mercoledì, novembre 30, 2005

RESISTENZA - 30/11/05

REPUBBLICA on-line 30-11
La monotona solfa di Berlusconi contro l'opposizione
"Se vince la sinistra, è regime"
ROMA - Anche sull'aborto "per Forza Italia vige la libertà di coscienza". Silvio Berlusconi interviene, a Roma, all'assemblea dei Riformatori liberali, attacca Romano Prodi e il centrosinistra ("Se vince, è regime"), e replica alle polemiche seguìte all'approvazione della ex Cirielli: "Mai fatta una legge a mio beneficio. E' giusto salvare il sodato Ryan - dice - ma in questo caso il soldato Ryan non sono io".
-- Aborto e libertà di coscienza. "Anche sulla legge 194, come sulle altre cose, per Forza Italia vige la libertà di coscienza" ha affermato Berlusconi, aggiungendo che "quello dell'aborto non è un tema nell'agenda del governo. Spetta al Parlamento decidere in modo sovrano".
-- Il relativismo di Prodi. Sulla questione della Tav, e sul cosiddetto "modello danese" Romano Prodi - sostiene il presidente del Consiglio - si comporta "come ha sempre fatto, nulla di fisso, non c'è il bene o il male, ma solo quello che conviene in quel momento". Berlusconi critica così il leader dell'Unione, accusandolo di non prendere una posizione sui temi di attualità: "E' il relativismo alle estreme conseguenze".
-- Ex Cirielli, "legge doverosa": Il premier difende la ex legge Cirielli: "E' una legge che dovevamo fare - ribadisce il premier - e invece la sinistra dice che sono leggi ad personam. Se c'è un abuso del potere dei magistrati che usano la giustizia contro gli avversari politici, è giusto salvare il soldato Ryan, ma al contrario di quel che affermano i giornali, il soldato Ryan non è Berlusconi. Io non ho avuto benefici di alcun tipo".
-- Sinistra e regime. "Hanno molto, anzi troppo: la scuola, l'università, i giornali, nonostante tutto le televisioni, i patronati, la magistratura, non parliamo della Corte Costituzionale, governano in sedici Regioni su venti e per questo se avessero anche la maggioranza e il governo saremmo al regime. Ma noi non glielo daremo". Berlusconi torna su uno dei temi a lui più cari, afferma che "dal centrosinistra non sono mai venute buone idee", ma confida negli italiani che, dice "hanno avuto sempre buonsenso e sceglieranno bene".
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
MESSAGGERO 30-11
“Silvio bay”, un’isola per Berlusconi
Musa, premier del Belize, intesta un atollo caraibico al Cavaliere
di CLAUDIO RIZZA
ROMA Chissà se sulla «Silvio bay», isoletta sperduta nella immensa barriera corallina su cui sciacquetta il Mar dei Caraibi, arriverà pure una Silvio House. Magari un clone della mega villa sarda, nota a Putin, Blair, Aznar e al mondo intero come La Certosa. Oppure qualcosa di più semplice, una simil depandance stile Bermuda, che accolga vips in mutande a fare jogging sul prato, politici in carriera che si tengono in forma o pensionandi che resistono al logorìo della vita moderna.
Comunque sia, un regalo così rischia di farti sfiorare l’immortalità: sulla cartina geografica del Belize è apparsa d’incanto la «Silvio Bay», «Baia di Silvio», nuovo nome che il premier del Belize ha voluto dare a un’isoletta che fino a una settimana fa si chiamava modestamente Black Birds, uccelli neri. Al massimo poteva radunare qualche corvo o richiamare alle mente la celeberrima canzone dei Beatles cantata da McCartney: «Blackbird singin’ in the dead of night/ take this broken wings and learn to fly...».
La «Silvio Bay» è molto di più. E’ come se a Craxi qualche capo di governo avesse regalato la «Bettino Street» o a Prodi una «Mortadella Avenue». Come se, ma a loro non è successo. Né ad Andreotti, né a D’Alema né a nessun altro premier. Said Wilbert Musa è il primo ministro del Belize, che è quel paese piccolo come la Sardegna e vuoto come un deserto (12 abitanti per chilometro quadrato) che sta appiccicato tra lo Yucatan messicano, il mar dei Caraibi e il Guatemala. Duecentosessantaseimila abitanti, che riempirebbero appena tre stadi Olimpici, solo 2 strade asfaltate (chissà che miracoli potrebbe fare Lunardi), ex Honduras britannico dove il capo di Stato è rimasto Elisabetta II ma la moneta è il più vile dollaro. La notorietà la deve a Madonna che cantava: «Last night I dreamt of San Pedro...la isla bonita». San Pedro è proprio lì, nel Belize.
Mr. Musa è venuto a Roma una settimana fa, ha rafforzato le relazioni diplomatiche incontrando il Cavaliere a palazzo Chigi, parlando alla Farnesina con Fini della riforma dell’Onu, e se n’è tornato a casa dopo aver dedicato l’isola a Berlusconi. Lo ha scoperto il settimanale «Chi», che parla di Silvio Bay come di un piccolo paradiso. Paradiso è parola gettonata per il Belize.
Paradiso per pirati, che vivevano indisturbati rintanati nei suoi atolli, poi stroncati dagli inglesi. Paradiso per latitanti: vi si nascose Francesco Cardella, amico di Craxi, guru di una comunità per tossicodipendenti, condannato per truffa aggravata ai danni dello Stato. Paradiso per i subacquei, ’che la barriera corallina è la seconda più grande del mondo, dopo quella australiana. Paradiso per turisti, a parte mosconi e zanzare grosse come elicotteri. Ma soprattutto paradiso democratico, dove sanno riconoscere la tua grandezza.



- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -


MEDITAZIONE – 30/11/05



MANIFESTO

La scienza infertile

di papa Ratzinger

STEFANIA GIORGI
Partire dal Logos divino all'origine dell'universo per atterrare sulla sessualità e la scienza, senza dimenticare l'autentico valore della civiltà europea, fede e sapere nel segno di Cristo. Benedetto XVI, intervenendo all'inaugurazione dell'anno accademico dell'università cattolica del Sacro Cuore certo gioca in casa. Parla rivolto a un'istituzione - una delle maggiori università cattoliche del mondo: cinque sedi, 14 facoltà, affiancata dal Policlinico Gemelli, 42.000 studenti, 1.400 docenti; mica bazzecole -, segnata ab origine da un saldo ancoraggio con la Cattedra di Pietro. Ma il discorso rintocca mentre nel paese imperversa l'attacco frontale alla legge 194, alla pillola Ru-486, ai consultori da convertire in sagrestie. Un paese dove, grazie anche all'impegno diretto della gerarchia nel referendum sulla legge 40, è ormai impossibile tentare di avere un figlio con le tecnologie riproduttive. E dove Darwin suona blasfemo, come negli Stati uniti, perché le sue teorie evoluzioniste innervosiscono chi crede al Grande Disegno della creazione. In un discorso à la Ratzinger, il pontefice invita così docenti e studenti a fare cultura all'altezza dei tempi, a gettarsi nell'avventura entusiasmante di coniugare fede e scienza. Eccellere per la qualità della ricerca e dell'insegnamento e al tempo stesso per la fedeltà al Vangelo e al magistero della chiesa. Senza timore, perché l'aggettivo «cattolica» non mortifica in nulla l'università anzi «la valorizza al massimo». Compito delle università cattoliche è infatti quello di fare scienza nell'orizzonte di una razionalità vera, diversa da quella oggi ampiamente e perniciosamente imperante, vale a dire «secondo una ragione aperta al trascendente, a Dio». Essere un grande laboratorio, nuovi percorsi e ricerca ma nel binario prefissato del confronto tra fede e ragione. Sulla primazia di quale dei due termini non c'è dubbio. L'obiettivo è quella sintesi armonica che si rifà a Tommaso d'Aquino e altri grandi del pensiero cristiano, contestata purtroppo da «correnti importanti della filosofia moderna», si rammarica il papa.
Stavolta infatti il grande colpevole, la fonte di ogni male non è il relativismo culturale, ma «l'affermarsi del criterio di razionalità, fondato sulla dimostrabilità mediante l'esperimento». Vale a dire il principio che da che Moderno è Moderno muove la ricerca scientifica, orienta e dà senso al lavoro degli scienziati. Sempre in lotta con i dogmi della chiesa di Roma. Da Galilei fino a Darwin. Ma è proprio questa razionalità che procede per tentativi, fallimenti e prove continue quella che, per Benedetto XVI, fa scomparire «la questione che ha dato origine all'università, quella del vero e del bene, sostituita dalla questione della fattibilità». Di qui l'appello rivolto agli iscritti alla Cattolica: immergersi nel lavoro «entusiasmante di coniugare fede e scienza». Un obiettivo oggi, secondo il papa invero post-moderno, nuovamente possibile.
Fede e scienza, o meglio fede riversata sulla scienza, che non lascia nulla di intoccato. Filosofia, medicina, economia, fino alle più sofisticate biotecnologie, tutto è collegato per Ratzinger. O meglio tutto può essere piegato ai misteri della fede. Ecco dunque che l'antico cavallo di battaglia cattolico della regolazione naturale della fertilità trasmigra nella richiesta papale di un impegno per superare, sempre in modo naturale, l'infertilità. L'ossimoro, l'incongruenza è lampante. Le tecnologie riproduttive sono nate esattamente per colmare le defaillances della natura. Ma Benedetto XVI tiene a elogiare il lavoro svolto dall'«Istituto Paolo VI di ricerca sulla fertilità e infertilità umana per una procreazione responsabile». Istituto a lui altamente caro, perché pone al centro del suo lavoro la verità e l'amore, cuore pulsante della cultura cattolica anche in tema di infertilità.
Centro nato nel solco della controversa enciclica «Humanae vitae» (1968) di Paolo VI che ribadiva l'opposizione nettissima della chiesa ai metodi anticoncezionali. E inaugurato da Giovanni Paolo II nel 2000 di nuovo in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico del Sacro Cuore. Nulla è cambiato. La terra continua a essere al centro dell'universo.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
CITAZIONE
La seconda carica del Vaticano. «Eliminare la religione dalla politica, facendo in modo che quest’ultima sia pura e laica, è impossibile. La religione entra nella sfera pubblica e nei nostri Parlamenti»
Marcello Pera, presidente del Senato, Ansa, 26 novembre
(LUnità 27-11, BANNER)

martedì, novembre 29, 2005

RESISTENZA - 29/11/05

REPUBBLICA on-line 29-11
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Credere, convivere e combattere
"Il mio governo ha fatto della lotta alle organizzazioni criminali una bandiera. Siamo in guerra assoluta contro tutti i gruppi criminali del paese-"
(Silvio Berlusconi, Il Giornale, 26 novembre 2005).
"Mafia e camorra sono fenomeni che ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Purtroppo ci sono: dovremo convivere con queste realtà."
(Pietro Lunardi, ministro delle Infrastrutture, Ansa, 22 agosto 2001).
"Quando il giudice mi ha interrogato mi sono accorto che mi trovavo di fronte ad un ammalato. Se dietro a varie scrivanie dello Stato ci sono degli psicotici la colpa non è mia. Perché non fanno delle visite adeguate a questa gente prima di affidare loro un ufficio?."
(Luciano Liggio, boss mafioso, intervistato da Enzo Biagi, 20 marzo 1989).
"Andreotti è troppo intelligente. È troppo intelligente. Guardate, Andreotti non è mio amico. Lui è di sinistra. Hanno creato questa menzogna per dimostrare che la Democrazia Cristiana, che è stata per 50 anni il partito più importante nella nostra storia, non era un partito etico, ma un partito vicino alla criminalità. Ma non è vero. È una follia! Questi giudici sono doppiamente matti! Per prima cosa, perché lo sono politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana."
(Silvio Berlusconi, intervistato dallo Spectator, 4 settembre 2003).
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
NOTIZIE per il Cavaliere
ITALIENI 29-11
Prodi al 52,5 %, Forza Italia perde dieci punti
A quattro mesi dalle elezioni politiche, l'opposizione di centrosinistra conserva un netto vantaggio sulla coalizione conservatrice guidata da Silvio Berlusconi. Lo conferma un nuovo sondaggio realizzato dall'istituto di ricerca Ekma, che assegna all'Unione di Romano Prodi il 52,5 per cento dei voti. Se si votasse oggi, al centrodestra andrebbe il 44,8 per cento delle preferenze. Registra inoltre un forte calo il partito di Berlusconi, Forza Italia, che dal 29,4 per cento del 2001 è sceso al 19 per cento.
Financial Times, Gran Bretagna [in inglese]
http://news.ft.com/cms/s/24e12c5a-607d-11da-a3a6-0000779e2340.html
-=oOo=-
Il venditore Berlusconi
Il centrodestra dà il via alla campagna elettorale schierando le tre punte.
Il centrodestra è partito. La campagna elettorale è iniziata. Berlusconi arringa i suoi con l’inconfondibile stile da imbonitore cercando di darsi un tono laico, liberista e anti-comunista. Casini a sua volta recita la parte. Il profilo previsto è quello del cattolico moderato. Critica Berlusconi apertamente – a volte andando volutamente fuori spartito - ma il suo atteggiamento è strumentale al centrodestra per riacciuffare il voto moderato e cattolico in libera uscita verso il centrosinistra. Fini si riposiziona a destra richiamando alla memoria l’orgoglio dei padri e dei nonni e riposizionando la fiamma tricolore nel logo di Alleanza nazionale. La Lega dopo aver incassato la riforma costituzionale rinverdisce la sua identità secessionista e xenofoba. Tutto, insomma, come se cinque anni di Cdl e Palazzo Chigi non siano mai esistiti. Ognuno riprende il proprio posizionamento. I sondaggi definiscono i “target” di riferimento e il leader distribuisce gli spartiti prestampati agli attori sulla scena. Il metodo scientifico applicato alla politica. La strategia e le identità sono definite. C’è anche il tempo per provare un recupero.
(Angelo Notarnicola, Aprileonline 29-11)
-=oOo=-
“Ciascun partito tesse la sua tela. La diversità tra Fini e Berlusconi e Berlusconi e Casini e Casini e Fini è chiara. Ognuno ha il suo profilo. Stimo e apprezzo molto Berlusconi, ma non sono come lui.”
(Pier Ferdinando Casini, Corsera 29-11)
-=oOo=-
Capire il Cavaliere
“Il core business dell’attuale Presidente del Consiglio è la pubblicità e tale settore è per certi aspetti anticiclico (in tempi di crisi e di crollo della domanda, le altre imprese tagliano tutte le voci di spesa ma aumentano proprio quella pubblicitaria) ed egli si arricchisce sempre più mano a mano che si impoverisce il paese; addirittura si capisce perché la sua politica economica sia orientata a favorire non lo sviluppo, ma la recessione.”
(Relazione programmatica dell’Unione, citata dal Foglio 26-11)
-=oOo=-
L'Ocse dà dell'Italia un quadro preoccupante: rialzo dell'inflazione fino a sfiorare il 3 percento l'anno prossimo, esplosione del debito pubblico (oltre il 110 del Pil nel 2006 dopo dieci anni di stabilità), crescita rallentata dal calo dei consumi e la mancanza di investimenti, produttività del lavoro troppo bassa. E la Finanziaria viene definita «una sfida impressionante», per non dire incredibile.
(L’Unità, Sommario di I pag. 29-11)
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
ESPRESSO on-line 29-11
Dottor Spot e Mr Bugia
La propaganda di Berlusconi richiede una grande capacità di menzogna
Claudio Rinaldi
Un tempo parlare bene di sé era considerato sconveniente: "Chi si loda s'imbroda", insegnavano le madri. Ora non più. Da anni Silvio Berlusconi fa dell'autoelogio una pratica quotidiana, una filosofia di vita, il che non è l'ultimo dei suoi contributi all'involgarimento del paese. E in questi giorni, fiutando l'avvicinarsi delle elezioni, tende a strafare, con una serie infinita di discorsi trionfalistici sul mirabile operato del suo governo.
Ormai i temi chiave della sua campagna li ha messi a fuoco. Il primo è, appunto, la rivendicazione dei miracoli compiuti. Strappare un okay agli elettori appare difficile, visto che i delusi sono tanti, ma il premier ci prova. A volte si affida a spericolati giudizi di valore, come quando definisce "splendidi" i risultati dell'avventura militare nel disastrato Iraq; più spesso seppellisce gli astanti sotto valanghe di cifre, i 617 provvedimenti adottati dal Consiglio dei ministri, le 179 leggi licenziate dalle Camere, le 22 riforme completate. Gli si può obiettare che il numero degli atti di governo non ha nulla a che vedere con la loro efficacia, così come la stabilità di un esecutivo non garantisce la qualità delle sue decisioni. Berlusconi, tuttavia, conta sul suo talento nel lavaggio dei cervelli; e pure sull'involontario aiuto dei suoi avversari, incomprensibilmente restii a rinfacciargli il tradimento degli impegni e il flop del Contratto con gli italiani.
Il secondo tema della campagna appena avviata è "il sogno possibile", per usare lo slogan dell'adunata di giovani forzisti promossa di recente da Marcello Dell'Utri. Una nuova raffica di favole, di annunci avveniristici. Anche qui però ci sono problemi: lo dimostra il goffo passaggio, nel breve volgere di quattro giorni, dalla promessa di una casa per tutti a quella di una casa per i soli sfrattati. L'estemporaneità delle chiacchiere correnti, per esempio sul ritorno al nucleare o sul pensionamento a 68 anni (perché poi 68? nella Germania presa a modello l'ipotesi allo studio è 67...), conferma che il programma del 2006 è ancora in altissimo mare. Il terzo filone, infine, è la calunnia preventiva ai danni di Romano Prodi & C. Si tratta di spaventare la gente ammonendo che, in caso di vittoria, il centro-sinistra commetterà ogni sorta di nefandezze: introdurrà un'imposta patrimoniale, ridurrà la settimana lavorativa a 35 ore, estenderà lo Statuto dei lavoratori alle piccole e piccolissime aziende. Di vero in tutto ciò non c'è niente, si è in presenza di un gigantesco processo alle intenzioni. Ma anche questo indica che la propaganda di Forza Italia richiede innanzitutto una grande capacità di menzogna, e che in tanto può avere successo in quanto riesca a stendere sulle forme usuali di ciarlataneria una patina di credibilità.
Ecco perché Berlusconi ha la tentazione incoercibile di manomettere la legge sulla par condicio. I normali strumenti della comunicazione politica, dai comizi ai manifesti murali agli opuscoli spediti a tutte le famiglie, non gli bastano: alle europee del 2004 ha investito ben 34 milioni di euro, oltre il quadruplo del listone Uniti nell'Ulivo, eppure il suo partito è crollato al 21 per cento dei voti dal 29 che aveva tre anni prima. Quelli che gli servono sono gli spot, la traduzione moderna dell'antico ipse dixit, i messaggi pubblicitari dall'assertività implacabile che si impongono grazie alla frequenza ossessionante e al linguaggio suggestivo.
Soltanto gli spot possono rendere convincente una bugia, genuino un falso, attraente una nullità. Senza di essi il Berlusconi in declino di oggi si sente perduto. Furono gli spot a regalargli la folgorante vittoria del 27-28 marzo 1994, gli spot a fargli toccare nel giugno successivo il livello record del 30,5 per cento dei voti. Poi sono stati vietati, salvo che alle europee del 1999: lì la Lista Bonino, ricorrendo estesamente alla pubblicità in tv, conquistò uno strabiliante 8,5 per cento, anche se alle regionali dell'anno dopo precipitò al 2.
Fino a poche settimane fa Berlusconi, oltre che di ripristinare la libertà di spot, proponeva di assegnare gli spazi televisivi ai vari partiti in ragione del loro bottino elettorale nel 2001: una clausola spudoratamente favorevole a Forza Italia, con quel suo non ripetibile 29 per cento. Adesso l'uomo, che è un negoziatore furbo, si accontenterebbe di molto meno. Ma per tutti i suoi interlocutori, dall'Unione al resto del centro-destra, qualsiasi concessione alle sue brame equivarrebbe a un suicidio. Gli spot, infatti, non sono un veicolo di idee neutrale. Sono il cuore e il simbolo del berlusconismo, la fonte unica di una ricchezza smisurata, l'arma letale di un populismo d'alto bordo capace di sublimare in illusioni i desideri collettivi. Chi ha il potere di rastrellare i due terzi della telepubblicità, oltretutto, sa dove e come farsi confezionare gli spot migliori; e anche su quelli degli altri imprime in qualche modo il suo marchio, giacché li costringe ad andare in onda su emittenti controllate da lui. "Il mezzo è il messaggio", diceva Marshall McLuhan! Permettere a Forza Italia di battersi sul terreno degli spot, dunque, sarebbe come far giocare il Milan sempre a San Siro, anzi a Milanello, e mai in trasferta.
In ogni caso, Berlusconi cercherà di infliggere ai cittadini dosi massicce di sé: la propensione all'autoapologia fa parte del suo Dna. Eppure non è detto che quattro-cinque mesi di logorrea gli giovino. L'anziano imbonitore conserva il suo atout, un manzoniano "scilinguagnolo bene sciolto"; ma potrebbe scoprire che molti, assaggiato il suo prodotto, sono stufi di dargli retta.



- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -


MEDITAZIONE – 20/11/05


L'UNITA' on-line 29
EDITORIALE

L’illusione al potere

di Antonio Padellaro
Chissà cosa deve essere costato a Pierferdinando Casini correggere quella straordinaria frase sull’illusionismo. Il presidente della Camera si sveglia e trova sul vassoio, insieme al caffellatte e al pompelmo, il pacco dei giornali. Tutti scrivono nel titolone che l’illusionista di cui trattasi è Berlusconi. I cellulari di Pier (così lo chiamano gli amici più affettuosi) trillano espressioni di compiacimento. Bravo. Era ora. Non se ne poteva più. Persino l’Unità si complimenta per il gesto coraggioso di un avversario. Poi telefona Bondi. Poi Cicchitto. Poi Bonaiuti. Chiedono cosa diavolo sia saltato in mente a Pierfurby (così lo chiamano i nemici più affettuosi). Silvio è furibondo, avvertono. Devi ritrattare. O almeno puntualizzare. Casini si riunisce con il suo trust di cervelli. Ragazzi, trovatemi una precisazione che smentisca confermando. O che confermi smentendo. Insomma che dica e non dica. Una cosa che possa essere letta di dritto e di rovescio. Il trust lavora di lena ma Bondi, Cicchitto e Bonaiuti hanno ordini precisi: Silvio vuole che tu dica queste precise parole: non mi passava nemmeno per l’anticamera del cervello di riferirmi a Berlusconi. Ripeti. Perfetto, approva Casini che vorrebbe nascondersi in un armadio e restarci.
Oppure è andata così. Qualche giorno fa Berlusconi invita Casini e Fini a palazzo Grazioli e fa loro questo discorsetto. Ragazzi, con la nuova legge proporzionale dobbiamo sperimentare l’attacco a tre punte. L’ho già proposto per il Milan ma quel comunista di Ancelotti non vuole darmi retta. Per farla breve, ciascuno di noi deve raschiare il proprio barile fino all’ultimo voto. Dobbiamo cercare di stare sui giornali e in tv ogni momento.
Anche a costo di polemizzare tra noi. Di lanciarci gli insulti peggiori. Io dirò che Casini appartiene alla vecchia dc corrotta. Lui risponderà che gli italiani sono stufi di ascoltare le mie frottole. Fini ci attaccherà entrambi e noi diremo che lui resta un fascista. Dopo aver fatto fessi giornalisti ed elettori ci rimettiamo insieme, sommiamo i nostri voti e governiamo altri cinque anni.
C’è un’altra versione dei fatti. Come ogni bravo illusionista, Berlusconi ha realizzato le più sofisticate tecniche spettacolari volte a produrre fenomeni in stupefacente contrasto con le abitudini normali dell’esistenza e con le leggi della fisica. Cioé, ha creato Casini presidente della Camera e Pera presidente del Senato. Ma Casini che studia da apprendista illusionista prima ha creato la dichiarazione sul premier che ha illuso il paese. E poi, zac, l’ha fatta sparire.

lunedì, novembre 28, 2005

RESISTENZA - 28/11/05

REPUBBLICA on-line 28-11
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Par condicio, se vi pare
"Dobbiamo riformare la par condicio, una legge fatta su misura, ad personam, contro di me."
(Silvio Berlusconi, Ansa, 19 ottobre 2005).
"Dopo la legge elettorale c'è la par condicio, è una riforma necessaria perché l'attuale testo è calibrato sulla vecchia legge elettorale."
(Silvio Berlusconi, 17 novembre 2005).
"La legge sulla par condicio rimarrà così. Abbiamo perso un'occasione per rendere l'Italia una democrazia come le altre."
(Silvio Berlusconi, la Repubblica, 27 novembre 2005)
-=oOo=-
Berlusconi furibondo con Casini
La successiva precisazione non convince il premier: "Vuole visibilità a scapito mio"
CLAUDIO TITO
BARCELLONA - "Sapete qual è la verità? È che l'Udc non arriva nemmeno al 4%. E Casini si sta inventando di tutto per salvare il suo partito". In pubblico ha evitato di polemizzare, in privato però la risposta a Pier Ferdinando Casini è stata durissima. Silvio Berlusconi nel suo bunker di Arcore ha letto le agenzie di stampa con le parole del presidente della Camera. A stento ha trattenuto la rabbia e solo il pressing dei suoi fedelissimi lo ha indotto a non replicare all'istante. A poco è servita anche la precisazione consegnata alla stampa in serata dall' "amico Pier" e concordata tra gli staff dei "due presidenti". Una correzione cui Sua Emittenza non ha creduto nemmeno per un attimo.
"Il suo gioco a questo punto - si è sfogato – è chiaro: conquistare visibilità soprattutto a scapito mio.”
La riforma elettorale, insomma sta scatenando la battaglia non solo tra i Poli ma anche all'interno degli schieramenti. "Io lo capisco - si è lamentato anche sull'aereo che lo ha portato da Milano in Catalogna - ma stavolta Pier ha esagerato… Gli ho ripetuto che dopo di me c'è lui e mi ha ringraziato. Ed ecco la ricompensa. Io sono ancora disponibile, ma...".
Secondo il presidente del Consiglio, però, l'intervento di Casini - "certo non di buon gusto" - non solo è finalizzato a risollevare le sorti dell'Udc, ma ha come obiettivo finale la premiership. "Solo che non vuole che sia io a passargli il testimone. O, forse, ha deciso di scommettere sulla sconfitta della Casa delle libertà". L'incubo del Cavaliere, è proprio questo.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
CITAZIONE
Nel centrodestra si sta accentuando la «fuga da Berlusconi» dell'Udc di Pier Ferdinando Casini. La riforma elettorale in senso proporzionale sta esasperando il protagonismo dei partiti. E accentua la sensazione di un Silvio Berlusconi marcato dagli alleati in vista di una successione quasi automatica in caso di sconfitta. Si sente parlare di «attacco a tre punte», ma non significa un premier affiancato da Casini e dal capo di An, Gianfranco Fini. Spuntano invece tre concorrenti, ognuno dei quali gioca per sé.
(Massimo Franco, Corsera 28-11)
- - - - - - - - - - - - - - - - -
L'UNITA' on-line 28-11
BANNER
Soluzione finale. «Controllano tutto: magistratura, scuola, università, i sindacati, le principali banche... e allora non diamogli anche Palazzo Chigi. Perché questo sono: comunisti. Anche se si spacciano per socialisti, per liberali... Sono da eliminare, se non fisicamente, politicamente».
Silvio Berlusconi, Corriere della Sera 27 novembre
-=oOo=-
EDITORIALE
Dopo la caduta
di Furio Colombo
Il regime mediatico instaurato da Silvio Berlusconi un po’ con la forza (carriere brutalmente stroncate, centinaia di querele miliardarie contro i pochi che hanno osato tenergli testa) e un po’ con l’intimidazione, sta raggiungendo il suo risultato più pieno in queste ore. Un rapporto internazionale (The Economist, 26 novembre), duro e senza salvezza, contro il primo ministro italiano, nei media del nostro Paese si è trasformato come segue.
Primo. Non circola alcun testo tradotto, in modo che non si abbia notizia delle dieci accuse e della tabella riassuntiva di processi e reati di Berlusconi.
Secondo. Omissione completa dello screditamento e della confutazione di ciascuna delle mosse difensive tentate fino ad ora da Berlusconi.
Terzo. L’enormità delle accuse rivolte contro Berlusconi e l’elenco dei gravi danni arrecati dal suo governo all’Italia (elenco che nessuna fonte mediatica italiana ha pubblicato) fa comprensibilmente dubitare gli autori del rapporto-denuncia sulla situazione del nostro Paese che persino Prodi e un possibile nuovo diverso governo possano porvi rimedio. La notizia è diventata che, secondo l’allarmato rapporto internazionale di cui stiamo parlando, Berlusconi e Prodi sono alla pari, accomunati nello stesso giudizio negativo. Si tratta di un falso clamoroso, però accreditato o assecondato o implicato da riferimenti o commenti sempre privi del testo originale.
Basta leggere le molte pagine e i molti argomenti dedicati da The Economist all’Italia di Berlusconi. Basta leggerle per capire che l’immagine del nostro Paese non è mai stata tanto rovinata.
Tutto il testo dell’inchiesta è un clamoroso e incondizionato giudizio negativo. «Avevamo ragione - dice The Economist - Berlusconi non può governare l’Italia». Gli solleva contro l’argomento di cui Berlusconi si vanta, la durata del suo governo. L’Economist lo vede come un danno in più toccato al Paese.
Il fatto è che la condanna di Berlusconi non viene da una visione sociale solidaristica e di sinistra, ma da un implacabile giudizio negativo del mondo a cui Berlusconi, e i suoi affiliati, sostengono di appartenere. Infatti il rapporto inglese sull’Italia smonta uno per uno ogni argomento “visto da destra”, che viene di solito usato dalle reti unificate della propaganda berlusconiana per dare la colpa ai comunisti. Dei comunisti non c’è traccia nel rapporto dell’Economist. Ci sono invece, ben chiare, le impronte dei processi, della illegalità, delle leggi ad personam, della cascata di condoni, delle assoluzioni per “prescrizione”, delle specifiche misure approvate per estrarre il primo ministro dai suoi personali guai giudiziari.
C’è anche un “profilo imprenditoriale” di Berlusconi che è tra i passaggi più duri della requisitoria: «un monopolista che si è sempre affermato al di fuori della concorrenza e all’interno di un sistema di protezioni» che, una volta passato dagli affari al governo, è stato un capo di governo a stretta immagine e somiglianza del capo di impresa: nessuna trasparenza e un cumulo di vantaggi e convenienze e protezioni speciali create solo per lui.
I punti fondamentali su cui l’analisi dell’Economist si fonda sono i seguenti. Il Paese Italia può precipitare in una recessione di tipo argentino. L’Italia compare nella classifica della competizione mondiale in un “quarantasettesimo” posto subito sopra il Botswana. Il costo della vita ha subìto impennate che non hanno nulla a che fare con l’euro ma piuttosto con la responsabilità di un governo che, mentre governava attentamente i propri interessi giudiziari o privati, non ha badato alla corsa libera e arbitraria dei prezzi. Le infrastrutture sono tra le più fragili e invecchiate d’Europa, anzi, senza dubbio, le peggiori dell’Unione europea. Le Università italiane sono in una condizione penosa e al di sotto di ogni confronto internazionale. L’evasione fiscale è alle stelle. Soltanto il 57 per cento degli italiani è al lavoro, contro il 70 per cento dell’Inghilterra.
Il senso dell’articolo si riassume in questa domanda fondamentale: è possibile che un solo governo nelle mani di un solo uomo che controlla un solo sistema di informazioni e domina un apparato legislativo che non ha fatto che servirlo, possa provocare, da solo, un simile danno? La risposta è sì.
Come si vede, nulla, nell’esame sullo stato dell’Italia proposto dalla più autorevole pubblicazione economica del mondo, coincide con il sistema di notizie quotidianamente diffuso dalle reti mediatiche di Berlusconi. Non avete ascoltato una sola parola, nei media italiani, di ciò che gli economisti inglesi ci mandano a dire in questa documentatissima analisi.
La maggior parte delle firme autorevoli del giornalismo italiano passa il tempo a interrogarsi con preoccupazione sul programma dell’Unione, l’armonia dei partiti di sinistra e la guida di Prodi, mentre gli analisti inglesi scrivono dell’Italia di Berlusconi quello che scrivono.
Mentre Berlusconi arruola il fascismo più schietto e privo di pentimenti per la sua prossima campagna elettorale, numerosi editorialisti continuano a chiedersi, ansiosi, se il pericolo comunista sia ancora in agguato.
Nella requisitoria davvero spietata contro Berlusconi e coloro che lo hanno servito, non c’è una frase, espressione o parola che esprima opinione negativa sulla persona di Romano Prodi o anche solo una sospensione di giudizio.
E’ importante notare la seguente affermazione conclusiva, che purtroppo non è arrivata alla gran parte dei lettori e degli spettatori italiani: «Un’ultima eredità negativa del governo di Berlusconi è la svalutazione di ogni valore civico e morale. Quando un primo ministro attacca i magistrati del suo Paese come cospiratori comunisti, fa votare leggi a suo personale favore, e ignora ogni attività di controllo sulla situazione fiscale, manda un messaggio che dice: non ci sono regole, e non preoccupatevi di osservarle».
Ecco la lapide più tremenda sull’Italia in cui viviamo e sul governo di questa Italia.
(Versione ridotta)


- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -


MEDITAZIONE – 28/11/05


STAMPA 28-11
EDITORIALE

La doppia partita

di Luigi La Spina

La partita della politica si complica perché, come al Totocalcio, il risultato non prevede solo due variabili, ma tre. Così, come i grandi allenatori che non si fanno prendere alla sprovvista da un improvviso cambio del gioco, i leader stanno modificando la tattica e, perfino, la formazione delle squadre. Gli elettori penseranno con il loro voto, la prossima primavera, di scegliere tra centrosinistra e centrodestra, tra Prodi e Berlusconi. Invece, la nuova legge elettorale potrebbe trasformare il verdetto degli italiani in una «X», con una diversa maggioranza tra Camera e Senato e, allora, darebbero il via, sia pure involontariamente, a quella «grande coalizione» che tutti giurano di non volere. Ma che, come è stato in Germania dove gli spergiuri sono stati numerosi, tutti, poi, sarebbero costretti a stipulare.
Solo in questa prospettiva si possono capire le grandi manovre in corso nell’attuale maggioranza che anche ieri, con il discorso di Casini, hanno avuto un’ulteriore chiara conferma. Appare infatti curiosa l’inversione di clima, negli ultimi giorni, tra i due poli: il tradizionalmente litigioso centrosinistra sembra abbastanza stretto intorno al suo leader, Romano Prodi. Quello del centrodestra, invece, è costretto a subire il «no» degli alleati alla modifica della «par condicio», le allusioni maliziose sulle sue capacità di guida del governo, i sarcasmi sulla resurrezione della propaganda anticomunista. La sfida del presidente della Camera alla ricandidatura di Berlusconi a Palazzo Chigi non prevede, verosimilmente, che il leader dell’Udc riesca a ottenere più voti di quello di «Forza Italia» nella competizione elettorale. Anche perché le nuove norme di quella legge elettorale che dovrebbe essere approvata anche al Senato prevedono l’indicazione preventiva del capo della coalizione.
Se spuntasse, invece, la «X» del pareggio nella maggioranza tra le due Camere o se la vittoria di Prodi risultasse, comunque, piuttosto risicata, un buon successo elettorale garantirebbe a Casini almeno una doppia chance: la successione di Berlusconi come leader del centrodestra o l’elezione alla presidenza della Repubblica.
Le complicazioni, nella vita come nella politica, non sono mai isolate. Il futuro, infatti, non prevede solo la gara con le tre variabili di cui si è parlato prima. Ma l’esito della prima condizionerà un’altra partita collegata, quella per la nomina del Presidente della Repubblica. Il pareggio o quella vittoria che i cronisti sportivi amano definire «di misura» potrebbe sfociare in un grande scambio di favori bolognesi tra i due inquilini più importanti della Roma repubblicana, Prodi a Palazzo Chigi e Casini al Quirinale.
Ecco perché il grande show mediatico e polemico sui programmi dei partiti e degli schieramenti non deve distrarre troppo l’attenzione dallo svolgimento della vera trama politica che si dipana tra le quinte. Sia le enciclopedie di buone intenzioni che amano stilare i leader del centrosinistra sia le più ridotte ma scoppiettanti promesse di Berlusconi contano poco. Il problema italiano non sta, infatti, nelle cose che sarebbe bello fare, ma in quelle che, ragionevolmente, si riusciranno a fare. Ancor prima che lo dicesse l’Economist, sapevamo che gli interessi più protetti, le corporazioni più agguerrite, le resistenze di chi deve tutelare le rendite di potere sono talmente forti in Italia che difficilmente un governo riesce a sconfiggerli. Solo un fortissimo mandato popolare, con una chiara investitura del leader dello schieramento vincente, tale da ridimensionare le pretese dei partiti che lo compongono, potrebbe consentire al capo del governo di riuscirci. Ma i sondaggi, alla luce della legge elettorale pseudoproporzionale che si sta approvando, non confortano queste speranze.
Un risultato elettorale contraddittorio tra Camera e Senato o uno scarto di maggioranza non rassicurante in un ramo del Parlamento potrebbero dar luogo, allora, solo a due esiti: un breve governo tecnico che si incaricasse di indire una nuova consultazione politica o, appunto, la cosiddetta «grande coalizione». La prima strada, non potendo evidentemente contare su un accordo per cambiare ancora la legge elettorale, condurrebbe forse al nulla: il risultato del voto, a pochi mesi di distanza, resterebbe probabilmente immutato. La seconda soluzione lascia grandi dubbi sull’efficacia concreta di una così larga intesa tra schieramenti avversi. L’esempio tedesco, che sarà comunque interessante seguire nei suoi risultati pratici, non è facilmente importabile nella situazione italiana. L’effetto di isolare i gruppi più radicali di entrambi gli schieramenti potrebbe annullarsi in un sostanziale immobilismo governativo. Proprio il rischio maggiore che corre l’Italia in questo momento. La democrazia prevede che siano gli elettori a decidere. Ma in primavera, questa fondamentale regola potrebbe non bastare.

domenica, novembre 27, 2005

RESISTENZA - 27/11/05

REPUBBLICA on-line 27-11
EDITORIALE
Avviso ai “programmisti”
(*)
Berlusconi finge di ignorare la differenza tra democrazia e demagogia

(…) Vorrei soffermarmi appena un po' sulla rivalutazione del berlusconiano contratto con gli italiani, improvvisamente portato ora come modello da parte di menti autorevoli e ponderate (l'apripista di questa rivalutazione è stato Luca Ricolfi nel suo recente libro sul "Perché la sinistra è antipatica").
Stupisce che i sostenitori di quel modello ignorino la differenza che passa tra democrazia e demagogia. Detto alla buona, la democrazia consiste nel farsi guidare nell'azione di governo dai bisogni del popolo, vagliati alla luce della fattibilità. La demagogia consiste invece nell'impegno a soddisfare i desideri del popolo "indipendentemente dalla fattibilità".
Il famoso contratto con gli italiani è stato un esempio da manuale di demagogia poiché promise risultati che, nel momento stesso in cui furono indicati, chi redasse quel testo sapeva benissimo che ne mancavano totalmente le condizioni di fattibilità. Si stava cioè vendendo agli elettori una gigantesca patacca, un paese dei balocchi inesistente, specchietti per allodole in cambio del voto.
Insomma demagogia pura, montata dal frullatore mediatico messo graziosamente a disposizione da un conduttore televisivo in veste di falso notaio.
Si dice ora: quel contratto però, nella sua semplicità, consente agli elettori di oggi di giudicare. Se non è stato onorato, il firmatario sarà punito e rinviato a casa.
Certo. In teoria è così. Ma nella pratica? Berlusconi, tanto per dire, sostiene che il contratto è stato adempiuto al cento per cento e sta organizzando una campagna-verità in tutte le venti regioni italiane per dimostrarlo. I suoi avversari di centrosinistra sostengono l'esatto contrario ed hanno pezze d'appoggio inconfutabili. Quanto agli elettori, la grande maggioranza percepisce d'esser stata frodata ma percepisce anche che nei prossimi anni dovrà affrontare un percorso in salita per rimediare alla truffa di cui è stata vittima. Questa ripresa di contatto con la realtà è dura e non sempre piace. È umano che non piaccia.
Disincanto sì, ma incertezza anche. Paura della diagnosi.
Paura della terapia. E intanto bombardamento mediatico, promesse di nuovi eldoradi, nuove patacche messe in mostra dai soliti imbonitori.
Ho notato che quelli che incalzano il centrosinistra sui programmi, lunghi o brevi che siano, dispensano il centrodestra da analoghe incombenze. Dicono infatti: il centrodestra ha governato per cinque anni e quindi sarà giudicato sul passato. Il centrosinistra deve invece impegnarsi sul futuro.
Converrete con me, cari lettori, che questo è un modo singolare di ragionare. La risposta del centrosinistra infatti potrebbe essere: governerò in modo opposto e simmetrico, dove loro fecero nero noi faremo bianco. Ma evidentemente non è questa una risposta valida, sebbene sarebbe logicamente corretta. Dal che deduco che la domanda è sbagliata. Visto che il bilancio del governo è fallimentare, anche a lui incombe l'obbligo di dirci come ci tirerà fuori dal pantano in cui ci ha portato. Ma il governo nega che il pantano sia un pantano. E gran parte dei "media" gli tiene bordone o, nel migliore dei casi, contrappone al disastro compiuto una possibile inefficienza futura. Come dire agli elettori: attenti, state friggendo in una padella ma potreste cadere su una brace.
La verità è che la padella è un dato reale, la brace è una supposizione contro la quale stanno almeno due considerazioni: i governi di centrosinistra che guidarono la politica nazionale dal '96 al 2001 realizzarono l'ingresso in Eurolandia (cui si erano impegnati) e una notevole e nuova flessibilità sul mercato del lavoro. La legge Biagi è del 2003, le leggi Treu sono del '97.
L'aumento dell'occupazione cominciò allora ed è andato avanti fino ad oggi.
Temo che nel 2006 avremo su questo fronte qualche spiacevole sorpresa. (…)
(*) NdR - Editoriale non firmato, ma la prosa è di Eugenio Scalfari
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
CORSERA 27-11
Sommari di I pag.
Casini, affondo sul premier: «Basta prestigiatori»
Il presidente della Camera: «Mai detto che avrei fatto meglio al governo. Forse l'ho pensato». Buttiglione lo candida: «Lui a Palazzo Chigi». Critiche da Bondi, coordinatore di FI: «Berlusconi è il contrario dell'illusione»
= = =
Bianco: «Premier imbarazzante»
Dalla Margherita critiche alle dichiarazioni di Berlusconi sul terrorismo. All'attacco anche Pierluigi Castagnetti: «Rispetti le famiglie delle vittime. Così espone il paese al dileggio internazionale»
-=oOo=-
CITAZIONE
Il muro contro muro di Berlusconi contraddetto dai distinguo di Casini
Il modo in cui il fronte berlusconiano ha reagito allo sciopero di ieri contro la Finanziaria mostra smagliature vistose. Soprattutto, fa riemergere il contrasto con l'Udc non più di Marco Follini, ma del presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini.
(Massimo Franco)
-=oOo=-
PAROLE & POLITICA
Quanto fatto da Silvio Berlusconi in cinque anni anni a Palazzo Chigi è l’esatto contrario delle illusioni, ma sono realizzazioni concrete
Sandro Bondi, replica a Casini che aveva puntato l'indice contro i «prestigiatori» e gli «illusionisti» della politica.
= = =
La Cdl va alle elezioni con una squadra di testa, con tre candidati leader e noi speriamo che Casini faccia da goleador
Lorenzo Cesa, manifestazione a Roma dell'Udc.
= = =
Casini e Rutelli nello stesso giorno parlano di Berlusconi come di un illusionista. Penso che gli illusi siano loro: Berlusconi guiderá Fi che si mangerá elettoralmente alleati e avversari di centro
Gianfranco Rotondi, segretario della Democrazia cristiana.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
CITAZIONE
Vi auguro di non accorgervi mai che vostro figlio e' tale e quale all'attuale presidente del consiglio.
Jacopo Fo, C@C@O 27-1


- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -


MEDITAZIONE – 27/11/05


MANIFESTO 26-11
EDITORIALE

Ultimo messaggio

GABRIELE POLO
Il presidente del consiglio ha decretato che lo sciopero è stato «assolutamente inutile». Bisogna capirlo. Dal suo punto d'osservazione non può che essere così. Perché fabbriche vuote, uffici chiusi e autobus fermi non cambieranno le scelte del suo governo - proprie del dna liberistico-populista del berlusconismo -, né incideranno sulla sua sorte politica - già iscritta nell'annunciata sconfitta della prossima primavera. E, in fondo, ieri Berlusconi è stato persino gentile nei confronti degli scioperanti: un decennio fa li ridusse a semplici sfaticati («bisogna lavorare, non scioperare»). Poi, senza lavoro (di governo) rimase lui: dal `94 a oggi è diventato più prudente e si limita a ridurre all'insignificanza ciò che non gli piace. Sforzo lodevole per uno come lui, che gli scioperi li vorrebbe veder proibiti, per legge (come nei paesi del mondo più evoluto) o di fatto (come nel mondo delle sue aziende) e che considera quella dell'auditel televisivo il massimo della partecipazione possibile. Tutt'altro che inutile, invece, lo sciopero è stato per chi l'ha fatto. Non che quattro ore senza lavoro rappresentino un evento sindacale epocale o una consistente quota di riposante libertà. Ma, almeno, sono state uno strumento di comunicazione per raccontare la condizione del lavoro. Perché lo sciopero è stato sì indetto contro la finanziaria, ma il filo conduttore delle manifestazioni di ieri è stato la denuncia di una doppia svalutazione. Quella di un'attività ridotta a merce qualsiasi e quella del suo immiserimento. E' la nuova povertà del lavoro che non si misura solo in stipendi e salari al limite della sopravvivenza (mentre aumenta il peso della rendita e si divarica la forbice dello squilibrio sociale), ma che è fatta anche - forse soprattutto - di precarietà che alimenta l'insicurezza e di sfruttamento fisico e intellettuale che deforma la vita e il tempo di ciascuno.
E' proprio per questo che lo sciopero di ieri è stato un atto politico, la rappresentanza di una condizione generale che rendendosi visibile chiede soluzioni. E, in qualche modo, le indica nel rovesciamento della precarizzazione (materiale ed esistenziale) che il lavoro ha subito in questi ultimi vent'anni, fino a vedersi cancellato come identità. Lo si è visto bene ieri, lo si vedrà chiaramente anche il 2 dicembre, quando a scioperare e manifestare saranno i metalmeccanici.
Probabilmente quello di ieri è stato l'ultimo sciopero generale contro il governo Berlusconi. Difficile che ce ne sia un altro prima delle elezioni di primavera e dopo di allora c'è da augurarsi l'inveramento delle previsioni che danno il Cavaliere in sicura uscita da palazzo Chigi. Ma le questioni poste da chi scende in piazza - ieri come venerdì prossimo - non si esauriscono automaticamente in un cambio di governo. I futuri inquilini del Palazzo avranno una sola occasione per affrontarle, la prossima. Come i protagonisti del romanzo di Garcia Marquez, rischiano di non avere una seconda opportunità ed essere «condannati» a cent'anni di solitudine.

sabato, novembre 26, 2005

RESISTENZA - 26/11/05

CORSERA 26-11
PAROLE & POLITICA
“Il nostro futuro è in gioco così come nel '94 quando siamo scesi in campo. Quei nemici sono ancora lì e non odiano solo me ma tutti voi, perché pensano che siamo ottusi e infingardi.“
Silvio Berlusconi, durante un comizio a Messina
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
L'UNITA' on-line 26-11
BANNER
Si allunga l’elenco dei pericolosi comunisti. «C’è una specie di complotto, congiura, da parte dell’opposizione nel falsificare scientificamente quello che ha fatto il governo. E mi riferisco anche alle critiche dell’”Economist”, che ha radici nella sinistra».
Silvio Berlusconi, Messina 25 novembre
-=oOo=-
Berlusconi riattacca la solita solfa
Il TgTre e chi non crede al "pericolo comunista"
Berlusconi parla, alza la polvere alla vigilia del voto a Messina. Parla “a tutto campo” come piace a lui, per prendersela con la sinistra, i giornalisti di RaiTre e con l’Unità. Tutto al solito più qualche dettaglio.
Certo quanto a novità, la più grossa che ha sparato è stata all’inizio, quando ha detto: «Abbiamo catturato 200 terroristi internazionali». Una cifra che persino Enzo Bianco ha vergogna a commentare perché non sta in piedi. Berlusconi per altro sostiene di aver sconfitto le Brigate Rosse, non facendo distinzione tra le "vecchie" e le "nuove". E non citando neppure l'impegno della magistratura, che a lui dispiace in genere.
Berlusconi ha parlato davanti ai 475 azzurri arrivati a Roma da tutti i collegi elettorali per fare il punto sull'organizzazione della prossima campagna per le politiche d’aprile. Lui li chiama tutti quanti «il motore azzurro» e indica l’obiettivo: «Possiamo puntare al 30%», sprona indicando il traguardo delle politiche 2006.
Al «motore azzurro» ricorda la «rivoluzione arancione», quella che lui ha messo in moto nel 1994. Rivoluzione contro il pericolo comunista, che per lui esiste sempre, nonostante questa sua fissazione lo renda ormai ridicolo persino agli occhi di molti dei suoi, compresi gli ex fascisti e fascisti sempre del Il Secolo. «Ci va anche bene che gli altri lo dicano – sogghigna Berlusconi riguardo alla fine del pericolo “rosso” - perché quel 30% che ha gli occhi aperti vede il pericolo comunista voterà per noi». Naturalmente il “pericolo rosso”sono i Ds, che secondo lui tirano le fila di tutto mentre Prodi e Rutelli «non contano niente».
È convinto di aver la vittoria in pugno ma dice ai suoi: «Dobbiamo puntare sugli indecisi, sui giovani, donne e anziani: sono la falange italiana per vincere le elezioni».
Quindi snocciola i risultati da propagandare nei collegi, senza dimenticare quanto già detto l’altro ieri, cioè che dove c’è un parroco c’è un bacino di voti. «Siamo riusciti a diminuire fortemente le tasse». La sinistra al governo invece «introdurrà nuove tasse e ripristinerà quelle già cancellate». Anzi ha già fatto i conti: con il governo di sinistra le tasse aumenterebbero del 10%.
E poi con questo governo ci sono un milione 538 mila posti di lavoro in più, dice lui. E tremila morti in meno e 50 mila incidenti in meno.
Se la prende con l’Unità – e con il suo direttore Antonio Padellaro – che ha parlato di un premier infuriato per lo sciopero generale, se la prende con RaiTre accusandola di compiacenza con la sinistra, e con le cooperative che hanno sgravi fiscali e poi «sono in grado di comprare una delle prime cinque banche italiane...».
Francesco Rutelli gli risponde a distanza dal big talk della Margherita a Milano. «Il governo ha buttato via cinque anni. Ha cominciato la legislatura con il braccio di ferro inutile sull'articolo 18 ed ha proseguito facendo scelte sbagliate senza affrontare i nodi strutturali dell'economia italiana». Spiega che Berlusconi sta rinviando la legge sul risparmio perché teme di dover reintrodurre il reato di falso in bilancio. La riforma appena varata del Tfr è una vergogna perché non risolve nessun problema ed è un’altra delle riforme-rinvio. E poi non è stato fatto nulla per l’innovazione, solo illusionismi. Ma il ciclo berlusconiano, iniziato 12 anni fa, si sta chiudendo.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
CITAZIONI
Berlusconi tenta di riesumare a undici anni di distanza i fantasmi di un comunismo in agguato; di risvegliare gli istinti e le fobie più profonde del proprio elettorato deluso. Per funzionare, l'appello alla paura dev'essere di tutto il centrodestra, senza dubbi e distinguo. Per questo, la replica di Casini sull'«inutilità» dello sciopero rappresenta un cuneo fastidioso. Il presidente della Camera smonta le motivazioni di Palazzo Chigi, sostenendo che «al di là se sia sacrosanta o inutile, la manifestazione è il disagio di una parte del movimento dei lavoratori, e va sempre rispettato». Rispetto al lessico del resto dell'alleanza, sono parole destinate ad apparire politicamente scorrette
(Massimo Franco, Corsera 26-11)
-=oOo=-
«Governo in agonia»
«Siamo di fronte a una situazione incredibile, ormai è difficile persino definirla: il governo è in agonia, e ogni giorno che passa crea un danno in più. I lavoratori sono stanchi, stanchi di dover subire solo tagli: ai servizi e al welfare, alle retribuzioni, ai diritti. Il peggioramento è continuo e progredisce con velocità: sul potere d'acquisto di redditi e pensioni, le condizioni del lavoro, la precarietà. Con la protesta, gli scioperi, i cortei, si dice no all'impoverimento e all'abbassamento delle tutele, ma davvero l'esecutivo alza la tensione e la situazione rischia di diventare pericolosa».
(Gianni Rinaldini – FIOM, Il manifesto 26-11)
-=oOo=-
La responsabilità maggiore è di Berlusconi. La politica economica è da tempo opaca, improvvisata, contraddittoria, fatta di rinvii. Fra una tantum, prenotazioni di disponibilità future, espedienti contabili, promesse, annunci e disdette, la finanza pubblica è inestricabilmente complessa e incerta, con la spesa che è stata lasciata aumentare, senza dirlo, mentre si diceva di ridurre il carico fiscale-tariffario del cittadino medio, senza farlo. Nell'ultimo anno, sovraccaricando l'agenda con riforme istituzionali (Costituzione, legge elettorale, procedure giudiziali) la cui sostanza e priorità hanno troppo poco consenso, si sono aumentate le tensioni e ridotta la credibilità per riformare l'economia.
(Franco Bruni, Stampa 26-11)


- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -


MEDITAZIONE – 26/11/05


L'UNITA' on-line 26-11
EDITORIALE

Se i poveri si arrabbiano

Berlusconi li valuta elettoralmente perduti - Dunque nemici a cui nulla concedere e a cui molto togliere
di Antonio Padellaro
Silvio Berlusconi si è molto arrabbiato perché il Tg3 dell’altra sera, nella rubrica Primo Piano, ha intervistato il segretario della Cgil Guglielmo Epifani sullo sciopero generale (e chi se no?). Povero premier. Più lui si adopera per convincere gli italiani che tutto marcia per il meglio (presto le città saranno tappezzate di giganteschi 6x3 con l’annuncio, davvero straordinario, che il contratto con gli italiani è stato rispettato), e più questo popolo ingrato non fa che lamentarsi. Infatti, Epifani aveva appena finito di spiegare perché i tagli della Finanziaria alla spesa sociale avranno effetti micidiali sui ceti più deboli che subito i comunisti della Rai hanno mostrato un mercato nell’ora di chiusura con i pensionati a prendere quello che resta per risparmiare qualche centesimo di euro. Sicuramente, avrà pensato il cavaliere, gli stessi anziani prezzolati che la sinistra manda sui tram a sparlare del governo. C’è poco da scherzare e non tanto per una propaganda che, raccontando esattamente il contrario di ciò che i cittadini verificano ogni giorno nelle loro tasche, si ritorcerà contro il suo imprudente autore. La cosa grave è non rendersi conto, per malafede, cecità o tutte e due le cose, della miscela esplosiva che la questione sociale è per il nostro Paese.
Per esempio, il «Sole 24ore», giornale della Confindustria e non della Caritas, nel dedicare, proprio ieri, un allarmato articolo ai nuovi volti della povertà chiede «urgenti e adeguate politiche di sostegno». Giancarlo Rovati (Commissione nazionale sulla esclusione sociale) fornisce, tra gli altri, tre dati Istat degni del sottosviluppo e non della quinta o sesta potenza economica.
In Italia le famiglie a rischio povertà sono 2,7 milioni pari a 6,8 milioni di individui. Seicentomila sono le famiglie che hanno difficoltà quotidiane di alimentazione. 920 euro è la spesa mensile di una famiglia di due persone sotto la quale si può parlare di povertà relativa. Persone che non riescono a pagare l’affitto, le bollette, i debiti accumulati; che non riescono a fare fronte a spese impreviste, all’acquisto di indumenti e, qualche volta non riescono neppure ad acquistare il cibo necessario per vivere.
Siamo sull’ultimo gradino della scala sociale ma chi sta immediatamente sopra non è che abbia problemi molto diversi. I più di sette milioni di anziani aggrappati a pensioni di fame vera (500 euro mensili): quelli che la tv impietosa ci ha mostrato mentre frugano alla ricerca di qualcosa di commestibile. E poi, qualche euro di reddito più avanti, la moltitudine di giovani che sopravvivono con lavori precari, salari precari, vite precarie.
Quindi, il mare del ceto medio risucchiato dalla crisi: insegnanti, impiegati di Stato e parastato, terziario spaventato, tute blu dimenticate e cassintegrate. Tutti costretti nel triste girone dei soldi già finiti alla terza settimana, della natalità difficile perché i figli costano, del Tfr ritirato in anticipo per fare fronte alle spese dell’esistenza.
L’Italia che perde potere d’acquisto e vive male cammina con noi per le strade e riempie i mezzi pubblici ma si finge di non vederla. Sono i nostri fratelli sfortunati e invisibili. Per i tg sono una riga nel notiziario delle vertenze. Se non quando diventano un nuovo genere: il reality operaio.
Radunati all’ingresso di una fabbrica in disarmo rendono meglio. Facce stanche e giacche a vento. E loro pazienti a rispondere che, sì, i turni sono massacranti, che non c’è tempo di stare in famiglia, che l’affitto si porta via metà del salario, che da tre anni aspettano inutilmente l’incremento contrattuale.
C’è chi proprio non li sopporta. Che pensa: zavorra, sfaticati. Convinta che lo sciopero sia un espediente per marinare la fabbrica. È l’Italia di Libero («Torna lo sciopero generale. Che palle...»). È Berlusconi che li valuta elettoralmente perduti. Dunque, nemici a cui nulla concedere e a cui molto togliere. Voci da non ascoltare e a cui gridare: è tutto inutile! Così poco rispetto nei confronti di così larga parte del Paese fa pensare a qualcosa di premeditato. Al tanto peggio tanto meglio per vedere l’effetto che fa. Se poi qualcosa comincia a esplodere, può essere non un guaio ma un’opportunità. Tipo periferie parigine. Si lasciano marcire le situazioni e quando la notte prende fuoco arriva il Sarkozy di turno. Legge, ordine e sondaggi alle stelle per il ministro dalla mascella dura. Perché un giorno o l’altro l’Italia che lavora e non conta niente potrebbe anche arrabbiarsi. La sinistra non se ne dimentichi.

venerdì, novembre 25, 2005

RESISTENZA - 25/11/05

REPUBBLICA on-line 25-11
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Case dolci case
"Lavoriamo ad un grande progetto abitativo per quel 19% di famiglie italiane che vive in una condizione di vita grama non causata da questo governo."
(Silvio Berlusconi, 12 novembre 2005).
Pm. Lei ricorda l'epoca in cui il dottor Dell'Utri acquistò la casa di Sala Comacina sul lago (di Como, ndr)?
Berlusconi. No.
Pm. Voglio dire, se poniamo come 1989-'90 l'acquisto della casa di Milano 2, l'acquisto della casa sul lago... è anteriore o posteriore?
Berlusconi. Non glielo so dire. Guardi, era frutto, e l'uno e l'altro acquisto, di una mia continuativa pressione su di lui perché si dotasse, dotasse la propria famiglia di un patrimonio immobiliare, e continuavo a ripetergli: "Devi avere almeno... devi arrivare ad avere tre cose, anzi quattro in verità: un appartamento a Milano, un appartamento sul lago per il week-end e un appartamento al mare per l'estate, e poi un patrimonio in contanti familiare. Il tuo obiettivo, il tuo dovere nei... confronti dei tuoi quattro figli è di costruire questa situazione patrimoniale della famiglia". E lui alla fine mi... dette ragione e io gli detti naturalmente l'impulso necessario attraverso le donazioni"
(Silvio Berlusconi testimonia al processo in corso al tribunale di Torino a carico di Marcello Dell'Utri, imputato di frode fiscale e false fatturazioni, 15 ottobre 1996).
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
L'UNITA' on-line 25-11
BANNER
Ma Berlusconi ha mai letto Don Sturzo? «La Costituzione è il fondamento della Repubblica democratica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal Governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà».
Don Luigi Sturzo, Discorso al Senato del 27 giugno 1957.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
CITAZIONE
Un crocifisso per papa Ratzinger, una targa commemorativa per Don Sturzo. Nel suo viaggio elettorale tra i cattolici Silvio Berlusconi non vuol lasciare nulla di intentato. E per ribadire che l'eredità del padre nobile della Democrazia cristiana è solo sua, del fondatore di Forza Italia, Berlusconi decide che proprio Don Sturzo è l'ispiratore della devolution bossiana.
(Giovanna Pajetta, IL MANIFESTO)
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
STAMPA 25-11
Corsivo
Segnali
Jena
Il centrodestra dà qualche segnale di rinnovamento, entra Pino Rauti.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
ESPRESSO on-line 25-11
Quelli che... gli piacciono i mostri
Non solo Berlusconi, ma anche Giuliano Ferrara, Stefania Craxi, Pietrangelo Buttafuoco, la Mussolini - Non hanno pudori né ritegni come forse vorrebbero molti
Giorgio Bocca
Se non sono matti non ci piacciono, se non sono dementi non li leggiamo, se non sono un po' mostruosi non scalano le classifiche dei best-seller, se non sono delle canaglie ci sembrano insipidi.
Che Silvio Berlusconi pensi al ritiro in un monastero del monte Athos, o su una colonna da stilista in qualche deserto penitenziale? Non partecipa alla campagna elettorale e promette una casa a ogni povero. Dopo aver promesso e non mantenuto miracoli di ogni genere agli italiani babbioni, non glieli ha dati, ma ricomincia, giulivo e imperterrito. Adriano Celentano lo ha ridicolizzato dal teleschermo, ha dimostrato che è una tigre di carta e un altro dei personaggi mostruosi che piacciono agli italiani, Giuliano Ferrara, ha scritto che ha vinto lui perché di lui tutti parlano, perché è un fenomeno da baraccone.
È di gran moda anche Stefania Craxi, ha pubblicato un libro, l'ha intervistata anche il reverendo Fabio Fazio che dei grandi mostri è un po' il pietoso confessore. Lei, come fa da anni, ha continuato a insultare gli italiani onesti, convinti che un furto sia un furto, che qualche decina di miliardi estorti alle grandi aziende e dissipati dai manutengoli nell'America del Sud siano un furto e non una persecuzione politica.
Grande successo ha il mostro letterario Pietrangelo Buttafuoco che ha scritto non un libro, ma come ha detto un recensore sul Giornale: "L'Iliade dei fascisti", un poema, geniale, stupendo in cui si racconta che i giovani soldati americani che sbarcavano in Sicilia per liberarci dalla dittatura erano dei viscidi crudeli negroidi mentre gli eroi dell'onore militare erano i fascisti che resistevano all'invasione.
La fantasia, anche quella dei mostri, piace agli uomini senza fantasia che sono la maggioranza, ma c'è un limite perché i fascisti dell'Iliade all'apparire delle navi americane se la diedero vergognosamente a gambe come tristemente seppe il loro Duce che è tornato di gran moda, basta scrivere un libro in cui si parteggia per i fascisti e si diffamano quanti rischiarono la vita per mettere assieme un paese libero, per vendere e festeggiare.
I mostri in questo paese piacciono perché non hanno pudori né ritegni come forse a molti piacerebbe. La nipote del Duce a cui il fascismo del nonno non basta, passata all'ala estrema del neo fascismo ha detto che lei è disposta a perdonarci se le chiediamo scusa. E partecipa allegra ai dibattiti televisivi dove sono di casa i politici che avendo gestito la Napoli ladra della ricostruzione dal terremoto, gestiscono oggi la convivenza con la camorra che, essendo una mostruosità, sta risalendo la Penisola, uccidendo chi si oppone.
Ai giovani di Locri questa mostruosità non piace. Speriamo che siano in molti, sempre di più.


- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -


MEDITAZIONE 25/11/05


APRILEONLINE 25-11
EDITORIALE

Pier Ferdinando alla ricerca


della Verità perduta

Toccherà a Casini, ''esempio di forte coscienza cristiana'', traghettare la Chiesa nella politica italiana
Angelo Notarnicola
Sembra proprio che la Chiesa abbia scelto chi la traghetterà nella politica italiana del prossimo decennio: Pier Ferdinando Casini. La notizia è di ieri, ma una riflessione di approfondimento è necessaria.
Il pontificato di Ratzinger è iniziato individuando il nemico da abbattere nei prossimi anni: il relativismo. Per raggiungere questo risultato probabilmente non saranno sufficienti né un solo Ratzinger, nè un solo Ruini, tanto meno un Pierferdinando qualsiasi.
Con ogni probabilità vedremo passare altri protagonisti dopo di loro. Ciò che è certo, comunque, è l’obiettivo da raggiungere. Dopotutto gli uomini di Chiesa sono i primi a relativizzare la loro esperienza terrena a quella celeste, per cui poco importa se qualcuno inizia un percorso e un altro lo porta a termine. Un’organizzazione che sopravvive da due millenni ha tempi di riflessione e di azione diversi da quelli a cui siamo abituati “noi comuni mortali”. Il tempo nelle loro azioni non è dato, in pratica non esiste. Ciò che conta è la missione da compiere in nome della Verità. E il compito di oggi per la stessa sopravvivenza della Chiesa è annientare il relativismo, quel processo culturale del pensiero occidentale che ha trovato nuova linfa all’inizio degli anni ’30 del secolo scorso con Einstein e le sue scoperte.
Gli sconvolgenti risultati, consegnati alla storia del pensiero occidentale come leggi della relatività, hanno segnato la nascita della fisica moderna, il punto di lancio del relativismo come nuova corrente culturale del pensiero occidentale e contemporaneamente l’entrata in crisi del razionalismo illuminista nonché la messa in discussione del concetto cristiano di Verità assoluta.
Questa minaccia, al suo interno, ne contiene un’altra. La Chiesa cattolica, fondata su una rigida gerarchia verticale, è oltre modo minacciata dalle organizzazioni orizzontali che fanno della rete il proprio riferimento simbolico e operativo. La rete, contrariamente alla piramide, simbolo delle organizzazioni verticali, è pensata dall’uomo occidentale e sostanziata in diverse forme - come ad esempio Internet - proprio in seguito allo sviluppo di un pensiero che fa della “relazione tra gli elementi” il suo punto fondamentale.
La Chiesa cattolica non può aspettare oltre. A rischio c’è, per chi non l’avesse ancora capito, la sua stessa esistenza. Si deve difendere, si chiude in se stessa, riduce le libertà agli ordini più “trasgressivi”, serra le proprie fila prima di andare all’attacco, invadendo ancora più massicciamente il campo della politica italiana, per ovvi motivi, punto di partenza obbligato di ogni azione vaticana. Il contesto, tra l’altro, lo consente. La crisi che attraversa la nostra civiltà e il nostro paese in particolare è portatrice di angosce e paure nelle quali il bisogno religioso risorge inevitabilmente.
E davanti a tutto questo, all’immensa grandezza della sfida che gli uomini di Chiesa hanno davanti, alcuni dei nostri politici di sinistra pensano che sia possibile imbrigliare con annunci di improvvise conversioni le strategie vaticane.
Ve la immaginate la faccia di Ruini quando ascolta questo genere di dichiarazioni? Diventano quindi comprensibili le parole del cardinale quando definisce le critiche ricevute “pallottole di carta”.
Con le prossime elezioni si chiuderà una fase storica. Per i prossimi anni il bel Pierferdinando investito da Mons. Fisichella, alla presenza di Ruini, come “esempio di forte coscienza cristiana” - chiaramente sotto tutela - offrirà il suo piccolo contributo alla riconquista della Verità perduta.

giovedì, novembre 24, 2005

RESISTENZA - 24/11/05

L’ITALIA AL TEMPO DI BERLUSCONI
REPUBBLICA on-line 23-11
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Casa dolce casa
"È scambio a pallettoni infuocati, dopo la promessa lanciata a Sorrento da Silvio Berlusconi di dare una casa a tutti gli italiani, anche a quel 19% di famiglie povere che ancora non ce l'hanno. Nella prossima legislatura e sempre che il premier rivinca, ovviamente. Ma a tanto e sì solenne impegno del leader della Cdl, Romano Prodi ha reagito con scherno, provocando la reazione sdegnata di Forza Italia e della maggioranza."
(Il Giornale, 12 novembre 2005).
"Capiamo che a Prodi e Fassino dia fastidio questo nuovo tipo di impegno che Berlusconi ha manifestato verso le emergenze primarie delle aree sociali più deboli. Ma l'annuncio di Berlusconi è in coerenza con quanto fatto dal governo della Cdl attraverso la riduzione delle tasse e l'estensione della no tax area a 12 milioni di cittadini."
(Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia, Il Giornale, 12 novembre 2005).
"Prodi critica tutto ciò che è buono. Se uno dice nero, lui dice bianco, e viceversa. Non è così che si fa politica: non c'è bisogno di offendere gli avversari, soprattutto su una proposta di buon senso come questa."
(Sandro Bondi, coordinatore di Forza Italia, Il Giornale, 12 novembre 2005).
"Prodi e la sinistra dimostrano di disprezzare un tema socialmente rilevante come quello della casa."
(Luca Volontè, capogruppo Udc alla Camera, Il Giornale, 12 novembre 2005)
"Anziché irridere alle proposte di Berlusconi, che sono serie e fondate, Prodi e la sinistra spieghino come potrebbero mai governare, lacerati su ogni questione come sono già adesso."
(Maurizio Gasparri, An, Il Giornale, 12 novembre 2005).
"Casa per tutti? No, solo agli sfrattati. Mai detto che ci sarà per chiunque. Le mie parole sono state strumentalmente modificate."
(Silvio Berlusconi, 15 novembre 2005).
"Una casa per chi non ce l'ha: la manipolazione mediatica. I quotidiani di grande diffusione (Corriere della Sera, Stampa, Repubblica) sintetizzano il concetto in maniera caricaturale: 'Berlusconi promette case a tutti i poveri', 'Darò una casa a tutti i poveri', 'Slogan: una casa per tutti gli italiani'. Lo scopo è evidente: banalizzare e stravolgere una proposta programmatica seria per mettere alla berlina il premier."
(dal sito di Forza Italia, 15 novembre 2005).
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
CATENA DI SAN LIBERO 24-11
45 milioni di Euro per venderci la Fontana di Trevi
Grandi opere sul web. La finanza creativa non si ferma ai ponti e all'alta velocita' ma si spinge fino agli angoli piu' remoti del cyberspazio. Sono stati stanziati quarantacinque milioni di euro per il sito web www.italia.it, geniale progetto made in Banana Republic.
L'idea di realizzare il sito web piu' costoso nella storia dell'umanita' nasce dalla fervida mente del ministro dell'innovazione Lucio Stanca, che con questa iniziativa vuol regalare al Belpaese un sito dedicato alla promozione del turismo e alle prenotazioni on-line di alberghi e ristoranti.
Per un curioso fenomeno di autocannibalismo, dei quarantacinque milioni previsti ben venti pero' saranno usati per promuovere non il turismo ma il sito stesso (in otto lingue). Gli altri venticinque milioni, stanziati dalle regioni, verranno spartiti alla cordata di aziende che s'e' aggiudicata il bando. Insomma una Fontana di Trevi virtuale, con monumenti virtuali e paesaggi virtuali, venduta – per soldi veri - non all'ignaro turista di Toto' e Peppino ma a tutti noi contribuenti italiani, riempiendo qualche server e molte tasche.
[carlo gubitosa]
Info:
http://www.innovazione.gov.it
-=oOo=-
Il super-presidente arrestato ed estradato…
Come ando' a finire. Il super-presidente, che aveva abbindolato la nazione per piu' di dieci anni, alla fine fu arrestato in un paese del Sudamerica e estradato a casa. Mandato di cattura internazionale, processo per corruzione, eccetera.
Si parla naturalmente di Fujimori, ex presidente del Perù.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
ITALIENI 24-11
Lotte interne a destra
Il 23 novembre il governo di centrodestra italiano è apparso molto confuso nel tentativo di delineare due grandi operazioni di salvataggio: la prima per puntellare un sistema pensionistico sull'orlo del collasso, l'altra per evitare il fallimento di Alitalia, la compagnia aerea di proprietà dello stato. Le difficoltà del governo hanno messo in evidenza quanto stiano diventando serie le sfide
economiche e politiche che l'Italia deve affrontare, tanto più che si avvicinano le elezioni politiche dell'aprile del 2006 in cui il primo ministro Silvio Berlusconi sarà chiamato a confrontarsi con Romano Prodi, il leader dell'opposizione di centrosinistra. L'economia italiana ha registrato il quarto anno consecutivo di crescita zero. Particolarmente controversa è la questione di come risanare l'economia del paese.
Financial Times, Gran Bretagna [in inglese]
http://news.ft.com/cms/s/b7206ff0-5c8f-11da-af92-0000779e2340.html
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
CORSERA 24-11
PAROLE & POLITICA
Berlusconi quando è in difficoltà tenta sempre l'operazione anticomunismo. Io direi che è un modo per difendere i privilegi. L'anticomunismo ha molto a che fare con il portafoglio o anche con il potere costituito.
Fausto Bertinotti, intervista radiofonica
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
STAMPA 24-11
“Scusate ci siamo sbagliati”
Berlusconi non lo dirà mai
di Lietta Tornabuoni
I temi della precipitosa campagna elettorale del centrodestra sono sempre gli stessi, quelli del 1950 e della guerra fredda, come se il tempo non fosse mai passato e se il Paese non cambiasse mai, come se gli elettori fossero smemorati. D'improvviso, senza vergogne, la campagna tenta per l'ennesima volta di compiacere la Chiesa cattolica allo scopo di conquistare i voti di cui il Papa dispone, manifestando così un'idea meschina sia della politica sia della Chiesa. Questo non impedisce le azioni peggiori, quelle contro l'aborto (come se qualcuno al mondo potesse essere pro-aborto), contro la legge che lo legittima, contro le donne che sono il soggetto della legge. E' impressionante la costanza con cui questo argomento viene ripetutamente esibito, senza rispetto non soltanto per le donne ma anche per gli elettori che in proposito si sono espressi più volte: addirittura si potrebbe pensare a un elemento di routine, una coazione a ripetere, un'abitudine mai sostituita da qualcoisa di contemporaneo.
Altro punto, l'istigazione alla paura del cambiamento, allo spavento del «salto nel vuoto»: Berlusconi dice che in Italia libertà e democrazia sarebbero a rischio in caso di vittoria elettorale del centrosinistra, come se il centrosinistra non avesse governato prima di lui per anni, senza danno per nessuno e tanto meno di libertà e democrazia; evoca il termine «comunisti» e la falce e martello come fantasmi diabolici fuorilegge. Promette agli sfrattati case che non ci sono. Dimentica la straziante mancanza di soldi. Distribuisce accuse alle amministrazioni locali (in tutti i posti che non hanno votato per il centrodestra e non gli appartengono), ai magistrati che non vogliono appartenere a nessuno; esplode a Milano nel grido autoassolutorio: «Noi non abbiamo rubato! Non abbiamo usato a nostro vantaggio leggi e televisione!».
Pazienza, il peggio deve ancora venire: l'importante è non credere a promesse o garanzie fino al prossimo 9 aprile, non cadere nelle trappole, non lasciarsi stordire dalle parole. E sapere che, più tardi, eventualmente, nessuno dirà mai «Scusate, ci siamo sbagliati»: andranno avanti, lenti e dimentichi.



- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -


MEDITAZIONE – 24/11/05


REPUBBLICA on-line 24-11

La lezione del Quirinale – “Dignità!”

Berlusconi ha felicemente risolto il problema: per non perdere la dignità, basta non averla
di MASSIMO GIANNINI
Con la forza morale e la fermezza istituzionale che ha dimostrato sul campo in questo difficile settennato, Ciampi ha dato un'altra lezione al centrodestra. Con poche parole, che stavolta non si prestano a manipolazioni o a strumentalizzazioni di parte, ha stroncato sul nascere il toto-Quirinale. Ha chiuso il sipario sull'ennesima, meschina sceneggiata che il teatrino della politica ha provato a inscenare intorno al suo nome. Nella maggioranza, adesso, c'è chi dice che il discorso pronunciato in Turchia dal presidente della Repubblica non è una risposta alla sortita di Fini di sabato scorso. E' vero l'esatto contrario.
Quell'uscita del leader di An sull'opportunità di un reincarico è stata indebita e intempestiva. Forse lo è stata anche al di là delle intenzioni e delle interpretazioni. Ma sta di fatto che si è rivelata per quello che era: una "pillola avvelenata", inaccettabile per un capo dello Stato dello spessore umano e politico di Ciampi. Sul piano formale, lo ha costretto a contravvenire a una regola di comportamento cui non è mai venuto meno nel corso del suo mandato: non parlare di politica interna durante una trasferta internazionale. E già questo dà l'esatta misura di quanta irritazione personale abbia prodotto sulla più alta autorità della nazione. Sul piano sostanziale, lo ha costretto a fare quello che un organo "sovrano" non fa mai: parlare della sua successione, o della sua sostituzione. E già questa è la prova ulteriore di quale torsione delle regole la Cdl abbia scaricato sugli assetti della Repubblica.
Ciampi ha risposto con nettezza. "L'unica mia aspirazione è portare a termine con dignità il mandato che mi è stato affidato nel maggio '99". In questa frase c'è riassunto tutto il prezioso lavoro di pedagogia istituzionale che ha svolto in questi anni. E la rituale "esegesi" di questa esternazione presidenziale è chiarissima. Ciampi lancia un doppio messaggio. Il primo messaggio riguarda entrambi i poli: a nessuno sarà permessa la licenza di trascinare anche il capo dello Stato nel gioco al massacro di una campagna elettorale becera e rancorosa. A nessuno sarà consentito il lusso di usare l'attuale inquilino del Colle come "ostaggio" o come pedina di scambio nel grande suk istituzionale che si aprirà dopo le elezioni. Ciampi non è "merce spendibile" sul mercato della politica. Resta fedele al suo giuramento: è un presidente di garanzia, e quindi il presidente di tutti.
Il secondo messaggio riguarda il centrodestra, alla disperata ricerca di uno sbocco per un dopo-voto che si preannuncia rovinoso: nessuno si illuda di poter condizionare il suo insindacabile "magistero", in quest'ultimo scorcio di legislatura che lo vede alle prese con le ultime "leggi-vergogna" della Cdl (proporzionale, ex Cirielli e forse, chissà, persino abolizione della par condicio). Nessuno immagini di condizionarne le scelte, con la volgare promessa di un secondo mandato del quale l'unico, possibile dominus - a tempo debito e di fronte a un'eventuale proposta condivisa da tutte le forze espresse dal prossimo Parlamento - non potrà che essere lui stesso. Al contrario di quanto disse l'irresponsabile Cavaliere alla vigilia del rinvio alle Camere della riforma dell'ordinamento giudiziario, Ciampi non ascolterà nessuna "sirena", ma fino all'ultima ora del 13 maggio 2006 continuerà a decidere sulla promulgazione delle leggi secondo l'unica stella polare che l'ha sempre guidato finora: la Costituzione. Quella Costituzione che per Berlusconi e Bossi è solo un inutile ferrovecchio, e di cui invece il presidente della Repubblica è custode e garante in nome del popolo italiano.
"Dignità", è la parola-chiave di Ciampi. Il suo settennato ne è il simbolo. Quanto al Polo, i suoi leader hanno felicemente risolto il problema: per non perdere la dignità, basta non averla.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
APPENDICE
E Peppone che fine ha fatto?
«Don Camillo è diventato l’eminenza grigia d’Italia? Se si eccettua un pugno di laici radical-socialisti nessun partito si oppone alla crescente influenza di Ruini nella politica. I dubbi più forti nascono dentro la Chiesa. Alcuni sacerdoti cominciano a rammaricarsi che il riferimento a Gesù sia poco presente nei suoi interventi».
Le Monde, 23 novembre
-=oOo=-
Contesa nel centrodestra per «arruolare» Ruini
Lo scambio di complimenti è stato esplicito, e perfino ostentato. Pier Ferdinando Casini che si offre come interlocutore privilegiato della Cei contro chi tenta di «ricostruire gli steccati fra laici e cattolici»; e monsignor Rino Fisichella, rettore dell’Università Lateranense, che lo ricambia come esempio di «credente nella vita pubblica». Tutto sotto gli occhi del presidente della Cei, Camillo Ruini, che ha salutato «il gradito ospite d’onore». Se non è un’operazione politica affidata ad una regìa sapiente, certo le somiglia. Ma non è chiaro se sia il presidente della Camera a «scegliere» le gerarchie, o se stia avvenendo il contrario.
Massimo Franco, Corsera 24-11

mercoledì, novembre 23, 2005

MEDITAZIONE - 23/11/05

MALATEMPORA Magazine #97

EDITORIALE

Nel grottesco finale all'italiana di questo sciagurato regime che nelle ultime sue battute si è trasformato in uno sgangherato paese clerico fascista, un uomo si staglia, al di sopra di tutti.
Sottile, sottilmente potente e prepotente, con un lungo triste viso ed occhi furbi, una bocca a fessura, spesso storta come quella del suo capo, grandissime orecchie da Star Trek, amplissima fronte che sembra non finire mai, con pochi e radi capelli sulla nuca, un portamento non rigido per la sua età, mani dalle lunghe aristocratiche dita, linguaggio forbito e non obliquo: è il cardinal Ruini.
Dalla semplice sottana nera e collare bianco, con lunga catena per la croce, è il braccio destro del braccio destro di Dio (e scriviamo Dio con la maiuscola perchè, con l'aria che tira, potremmo essere arrestati se scrivessimo la d minuscola).
Da quando il PASTORE TEDESCO è salito sul trono di Pietro, da astuto stratega, ha mandato Ruini a cantarci la lezione.
Le donne, devono soffrire (niente pillola, troppo facile!) brutte cagne che sono! E anche gli uomini, sporchi peccatori che vorrebbero con l'eutanasia (abominio!) morire quando pare a loro.
Per i bambini, è il caso di farsi pagare gli asili, con le suore che ti insegnano che il sesso è una cosa sporca...
Insomma, è Ruini che traccia il solco, e sono i servi politici che...
Facciamo Ruini presidente della repubblica italo-vaticana? I Rutelli e i Casini, obbedienti ipocriti cretini, ci si troverebbero bene, insieme a qualche milione di italiani rimbecilliti dalla televisione piena di preti, poliziotti e liberisti.
Camillo Ruini for president, gridiamo in coro su tutte le reti...

martedì, novembre 22, 2005

RESISTENZA - 22/11/05

MANIFESTO
Sommario di I pag.
Il piazzista di Dio
«Particolare sintonia, speciale convergenza, comune collaborazione»: Berlusconi incontra il papa, gli regala un crocefisso e gli offre fedeltà a patti lateranensi e concordato. Il governo è già al lavoro, domani il ministro Storace parte con l'operazione «volontari nei consultori». Mentre la mano di Ratzinger si abbatte su Assisi: francescani commissariati, d'ora in avanti per iniziative come la marcia Perugia-Assisi dovranno chiedere il permesso a Ruini
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
CORSERA 22-11
Berlusconi batte Prodi…
…per 14 a 4 neologismi
ROMA - Almeno a parole, il Cavaliere è più forte del Professore. Silvio Berlusconi batte Romano Prodi per 14 a 4. L'azione politica del Cavaliere nell'arco degli ultimi tre anni ha fatto nascere numerose nuove parole, finora non presenti nei vocabolari, come «berluschese», «berluschista», «berlusconardo», «berlusconeide», «Berlusconi boy», «berlusconite», «berlusconizzante», «berlusconizzare», «berlusconizzarsi», «berlusconizzato», «berlusconizzazione», «deberlusconizzato», «neoberlusconismo» e «postberlusconiano». Al nome del leader dell'Unione sono invece legate un ristretto numero di parole di nuovo conio come «postprodiano», «Prodinotti», «prodizzazione» e «sprodizzare».
A segnalare queste novitá nel campo del linguaggio politico è il libro «2006 parole nuove» (Sperling e Kupfer editori), un dizionario di neologismi compilato sulla base dei giornali dai docenti universitari di linguistica italiana Giovanni Adamo e Valeria Della Valle.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
ITALIENI 22-11
L'inquietante deriva del debito italiano
Il presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet ha precisato ieri che l'aumento dei tassi d'interesse della zona euro non significa necessariamente l'inizio di una serie di aumenti. Una precisazione che non ha completamente tranquillizzato i paesi della zona euro che hanno debiti alti. Come l'Italia che quest'anno, per la prima volta dal 1994, ha registrato un debito pubblico pari al 108,2 per cento del pil.
Dal ritorno di Silvio Berlusconi al governo, nel 2001, il debito italiano era diminuito costantemente fino ad assestarsi sul 105,6 per cento. L'inversione di tendenza è tanto più preoccupante perché si annuncia duratura.
Le Figaro, Francia [in francese]
http://www.lefigaro.fr/eco-monde/20051122.FIG0047.html?093221
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

MEDITAZIONE 22/11/05
- - - - - - - - - - - - - - - - - - -


APRILEONLINE 22-11

Anticlericalismo ottocentesco

Renzo Butazzi
Anticlericalismo ottocentesco. Che vergogna! Oggi i più insigni personaggi di destra e di sinistra sostengono che un vero laico, democratico, rispettoso della libera Chiesa nel libero stato, deve assolutamente evitare un atteggiamento così rozzo e riprovevole. Un atteggiamento che i più raffinati definiscono anche di “integralismo laicista”, peccato mortale.
Come se l’anticlericalismo di due secoli fa fosse nato per la perversione di pochi fanatici, sadici mangiapreti (forse perché i bambini li mangiavano tutti i comunisti?) e non come reazione all’atteggiamento di uno stato ecclesiale che si opponeva all’unità del paese. Conseguita l’unità, l’anticlericalismo sopravvisse per opporsi alle velleità di rivincita del potere ecclesiastico, sconfitto prima sul piano temporale e poi, nel 1870 su quello simbolico. Un potere religioso che aveva utilizzato il divino per dare maggiore legittimità alle sue strutture temporali e imporre l’obbedienza ai sudditi. A questo proposito è significativo ricordare che lo stato della Chiesa, malgrado si identificasse con il centro del cattolicesimo, puniva i sudditi “disobbedienti” con pene molto dure, tra le quali la pena capitale. I dettami del Vangelo venivano richiamati soltanto quando potevano costituire una giustificazione ai comportamenti del potere temporale

“Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” è un insegnamento non contestabile nella sua semplicità, ma genera molta confusione quando Cesare si fa Dio o Dio viene rappresentato da un Papa-Cesare. L’”anticlericalismo ottocentesco” nacque e visse per spezzare questo binomio e contribuì a costruire un’Italia unita e indipendente. Questa azione meritoria mi pare dia grande prestigio a tale definizione, forse più di quanto ne diano al “laicismo moderno” le azioni compiute dai laici che sono venuti dopo.
Quale funzione hanno avuto i partiti cosiddetti laici durante il dominio democristiano? Solo quella di legittimare tale domino per ricavarne benefici, predicando benissimo – ricordate Ugo La Malfa? – ma razzolando come il dominus consentiva.
E negli ultimi anni cosa hanno fatto i laici del centro-sinistra, equilibrati, tolleranti, rispettosi, bonari e forse un po’ quacquaraquà? Hanno favorito, quanto meno per insipienza, la costituzione di una maggioranza “bulgara” a sostegno di un premier purchessia e non sono stati capaci di fermare il sovvertimento della costituzione e la disgregazione dell’unità nazionale. Anzi, hanno dato i primi colpi, forse senza rendersi conto di ciò che facevano.
Per tornare al “Papa-Cesare” battuto dall’anticlericalismo ottocentesco e alla pavidità dei laici odierni, travestita da obiettività e rispetto, concludo invitando questi ultimi a tenere presenti due proverbi assai noti: “Il lupo perde il pelo ma non il vizio”, “Chi pecora si fa il lupo lo mangia”.

lunedì, novembre 21, 2005

RESISTENZA - 21/11/05

OGGI IL TRAGICO PAGLIACCIO

E’ INDIETRO DI 7 PUNTI

Speriamo bene…

L’UNITA’ on-line 21-11
Sondaggio: Berlusconi mai così in basso
Dal sondaggio commissionato dall’Unità alla Swg emerge che il centrosinistra supera di 7 punti il centrodestra nelle intenzioni di voto: 52, 5 contro 45,5. La lista unitaria Ds-Dl è al 35%, Rc al 7%, l’Udeur all’1%.
L’80% degli italiani (88% tra gli elettori di centrosinistra, 67% tra quelli di centrodestra) considera insoddisfacenti le condizioni dell’economia. Per il 39% (37 di centrosinistra, 33 di centrodestra) sono destinate a peggiorare in futuro.
Solo il 34% del campione è d’accordo con la devolution, mentre il 59% (78 dell’Unione, 24 della CdL) è in disaccordo. Al Sud il disaccordo sale al 74% e nelle Isole al 65%. Le probabilità di vittoria del centrosinistra guidato da Prodi sono del 57%, quelle del centrodestra guidato da Berlusconi del 43%. Solo il 28% degli italiani ritiene efficace l’azione del governo, per il 46% (33 di centrodestra) è poco efficace, per il 26% (5 di centrodestra) non lo è per niente.
Solo il 25% (5 a sinistra, 62 a destra) ha fiducia nella maggioranza di governo, mentre il 37% (58 e 12) ha fiducia nelle forze politiche di opposizione. Quella in Berlusconi scende al 23% (4 a sinistra, 62 a destra), laddove in Prodi hanno fiducia il 39% degli intervistati (65 contro 7).
Le intenzioni di voto vedono il nuovo soggetto Sdi-Radicali al 2,5% come i Verdi e Di Pietro, Pdci all’1,5%. Ancora da collocare il Nuovo Psi che vale l’1%.
-=oOo=-
CITAZIONE
Il giorno in cui abbiamo letto che il presidente del Consiglio vorrebbe mandarci in pensione a 68 anni, cara Unità, a noi del presidio operaio della FinMek, al Polo elettronico dell’Aquila, è venuto quasi da ridere. «Magari», ha detto la collega Giulia, quella coi capelli rossi, ricci, che ha 52 anni e ha cominciato a lavorare in questa fabbrica nel 1972. Ora è in cassa integrazione, come tutti noialtri, e dice: «Per lavorare fino a 68 anni bisognerebbe avercelo, un lavoro». E chi non ce l’ha, presidente Berlusconi?
(Franco Parbone, lettera al giornale)
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
REPUBBLICA on-line 21-11
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Inciampi
“Un secondo mandato per Ciampi? Non credo che sia interessante neanche per lui”.
(Silvio Berlusconi, 7 maggio 2005).
“La rielezione di Ciampi è un’ipotesi certamente possibile. Mi sembra però prematura”.
(Silvio Berlusconi, 20 novembre 2005).
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
STAMPA 21-11
Corsivo
Meglio
Jena
Se il successore di Ciampi dovesse essere Berlusconi, meglio Ciampi. Se invece dovesse essere D'Alema, pure.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
ITALIENI 21-11
Un premier che divide
Il modo in cui Silvio Berlusconi governa non smette di sorprendere. E di lasciare costernati. Considerato che le sue priorità sono troppo spesso legate ai suoi interessi personali o a quelli del suo partito, è stato molto bravo a tenere insieme la coalizione e a mantenere in piedi il governo. La sua ultima impresa è stata la riforma della costituzione senza il contributo dell’opposizione. Contemporaneamente, ha disfatto una legge elettorale che aveva finalmente portato un po’ di stabilità in Italia. Questi provvedimenti non sono solo contraddittori, ma rischiano di impegnare il parlamento troppo a lungo: le uniche riforme economiche significative - quella delle pensioni e dei mercati finanziari - potrebbero non farcela a diventare legge prima della scadenza della legislatura.
Financial Times, Gran Bretagna [in inglese]
http://news.ft.com/cms/s/c75393ca-5a32-11da-b023-0000779e2340.html


- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -


MEDITAZIONE 21-11



Lo Stato laico in salsa vaticana
Tutta questa storia rischia di finire molto male.
di EUGENIO SCALFARI
…Noi ci balocchiamo. Abbiamo un capo del governo che - gli siano rese grazie - ci fa almeno divertire. L’altro ieri, per festeggiare la “devolution” che ha scompaginato con metodo e norme incostituzionali, l’unità del paese, l’autonomia del Parlamento, il funzionamento del governo e il ruolo del capo dello Stato, ha ballato insieme ai parlamentari leghisti, sul motivo di “chi non salta comunista è”. I commessi del Senato erano esterrefatti ed esilarati da quello spettacolo che può andare in scena soltanto nel Parlamento italiano. Uscito di lì si è proclamato santo; forse è per ottenere la canonizzazione ufficiale che ieri ha fatto visita a Benedetto XVI. Poi ha sillabato davanti ai microfoni e ai taccuini dei giornalisti che il suo programma di legislatura “è stato attuato al cento per cento”.
Al cento per cento fatto. Lui lo dice e bisogna pur credergli anche perché ce lo raccomanda la sua mamma. In realtà, come provano tutte le statistiche ufficiali disponibili, i primi quattro punti sono stati interamente mancati, l’ultimo (la riforma della scuola e dell’università) non è stata che una rispolverata della riforma Berlinguer accentuandone il peggio e attenuandone il meglio.
Ma dicevo: lui almeno ci fa divertire. Vi par poco con questi chiari di luna?
Pier Ferdinando Casini, diciamolo, è assai meno divertente. Dopo aver votato, con tutti i suoi della gloriosa Udc, per ben quattro volte di seguito (due alla Camera e due al Senato) la legge di riforma costituzionale (detta “devolution”) non ha fatto passare dieci minuti per dichiarare che a lui quella legge piace pochissimo e comunque ci sarà tra breve il referendum per il quale il bel Pier lascerà ai seguaci libertà di coscienza. Segno che finora quella coscienza qualcuno gliel’aveva sequestrata (salvo che al roccioso Tabacci che ha votato contro salvandosi l’anima).
L’arcano si è capito rapidamente. Il giorno dopo il cardinal Ruini ha rudemente criticato la “devolution” dicendo che questa volta i vescovi non daranno indicazioni di voto nel referendum. Detto da lui significa pur qualcosa. Astinenza da un vizio? Incoraggiamento a votare contro la legge? Ruini questa volta si asterrà dall’intervenire, ma quella legge la critica, accidenti se la critica.
La sinistra questa volta lo ha applaudito, ma commette secondo me un errore. Come ha scritto giustamente Berselli su Repubblica di ieri, Ruini non può e non dovrebbe cimentarsi con le leggi della Repubblica italiana. Non lo fa Ciampi, che è il capo dello Stato e può soltanto rifiutare la firma quando vi sia palese incostituzionalità.
Ma Ruini invece entra nel merito, mi piace quell’articolo, mi preoccupa quell’altro, suggerirei questo, sconsiglierei quest’altro, e tutti a dirgli bravo.
Diciamo la verità: Ruini è un impiccione nel senso che si impiccia di cose che non lo riguardano. Che direste, ripeto, se Ciampi si comportasse allo stesso modo? E che direbbe Ruini se un ministro, un prefetto, un ambasciatore, insomma un pubblico funzionario del nostro Stato dichiarasse che la Conferenza episcopale è un organismo non democratico, non trasparente, che svolge male il suo lavoro? Credo che quel ministro, quel prefetto, quell’ambasciatore se la passerebbero molto male. La loro carriera ne soffrirebbe un bel po’. Perché noi siamo uno Stato laico in salsa vaticana. E anche questo è un dato di fatto.
Mi perdoni, Eminenza, se le lancio ancora una pallottola di carta, di quelle che lei sa respingere con una racchetta da ping-pong: ho letto che lei è favorevole a inviare negli ospedali e nei consultori i militanti del comitato Scienza e Vita per convincere le donne che vi si recano a non abortire. Si vuole dunque impicciare anche dell’organizzazione ospedaliera? Non basta il ministro Storace che una ne fa e cento ne pensa? Dunque i volontari di Scienza e Vita. Sicuramente più efficienti delle suffragette dell’Esercito della Salvezza, che le loro musichette e i loro predicozzi le fanno rigorosamente sui marciapiedi di Londra.
Io me l’immagino quella povera donna col suo carico di dubbi e di dolori, che decide di abortire ed entra con passo timido e volto rattristato in un pubblico ospedale.
Sa che dovrà avere un colloquio preliminare col medico. Quel colloquio non solo se l’aspetta ma ci conta, ha ancora dubbi sul da fare e sul come fare, insomma nel novanta per cento dei casi arriva all’appuntamento col cuore in mano. E chi si trova davanti, nelle stanze e nei corridoi dell’ospedale o del consultorio? Un don Gelmini, un volontario di Scienza e Vita, di solito un po’ fanatico, abbastanza intransigente, uno che può anche minacciarle descrivendole le pene dell’inferno. Li abbiamo visti e sentiti infinite volte in televisione, quelli di Scienza e Vita ai tempi del referendum sulla procreazione artificiale. La petulanza, la certezza incrollabile nella propria verità, non un dubbio, non un sorriso, la religione dell’embrione, magari con il nome Giuliano Ferrara scritto sulla maglietta.
Ci rifletta, gentile cardinale; ci rifletta anche lei ministro Storace. Perché se questa pratica prendesse piede, aspettatevi l’arrivo in forze di Pannella, Bonino e Capezzone. Predico che allora sarebbero guai seri. Il consultorio e l’ospedale rischierebbero di trasformarsi in una rovente “Samarcanda”, in uno scatenato “Ballarò”, in un “Otto e mezzo”, in un “Porta a porta”, con la paziente relegata in un angolo e le due contrapposte squadre ad accapigliarsi in mezzo ai letti di un pronto soccorso e di una astanteria.
Io, per me, starei coi radicali, anzi gli darei pure una mano per quel che posso, ma che c’entra questo con la 194 e il diritto all’aborto motivato in una pubblica struttura? Anche l’aborto lo vogliamo in salsa vaticana? Poi vi lamentate degli anticlericali. Ma siete voi che li volete.
Stiamo attenti e state attenti perché tutta questa storia rischia di finire molto male. Con tante grane, ci manca anche questa.