilità nei confronti dei rappresentanti della Cdl e, in aggiunta a ciò, a porte chiuse, di fatto impedendo ai rappresentanti di lista che coprono più di una sezione di adempiere alla propria funzione. Chiediamo al Ministro dell'Interno di intervenire per appurare quanto è stato segnalato, per denunciare i comportamenti contra legem, e per ripristinare una situazione di perfetta regolarità prima che inizino le operazioni di spoglio, sempre che, come appare, esse non siano già state irregolarmente pre-avviate".
(dal sito ufficiale di Forza Italia, 26 giugno 2006, primo pomeriggio).
"Risultati definitivi degli italiani all'estero: Sì 52,1%, No 47,9%".
(dalle agenzie di stampa, 26 giugno 2006, tardo pomeriggio)
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La sconfitta del progetto populista
NEL Paese indeciso, diviso e indecifrabile che la politica fatica da più di un decennio a governare, i cittadini hanno compiuto in una domenica di fine giugno una scelta netta e precisa, che è la più importante svolta culturale degli ultimi anni in Italia.
Un voto forte e partecipato (con il 53,6 per cento degli elettori alle urne), ha risposto all'appello del presidente Napolitano e ha riportato il referendum sopra la soglia del quorum, mai più raggiunta negli ultimi undici anni. Un voto positivo, perché bocciando una riforma confusa e pasticciata, che sarebbe stata pericolosa per il Paese, ha scelto la difesa della Costituzione e del suo disegno istituzionale. Un voto, infine, politicamente consapevole e rivelatore, perché non ha soltanto sconfitto la destra, ma ha spazzato via il falso presepio televisivo di un'Italia spaccata a metà, con il nord e la modernità in mano al Cavaliere, pronti a pretendere o imporre a forza le larghe intese: e invece dietro i muscoli berlusconiani di cartapesta c'è una destra a pezzi, senza più una politica, con un progetto delle istituzioni bocciato senza rimedio dal popolo, con un'alleanza senza leader e senza ragioni.
(Incipit dell’Editoriale di Ezio Mauro)
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Sommario di I pag.
Il Cavaliere: Abbiamo pagato un pegno alla Lega, quasi una cambiale
Ma non avevamo capito che quella riforma non era nelle corde del Paese
Berlusconi dopo la sconfitta: "Ora proveranno a farmi fuori"
La Casa delle libertà sta diventando una polveriera
L'ex premier: "Aspetto la manovra, portiamo un milione di persone in piazza se metteranno altre tasse"
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APRILEONLINE 27-6
Tempo buttato
Renzo Butazzi
…Dopo la vittoria del No nel referendum, l’idea, nutrita anche da settori del centro-sinistra, che si debba seguitare ancora con questo tormentone delle riforme costituzionali, è stupefacente e un po’ sfrontata.
Altri sono i problemi che i governi avrebbero dovuto e dovrebbero affrontare senza buttare tempo ed energie nel gioco delle bicamerali, problemi che interessano gli individui e la comunità e dei quali la Costituzione non ha colpa: lavoro, scuola, casa, sanità, giustizia, immigrazione, servizi pubblici, ambiente.
Viene il dubbio che si parli tanto di riforme costituzionali proprio per distrarre da questi problemi vitali l’attenzione dei cittadini e dei mezzi di comunicazione. Un po’ come avviene con l’enfasi sulle grandi opere del futuro mentre non stanno in piedi i piloni dei viadotti in costruzione.
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CITAZIONI
Berlusconi ripetutamente sconfitto
Costruire attorno al padrone quel monumento che doveva farne un sovrano intoccabile e assoluto. A ciò soprattutto mirava la controriforma di Lorenzago, fondata sul patto scellerato che l´uomo di Arcore aveva firmato dal notaio con Umberto Bossi. Oggi possiamo dire con certezza che quel duplice attentato al cuore della democrazia è fallito. Silvio Berlusconi appare così ripetutamente sconfitto che viene da chiedersi se possa ancora essere considerato un leader. E di cosa poi, viste le condizioni in cui versa la disastrata Casa delle Libertà?
(Antonio Padellaro, L’Unità 27-6)
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L'Italia è salva
Hanno tentato di assestare all'Italia una paurosa botta di secessione, ducismo e caos. Lo hanno fatto coloro che volevano la secessione, coloro che volevano il caos (se non altro per il bene del malaffare) e chi voleva proclamarsi duce. Era la cosiddetta riforma Bossi-Berlusconi. L´imbroglio è stato immenso, il pericolo grande perché gambizzare la Costituzione avrebbe significato rendere zoppo e squilibrato il Paese. Legge "schifo" (definizione limpida del politologo Sartori), legge "porcata", (secondo l'espressione autorevole ed efficace dell'ex ministro Calderoli), legge caos (descrizione del costituzionalista Leopoldo Elia).Primo, salvare la Costituzione. E l'abbiamo fatto. La Costituzione , così com'è, nella sua integrità, funziona. L'abbiamo scampata bella. Gran Paese l'Italia. Che ne abbia schifo uno come Speroni è una garanzia.
(Furio Colombo, Ibidem)
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ITALIENI 27-6
Gli italiani dicono no alla riforma costituzionale
Dopo le legislative di primavera, 47 milioni di italiani sono stati nuovamente chiamati alle urne domenica e lunedì scorsi. A spoglio completato, i NO hanno raggiunto il 61,7 per cento dei voti, secondo i dati definitivi del ministero dell'interno. La vittoria dei sostenitori del no è tanto più netta se si considera che l'affluenza è stata del 53,6 per cento, una percentuale importante per una consultazione di questo tipo. Anche il nord del paese, che con la nuova costituzione avrebbe guadagnato una maggiore autonomia, ha
votato contro la riforma. Romano Prodi, arrivato alla guida del governo con una maggioranza esigua, è dunque confortato dell'esito del referendum. Dall'altra parte, la leadership dell'opposizione potrebbe a questo punto essere messa in discussione.
Le Monde, Francia [in francese]
http://www.lemonde.fr/web/imprimer
_element/0,40-0@2-3214,50-788456,0.html
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Amici ai ferri corti?
L'idillio tra Vladimir Putin e Silvio Berlusconi sembra finito. Dopo la sconfitta elettorale del Cavaliere e dopo l'incontro tra il presidente russo e il nuovo premier italiano Romano Prodi, una delle più famose e discusse amicizie tra capi di stato sembra sul punto di sciogliersi. Il Corriere della Sera ha raccontato che Berlusconi si è messo a piangere quando ha visto il suo amico Putin abbracciare calorosamente il Professore. Il Cremlino nega che Putin abbia abbandonato il suo vecchio amico. Il senatore di Forza Italia Paolo Guzzanti liquida le voci su una presunta rottura tra i due precisando che il loro rapporto era strettamente professionale. "Berlusconi non stava piangendo", spiega.
The Moscow Times, Russia [in inglese]
http://www.moscowtimes.ru:80/stories

/2006/06/27/015-print.html

lunedì, giugno 26, 2006

RESISTENZA - 26/6/06

“Komunisti” e “Koglioni” d’Italia

ABBIAMO VINTO NOI!

Il Merda e la sua cagata costituzionale hanno fatto la fine meritavano.
Pare che almeno sei italiani su dieci siano persone per bene.
Ma resistenza e vigilanza devono continuare: ci sono gli altri quattro da rieducare e quelli che sperano nel berlusconismo di ritorno del “Grande Centro” da stoppare.
Luciano Seno.
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L'UNITA' on-line 26-6
Sommario di I pag.
Valanga di No alla devolution
Napolitano: italiani consapevoli

La Costituzione italiana non cambia. il No alla riforma di Bossi e Berlusconi è al 61,6%. Ha votato il 53,6% degli elettori. Napolitano: «Soddisfatto per alta affluenza. Italiani consapevoli dell'importanza del tema».
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CORSERA 26-6
Sommario di I pag.
Referendum, la riforma non passa

Speroni (Lega): gli italiani fanno schifo - Bossi: si va avanti
D'Alema: spallata fallita.
Ha votato il 53,6%: il no al 61,7%.
Napolitano soddisfatto dell'alta affluenza
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REPUBBLICA on-line 26-6
DUE TERZI DEGLI ITALIANI DICONO “NO”
Scalfaro: "Il popolo ha difeso la Costituzione"
ROMA - Qualche timore, poi il sollievo, infine l'esultanza. Per l'Unione è andata di lusso. Vittoria oltre le previsioni.
Per Massimo D'Alema è "fallito il nuovo tentativo di Berlusconi di dare una spallata al governo". "Un risultato che rafforza l'esecutivo", aggiunge Parisi. "Fermati quelli che volevano lo sfascio", conclude Fassino.
“Le riforme - dice Prodi, si devono fare con l'accordo più ampio possibile, e non a colpi di maggioranza: dobbiamo rispondere agli italiani dimostrando loro di possedere la stessa maturità e serietà che, con questo referendum, essi ci hanno appena dimostrato".
Il leader Ds non usa mezzi termini. "E' stato respinto il tentativo di chi voleva lo sfascio", dice Piero Fassino. "Una vittoria importante e significativa in primo luogo per l'alta partecipazione al voto e tanto più importante perché il no prevale nella stragrande maggioranza delle province italiane compreso quel Nord che in una rappresentazione strumentale e infondata, viene descritta come terra di egemonia del centrodestra".
Un risultato "positivo, significativo anche in gran parte del nord, ancor più significativo per la larga partecipazione". Così il ministro degli Esteri Massimo D'Alema. "E' finito il tentativo - continua - di usare prima le elezioni amministrative, poi il referendum come un modo strumentale per dare una spallata agli equilibri di governo. Ora il referenum chiude una lunga fase politica di conflitti e contribuisce a rafforzare la stabilità".
Di "bocciatura inequivocabile'' parla il vicepremier e leader Dl Francesco Rutelli. Insomma, è stato punito "chi ha fatto le riforme a maggioranza".
"Il voto dei cittadini - commenta il ministro della Difesa Arturo Parisi - ci rende più fiduciosi perchè rafforza il governo e la maggioranza".
"Una debacle della proposta di riforma costituzionale del centrodestra", secondo Franco Giordano, segretario del Prc, che saluta lo "straordinario risultato" del referendum: "Ci sono ancora parti della Costituzione da mettere in pratica.”
Per Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, è una "grande vittoria contro il tentativo di stravolgere la Costituzione repubblicana. Allo stesso tempo abbiamo una secca sconfitta di Berlusconi che anche in questo caso si e' impegnato in prima persona nella campagna referendaria con i suoi consueti toni volgari''.
Esulta anche l'ex capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, dalla prima ora animatore del comitato per il No: "E' segno di una maggioranza di popolo che ha voluto difendere la carta del '48 come valore fondamentale."

sabato, giugno 24, 2006

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 24/6/06

L’ULTIMA PAROLA

NO

NO al Merda ed alla sesquipedale cagata con la quale vorrebbe berlusconizzarci per l’eternità.
“Komunisti” e “Koglioni” di tutta Italia, unitevi e andate in massa a votare NO – non avete altro da perdere che un Merda e la sua cagata!
Luciano Seno
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CORSERA 24-6
EDITORIALE
Il verdetto degli esperti
di Giovanni Sartori
Allora si vota (da domattina). Se votassi solo io, voterei No e vincerei il referendum. Come sarei contento. Ma non andrà così. Qualche bastian contrario che mi vuole fare dispetto votando Sì ci sarà di sicuro; e quindi non mi posso fidare. Tanto più che dopo un mese e passa di disinformazione il grosso dei votanti sa a malapena di che cosa si parli.
Il fatto è che un referendum così «in grande», così sovraccarico di temi e di problemi, noi non l'abbiamo mai affrontato. Il Polo ha disfatto e rifatto (o viceversa, rifatto e disfatto) tutto il nostro sistema politico e di governo; e così noi ci troviamo in mano un solo Sì o un solo No per decidere su decine e decine di questioni. È un'assurdità, ma è così.
Che fare? Secondo me, dovremmo fare come facciamo sempre in casi analoghi. Ci sentiamo male? Siamo malati? Andiamo da un dottore e ci rimettiamo a lui. Alla stessa stregua, se uno non sa se la nuova Costituzione sia buona o cattiva, allora una persona di buon senso chiede lumi ai costituzionalisti, a chi ne sa.
Mi pare terribilmente ovvio. E il fatto è che la stragrande maggioranza dei nostri costituzionalisti bocciano la Costituzione sottoposta a referendum: 10 contro 1 propongono il No.
Il conto è presto fatto. L'associazione italiana dei costituzionalisti (sono circa 220) dichiara: «tutti gli interventi sono nettamente contrari alla riforma della Cdl».
In secondo luogo, abbiamo due associazioni culturali che hanno raccolto firme (a livello accademico). L'associazione di destra Magna carta ha racimolato soltanto 42 Sì e, tra questi, soltanto 16 costituzionalisti. Invece l'associazione di sinistra Astrid ha raccolto i no di 17 presidenti e vicepresidenti emeriti della Corte costituzionale, di 178 professori di diritto costituzionale, pubblico e amministrativo, più 274 professori di altre discipline.
Come si vede, quando calcolo 10 contro 1 sono generoso (favorisco il solitario). E da questi numeri ricavo che un Paese serio dovrebbe ascoltare i propri esperti. Se gli esperti dicono No, dovrebbe votare No. Il guaio è che la voce dei costituzionalisti è stata oscurata o quanto meno del tutto emarginata dalla televisione «cattiva maestra» denunziata da Karl Popper. Vedremo lunedì sera se avrà vinto la cattiva maestra.
(versione ridotta)
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CITAZIONI
Referendum, No e poi No e poi...
Noi del «No» voteremo contro la riforma costituzionale del centrodestra e faremo non bene ma benissimo. Lo faremo dichiarando con fondatissime ragioni che le forze che hanno concepito la riforma a cui andremo a dire No o sono nei fatti, e qualche volta persino in teoria, nemiche giurate di una parte cospicua dei 139 articoli della costituzione vigente (la Lega); o hanno messo su carta un disegno aziendal-populistico-spettacolare a immagine e somiglianza del loro capo (Forza Italia); o discendono con ramificazioni varie e gemme nuove da quel fascismo, invenzione squisitamente italiana, contro il quale la Costituzione attuale provò a corazzarci per sempre (An). Come dire che se noi del «No» oggi scrivessimo un giallo, le forze politiche che hanno fatto la riforma avrebbero tutte un movente valido non per riformare ma per assassinare la Costituzione del 1948, o almeno formare una gang a suo danno.
(Domenico Starnone, Manifesto 23-6)
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Attenti all’Uomo della Provvidenza”
«Beh, insomma..la cosa è molto semplice, questi cercano una svolta autoritaria col premierato e vogliono far fuori il Parlamento. Per forza occorre andare a votare NO! Berlusconi e il suo clan non solo sperano di prendersi domenica una pesante rivincita ma di compiere un balzo nell´instaurazione di un nuovo regime. Ecco le mie raccomandazioni all´elettore di domenica. Primo: va a votare perché quel voto è di importanza capitale per la tutela dei tuoi poteri sulle cose dello Stato. Secondo: difendi il dibattito sui problemi della Nazione, perché il confronto nell´assemblea parlamentare fa chiarezza e permette a te di incidere sul potere di chi comanda sulla cosa pubblica. Terzo: non sperare nei supercapi, negli "uomini della provvidenza". Quarto: stai attento nel delegare i tuoi poteri ad altri. Non consegnarti all´Uomo della Provvidenza.»
(Pietro Ingrao, intervista all’Unita 24-6)
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La legge illeggibile
Confesso: ho letto la riforma costituzionale parola per parola. Confesso di nuovo: ne sono uscito un po' bagnato. Per forza: mi è caduta addosso una pioggia di 8.533 parole, una grandinata di rinvii dall'uno all'altro articolo, un diluvio di combinati disposti che rimbalzano di comma in comma (e infatti il termine «comma» si ripete per 111 volte). Nel dicembre 1947 Terracini, presidente della Costituente, incaricò Concetto Marchesi di rileggere il testo prima di porlo in votazione, per migliorarne l'eleganza, per curarne la sobrietà. A ripetere l'operazione questa volta, non si saprebbe da dove cominciare. Domanda: ma la legge più alta può infrangere le leggi della lingua? Ed è ancora una legge, quella che nessuno riesce a leggere? In attesa che il referendum detti il suo responso, non mi resta che concludere così: «Io vorrebbe esprimere l'espressione del mio più negativo diniego».
(Michele Ainis, Stampa 24-6)
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La bufala referendaria
Lo specchietto per le allodole più penoso è la riduzione del numero dei parlamentari: Berlusconi ci sta puntando molto, ma la differenza fra un Parlamento di 1000 membri e un Parlamento di 800 è sostanzialmente irrilevante per il funzionamento del Parlamento stesso, e ha effetti assolutamente irrisori sul bilancio pubblico. Se l’argomento viene sbandierato con tanta insistenza è solo perché è uno dei pochi aspetti della riforma comprensibile a chiunque, e condivisibile da tutti. Ma votare una riforma che cambia radicalmente il funzionamento della nostra democrazia solo perché taglia del 20% il numero dei parlamentari, è come comprare un'auto da corsa perché ti danno in omaggio un video con il cartone animato dei Simpson.
(Luca Ricolfi, Ibidem)

venerdì, giugno 23, 2006

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 23/6/06

QUESITO REFERENDARIO
Volete voi vivere il resto dei vostri giorni annusando una cagata del Merda modellata con la lingua dal sicofante Calderoli, esperto di “porcate” della Ditta Berlusconi?
NO!
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REPUBBLICA on-line 23-6
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Padri ricostituenti
"La legge sulla devolution è nata in una baita a Lorenzago, tra i monti del Cadore, 'tra polenta formaggi e costine di maiale'. Lo racconta il ministro leghista per le Riforme, Roberto Calderoli, che fa il resoconto delle riunioni che hanno portato alla proposta sul federalismo e sulle modifiche da apportare alla Costituzione. A dispetto della serietà del tema, ricorda l'esponente del Carroccio, la 'stesura del testo si svolse in un clima rilassato'. E soprattutto, in un contesto spartano: un rifugio in montagna senza elettricità: 'quando calava il sole usavamo le lampade a carburo', sorride Calderoli. In quel giugno del 2003, con Giulio Tremonti e Umberto Bossi, c'erano i saggi indicati dalla maggioranza: Domenico Nania (An), Andrea Pastore (Fi) e Francesco D'Onofrio (Udc), oltre al sottosegretario Aldo Brancher (FI). E proprio quest'ultimo era incaricato di preparare da mangiare: 'Si metteva ai fornelli a fare la polenta in grossi recipienti di rame. Quando era pronta la portava in tavola con costine di maiale e formaggi. Così il clima si scaldava - ricorda Calderoli -, il vino scorreva e anche le divergenze tra di noi venivano superate facilmente. Quelle giornate hanno aperto la strada all'accordo all'interno della maggioranza che sembrava difficile da raggiungere."
(Adnkronos, 2005).
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WWW.ASINISTRA.NET
APPELLO DEL MOVIMENTO “A SINISTRA”
PER IL NO AL REFERENDUM
E’ moralmente riprovevole e democraticamente scorretto quanto sta avvenendo in questi giorni che precedono il voto referendario sulla riforma costituzionale: le emittenti televisive controllate da Berlusconi contrabbandano per punto fondamentale della Riforma la riduzione del numero dei parlamentari, una disposizione che peraltro dovrebbe entrare in vigore non prima del 2016 e che comunque è meno rigorosa di quella proposta dal centrosinistra. Siamo di fronte ad una vera e propria informazione mistificante che non solo punta a nascondere la verità ma ad alterarla nei suoi caratteri essenziali in modo ingannevole. E ciò avviene mentre nessuna adeguata correzione viene operata dalle televisioni di Stato che anzi, in diversi casi, sembrano in qualche modo assecondare la citata campagna di disinformazione e mentre deboli ed inadeguate appaiono le reazioni di chi avrebbe il dovere di intervenire con determinazione ed efficacia.
Siamo di fronte a comportamenti gravi e pericolosi che danno la misura dell’involuzione e degli abusi che si potrebbero verificare se passasse una riforma che stravolge il volto della nostra democrazia e che punta a comprimere i diritti di ciascuno di noi. Affermiamo perciò che la riforma delle destre, se formalmente riguarda solo la seconda parte della Costituzione, in sostanza incide pesantemente sulla prima parte dello Statuto: progetto di società e metodi per realizzarlo, scelte e regole, dinamiche e garanzie, finalità e mezzi (con i secondi sempre in funzione dei primi e questi a quelli strettamente legati), costituiscono un tutto organico ed inscindibile sicché non è possibile sovvertire l’“ordinamento” della Repubblica senza produrre effetti devastanti sui principi e sui diritti enunciati nella prima parte dello Costituzione.
Dobbiamo chiarire ai cittadini che con la riforma berlusconiana si cambia la struttura del Parlamento rendendo farraginosa la produzione legislativa, si modifica la forma di governo rafforzando oltre ogni misura i poteri del Primo Ministro, si attribuisce al Premier il potere di promuovere l’attività dei ministri e di nominarli e revocarli a suo piacimento, viene eliminata la mozione di fiducia in occasione della presentazione del Primo Ministro alle Camere. Ed ancora: si attribuisce di fatto al Premier il potere esclusivo di scioglimento anticipato della Camera dei Deputati provocando le elezioni, si depotenzia fino a renderlo simbolico il ruolo del Presidente della Repubblica e si frantumano con la devolution i sistemi sanitario e scolastico provocando una differenziazione dei servizi e delle prestazioni fra le diverse Regioni e penalizzando così le Regioni più deboli.
Siamo perciò di fronte al tentativo di introdurre nel nostro ordinamento una sorta di dittatura del Primo Ministro che favorirà politiche rivolte a consolidare i poteri forti ed a indebolire il ruolo e le tutele delle fasce sociali più deboli. Rivolgiamo perciò un appello a tutti i democratici perché il 25 e 26 giugno si rechino alle urne per votare NO e bloccare così un progetto tendenzialmente eversivo: non c’è in gioco solo l’interesse generale del Paese ma c’è anche quello di ogni cittadino e di ogni lavoratore.
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CITAZIONI
Il testo sottoposto a referendum viola l'art. 138 della Costituzione, che non prefigura “riforme totali” della Carta, e viola i diritti degli elettori, radicati negli artt. 1 e 48 Cost., elettori che con un solo "si" o "no" vengono costretti a prendere contemporaneamente posizione sulle modifiche delle funzioni del Presidente del Consiglio, delle funzioni del Presidente della Repubblica, del procedimento legislativo, della composizione e delle funzioni di Camera e Senato, delle competenze legislative regionali, della composizione della Corte costituzionale, del giudizio di legittimità costituzionale in via diretta e del procedimento di revisione costituzionale.
(Aprileonline, 23-6)
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Una cosa è lavorare per la Costituzione che abbiamo; una cosa opposta è lavorare per la Costituzione che non vogliamo avere. I nostri ingegneri e sarti costituzionali probabilmente non si saranno nemmeno posti il problema. Forse, non saranno neppure stati sfiorati dal dubbio che questo sia un punto importante sul quale saranno giudicati. Più probabilmente ancora, si saranno lasciati condizionare inconsapevolmente dalla presunzione che la nostra indole sia come la loro. Ma noi, nel momento in cui ci viene chiesto di pronunciarci per mezzo del referendum, è proprio questa la domanda che ci poniamo: se siamo o, meglio, se vogliamo essere quello che essi presumono che siamo; se siamo o vogliamo essere come credono loro.
(Gustavo Zagrebelsky, Repubblica 23-6)

giovedì, giugno 22, 2006

resistenza/meditazione - 22/6/06

L'UNITA' on-line 22-6
Sommario di I pag.
Berlusconi non cambia: ora il «coglione» è «indegno»
L´ex presidente del consiglio chiama «indegno» l´elettore che non vota Sì. Così come, ad inizio di aprile, aveva chiamato «coglione» l´elettore intenzionato a votare sinistra. Solito show nella manifestazione di chiusura della campagna della Cdl a Roma.
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CORSERA 22-6
Sommario di I pag.
Cossiga: «Indegno di essere italiano»
Il senatore a vita replica all'intervento di Berlusconi sul referendum: «E ora che altro mi riserva l'amico Silvio per il futuro? Scismatico, eretico, apostata?»
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REPUBBLICA on-line 22-6
Il fronte del No nella Cdl
Tabacci e Follini: "Siamo un gruppo di indegni"
"Il voto sulla Costituzione non è una rivincita sul governo"
ROMA - "Eccoci, siamo un gruppo di indegni...". E poi un risolino ironico. Così Bruno Tabacci dell'Udc ha iniziato la conferenza stampa organizzata a Montecitorio insieme a Marco Follini, ex segretario del partito centrista, Publio Fiori (Dc) e Stefano De Luca (Pli). E' il fronte dei "dissidenti" del centrodestra sul referendum. Quelli di un ''forte e convinto No'' per bocciare la riforma costituzionale della Cdl.
Facendo il verso allo slogan usato ieri da Silvio Berlusconi ("Indegno dell'Italia chi non va a votare sì"), Follini e gli altri che voteranno No al referendum sulla Costituzione hanno chiesto di bocciare la riforma. Tabacci mette in chiaro che la consultazione del 25 e 26 giugno "non è una rivincita".
Follini, silenzioso durante la conferenza stampa, non si è però tirato indietro di fronte ai microfoni, dicendo che "una larga parte del centrodestra voterà No", e che questa parte, una volta contati i voti, "sarà numericamente importante".
Ha usato parole dure per la "riforma sbagliata e truffaldina", approvata dal suo schieramento, anche il Dc Publio Fiori, secondo cui, "con questa riforma il premier diventa forte con l'opposizione ma debolissimo con i partiti della sua maggioranza".
Anche i liberali, ha spiegato Stefano De Luca, sono "nettamente schierati per il No", precisando che la riforma del centrodestra è "devastante", "un pasticcio realizzato mettendo insieme cose scombinate, come il premierato, il federalismo, l'indebolimento della Corte Costituzionale".
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CITAZIONI
Sbarazziamoci della Costituzione
Lo scontro più radicale è quello che oppone coloro i quali considerano la Costituzione un valore essenziale, eventualmente da ritoccare ma sostanzialmente da mantenere, e coloro i quali vogliono sbarazzarsene, come rivelano la riforma proposta dal centrodestra e lo spirito che la anima.
(Claudio Magris, Corsera 22-6)
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Che cosa faremo domenica
La gente cosa potrà fare domenica? Speriamo che, innanzi tutto e nonostante tutto, vada a votare. Speriamo che non venga influenzata dall'ultimo che parla al microfono. Speriamo che abbia fiducia in chi non ha mai affrontato i grandi mutamenti e problemi del Paese per la propria convenienza personale, che non ha mai cambiato le leggi a proprio vantaggio, che non ha mai scambiato le riforme con il tornaconto. Sarebbe già abbastanza.
(Lietta Tornabuoni, Stampa 22-6)
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La malafede di Berlusconi
Chiunque abbia visto [gli spot] di Mediaset si sarà fatto l'idea che domenica gli italiani debbano esprimersi su un solo quesito a risposta incorporata: volete diminuire il numero dei parlamentari? Il resto della riforma, in quanto potenziale fomentatore di dubbi, è stato cassato. Si è dovuto attendere ieri per veder piovere una diffida vera e propria, che a quarantotto ore dalla conclusione della campagna referendaria più che a un atto di giustizia assomiglia a una presa in giro.
(Massimo Granellini, Ibidem)
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NO e poi NO
«Diciamo no alle riforme di Berlusconi su una Costituzione che porta in sé il significato profondo di anni di dibattito politico e di resistenza al fascismo. Ma soprattutto diremo no per queste stesse ragioni domani, quando qualcuno proporrà o suggerirà proposte di modifica per una Carta che resta il testo fondativo della democrazia del paese».
(Franco Giordano, Liberazione 22-6)
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I due compari
-- Calderoli: meglio trombarsi una valletta che rubare
«Preferisco chi cerca di trombarsi una valletta a chi invece cerca di trombarsi una banca». Lo ha detto l’ex ministro di Berlusconi, che si è anche scusato con la platea, «se invece di concupire dico trombare».
-- Berlusconi: l’Italia che ama vota sì
«Votate sì perché è un voto politicamente importante ed è un modo per dire alla sinistra che non sono i padroni del Paese. Un sì che arriva dall’Italia che non odia, che non invidia, anzi che ha soprattutto amore».
(da Liberazione 22-6)


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MEDITAZIONE 22/6/06


LIBERAZIONE
EDITORIALE

Quale posta in gioco?

Giovanni Russo Spena
In queste ultime ore di impegno (che deve essere spasmodico) per la vittoria del No alla controriforma della Costituzione, è necessario lanciare l’allarme su alcuni aspetti che sono ancora parzialmente oscuri a molte persone.
Le rilevazioni statistiche infatti ci dicono che c’è, nel “popolo della sinistra”, una certa estraneità rispetto alla posta in gioco; come se riguardasse solo gli “esperti” delle architetture costituzionali e del sistema politico. Sembra, purtroppo, che l’unico argomento che morda, a livello di massa, sia l’imbroglio della riduzione del numero dei parlamentari, sbandierato dalle destre come argomento qualunquista.
E’ decisivo, allora, ribadire che se vincessero i Sì assisteremmo all’abbattimento dello stato sociale e dei diritti di cittadinanza. Che si creerebbe una lesione permanente all’eguaglianza delle cittadine e dei cittadini nei diritti alla salute, all’istruzione e alla sicurezza. Che il mercato del lavoro risulterebbe ancora più segmentato e precarizzato: la prima vittima, stiamone certi, sarebbe il contratto nazionale di lavoro. Avere 20 sanità regionali porterebbe alla disarticolazione del Servizio sanitario nazionale, all’abbattimento del diritto universale alla salute e alla trasformazione dello Stato sociale in “Stato residuale”, assistenziale, caritatevole: una copia sbiadita del modello statunitense.
I 20 sistemi scolastici previsti dalla controriforma danno il segno della rottura dell’unità formativa, culturale, di saperi, di conoscenze su cui si basa la scuola laica repubblicana. Per non parlare dei pericoli di chiusure etnocentriche e xenofobe dentro questo contesto frammentato.
Quanto alle 20 polizie locali, i rischi sono già visibili, ora, in una struttura in cui la riforma democratica della polizia è stata seppellita dall’uso scriteriato delle forze dell’ordine (dobbiamo citare il G8 di Genova…) e i sindacati di polizia sono ancora spesso legati a identità corporative.
La nostra Costituzione è una delle più avanzate del mondo perché accompagna il riconoscimento dei diritti con la loro esigibilità. La Costituzione prevede che “vengano rimossi” gli ostacoli alla piena attuazione dei diritti al lavoro, alla salute, ecc. I diritti vengono “agiti”: è una concezione avanzatissima del rapporto tra cittadinanza e diritti sociali e questo vale per tutti. E’ un punto di eccellenza abbattuto dalla controriforma Bossi, Fini, Berlusconi, Calderoli.
Se non ci impegniamo ora, quando lo faremo?

mercoledì, giugno 21, 2006

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 21/6/06

Il Merda alla riscossa -- non c'è due senza tre... sconfitte

REPUBBLICA on-line 21-6
Berlusconi: "Indegno di essere italiano chi voterà NO"
ROMA - Berlusconi apre la manifestazione per il sì al referendum a Roma denigrando chi voterà no. "Nessun italiano può sentirsi degno di essere tale se domenica non sarà andato a dare il proprio sì alla riforma Costituzionale che darà a questo paese più democrazia e libertà - ha detto l'ex presidente del consiglio - E' importante essere cittadini italiani al 100%, è importante domenica partecipare al cambiamento della Costituzione".
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Garante blocca gli spot di Mediaset
Diffida dell'Authority a "non continuare la trasmissione di informazioni parcellizzate e incomplete che enfatizzano solo aspetti particolari"
ROMA - Il Garante ha diffidato Mediaset per i quattro spot riguardanti il referendum costituzionale del 25 e 26 giugno. L'Authority si è mossa dopo settimane di polemiche sulla parzialità dei contenuti degli spot pubblicitari prodotti e messi in onda dalla rete di Berlusconi. La Commissione servizi e prodotti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha diffidato Mediaset "a non continuare la trasmissione di spot informativi che per la parcellizzazione e l'incompletezza delle informazioni fornite enfatizzino aspetti particolari della complessiva consultazione referendaria".
Parla di un "fronte del No gravemente penalizzato", "da risarcire", Enzo Carra della Margherita, secondo il quale fino a oggi si era verificata una "situazione inaccettabile sulle reti di Silvio Berlusconi".
Nei giorni scorsi l'organismo di garanzia aveva già rivolto alle emittenti televisive nazionali un invito alla "corretta applicazione delle disposizioni in materia di comunicazione politica contenute nel regolamento emanato dall'Autorità per il referendum".
Dopo aver varato, a fine maggio, il regolamento per la comunicazione politica sull'appuntamento del 25 e 26 giugno, l'Authority aveva rivolto il 14 di questo mese, giugno un nuovo monito alle emittenti, invitandole al "rigoroso rispetto dei principi di obiettività, correttezza, equità, lealtà, imparzialità e completezza dell'informazione", in particolare evitando, nei messaggi e nelle schede, "le sottolineature suggestive di particolari profili".
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CORSERA 21-6
Berlusconi: «Indegno chi non vota "Si"»
«Prodi è debolissimo, sono divisi su tutto»
«Brogli alle elezioni politiche -- Bisogna ricontare le schede»
ROMA - Non usa giri di parole Silvio Berlusconi, intervenuto a Roma nella manifestazione a favore del "Si" al referendum: «Nessun italiano può sentirsi degno di essere tale se domenica non sarà andato a dare il proprio sì alla riforma Costituzionale che darà a questo paese più democrazia e libertà. E' importante essere cittadini italiani al 100%, è importante domenica partecipare al cambiamento della Costituzione».
BROGLI, SI RICONTINO I VOTI - Le irregolarità riscontrate nelle elezioni politiche di aprile «non hanno altra spiegazione logica se non quella di brogli elettorali. Occorre che si proceda alla riconta delle schede annullate in primo luogo e poi, se necessario, anche di tutte le schede». Silvio Berlusconi, alla manifestazione per il "Si" al referendu, è tornato sulla questione delle elezioni politiche. In particolare sul fatto che «non c' è nessuna possibilità di considerare regolare il voto degli italiani all'estero. È un voto irregolare, che si deve assolutamente rifare».
NON MORIREMO COMUNISTI - «Vi faccio una domandina semplice semplice e voglio una risposta franca: volete morire comunisti?» Lo ha detto, incassando poi dalla platea un forte «noo!», Silvio Berlusconi Poi una stoccata al nuovo governo: «Prodi è debolissimo, sono divisi su tutto. È a palazzo Chigi da due mesi ma non è riuscito a governare, perché si spartiscono solo il potere. Si stanno litigando la spartizione delle stanze alla presidenza del Consiglio».
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Berlusconi: nuovo assedio giudiziario
Centrodestra all’attacco: emergenza democratica

ROMA - Silvio Berlusconi è preoccupato. Non rilascia dichiarazioni. Ma dopo che nel mirino dei pm è finito un esponente di Forza Italia come l’ex governatore della Puglia, Raffaele Fitto, parlando con i suoi fa scattare l’allarme rosso. Ricorda l’anno scorso, quando da Presidente del Consiglio aveva raccomandato di approvare una nuova legge per regolare l’uso delle intercettazioni. E come gli alleati non gli hanno dato retta. Ripete quello che aveva già segnalato all’ultimo comitato di presidenza di Forza Italia: «Non bisogna prendere sotto gamba il nuovo assedio giudiziario».
Perché è in questo modo che il Cavaliere legge le ultime inchieste, non solo il caso Fitto, ma anche gli sviluppi dell’inchiesta sul calcio che vedrebbe il suo Milan nei guai. In altre parole: «un ennesimo attacco», all’interno di «un disegno più vasto, volto a delegittimare i dirigenti della Cdl, così come fa sempre la sinistra». Anche perché siamo alla vigilia del referendum e dell’entrata in vigore della riforma giudiziaria del centrodestra. Ma ciò che Berlusconi dice solo ai fedelissimi e, per telefono, agli alleati, lo dicono ad alta voce Sandro Bondi e Fabrizio Cicchitto, cioè il coordinatore di Forza Italia e il suo vice, in un comunicato congiunto: «Si tratta solo dell’ultimo avvenimento di una serie di fatti gravissimi che creano un’autentica emergenza democratica».
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CITAZIONI
Sensazione referendaria
C’è la sensazione che in tempi di lifting selvaggio, di nonne-mamme, di giovani-for-ever, la nostra Costituzione ormai sessantenne dia quasi fastidio, sia fonte di imbarazzo: un po' come quei vecchi partigiani che non mancano mai di raccontare le loro storie di montagna clandestina... Invece noi, senza volerne fare un mito intangibile, adoriamo anche quelle meravigliose piccole rughe che ancora raccontano la nostra Storia.
(C@C@O 21-6)
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Su cosa potremmo scommettere, noi del No?
«Sugli italiani che vedono ancora nei padri costituenti degli eroi, mentre non si fidano dei politici attuali».
(Il Riformista, 21-6)


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MEDITAZIONE 21/6/06


L'UNITA' on-line 21-6
EDITORIALE

La vera posta in gioco

Stefano Ceccanti
Non è un sondaggio quello di domenica e lunedì, è un voto che decide direttamente la sorte di larghe parti della Costituzione solo ed esclusivamente sulla base dei Sì e dei No.
Alle Politiche solo ventimila elettori hanno fatto la differenza: non scordiamocelo.
Trasmettere questo messaggio semplice è doveroso, ma non è di immediata ricezione.
Il Paese arriva stanco di politica a questo appuntamento dopo troppe domeniche elettorali. Per questo coinvolgere non è facile, al di là delle minoranze impegnate.
La maggioranza che ha approvato questa legge è la stessa che ha disincentivato la partecipazione, il rapporto effettivo di rappresentanza con la pessima legge elettorale con cui abbiamo votato l'ultima volta e che sta dispiegando i suoi perniciosi effetti anche sull'attività di Governo.
Astenersi o votare Sì significa accettare o comunque assecondare anche la logica oligarchica che abbiamo sperimentato con quella legge e che il Parlamento dovrà invece cambiare radicalmente, anche sotto la pressione del prossimo quesito abrogativo.
C'è poi una seconda osservazione di buon senso specificamente contro l'astensione: essa disconosce l'importanza del tema del rinnovamento delle istituzioni, i cui princìpi e valori possono indebolirsi non solo per riforme sbagliate, ma anche per il peccato di omissione delle mancate riforme.
C'è infine un paradosso da segnalare contro la scelta del Sì: la riforma su cui votiamo è intimamente incoerente, assemblando principi e logiche di funzionamento opposti.
La vittoria del No e il quesito abrogativo sulla legge elettorale possono rilanciare la prospettiva delle riforme nel modo più proficuo per il Paese.
(versione ridotta)

martedì, giugno 20, 2006

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 20/6/06

UFFA QUANTE

CHIACCHIERE

SU QUESTO REFERENDUM!

Per noi persone per bene, la Costituzione è "roba nostra" e la cosiddetta "riforma" è "roba del Merda", cioè una cagata. Ergo votiamo NO e chi vota SI' è un mangiamerda -- possibile che i pontefici di tutti i colori non siano capaci di fare un discorso così semplice?
Luciano Seno
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L'UNITA' on-line 20-6
BANNER
Deliri. «Abbiamo la prova di aver vinto le elezioni. Controllando verbali e schede abbiamo la certezza di brogli inenarrabili. Alcuni magistrati che hanno firmato il verbale si sono resi colpevoli del reato gravissimo di falsare il risultato elettorale. Hanno certificato il falso»
Enrico La Loggia, ex ministro di Berlusconi, Corriere della Sera 18 giugno
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REPUBBLICA on-line 20-6
Referendum, l'attacco di Berlusconi
'Dare una lezione al governo Prodi'

"Se vinceranno i No niente dialogo con questi comunisti"
ROMA - "Votare Sì per dare una lezione al governo Prodi, al governo con undici ministri comunisti, in cui ci sono ministri che vanno in piazza assieme ai centri sociali e con gli omosessuali, che mettono ex terroristi a capo delle commissioni parlamentari e che rappresentano il partito delle tasse". Per Berlusconi la campagna elettorale non è finita. Dai microfoni di Gr1, il leader della Casa della libertà getta benzina sul referendum costituzionale di domenica. Una raffica di accuse alle sinistra che ricalcano i toni accesi di tre mesi fa quando gli elettori erano chiamati a rinnovare il Parlamento.
"Il governo delle sinistre - ha attaccato ancora l'ex premier - si è rivelato essere quello che avevamo detto in campagna elettorale: lo schieramento dell'invidia sociale delle tasse. In questo senso il referendum acquista un valore politico che va al di là dei suoi contenuti".
"Dialogare con la maggioranza?", si è domandato il presidente di Forza Italia. "Se vincono i No sarà impossibile. Il dialogo per migliorare la riforma potrà cominciare solo se vinceranno i Sì".
Questo il messaggio di Berlusconi agli elettori e al governo della sinistra, quella sinistra "che usa sempre parole contrarie ai fatti".
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"Chi tifa Italia vota No"
I blogger in difesa della Costituzione
di CLOTILDE VELTRI
"Cara Democrazia, cara Costituzione...". Inizia così la lettera aperta dei blogger che dicono No alla riforma voluta dalla Cdl. La Rete offre il proprio contributo alla battaglia referendaria e lo fa dando voce ai tanti giovani che il web lo masticano più della carta stampata o che non hanno mai messo piede in una sezione di partito. I tanti che amano la politica e la comunicazione. Ma, sopra ogni cosa e quasi a sorpresa, amano la Costituzione.
Questo è lo spirito di "Chi tifa Italia vota no".
In pochi giorni "Chi tifa Italia vota no" è stato travolto dai commenti. Duemila blogger si sono collegati al sito.
E che il blog funzioni e catturi l'attenzione dei più giovani, quelli che di solito sfuggono alla comunicazione tradizionale dei partiti, se ne sono accorti anche i politici di professione, almeno i più sensibili alla tecnologia: Antonio Bassolino, Cesare Salvi, Piero Lacorazza, Gianni Pittella hanno già inviato messaggi di adesione all'iniziativa. Ma anche noti blogger, gli stessi che lanciarono alle politiche, dopo l'insulto di Berlusconi agli elettori dell'Unione, la campagna "Anche io sono un coglione".
La lettera congiunta che compare sul blog - e alla quale si può continuare a contribuire inviando la propria missiva - dà la dimensione esatta di quanto orgoglio nazionale, per non dire patriottismo, circoli tra gli under 30.
Non è un caso che tra le adesioni c'è anche quella di un gruppo di ragazzi di centrodestra che vogliono difendere la Carta.
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CITAZIONE
Berlusconi immagina che la gente sia più propensa ad andare al mare e timidamente dice: «Poi non lamentatevi». Ma in cuor suo sembra convinto del vantaggio del No. Per cui evita di legare il suo nome e la sua immagine a un'altra sconfitta. Gli alleati, del resto, si guardano bene dal sostenerlo.
(Stefano Folli, Il Sole-24 Ore 20-6)
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 20- 6
Referendum: spudorata propaganda su Mediaset
In vista del referendum sulla Riforma Costituzionale Silvio Berlusconi ha scatenato le sue tv. E' una spudorata campagna a favore del sì quella che da tempo viene mandata in onda sulle reti Mediaset. L'Unione è furiosa e denuncia già da tempo la faziosità dei telegiornali del biscione e di numerose trasmissioni di approfondimento. Ma, soprattutto, nell'occhio del ciclone sono finiti gli spot informativi, per intenderci quelli che parlano della consultazione del 25/26 giugno come di un referendum sulla riduzione del numero dei Parlamentari.
"La campagna ancora una volta è stata condizionata da un irrisolto conflitto di interessi - ha dichiarato il diessino Giuseppe Giulietti - in particolare spiace constatare come alcune reti private continuino a trasmettere delle schede informative che sono dei veri e propri spot".
Intervenuto sullo stesso scottante argomento anche Stefano Passigli, il quale ha denunciato la palese violazione, da parte di Mediaset, della legge sulla par condicio che, ha ricordato, "si applica non solo alle Politiche ma anche ai referendum".
"Vi sono gravissime distorsioni nei messaggi di comunicazione istituzionale apparsi sulle reti Mediaset - ha tuonato Franco Bassanini - su Mediaset compaiono messaggi di comunicazione istituzionale nei quali si dà del contenuto del testo sottoposto a referendum una sola informazione: la riduzione di deputati e senatori senza neanche dire che la riduzione partirà dal 2016 e soprattutto che la riforma ha ben altri contenuti".


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MEDITAZIONE 20/6/06


LIBERAZIONE 20-6
EDITORIALE

C’è un piano

per ribaltare il governo

Fuori il Prc, dentro l’Udc di Casini
Rina Gagliardi
I “poteri forti” stanno seriamente lavorando per sostituire Rifondazione comunista con l’Udc.
L’idea è sempre stata ben chiara, fin dalla nascita dell’Unione e fin dalla campagna elettorale: “usare” i voti e la presenza della sinistra radicale, politicamente e quantitativamente determinante, per sbattere fuori Berlusconi, ma poi determinare, al più presto possibile, un diverso equilibrio politico, di natura neo-centrista. Il famoso “taglio delle ali”. L’espulsione dalla maggioranza, o la marginalizzazione del Prc, per un verso; la rottura della Casa della libertà, per l’altro verso, con il passaggio ad una nuova collocazione politica e parlamentare della sua ala ex-democristiana.
Un disegno, che Confindustria, Corriere della sera, ora forse anche la Cei, accarezzano da sempre: solo che ora esso comincia a camminare.
Va da sé che la vittima illustre di questa operazione è proprio Romano Prodi. Il presidente del consiglio, nonché leader dell’Unione, è l’agnello sacrificale privilegiato del progetto neocentrista.
Non occorre molta fantasia per capire dove si va a parare.
Ora, noi non siamo in grado di prevedere fino a che punto questo scenario potrà avverarsi. Abbiamo però una certezza, anzi due: che la parte maggioritaria della borghesia (e dei poteri con i quali la borghesia è oggi alleata) non sopportano l’idea che la sinistra radicale abbia un peso politico, e di dirette responsabilità istituzionali e ministeriali così rilevanti; e che, finora, a dispetto di incertezze e contraddizioni, il governo Prodi dispiace assai al padronato, a Washington e alla Cei.
Questa è la sostanza, oltre il can can e la fuffa mediatica. Questo è il terreno sul quale si misurerà la lotta politica delle prossime settimane.
Ragionando sul pericolo neocentrista che incombe, molto più forte dello spauracchio del ritorno di Berlusconi.
(versione ridotta)

domenica, giugno 18, 2006

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 18/6/06

LE RAGIONI DEL NO

(Quelle del SI sono ragioni del Merda - Luciano Seno)
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L'UNITA' on-line 18-6
EDITORIALE

È in gioco l'Italia

Furio Colombo
C´è un rapporto stretto tra la cosiddetta riforma della Giustizia dell´ex ministro Castelli e il grave danno che si vuole recare alla Costituzione con la Riforma Bossi-Berlusconi ("devolution" e nuovi poteri del Primo ministro) su cui siamo chiamati a decidere (decidere per il NO) con il referendum del 25 giugno.
Il rapporto non è solo di affinità, nel senso che i due atti vandalici sono parte delle «36 riforme» di cui si è vantato per quarantadue trasmissioni televisive illegali Silvio Berlusconi durante la campagna elettorale.
Il rapporto è più stretto ed esemplare. Si tratta di uno scambio di servizi tra i due soli agenti attivi della Casa delle Libertà, la Lega Nord e Berlusconi. Gli altri, An e Udc, Fini e Casini, contro ogni rispetto politico per se stessi, si sono prestati ad accomodare Bossi secondo la volontà del padrone di casa. E il padrone di casa, Berlusconi, che cosa voleva? Voleva una vendetta esemplare contro i giudici, che accompagnasse le leggi ad personam che lo hanno esentato o salvato da decine di processi. Con le leggi ad personam Berlusconi ha protetto se stesso nell´immediato, incurante del sarcasmo verso l´Italia nel resto nel mondo. Con la nomina di Castelli a ministro della Giustizia si è assicurato una lunga stagione di distruzione e di messa a tacere di tutto ciò che è vivo, nuovo, coraggioso e integro nella Giustizia italiana. Ha tentato di ottenere silenzio, disciplina e subordinazione. Soprattutto ha voluto (se la cosiddetta riforma della Giustizia non si blocca immediatamente) l´umiliazione di coloro che avevano osato indagare, incriminare, rinviare a giudizio un uomo della ricchezza e della potenza di Silvio Berlusconi.
Che abbia o no intrattenuto rapporti con la mafia, i giudici devono imparare (e Castelli ha fatto di tutto perché ciò avvenisse) che il quattordicesimo uomo più ricco del mondo non si tocca, e che è stupido e meritevole di pubblica umiliazione chi non sta al gioco, nell´infinita stagione di compravendita.
Ora che stiamo per votare al Referendum sugli oltre cinquanta articoli di devastazione e offesa alla Costituzione che ha funzionato mirabilmente per sessant´anni (un anniversario che tanti italiani celebreranno votando NO) ricordiamoci dello scambio di favori avvenuto fra Bossi e Berlusconi.
Bossi ha ottenuto via libera per una disastrosa serie di articoli che spaccano, dividono e rendono inagibile il Paese. Era la sua alternativa alla secessione violenta. Devastare da fuori o devastare da dentro. Berlusconi ha scelto di dargli mano libera, per devastare da dentro, con un disegno di «riforma federale» che nessun costituzionalista accetta o approva, tanto è disastrosamente pericoloso. Come controprova di tale pericolo Bossi, il 15 giugno, ha detto: «se gli italiani votano no, noi useremo altri mezzi, fuori dalla democrazia».
Ricordiamolo, al momento del voto. E ricordiamo che il disegno è unico, frutto di una macchina di distruzione e preparazione di un nuovo potere in cui una mente ha diretto (Berlusconi e i suoi avvocati) e alcune braccia senza scrupoli hanno eseguito.
E tutti gli altri, nella Casa delle Libertà, hanno ciecamente eseguito persino a scapito della propria reputazione.
Diciamo che nel loro incredibile comportamento c´è un vantaggio, per il Centrosinistra, in questo delicatissimo momento. Serve a ricordare per forza anche al più mite «dialoghista» chi sono e come sono gli autori della «porcata» di cui si vanta l´ex ministro Calderoli.
In altre parole, un lungo passo verso la dittatura. Aggravato dal silenzio imposto ai giudici, e dall´uso di una televisione di Stato che continua a essere integralmente berlusconiana. Certo lo è nella informazione sul referendum.
Ecco, questo è il disegno contro cui gli italiani dovranno dire NO, in tanti, il 25 e il 26 giugno.
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STAMPA 18-6
EDITORIALE

L’Opa politica sulla Costituzione

Barbara Spinelli
Se tre Presidenti della Repubblica hanno parlato della Costituzione italiana con parole che rimandano al sacro vuol dire che c’è qualcosa di essenziale, nella scelta che gli italiani compiranno il 25-26 giugno quando approveranno o respingeranno la riforma costituzionale varata dalla precedente maggioranza.
L’essenza su cui voteremo è la natura non immediatamente politica della carta costituzionale: il suo esistere e durare a dispetto dei governi che passano.
Pur non negando che la Costituzione e la Corte siano anch’esse figure del vivere politico, lo sono in modo radicalmente diverso, distinto dalla politica che si fa tutti i giorni in Parlamento, nei partiti, e a intervalli regolari nelle urne. La prima politica, quella della Carta, fonda il pactum societatis: il patto fra cittadini, le condizioni istituzionali che consentono loro di non perire in guerre civili, la fiducia che le norme saranno rispettate da tutti. Esso presuppone l’adesione a regole condivise. La seconda politica è il pactum subjectionis: essa produce il governo, e ha al suo centro la forza.
La Costituzione ritaglia nella democrazia uno spazio sacro che protegge la cosa pubblica dalla contingenza e non a caso predispone argini contro il prevalere del numero, contro il dispotismo potenziale d’ogni maggioranza.
In democrazia sono cruciali il numero, la maggioranza. Nella Costituzione il numero non è tutto: le sue leggi valgono quale che sia il numero dei vincenti, e protegge dall’annientamento i perdenti. Sulla Costituzione non si vota. I suoi principi non dipendono dall’esito di nessuna votazione.
Precisamente su quest’essenza voteremo: sull’opportunità o no di sottrarre la Costituzione alle peripezie della politica intesa come governo e come forza basata sui numeri. Sull’opportunità o no di restringere lo spazio sempre più grande, soffocante, che la seconda politica rischia di prendere nella vita dei cittadini e nel loro patto di convivenza. Sul principio che quando è in gioco la Carta non si vota, e in ogni caso non si delibera nei modi in cui ordinariamente si vota in democrazia: a maggioranza. Per questo la scelta non è tra innovazione e conservazione. Non è il vecchio che vale la pena conservare né l’immutabilità d’un ordine, ma l’idea che debbano esistere regole e patti le cui tradizioni e i cui tempi non coincidono con quelli di partiti, governi, programmi.
Può sembrare un paradosso ma proprio su questo voteremo: se sia lecito votare, sulla Costituzione. Se bastino i numeri e le maggioranze tipiche delle democrazie, per riscriverla senza violare magari la lettera della Carta, ma violando di sicuro l’etica istituzionale che l’impregna. Se l’ultima riforma risponda all’esigenza della prima politica o della seconda, se sia il risultato d’una adesione o d’una prova di forza. Per il modo in cui è stata imposta contro la minoranza sembrerebbe che il corpo mistico sia stato offeso, gravemente, anche se l’offesa non è nuova.
Quel che insidia la Costituzione è l’Opa che vien lanciata su di essa dalla politica, dai partiti, non per ultimo dalle Regioni. Altri modi di mutarla ci devono pur essere, basati sul consenso non di una maggioranza - di parlamentari o Regioni - ma su alleanze ampie almeno quanto fu ampio l’arco costituzionale.
Certo è importante che la Costituzione si adatti a un ordinamento mutato, dove la scelta del governo è ormai nelle mani dei cittadini anziché del Parlamento.
Ma qui siamo di fronte a un patologico accanimento, siamo di fronte a riforme ciclotimiche, che - come la devoluzione - oscillano tra frenesie e lunghe indolenze; a riforme autistiche, elaborate da un legislatore che è stato indifferente a ogni critica e stimolo esterno; a riforme schizofreniche, che predicano il decentramento e praticano l’accentramento massimo dei poteri del Premier.
La Costituzione sarà cambiata ma - si spera - con metodi diversi da quelli adottati con faziosità giacobina dalla destra. Si spera che la Carta cambi non in segrete baite montane come ai tempi di Berlusconi, ma all’aperto, sapendo che in discussione è il patto della società, è il corpo non transeunte della cosa pubblica, è la regola di Montesquieu riguardante i contropoteri («È necessario, perché non ci sia abuso di potere, che il potere arresti il potere»). Questo è il sacro che conviene salvare. Questa è la dissacrazione cui non sarà irragionevole dire NO.
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REPUBBLICA on-line 18-6
EDITORIALE

Se vince il "Sì" lo Stato andrà allo sfascio

di EUGENIO SCALFARI
Il 25 giugno avremo l'ultimo appuntamento elettorale di questa troppo lunga stagione. Non sarà un'ordalia tra il Bene il Male, come invece pensa Bossi; ma certo sarà un voto della massima importanza.
La differenza non è tra chi, votando "sì", vuole innovare la Costituzione attuale e chi, votando "no", vuole invece pietrificarla nel suo dettato vigente. No, non è questa la differenza. Chi vota "sì" vuole - consapevolmente o senza rendersene conto - sfasciare la struttura costituzionale della democrazia repubblicana; chi vota "no" vuole invece impedirlo, rendere impossibile lo sfascio e le sue rovinose conseguenze, restando aperta la possibilità che l'attuale Parlamento possa avviare le opportune modifiche per aggiornare singoli punti senza abbattere l'intero edificio. Questa è la differenza e su questa gli italiani sono chiamati a scegliere.
Il duopolio televisivo Rai-Mediaset sta disinformando i cittadini sul contenuto del referendum. Questo comportamento è della massima gravità.
A sette giorni dal voto referendario sarà comunque difficile colmare questo buco nero che si è prodotto nell'indifferenza generale. Non toglie che interventi riparatori siano doverosi e debbano verificarsi fin dalle prossime ore.
Per quanto mi riguarda, mi provo qui a indicare con la massima sintesi i punti dirimenti della questione.
Le disposizioni della nuova Costituzione sostituiscono con un unico documento ben 57 articoli della Costituzione vigente contravvenendo all'articolo 138 della medesima il quale prevede che gli emendamenti al testo costituzionale siano messi in votazione con specifici atti legislativi e uno alla volta.
E' chiaro che io sono interamente contrario a questa riforma che avrà secondo me l'effetto di favorire le regioni più ricche, disarticolare l'intero sistema decisionale, ridurre la Camera ad un'istituzione dominata dal potere esecutivo, privare i deputati dell'opposizione del diritto di partecipare alla fiducia al governo in parità con i membri della maggioranza, ridurre il Capo dello Stato ad un pupazzo notarile, alimentare a cascata i conflitti tra Stato e Regioni.
Rendere insomma il sistema assolutamente ingovernabile, come tutti i costituzionalisti di questo Paese hanno dichiarato in un documento che dovrebbe essere letto integralmente nelle nostre trasmissioni televisive dedicate a quest'argomento.
L'esito del referendum non avrà effetti diretti sulla vita del governo Prodi. Ma ciascuno capisce che qualora un aborto costituzionale di queste dimensioni fosse approvato dai "sì" nonostante che tutti i partiti dell'Unione sono schierati per il "no", le conseguenze politiche sarebbero tali da mettere seriamente a rischio l'esile maggioranza del 10 aprile, oltreché precipitare il Paese in uno stato di totale marasma. Aggiungo che tutto ciò avverrebbe in presenza d'una sciagurata legge elettorale che dovrà essere al più presto riformata con la collaborazione di tutte le forze politiche.
Per queste ragioni confermo che il "sì" a questo referendum ha come obiettivo consapevole o inconsapevole lo sfascio del patto di convivenza tra i cittadini sul quale è nata la Repubblica nel 1946; il "no" vuole evitare lo sfascio senza escludere la discussione parlamentare successiva sui possibili e auspicabili emendamenti.
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NOTA – Col dovuto rispetto per gli illustri autori, l’estrema lunghezza degli articoli ha reso necessari drastici tagli.

sabato, giugno 17, 2006

MEDITAZIONE - 17/6/06

COSTITUZIONE

CHE VOGLIAMO FARE?
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SOLE - 24 ORE 17-6
L'inutile polemica sul voto del senatore Ciampi
Singolare la polemica scatenata dal centrodestra

Stefano Folli
L'ex presidente della Repubblica ha tutti i diritti di pronunciarsi in pubblico sulla riforma della Costituzione. In un certo senso sarebbe strano se non lo facesse, dopo sette anni passati al Quirinale in cui non ha mai fatto mistero (sia pure con la misura e la discrezione richieste al capo dello Stato) dei suoi convincimenti.
Ma il centrodestra, invece di attardarsi in sterili invettive contro il venir meno delle «figure super partes », dovrebbe interrogare se stesso su cosa sta facendo per vincere il referendum. Quali sono gli argomenti positivi addotti per convincere il corpo elettorale? Prendersela con Ciampi, accusandolo di essere «conservatore», non è un argomento.
Forse nemmeno la drammatica apparizione di Umberto Bossi lo è.
La verità è che la Casa delle Libertà (esclusa la Lega) ha atteso troppo prima di scendere in campo. Nel corso delle ultime settimane la notizia era il disimpegno di Berlusconi e degli altri leader, nel timore di restare impigliati in una nuova sconfitta e di subire un altro colpo d'immagine.
Sull'altro versante, invece, era cominciata una lenta mobilitazione che adesso sta dando i suoi frutti.
I sindacati, ad esempio, sono schierati con determinazione a fianco del No e sono in grado di fare la differenza. A destra non ci sono organizzazioni di analoga potenza in grado di coinvogliare gli elettori verso le urne.
In conclusione, la Casa delle Libertà ha solo pochi giorni per correggere — se vuole — una campagna stanca e poco convinta.
La posta in gioco sulla carta è molto alta: una vittoria del Sì costituirebbe un potente fattore di delegittimazione del governo Prodi. Eppure finora Berlusconi ha dato l'impressione di crederci poco, preferendo la strada tortuosa e ambigua che porta a «depotenziare» il referendum. Sperando di non farsi sfuggire Umberto Bossi, dopo.
(versione ridotta)
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MANIFESTO

La paura del 25 giugno

Andrea Fabozzi
Si può perdere il referendum del 25 e 26 giugno? La soddisfazione con cui nel centrosinistra - al di là delle condanne ufficiali e in qualche modo obbligate - è stata accolta l'ultima spacconata di Umberto Bossi fa capire che la paura comincia a farsi sentire. E' quasi un sospiro di sollievo quello che dall'Unione si lasciano sfuggire insieme alle piccate repliche al senatùr, tornato ruvido profeta di una via «non democratica » alla devolution. La speranza per gli spaventati dell'Unione è che l'uscita leghista si trasformi in un boomerang per la Casa delle libertà. Intanto perché divide il centrodestra. E poi perché potrebbe riuscire in quella che è considerata una «missione impossibile ». Sollevare e portare alle urne a scuole chiuse e case al mare aperte gli svogliati elettori del mezzogiorno. La partita è aperta. Le previsioni che circolano ufficiosamente nelle sedi dei partiti danno i sì e i no molto vicini e soprattutto una partecipazione molto bassa. Il referendum confermativo non prevede quorum ma per i sostenitori del no vincere avendo portato alle urne meno della metà degli elettori non sarebbe una vittoria tranquillizzante. Almeno non per tutti. Non per chi vuole mettere la Costituzione del '48 al riparo non solo dalle riforme di Calderoli ma anche da possibili pasticci bipartisan che sia a destra che a sinistra già si immaginano. Teorizzare, come ha fatto buona parte della sinistra «riformista», che la Costituzione andrà in qualche modo cambiata «indipendentemente » dal risultato del 26 giugno è stato il modo migliore per scoraggiare anche i più volenterosi sostenitori del no. Adesso i leader del centrosinistra hanno paura. Anche Romano Prodi, che però non è ancora sceso nella mischia in prima persona perché teme di scatenare l'effetto opposto, offrendo un assist a Berlusconi per la sua campagna di «rivincita». Intanto l'Unione è già in affanno, si vedono i primi segnali di sfaldamento e c'è chi lavora ai fianchi il governo puntando a cambi in corsa e maggioranze diverse. Una sconfitta al referendum sarebbe un disastro per il paese ma anche il sigillo tombale di questo centrosinistra. Facendo gli scongiuri e sperando che alla fine vada bene si può già dire che aver depotenziato il valore del referendum è stata una scelta sbagliata di fronte all'enormità della posta in gioco. Puntare al pareggio per evitare di perdere non è mai stata una buona idea. Chi se n'è accorto troppo tardi adesso è ridotto ad attendere, con paura, le prossime mosse di Berlusconi. Che ancora una volta sta giocando benel e sue carte.Non vorremmo scriverlo per scaramanzia,ma sembra di rivedere il film delle elezioni politiche, con un trionfo sicuro diventato un incubo notturno e poi una vittoria risicata. La «speranziella» dei leader dell'Unione di cui ha scritto ieri Mario Pirani su Repubblica è che Berlusconi mantenga il suo basso profilo. Ma se il Cavaliere sta zitto le sue televisioni e i suoi manifesti - ne ha fatti stampare quanti basterebbero a lastricare 500 campi di calcio - stanno spiegando agli italiani che la vittoria del sì aprirà le porte a una repubblica meravigliosa, con più efficienza, meno parlamentari e uno sconto sulla benzina verde (l'ha detto Tremonti).E adesso il telegenico Cavaliere sta studiando l'affondo finale. Si può perdere il referendum del 25 e 26 giugno. Meglio dirselo finché si è in tempo.

venerdì, giugno 16, 2006

RESISTENZA - 16/6/06

ITALIENI 16-6
Le minacce di Bossi
Il clima politico e istituzionale italiano si è improvvisamente infiammato di nuovo dopo le minacce lanciate da Umberto Bossi. Il leader della Lega nord ha detto che se al referendum sulla riforma costituzionale vincerà il no "bisognerà trovare vie non democratiche". Il 25 e 26 giugno più di 40 milioni di cittadini andranno alle urne per approvare o respingere la riforma votata del precedente governo. I sondaggi indicano una probabile vittoria del no, auspicata dal centrosinistra e da ampi settori moderati che difendono la costituzione repubblicana del 1947.
Clarín, Argentina [in spagnolo]
http://www.clarin.com:80/diario/2006/06/16/elmundo/i-03201.htm

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IL RIFORMISTA 16-6
Corsivo
LEGA E CGIL UNITE DALLA SIGNORA LILIANA

Em.ma
Le affermazioni di Umberto Bossi al Tg1 sulle «vie non democratiche» che la Lega seguirebbe se al referendum sulla “devoluzione” vincesse il “no”, non vanno sottovalutate. Non per timore della rivoluzione nordista, ma per l'influenza che eserciterebbero nell'elettorato leghista. Nei giorni scorsi il Manifesto ha pubblicato una bella intervista di Loris Campetti a un'operaia tessile della Val Camonica, la quale è da anni militante della Cgil e della Lega, con uguale fervore e impegno. Il discorso che fa l'operaia Liliana mi ha colpito per il suo rapporto politico ragionato, al tempo stesso, con la Lega e la Cgil. Alcuni temi come l'immigrazione, la giustizia, la legge Biagi, le pensioni, la devoluzione e il referendum sono vissuti con la visione del sindacalista più radicale o/e del leghista più radicale. È uno strano miscuglio che sembra incomprensibile, frutto del carattere della crisi che da anni vive la sinistra e il sindacato. Leggendo Bossi, ho pensato a Liliana, forse disponibile a raccogliere quel messaggio, non perché pronta a fare la rivoluzione, ma per vivere ancora più radicalmente la sua “doppiezza”. Bravi quelli del Manifesto a proporci il “caso”. Ma basta conoscerlo?
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LIBERAZIONE 16-6
Berlusconi segue la via non democratica di Bossi
La Cdl si divide fra tetragoni e imbarazzati
Bertinotti: «Nessuno metta in discussione le regole della democrazia»
Frida Nacinovich
Allarme democratico per l’Unione e Casa delle libertà divisa (Lega e Forza Italia da una parte, Udc e An dall’altra). Le parole di Umberto Bossi, che prefigura una «via non democratica» alla devolution in caso di vittoria del sì al referendum, provocano un vero e proprio terremoto.
La maggioranza prende spunto dalle dichiarazioni del leader della Lega per confermare il suo no alla riforma costituzionale della destra. E anche nel centrodestra emerge un forte imbarazzo. Con un’eccezione: Silvio Berlusconi. Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc, definisce «inaccettabili» le parole del leader leghista. Gianfranco Fini di An non arriva a tanto («parole fuori luogo»). Invece Sandro Bondi difende Bossi (e Berlusconi).
Arriva il monito della terza carica dello Stato. «Nessuno metta in discussione le regole democratiche», dice Fausto Bertinotti. «Ci sono parole che non possono essere usate neanche a fini propagandistici - spiega il presidente della Camera - se non provocando un’erosione nella convivenza democratica».
Umberto Bossi minaccia: del referendum ce ne freghiamo, applicheremo comunque la devolution. La politica inorridisce quasi tutta, con un’eccezione: Silvio Berlusconi. Il capo dell’opposizione difende l’amico ed alleato Bossi, impugna la spada di Alberto da Giussano cara ai paladini padani e mena fendenti a destra e a manca. Dal vertice del Ppe in Belgio, l’ex premier definisce le critiche piovute addosso al leader del Carroccio come «polemiche forzate e ipocrite». Proprio così. «Il governo è un’orchestra stonata - insiste il Cavaliere - I sondaggi dicono che la Casa delle libertà è al 53%. Possiamo ribaltare il risultato delle elezioni». Sempre più in basso, altro che la vecchia pubblicità di Mike Bongiorno. Dove è finito l’aspirante statista che diceva di ispirarsi a De Gasperi? Se mai ci fosse stato, il Berlusconi di oggi è tutto fuorché degasperiano. Va a finire che la Casa delle libertà si divide, Lega e Forza Italia da una parte, Udc dall’altra, An, amletica, nel mezzo. Da quelle parti va spesso a finire così.
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REPUBBLICA on-line 16-6
L'ira del Cavaliere sui centristi
"Dovevate difendere Umberto"
CLAUDIO TITO
BRUXELLES - "Scusa, ma ti rendi conto che significa sparare sulla croce rossa?". Il viaggio di ritorno da Bruxelles a Roma per Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini non è stato esattamente tranquillo. Sul Gulfstream, il piccolo aereo privato del Cavaliere, i volti erano tesi. Ogni parola un colpo. Ogni sguardo una saetta. Il capo dell'Udc aveva chiesto un "passaggio" per tornare in Italia e si è ritrovato un clima da "separati in casa". E il Cavaliere non ha fatto nulla per nascondere il suo fastidio per quella presa di posizione tanto dura dei centristi contro Umberto Bossi: "Davvero come sparare sulla croce rossa".
Eppure i due avevano partecipato insieme al vertice del Ppe nel Castello di Meise e lì tutto era filato liscio.
A bordo, però, davanti ai pochi ospiti saliti sul "G5" di Berlusconi, la questione Bossi è esplosa. L'attacco alzo zero del segretario Udc Cesa contro il Senatur non era piaciuto per niente al capo di Forza Italia. Anzi, lo ha infastidito. Come non mai. La tensione è calata solo quando i due si sono separati all'aeroporto di Ciampino. "Mi dispiace - ripeteva il leader centrista - ma quelle parole sono inaccettabili".
Non a caso, anche Alleanza nazionale pur stigmatizzando l'uscita bossiana ha preso la vicenda con le molle. Fini è stato molto cauto. In primo luogo proprio per non esasperare una frase che "forse non voleva nemmeno pronunciare".
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Premio Strega alla Costituzione -- il libro che ha fatto l'Italia
Gli Amici della Domenica lo consegneranno a Oscar Luigi Scalfaro
ROMA - Un Premio Strega speciale, dedicato al 'libro italiano' per eccellenza: la Costituzione. Nell'anno del doppio sessantesimo compleanno - quello del riconoscimento letterario e quello della Repubblica Italiana - la Fondazione Bellonci ha deciso di rendere omaggio alla carta costituzionale.
Proprio alla vigilia del referendum sulle riforme che la riguardano: il gruppo degli Amici della domenica consegnerà infatti mercoledì 21 giugno il premio ad honorem. A ritirarlo, in piazza del Campidoglio a Roma, sarà uno dei padri costituenti, l'ex Presidente dello Stato Oscar Luigi Scalfaro.
Un modo per ricordare quanti contribuirono "a tessere la trama civile e democratica dell'Italia rinata alla libertà", come ha scritto Tullio De Mauro nell'introduzione all'edizione speciale della Costituzione Italiana pubblicata da Utet per l'occasione.
"La nostra Repubblica - fa notare lo storico - nonostante instabilità, crisi, incertezze politiche e giuridiche, rimane solida nelle sue strutture e istituzioni grazie a una Costituzione che fu pensata per l'Italia del futuro e non soltanto per risolvere i problemi lasciati dal fascismo e per attrezzare uno Stato nascente su nuovi principi e in una proiezione europea".
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L'UNITA' on-line 16-6
BANNER
Questo non è un referendum come tutti gli altri, deve essere sottratto alla politicizzazione e guardato per quello che è: una pericolosa proposta di riforma costituzionale che va contro l´europeismo e conduce a un volgare campanilismo. Ne ho paura, questa proposta contiene un pericolo di dittatura».
Maurizio Pollini, pianista, il 23 giugno terrà un concerto per il No al Conservatorio di Milano, Ansa 13 giugno
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Sommario di I pag.
Ciampi: «Voto No. Costituzione valida»

E la Lega insulta
Per l'Unione è il più autorevole difensore della Costituzione, per buona parte della Cdl ormai un nemico da insultare. «Andrò a votare per il referendum e voterò no - annuncia Carlo Azeglio Ciampi - convinto come sono della validità dell'equilibrio e dell'impianto costituzionale di fondo della nostra Costituzione». Il leghista Maroni: ci credo, alla sua età...
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CITAZIONI
S’ode a destra uno squillo di tromba
Scendiamo in campo contro una riforma sgangherata, che raggiungerebbe effetti opposti a quelli che dichiara di perseguire, ma con un programma ben preciso; e convinti che la vittoria del sì condannerebbe l’Italia a una riforma pasticciata (non si cambierebbe un testo approvato dal voto popolare), mentre il no potrebbe aprire la strada a quel percorso costituente che cerchiamo da anni.
(Mario Segni, CdL – Corsera 16-6)
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La RAI fa il pesce in barile
Il messaggio che di fatto arriva al pubblico dal servizio pubblico è che il Polo vuole cambiare, vuole un governo forte e durevole, vuole meno costi e meno parlamentari, e così via di belluria in belluria. Invece i fautori del No cosa vogliono e cosa propongono? La Rai tace e non spiega che i due fronti vogliono entrambi le suddette bellurie, ma con metodi e strumenti diversi. I votanti indecisi questo lo sanno? Dalla Rai assolutamente no.
(Giovanni Sartori – Corsera 16-6)