martedì, novembre 30, 2004

RESISTENZA - 30/11/04

LÂ’UNITAÂ’ on-line 30-11

BANNER

Abbiamo il dovere di difendere le libertà democratiche e i diritti sindacali che sono legati alla questione del pane e del lavoro; abbiamo il dovere di difendere i diritti democratici dei cittadini e dei lavoratori, anche nelle fabbriche.

Giuseppe Di Vittorio, 1952

-=oOo=-

EDITORIALE

L'inganno di Berlusconi e il Paese impoverito

L’obiettivo è uno solo: mandare a casa il Cavaliere

di Rinaldo Gianola

L’Unità oggi è nelle principali piazze d’Italia, accanto a milioni di lavoratori mobilitati contro il governo.

Silvio Berlusconi si era presentato tre anni fa agli italiani promettendo un «nuovo miracolo economico». Con l’ex presidente della Confindustria, Antono D’Amato, e per qualche tempo anche con l’appoggio autorevole del Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, si era presentato in tv raccontandoci la favola del neo rinascimento economico che ci sarebbe toccato in eredità grazie alle magiche formule del suo governo. Meno tasse per tutti, ovviamente. Prezzi stabili e sotto controllo. Redditi dei lavoratori garantiti nel loro potere d’acquisto. Un sistema imprenditoriale che, finalmente liberato dai lacci e lacciuoli dello Statuto dei lavoratori, avrebbe potuto conquistare nuovi, straordinari successi.

Oggi, 30 novembre 2004, i sindacati confederali chiamano il Paese a una nuova protesta contro la politica economica di Berlusconi. È il quinto sciopero generale che Cgil, Cisl e Uil proclamano contro il governo perché, contrariamente alla vergognosa propaganda del centro-destra amplificata dalle tv e dalla stampa di regime, la situazione del Paese è drammatica. Non c’è stato alcun miracolo economico, non si è manifestata alcuna ripresa, né tanto meno le nostre imprese sono state capaci di liberare risorse e avviare un nuovo ciclo di investimenti.

La Fiat è in gravi difficoltà, Alitalia licenzia per sopravvivere, e poi Finmatica, Volare, Impregilo sono i drammi che la cronaca ci offre. E non abbiamo ancora archiviato gli scandali di Parmalat e Cirio. Dopo tre anni di governo del centro-destra le notizie sono queste: oggi circa mezzo milione di lavoratori sono coinvolti in crisi aziendali, il reddito delle famiglie è gravemente minacciato dal mancato rinnovo (o dai ritardi colpevoli) dei contratti di lavoro, l’impoverimento del ceto medio è una triste novità anche per i grandi giornali, scuola, sanità e servizi sociali sono penalizzati da un crescente taglio delle risorse.

Di fronte a questi fatti, con una Finanziaria deludente che produrrà ulteriori danni nel tessuto sociale e dopo il taglio alle tasse che non convince nemmeno la Confindustria e il Corriere della Sera, l’Italia perbene, quella che non ricorre ai condoni e alle varie «Cirami» e «Gasparri» per tutelare i propri interessi, scende nelle piazze, si fa vedere e sentire (speriamo che ascoltino anche Mimun e Rossella) per chiedere una svolta profonda nella conduzione del Paese. Berlusconi sta portando l’Italia allo schianto, ci isola in Europa dove vorrebbe, proprio lui, cambiare le regole comunitarie sulle compatibilità di bilancio. Il suo «miracolo» si è trasformato in un incubo per gli italiani.

Cgil, Cisl e Uil hanno dalla loro parte milioni di cittadini. Ma, questa volta, la mobilitazione assume un significato più ampio. Non sono solo i sindacati a protestare. La Finanziaria non piace a Montezemolo, ai commercianti, agli artigiani, e nemmeno ai comuni, alle province e alle regioni. Lo schieramento contro Berlusconi è ampio, articolato e plurale. Lo sciopero di oggi può essere l’occasione per dare al centro-sinistra la forza e la convinzione per superare incomprensioni, ritardi, personalismi perché l’obiettivo, come chiedono milioni di lavoratori nella piazze d’Italia, è uno solo: mandare a casa Berlusconi.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

CITAZIONI

"Ho espresso [a Ciampi] la preoccupazione di una lesione dei diritti di uguaglianza delle forze politiche alle prossime elezioni. Le norme della par condicio sono l'unica difesa, anche se parziale, contro lo strapotere mediatico e per questo vanno custodite. La manipolazione a reti unificate dei giorni scorsi giustifica pienamente il nostro allarme".

(Romano Prodi, comunicato 30-11)

-=oOo=-

Avete letto in questi giorni gli anatemi contro gli anni '70? Non è vero che i conservatori hanno paura che tornino il terrorismo e la violenza. E' chiaro a tutti che quel rischio non esiste. Temono che tornino lo spirito politico, la passione di massa, la politica-politica che ha reso unico quel decennio. Speriamo che i loro timori siano fondati.

(Piero Sansonetti, Liberazione 30-11) 


Tutto il materiale della serie RESISTENZA, da maggio 2001, è consultabile su www.bresciablob.com                          

Da giugno 2003 anche al sito www.bengodi.org/resistere-a-berlusca


lunedì, novembre 29, 2004

RESISTENZA - 29/11/04

IL CAVALIERE EÂ’ SEMPRE PIUÂ’ NUDO

LÂ’UNITAÂ’ on-line 29-11

Sommario di I pag.

Per la quinta volta sciopero generale contro Berlusconi

Martedì è il giorno della mobilitazione proclamata da Cgil, Cisl e Uil contro la finanziaria e dello sciopero generale di 4 ore contro una manovra che i sindacati definiscono «ingiusta e sbagliata». È la quinta volta che le rappresentanze sociali scelgono la prova di forza contro la politica economica del governo. Ma si tratta anche di uno scontro che nelle ultime ore s’è arricchito di ulteriori elementi di attrito: la decisione di rimodulare le aliquote Irpef bocciata dai sindacati come «iniqua», perché sottrae risorse agli investimenti.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

STAMPA 29-11

EDITORIALE

Un'eredità scomoda

di Tito Boeri

Nel 2005 non ci sarà una riduzione delle tasse, ma solo un cambiamento nella struttura del prelievo dato che ai 4,3 miliardi degli sgravi Irpef occorre dedurre circa 2 miliardi di gettito di nuove imposte indirette e i 2 miliardi derivanti dalla proroga del condono edilizio. Avremo un po' meno tasse sui redditi e più imposizione indiretta, a parità di gettito, ma nessuna riduzione delle tasse. E, aggiungendo la cosiddetta «manutenzione della base imponibile», addirittura un aumento della pressione fiscale.

A vantaggio di chi andranno questi cambiamenti nella struttura della tassazione? Non certo dei redditi bassi. Tv e giornali hanno riportato tabelle ministeriali lacunose di dettagli importanti: la riforma prevede deduzioni (esenzione totali di certi redditi dal prelievo) in luogo delle detrazioni (aliquote fiscali più basse) preesistenti, di cui non si è tenuto conto nel raffronto con lo status quo. Un'analisi più attenta (si vedano i risultati dei modelli di microsimulazione sul sito www.lavoce.info) rivela che per il 30% più povero dei contribuenti (per i più poveri non cambia nulla essendo che non pagavano le tasse prima e continueranno a non pagarle) il risparmio sarà tra i 70 e i 100 euro all'anno. Questi 7 euro al mese rischiano di essere rimangiati dagli altri balzelli, dato che sono soprattutto le famiglie coi redditi più bassi a pagare le nuove tasse indirette (sul gioco del Lotto e sulle sigarette).

Il presidente del Consiglio ha dichiarato che la riforma fiscale non avrà effetti sulla crescita perché, per colpa dell'Europa, non ha potuto tagliare le imposte in disavanzo. La realtà è che la manovra non stimolerà l'economia proprio perché una esigua riduzione dell'Irpef è inserita in una manovra complessiva che ci porterà a sforare e, non di poco, il vincolo del 3% nel 2005. Fondo Monetario e Banca d'Italia hanno rivisto al ribasso le stime di crescita per il 2005 in virtù dell'apprezzamento dell'euro sul dollaro e questa minore crescita implica, di per sé, un incremento del disavanzo di circa 3 miliardi di euro. Molte delle coperture previste, inoltre, sembrano destinate a slittare (studi di settore e rivalutazione estimi catastali) o a offrire entrate inferiori alle aspettative (condono edilizio e «autocopertura» della riforma fiscale) mentre il blocco del turnover nel pubblico impiego (in ragione di una persona assunta ogni 5 che lasciano) è irrealistico anche perché contestuale a incrementi degli stipendi dei dipendenti pubblici, pari alla metà (+4,2%) di quelli richiesti dai sindacati.

Si prospetta un'eredità difficile per i governi che verranno dopo le elezioni politiche.

-=oOo=-

CITAZIONE

Continuando a tagliare alla cieca, il costo della pubblica amministrazione sarà sempre più elevato del servizio che rende alla collettività perché lo scopo primario dovrebbe essere l'inverso di quello che segue questa cultura di governo; dovrebbe essere quello di avere servizi efficienti affinché valgano ciò che costano, non di ridurre il costo pregiudicando ancor più la loro già scarsa efficienza.

(Alfredo Recanatesi, Ibidem)

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

IL RIFORMISTA 29-11

Corsivo

Dimissioni? EÂ’ finita a tarallucci e vino

Em.ma

Novembre è stato il mese delle dimissioni: annunciate, minacciate, promesse e mai date. L’unico a dimettersi è stato il ministro Frattini, al quale il Cavaliere ha chiesto di rivestire gli antichi panni di zelante funzionario, oggi inviato in Europa. Per la verità, in precedenza era stato dimissionato Tremonti, che le dimissioni non l’aveva mai promesse né minacciate. A minacciarle, invece, a causa di una Finanziaria che penalizza il Sud, era stato il vice-ministro Micicchè. Il quale però, come avevamo previsto, dopo una rivolta popolare e un’invocazione a restare, si è arreso. Ora, per risolvere i problemi del Mezzogiorno si parla di lui come ministro. Anche Urbani, visto che si mortifica l’arte, aveva promesso le dimissioni, ma Sgarbi sghignazzava. Siniscalco invece ha solo smentito le proprie dimissioni annunciate da altri. Sabato la “Stampa” titolava: «La lady di ferro minaccia le dimissioni. Berlusconi convince la Moratti», scambiando così il cartone per ferro. Tutto però nasce dalla minaccia di Berlusconi di dimettersi e fare le elezioni, se non si tagliavano le tasse. Nessuno ci credeva ed è finita a tarallucci e vino. E bevendo, un ministro dai tagli passava alla taglia.

-=oOo=-

CITAZIONE

Bisogna dare atto a Vittorio Feltri di saper interpretare gli umori autentici dello zoccolo duro dell’elettorato berlusconiano. Ieri su “Libero” ha spiegato ai lettori come «Barroso, dicendo che il patto di Maastricht non si tocca, ha tradito Berlusconi» grazie al quale oggi si trova alla guida della Commissione europea. Insomma, è come se Schifani, collocato da Berlusconi alla presidenza dei senatori di Forza Italia, avesse detto che la legge sul falso in bilancio non si poteva fare. Non vi stupite. Effettivamente una parte di elettori credono che il Cavaliere abbracci Bush e abbia un’influenza sulla politica americana, e sia stato determinante per la sua rielezione; che inviti Blair nella sua villa in Sardegna, e quindi i deputati laburisti a Strasburgo avrebbero dovuto votare per Buttiglione, ma invece hanno tradito; che inviti Putin, e vada al Cremlino a bere vodka, con la stessa disinvoltura con cui incontra Confalonieri e Previti, ma poi il presidente russo tradisce in Ucraina sostenendo il suo pupillo. Insomma, tradito in patria dai suoi alleati di governo, all’estero dai suoi amici, il Cavaliere, con la durlindana sfoderata come Orlando furioso, sembra sempre più solo.

(Emanuele Macaluso, Ibidem)


Tutto il materiale della serie RESISTENZA, da maggio 2001, è consultabile su www.bresciablob.com                          

Da giugno 2003 anche al sito www.bengodi.org/resistere-a-berlusca


domenica, novembre 28, 2004

??? - MEDITAZIONE - 28/11/04

IL CAVALIERE EÂ’ NUDO

STAMPA 28-11

Ricchezza e libertà

di Angelo Benessia

GIOCANDO la carta delle elezioni, il presidente del Consiglio ha vinto il piatto al poker delle imposte. Aveva un obiettivo - la riduzione delle aliquote fiscali - e lo ha portato a casa. Anche se con problemi di copertura e a costo di beffare la maggioranza dei contribuenti, le cui tasche saranno in sostanza leggere come prima. Del resto, che la partita fosse decisiva lo aveva detto lo stesso interessato martedì scorso, dalle colonne di un quotidiano. In quell'intervento, definito quasi un manifesto, egli ha esposto chiaramente l'ideologia sottostante alla manovra. Lo Stato - si legge - è fatto per servire il cittadino e non per esserne servito. Riducendo le imposte si riduce la dipendenza del contribuente dallo Stato e si realizza una «radicale immissione di libertà» nel Paese. Dunque il messaggio è questo: con le tasse lo Stato soffoca l'individuo, riducendole si ottiene più ricchezza e più libertà. «Meno i popoli sono ricchi - questo è l'assioma - meno sono liberi». E ancora: «La solidarietà sociale e le regole pubbliche non devono mai diventare una filosofia della rinuncia, una limitazione delle libertà individuali e imprenditoriali, una filosofia della miseria». Niente di nuovo, si capisce. Ma va dato atto al leader di Forza Italia di avere esposto con lucidità la summa del suo pensiero. Egli risolve l'eterna dicotomia pubblico-privato dando preminenza assoluta all'utilità del singolo. Lo Stato è un avversario da cui proteggersi, le tasse sono strumento di oppressione. L'azione di governo si fonda sul rapporto diretto con «gli elettori sovrani», mentre il resto è «professionismo politico» nei confronti del quale, ossia nei confronti delle organizzazioni stabili della politica, è evidente l'atteggiamento sprezzante di chi pretende di esserne estraneo. Si tocca con mano la linfa populista che ha alimentato il disegno del «premierato assoluto», al centro del procedimento in corso per la revisione della seconda parte della Costituzione. Anzi, mentre ancora non è cambiata la seconda, si vorrebbe fare a meno di certi principi contenuti nella prima parte, dove si prevede che l'attività economica può essere «indirizzata e coordinata a fini sociali» (articolo 41) e dove si afferma la funzione sociale della proprietà (articolo 42). Prevale su tutto, in questa visione, l'idea del mercato salvifico che si regola da sé. Il messaggio, che pur si dichiara etico, evita con cura la dimensione sociale. La solidarietà va bene, purché non comporti rinunce. Le regole pubbliche non devono limitare le libertà individuali e chi produce reddito lo spenda come vuole. Più si è ricchi, più si è liberi. Non ci sono cittadini, ma soltanto consumatori, da sottrarre alle grinfie dello «Stato mangiatutto». L'Europa, con i suoi «stupidi» vincoli, è vista con fastidio crescente. Davvero gli italiani si riconoscono in questo modello? Non tutti. Non lo condividono i magistrati, gli insegnanti e i pubblici funzionari che servono fedelmente lo Stato. Non i medici che si sacrificano per salvare il servizio sanitario dalla rovina. E neppure coloro, nel mondo del volontariato, cattolico e non, che fanno della rinuncia al superfluo e della solidarietà un costume di vita. Essi sono convinti che non è la ricchezza, privilegio di pochi, a procurare la libertà, ma che semmai è vero il contrario. La prosperità, che si misura non dal numero delle piscine, ma nelle scuole, negli ospedali e nei tribunali, è essa stessa frutto della libertà e dei sacrifici che un popolo libero sa accettare per il bene di tutti. Tanto più quando a chiederli fossero governanti che per primi danno l'esempio. Al poker della democrazia il piatto piange. 


AVVISO - Chiunque non voglia più ricevere queste mie "circolari" non deve fare altro che mandarmi un UNSUBSCRIBE

NOTA -- Da giugno 2003 le MEDITAZIONI arretrate sono consultabili al sito www.bengodi.org/resistere-a-berlusca    


 

RESISTENZA - 28/11/04

IL CAVALIERE EÂ’ NUDO

REPUBBLICA on-line 28-11

Un taglio delle tasse da trenta cappuccini

di EUGENIO SCALFARI

ANZITUTTO la leggibilità: questo emendamento sulla riduzione dell'Irpef è illeggibile, c'è scritto tutto e il contrario di tutto, si usano parole e riferimenti privi di spiegazioni comprensibili. Non è neppure un messale scritto in "latinorum" (che Renzo Tramaglino rimproverava a don Abbondio di usare per confondere e turlupinare i poveri diavoli) ma scritto in sanscrito.

Profittando di questa oscurità di linguaggio, entrano in scena le veline.

Nei giorni scorsi ne sono partite a centinaia verso le redazioni dei giornali e soprattutto delle televisioni. Il pubblico deve pur capire, che diavolo! Perciò le veline che "volgarizzano". Sintetizzano. Mettono in chiaro l'indecifrabile.

Dunque viva le veline che provengono dagli uffici di Bondi, di Bonaiuti, degli uffici stampa di Palazzo Chigi e di Palazzo Grazioli. Attenzione: poiché il testo e le annesse tabelle sono ermetiche, le veline hanno campo libero per manipolare. E manipolano, eccome se manipolano.

Così un'operazione risibile nei risultati positivi ma drammatica per le implicazioni negative che ne derivano viene presentata come "storica", "epocale", "decisiva per il rilancio dell'economia", "svolta mai effettuata fino ad ora nella storia d'Italia".

Solo Berlusconi (sembra impossibile) si è lasciato scappare una frase di verità, non so se per imprudenza o per metter le mani avanti anticipando l'unico vero risultato che verrà fuori da questa follia. Ha detto (nella conferenza stampa con la quale ha presentato il suo master plan): "Non mi illudo che un intervento come questo possa dare un impulso straordinario ai cittadini. Ci sarà un vantaggio, ma in economia l'impulso vero si ha con la diminuzione delle tasse in deficit".

 Avete capito bene? Non so chi gliel'ha suggerita questa solenne sciocchezza, forse è una reminiscenza keynesiana da autodidatta. Comunque, voce dal sen fuggita che contiene due verità: la manovra strombazzata avrà effetti pratici irrilevanti e, alla fine, produrrà lo sfondamento del deficit.

Alla faccia del ministro del Tesoro, detto Mimmo, e del Ragioniere generale dello Stato, che ne hanno autenticato la solidità (incautamente).

Chiedo scusa ai lettori, già frastornati da quattro giorni di tabelle e di improbabili volgarizzazioni imbonitorie, ma dovrò ora tediarli con qualche cifra che serva a chiarire e non a confondere. Cercherò di farlo con la massima parsimonia.

1. C'era anzitutto da colmare un buco di 2 miliardi e mezzo della manovra effettuata lo scorso luglio. Forse ve la siete scordata, ma già a luglio il nostro bilancio stava per sfondare il deficit e le agenzie di rating, quelle che danno le pagelle ai titoli del debito pubblico, erano pronte a ribassare il voto provocando uno sconquasso sul nostro bilancio e sul mercato dei titoli. Perciò una "manovrina" da 5 miliardi tra tagli, tasse e condono (edilizio). Senonché il condono dette poco o nulla. Di qui il buco. Per colmarlo entro la fine dell'anno il governo ha dovuto emanare l'altro ieri sera un decreto imponendo a banche e assicurazioni di anticipare entro il corrente mese di dicembre il pagamento delle tasse dovute nel 2005.

Perciò l'erario incasserà 2 miliardi e rotti in anticipo, che naturalmente gli mancheranno nell'esercizio 2005.

2. Simultaneamente il governo ha deciso di spostare dal 2004 al 2005 il pagamento della seconda e terza rata del condono edilizio per una cifra più o meno eguale a 2 miliardi. Mi permetto di attirare l'attenzione dei lettori su questo modo di procedere estremamente singolare: con una mano Siniscalco (Mimmo) fa anticipare i pagamenti dovuti da banche e assicurazioni mentre con l'altra mano fa slittare in avanti le rate del condono. La cifra è più o meno identica, sono sempre quei maledetti 2 miliardi che vanno avanti e indietro.

Ma perché? Questo mistero mi ha impensierito per qualche minuto, ma poi ho trovato la quadra, come dice Bossi: il condono edilizio, già bandito da vari mesi, non ha dato quasi nulla. Di qui il buco del 2004. Allora lo si fa slittare al 2005 facendo finta che, improvvisamente, darà finalmente il denaro atteso. Al suo posto l'anticipo di tasse per analogo importo. Avanti e ndré che bel divertimento, cantava l'antica filastrocca per bambini. Non si capisce però per quale motivo il condono del 2005 dovrebbe fornire i denari che non dette nel 2004.

Mimmo e Grilli hanno garantito che li darà. Ma se si sbagliassero, come è molto probabile? Che cosa resterebbe della copertura per ridurre l'Irpef, visto che quei 2 miliardi ne costituiscono la parte più cospicua?

3. In teoria la manovra sull'Irpef vale 6,5 miliardi. Ma dalle criptiche tabelle si scopre che questa cifra, che sarà iscritta nel bilancio di competenza, non coincide con il bilancio di cassa. Cioè i soldi effettivamente fruiti dai contribuenti nel corso del 2005 non saranno 6 miliardi e mezzo ma soltanto 4,3 miliardi. Come mai? Risposta: i lavoratori dipendenti avranno effettivamente i loro sconti di imposta a partire dalla busta paga del 27 gennaio, ma tutti gli altri contribuenti cominceranno a beneficiarne soltanto nel 2006. Lo scossone all'economia nel 2005 non sarà dunque determinato da quei miseri 6,5 miliardi bensì dai miserrimi 4,3. Tutto questo casino (scusatemi) per 4,3 miliardi di euro. Svolta epocale? Viene solo da ridere.

4. Chi sono i beneficiari della svolta epocale? Le veline diramate dai saltimbanchi della manipolazione (ecco a che cosa serve avere il monopolio della Tv, per chi non l'avesse ancora capito) affermano che gli sgravi sono concentrati sui redditi più bassi, e lo affermano con sicurezza assoluta. Danno le percentuali: chi ha minore reddito avrà sconti del 10 per cento, chi sta appena un po' più in su avrà sconti dell'8 e poi, via via che si sale per la scala reddituale, la percentuale di sconto diminuisce fin quasi allo 0 per i redditi da capogiro. Tutto esatto. Ma quello che conta non sono le percentuali bensì le cifre assolute.

Uno sconto dell'8 per cento su un reddito di cento equivale appunto a 8 euro; uno sconto del 4 per cento su un reddito di mille equivale a 40 euro. Uno paga 8 euro di meno, l'altro, pur ricco, ne paga 40 di meno. È poco più di niente per tutti e due, ma la disparità si vede ed è grossa.

5. Naturalmente i poveri e i quasi poveri sono molti; i benestanti sono parecchi; i ricchi sono pochi e gli ultraricchi pochissimi. Cerchiamo dunque di capire a chi vanno quei 6,5 miliardi (4,3 nel 2005). Bisogna a questo punto guardare dentro alle varie fasce di reddito e vedere quanti sono quelli che ne fanno parte. Da reddito 0 a reddito di 40 mila euro l'anno il beneficio fiscale va da 0 a 40 euro al mese. I poveri non prendono nulla, per i quasi poveri e i meno poveri fino al ceto medio che comunque fatica ad arrivare a fine mese i vantaggi sono questi: da 0 fino a 40 euro mensili. Prendo la cifra massima: 40. Equivale a una modesta cena al ristorante per due persone. O a trenta cappuccini al mese in più. O a pagarsi un paio di medicine di quelle che lo Stato non pagherà più. Sapete quanti sono i cittadini compresi nella fascia da 0 a 40 mila euro di reddito? Sono il 75 per cento del totale.

Sapete quanta parte della manovra va a questo 75 per cento? Un miliardo e 800 mila euro. Poiché le cifre non sono opinioni il risultato è il seguente: il 75 per cento dei cittadini beneficia del 36 per cento della manovra, mentre il 25 per cento dei cittadini beneficia del 64 per cento.

Che ne dite? Che dice Follini che voleva concentrare quasi tutto sulle famiglie deboli? E Alemanno? Hanno perso la favella? Sono soddisfatti? Follini finalmente va al governo? Fini si spolvera la feluca perché la manovra è sociale? Un assegno da 6,5 per un terzo pagabile soltanto nel 2006, è ripartito tra la fascia debole e quella forte in proporzione del 36 per cento agli uni e del 64 agli altri. Ma non vi vergognate?

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

APRILEONLINE

L’obiettivo di Berlusconi è l’estinzione dello Stato

Presenta il liberismo nella sua versione accattona

[Guido Iodice]

C’è qualcosa di più di una trovata populistica («meno tasse per tutti») dietro la riforma fiscale varata dal governo. E’ lo stesso Berlusconi a dirlo: «Credo nei cittadini, non nello Stato». Versione nostrana del reaganiano «il governo è il problema, non la soluzione». Quando si tagliano 6 miliardi e mezzo di spese, si annunciano 75 mila pubblici impiegati in meno, si persegue scientificamente la privatizzazione di tutto ciò che è pubblico – dalla scuola alla sanità, ma anche parte del patrimonio immobiliare – allora non siamo di fronte solo ad una «compensazione» del taglio delle tasse. Siamo di fronte ad un progetto, per quanto confuso e contraddittorio, per quanto condotto con approssimazione e una buona dose di dilettantismo. Il progetto è il sogno di ogni liberista di questo mondo: l’estinzione del ruolo mediatore dello Stato.

A confermarlo, i manifesti che in questi giorni verranno affissi da Forza Italia, nei quali si possono leggere slogan del genere: «Il taglio delle tasse: la nuova frontiera della politica». L’espressione «nuova frontiera» mal si addice ad una manovra per far pagare meno imposte soprattutto ai più ricchi. A meno che non si consideri quanto detto prima. In realtà la «nuova frontiera» della politica berlusconiana è esattamente la cancellazione della sfera pubblica e la contraddizione dei principii costituzionali che finora hanno fatto dell’Italia uno stato interventista, che non si contenta di fotografare gli assetti sociali, ma tenta di modificarli a favore delle classi deboli.

Come si diceva, non si tratta di un’idea originale. La Thatcher e Reagan hanno perseguito lo stesso obiettivo, con il risultato di ottenere sì delle economie dinamiche, ma a prezzi sociali paurosamente alti. A ben vedere, tuttavia, oggi il liberismo dello stato minimo non è più tanto di moda. Bush taglia le tasse, è vero, ma contemporaneamente alimenta un deficit spending senza precedenti, investendo nella guerra e nelle alte tecnologie ad essa collegate. Questo, unito al dollaro debole, fa dell’economia americana una macchina solidissima. In Inghilterra Tony Blair privatizza quel poco che 20 anni di governo conservatore avevano graziato, ma aumenta la spesa in ricerca.

In Italia, invece, il liberismo si presenta nella sua versione accattona. Taglia tutto, anzi, inizia proprio dagli investimenti che, soprattutto in un paese di piccole e medie imprese, non dovrebbero essere toccati. Distribuisce a pioggia i pochi spiccioli rimasti, senza quindi ottenere alcun ritorno in termini di crescita delle imprese. Premia l’evasione e i comportamenti anticoncorrenziali, quelli messi in atto da imprese incapaci di stare sul mercato senza imbrogliare. Il combinato disposto di queste due politiche (l’estinzione dello Stato e l’immoralità nella gestione dei soldi pubblici) rischia di far precipitare il paese in una crisi ancora più buia di quella in cui oggi è.


Tutto il materiale della serie RESISTENZA, da maggio 2001, è consultabile su www.bresciablob.com                          

Da giugno 2003 anche al sito www.bengodi.org/resistere-a-berlusca


sabato, novembre 27, 2004

??? MEDITAZIONE - 27/11/04

MANIFESTO

Il Cavaliere che ci cambia la vita

Berlusconi usa la sua ricchezza per cambiare in peggio il governo e costruire il proprio potere politico: Cesare e Crasso mostruosamente uniti

GUGLIELMO RAGOZZINO

In giro per il mondo i miliardari in dollari sarebbero su per giù seicento, uno più, uno meno. A scriverlo è The Financial Times (Ft) che fa di questo miliardo di dollari il protagonista di un suo magazine. In copertina spiega che con questa cifra si possono comprare 9 milioni di bottiglie del miglior champagne, oppure duecento milioni di libri per gli scolari che ne sono privi, oppure scavare 1,5 milioni di pozzi per l'acqua potabile, oppure accumulare 500 tonnellate di caviale, tanto per gustare lo champagne. Di questi seicento straricchi, il quotidiano della City ne trascura (solo per oggi, è chiaro) 575 e rivolge la sua attenzione ai 25 rimasti che assommano alla ricchezza il potere, e ne affida la lista a una giuria di qualità. I primi tre sono Bill Gates, Rupert Murdoch e George Soros le cui motivazioni e qualità, ricchezze e poteri sono ben noti. Al quarto posto brilla il nostro rappresentante, Silvio Berlusconi, descritto così da un membro della giuria, Martin Wolf, il capo dei commentatori economici del Ft: «Quando il potere della ricchezza cresce nella politica, le repubbliche possono trasformarsi in plutocrazie e infine in tirannie. In passato è avvenuto: la trasformazione della repubblica romana in un impero è l'esempio più famoso; l'ascesa dei Medici a Firenze un altro. Un pericolo è una moderna forma di cesarismo: il matrimonio di un demagogo e di un plutocrate. Cesare aveva Crasso. Silvio Berlusconi è lui stesso il suo Crasso personale. Certo l'Italia contemporanea non è l'antica Roma. Il potere resta vincolato nelle istituzioni di una raffinata democrazia moderna».

Sarà davvero tanto raffinata la nostra democrazia da essere capace di tenere a freno Berlusconi? E'certo che nella parte finale della settimana che oggi si chiude, Berlusconi e la sua ricchezza, un po' sospetta, forse colpevolmente usata, certo «demagogica» e «plutocratica» per dirla con Wolf, è stato varie volte al centro dell'attenzione. Prima, con l'aiuto di Bruno Vespa, circola la voce di una sua uscita da Mediaset. Grande scalpore; conferme-smentite-conferme. Alla fine viene assicurato che, usciti da Mediaset, i Berlusconi potrebbero spostarsi su Telecom, gruppo che appare ad alcuni scalabile, o come si usa dire, contendibile. Così tutti si mettono il cuore in pace tra i politici di destra, convinti che sia il denaro del capo a tenere insieme la coalizione.

Subito dopo c'è la richiesta da parte della pubblica accusa di una condanna a otto anni di reclusione per la vicenda Sme, vecchia ormai di quasi vent'anni, nella quale Berlusconi avrebbe fatto corrompere un giudice per avere una sentenza favorevole. Cosa avverrà di noi, se lo condannano?, si chiedono confusi e disperati gli stessi politici di prima. Ma ben presto si accorgono che i loro avversari sono dotati di un fair-play che ormai neppure Ft ha più, e non muoveranno un dito. Infine c'è l'uscita del Ft che ripropone la ricchezza di Berlusconi e il suo uso politico. Da questo punto di vista, più che una ripresa, grottesca, dei fasti di Cesare e dei Medici, sembra da notare piuttosto che Berlusconi raccolga in sé le tre caratteristiche peggiori dei ricchi e potenti del Ft. Alcuni di essi sono ricchi e filantropi, come Bill Gates; altri sono ricchi che spingono per cambiare i governi: lo fa Soros, contro l'Urss di un tempo e contro il Bush di oggi; lo fanno Richard Mellon Scaife e i fratelli Koch rifondando la destra americana contro i democratici. Il sindaco di New York Michael Bloomberg, il Thailandese Thaksin Shinawatra e il libanese Rafiq Tariri, usa della ricchezza per vincere in politica. Berlusconi è il miglior ricco di tutti. Usa della sua ricchezza non per filantropia, ma per cambiare in peggio il governo; non in astratto, ma per costruire il proprio potere politico: Cesare e Crasso, mostruosamente uniti. Cesare e Crasso in una botta sola.


AVVISO - Chiunque non voglia più ricevere queste mie "circolari" non deve fare altro che mandarmi un UNSUBSCRIBE

NOTA -- Da giugno 2003 le MEDITAZIONI arretrate sono consultabili al sito www.bengodi.org/resistere-a-berlusca    


 

RESISTENZA - 27/11/04

LÂ’UNITAÂ’ on-line 27-11

BANNER

Un giudizio estremista: «La riforma fiscale del governo comporta riduzioni irrisorie. I cittadini non si accorgeranno di tagli tanto modesti e questi non avranno effetti sull’economia».

Francesco Giavazzi “Corriere della Sera”, 26 novembre  

-=oOo=-

EDITORIALE

Adesso parli l'opposizione

di Antonio Padellaro

 La politica ha i suoi tempi e sappiamo che attendere sulla sponda del fiume le spoglie del nemico può essere una strategia. Però, mentre il presidente del Consiglio si rivolge alla Storia per celebrare la «svolta epocale» sul fisco, crediamo sia urgente e lecita la domanda: ma il centrosinistra cosa fa per non farsi sommergere dallÂ’assordante grancassa? Dure sono state certamente le reazioni a caldo dei leader dellÂ’opposizione. Efficace la corale denuncia del carattere pubblicitario del cosidetto taglio: un colossale imbroglio contabile che, come ampiamente dimostrato, con una mano dà e con lÂ’altra toglie di più. Ma siamo veramente sicuri che la gente, i cittadini, gli elettori, quei quindici- venti milioni di persone che allÂ’ora di pranzo e allÂ’ora di cena hanno come fonte dÂ’informazione, spesso esclusiva, il telegiornale unico di Berlusconi (Tg1,Tg2,Tg4,Tg5), siamo proprio sicuri che questa enorme porzione di opinione pubblica abbia la nostra stessa percezione della realtà? Davvero questi italiani, che immaginiamo impoveriti, disorientati e quanto mai bisognosi di buone notizie sono così convinti di aver preso una fregatura, sono così consapevoli dellÂ’inconsistenza del pacco dono governativo, sono così impermeabili alla incessante pioggia miracolosa di sconti, sgravi, risparmi e detrazioni che straripa dai teleschermi? Da quando lui è a palazzo Chigi il problema non è se le cose sono vere ma se vengono vendute come tali. Il fatto è che i numeri non migliorano di niente il triste bilancio delle famiglie. Ma che la gigantesca televendita rischia lo stesso di apparire politicamente convincente.

Primo.Non è vero che il nuovo fisco di Berlusconi realizza il contratto con gli italiani stipulato nel salotto di Vespa. Basta fare i conti per acorgersi che i tagli promessi allora sono otto volte superiori a quelli annunciati ieri dal consiglio dei Ministri.

Eppure la favola di un Berlusconi che «mantiene le promesse», rischia di passare. I suoi proclami, i suoi editti, i suoi ultimatum, le sue minacce, i suoi bluff danno una sensazione di energia e movimento, in contrasto con l’apparente staticità dell’opposizione (che, infatti, nel tg unificato risulta sempre seduta intorno al tavolone mentre il premier incede a passi veloci dentro il doppiopetto bombato)

Secondo.Non è vero che gli italiani saranno un po’ meno poveri. Come ha spiegato Enrico Letta su queste colonne, la legge finanziaria mette più tasse di quanto ne riduca. Toglie 6,5 miliardi di pressione fiscale e contemporaneamente dà 7,8 miliardi di tasse in più per tutti i lavoratori autonomi italiani, riducendo i fondi locali e spostando sui cittadini il taglio dei servizi e l’aumento della pressione fiscale locale.

Purtroppo, però, si tratta di un raggiro ben congegnato, perché del tutto psicologico. Produce, infatti, attese positive destinate a durare nel tempo prima che risulti evidente che la riforma «comporta riduzioni di imposte irrisorie» (Francesco Giavazzi, «Corriere della sera»). E quando gli italiani comprenderanno che la svolta epocale ha loro regalato soltanto qualche spicciolo, non è detto che le reazioni saranno soltanto di risentimento nei confronti del premier inattendibile. Ci sarà sicuramente chi dirà: Berlusconi è quello che è ma in fondo è l’unico che ha provato a farci pagare meno tasse.

Terzo. Non è vero che la cosiddetta riforma fiscale viene finanziata esclusivamente con tagli agli sprechi e alle spese inutili. A parte i 75 mila statali in meno, che significa meno personale della scuola e meno addetti alla pubblica sicurezza, esiste il fondato timore che il modesto obolo berlusconiano andrà a gravare sul già gigantesco debito pubblico e che a pagare l’azzardo saranno dunque le prossime generazioni.

Però, a votare l’anno prossimo e alle politiche del 2006 ci andranno queste generazioni e quei ceti che il governo più lassista che si ricordi ha provveduto a liberare dall’illegalità. Moltitudini di contribuenti infedeli, di imprenditori in nero, di proprietari dediti all’abuso edilizio premeditato e continuato chi dovranno ringraziare, al momento opportuno, se non l’unico premier della storia capace di di incoraggiare l’evasione fiscale davanti al comando generale della guardia di Finanza? E questi sono voti, e tanti.

Quarto. È vero che «la diatriba sul fisco è stata solo l’acme incandescente di uno scontro fra alleati che forse non trovano più ragioni per amarsi(«La Stampa»). Ma questo non significa che Berlusconi è diventato più debole. Se anche Fini e Follini hanno cercato di opporsi al disegno populista del premier, poi però hanno dovuto piegare la testa e sottoscrivere l’imbroglio fiscale. E, infatti, «Libero», organo ufficiale del nuovo peronismo può titolare trionfante: «Ha vinto Berlusconi». Vedremo quale sarà il prezzo elettorale che An e Udc dovranno versare a Forza Italia (o a Forza Silvio, nuovo movimento costruito sull’adorazione del capo).

Dunque, ce ne sarebbe abbastanza per dare l’allarme al centrosinistra, che farebbe malisssimo ad adagiarsi sui sondaggi favorevoli. Questa settimana si è consumata nella disputa sul nome della coalizione che forse, chissà, si chiamerà Alleanza. Ma già da lunedì Prodi e i leader dei partiti dovranno dire molto di più al paese. Sempre che il paese possa ascoltarli sigillato com’è dentro l’informazione unica. Sarà dura far conoscere ai cittadini la verità sul fisco e sul declino economico della nazione. Perforare la barriera di un sistema radiotelevisivo dove non è più possibile il libero confronto democratico, figuriamoci la par condicio. Ma che, a sinistra, qualcuno si ostina ancora a non chiamare regime.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

CITAZIONE

Berlusconi sa di aver perso anche la fiducia delle imprese (ieri si è lagnata anche la Confapi). Così cerca di raddrizzare la baracca (baraccone se parliamo del governo) e visto che non può stampare carta moneta, tenta la carta populista della riduzione della pressione fiscale per rilanciare l'economia. Verrebbe quasi voglia di fargli gli auguri perché la sua ricetta funzioni. Purtroppo ogni giorno che passa la situazione si incancrenisce. E a pagarne il conto saranno gli italiani e il centro sinistra. E saranno dolori.

(Galapagos, Manifesto 26-11)

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

EUROPA on the Web 27-11

EDITORIALE

Una Finanziaria scritta sulla sabbia

di ENRICO LETTA

La chiamano svolta epocale. Oggi di epocale c’è soltanto l’enfasi propagandistica con cui il premier vuol far passare un’avventurosa manovra senza seria copertura per un evento della provvidenza.

Innanzitutto, sfatiamo la leggenda: siamo di fronte a un’operazione che spalma una cifra modesta su una vastissima platea di contribuenti, con il risultato che il risparmio pro capite è irrisorio. Soprattutto, lo è per le fasce a reddito medio-basso, cioè per quelle che ne avrebbero più bisogno.

Questa legge finanziaria, in realtà, mette più tasse di quante dichiari di toglierne. Annuncia riduzioni per 6,5 miliardi e contemporaneamente prende 7,8 miliardi dai lavoratori autonomi.

Le nuove entrate fiscali indicate altro non sono che nuove tasse. E comunque tutto questo è lontanissimo da quel che era scritto nel Contratto con gli italiani. LÂ’ennesima dimostrazione che quelle promesse erano irrealizzabili.

Ci sono poi i tagli agli enti locali. Il governo e la maggioranza hanno continuato a ripetere che non sarebbero state toccate le risorse per la scuola, né per la sanità, né per i servizi.

Ma dove regioni, province e comuni reperiranno i fondi di cui hanno bisogno per continuare a servire i cittadini? Le possibilità sono soltanto due:o aumento delle imposte locali o taglio dei servizi.

Altro punto debole e davvero deludente è lo slittamento del condono edilizio. Siniscalco, come già Tremonti, aveva detto:«Niente più condoni ». Così non è stato. Come il suo predecessore, l’attuale ministro dell’economia ha accettato quello edilizio.

Sulla competitività era stato ripetutamente annunciato un collegato che avrebbe rilanciato il paese e le sue imprese. Arriveranno briciole sull’Irap, uno schiaffo a tutte le proposte che in questi mesi associazioni imprenditoriali di ogni dimensione e tendenza avevano avanzato.

Nulla è stato fatto per ridurre le tasse sul lavoro, l’unico modo davvero utile per dare più soldi ai lavoratori in busta paga aiutando nel contempo le imprese, che invece da questa manovra non hanno avuto nulla.

Questa operazione non servirà a dare al paese la scossa attesa. Allo stato costa molto, ma sui cittadini si riverbererà con un piccolo obolo.

Ma lÂ’allarme più forte viene dalla mancanza di coperture certe e definite per questo castello di carta. LÂ’impressione sempre più forte è che tutto andrà a gravare sul debito.

Se il nostro debito pubblico risalirà, ci saranno ricadute sulla nostra posizione e considerazione in Europa, ma, soprattutto, vorrà dire che ancora una volta avremo scelto di lasciare una pesante eredità ai nostri figli. Saremo tornati indietro, al peggio della Prima Repubblica.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

APRILEONLINE 27-11

L’obiettivo di Berlusconi è l’estinzione dello Stato

… e l’immoralità nella gestione dei soldi pubblici

[Guido Iodice]

C’è qualcosa di più di una trovata populistica («meno tasse per tutti») dietro la riforma fiscale varata dal governo. E’ lo stesso Berlusconi a dirlo: «Credo nei cittadini, non nello Stato». Versione nostrana del reaganiano «il governo è il problema, non la soluzione». Quando si tagliano 6 miliardi e mezzo di spese, si annunciano 75 mila pubblici impiegati in meno, si persegue scientificamente la privatizzazione di tutto ciò che è pubblico – dalla scuola alla sanità, ma anche parte del patrimonio immobiliare – allora non siamo di fronte solo ad una «compensazione» del taglio delle tasse. Siamo di fronte ad un progetto, per quanto confuso e contraddittorio, per quanto condotto con approssimazione e una buona dose di dilettantismo. Il progetto è il sogno di ogni liberista di questo mondo: l’estinzione del ruolo mediatore dello Stato.

In realtà la «nuova frontiera» della politica berlusconiana è esattamente la cancellazione della sfera pubblica e la contraddizione dei principii costituzionali che finora hanno fatto dell’Italia uno stato interventista, che non si contenta di fotografare gli assetti sociali, ma tenta di modificarli a favore delle classi deboli.

Come si diceva, non si tratta di un’idea originale. La Thatcher e Reagan hanno perseguito lo stesso obiettivo, con il risultato di ottenere sì delle economie dinamiche, ma a prezzi sociali paurosamente alti.

In Italia, invece, il liberismo si presenta nella sua versione accattona. Taglia tutto, anzi, inizia proprio dagli investimenti che, soprattutto in un paese di piccole e medie imprese, non dovrebbero essere toccati. Distribuisce a pioggia i pochi spiccioli rimasti, senza quindi ottenere alcun ritorno in termini di crescita delle imprese. Premia l’evasione e i comportamenti anticoncorrenziali, quelli messi in atto da imprese incapaci di stare sul mercato senza imbrogliare. Il combinato disposto di queste due politiche (l’estinzione dello Stato e l’immoralità nella gestione dei soldi pubblici) rischia di far precipitare il paese in una crisi ancora più buia di quella in cui oggi è.


Tutto il materiale della serie RESISTENZA, da maggio 2001, è consultabile su www.bresciablob.com                          

Da giugno 2003 anche al sito www.bengodi.org/resistere-a-berlusca


venerdì, novembre 26, 2004

??? MEDITAZIONE - 26-/11/04

MANIFESTO 25-11

Prima che il gallo canti

ANTONIO TABUCCHI

Berlusconi è con le spalle al muro, il paese allo sfascio. Tre anni e mezzo di governo e il Cavaliere plastificato, imbustato nel suo funebre doppiopetto, poggia un piede sulla preda ferita a morte. Anzi, con aria ancora minacciosa, siede sulle macerie fumanti dell'Italia. Chi raccomandava di non «demonizzare l'avversario» ora dovrebbe fare mea culpa: una politica di indulgenza verso l'Exterminator della Repubblica italiana ha portato a questi risultati. E anche chi ammoniva a non tirare Ciampi per la giacca. La giacca di Ciampi non fu mai tirata, ed è senza una piega. E' la Costituzione che è tutta accartocciata. Se la Repubblica italiana non è ancora definitivamente defunta lo si deve solo alla Corte Costituzionale che ha respinto il cosiddetto «lodo Schifani» modellato su un'idea di Maccanico. Lodo che a suo tempo salvò Berlusconi in extremis mandandolo «a far fare bella figura all'Italia in Europa» e che Ciampi firmò con inesorabile prontezza nonostante che nel gruppetto dei cinque cittadini al di sopra della legge ci fosse anche la sua persona. E' penoso ricordarlo, ma è quanto è successo in Italia durante il berlusconismo, e qui non è questione di tirare la giacca a nessuno, ma semplicemente di riferire fatti di cronaca politica che la storia, si spera, registrerà. Ora che Berlusconi è allo sbando, abbandonato anche dai suoi più fidi alleati - ad eccezione dell'onorevole Pera, che è un politico di Forza Italia travestito da presidente del senato - la sinistra chiede le sue dimissioni. Un pleonasmo: Berlusconi non le darà mai. Basterebbe una spallata e questo miserando castello di cartapesta crollerebbe. Ma c'è da dubitarne. Nei momenti più drammatici della sua esistenza Berlusconi ha sempre trovato una mano tesa, non dai suoi attuali alleati (si ricordi cosa ne dicevano Bossi, Fini, lo stesso Pera) ma dalle sinistre o dalle Centrosinistre. Nei momenti più drammatici della sua esistenza Berlusconi ha sempre usato due telegrafi speciali per lanciare i suoi messaggi evitando sempre il parlamento da lui considerato indegno: «Porta a Porta» e il «Foglio» della sua gentile signora. Una volta utilizzato il primo telegrafo per siglare il fatidico contratto con gli italiani, ora Berlusconi si rivolge al secondo per aggiungere una postilla diretta non si sa a chi.

Chi la raccoglierà? Qui sta il busillis, perché il telegrafista di quel telegrafo è ammanigliato bene in ogni direzione. Nella sua carriera, sostando a ogni cantone, ha marcato un territorio molto vasto, tanto vasto da fare da cinghia di trasmissione per il gioco dei quattro cantoni. E intanto, dal canto loro, le centre hanno rinfoltito la corolla rispolverando quattro o cinque petali appassiti del defunto craxismo. Prodi avrebbe un piede sulla porta, pronto a sfrattare il vecchio inquilino che ha devastato l'edificio-Italia. Ma prima che il gallo canti... La roulette russa della nostra lotteria politica sta girando di nuovo. Chi sparerà dalle quinte? Si accettano scommesse.


AVVISO - Chiunque non voglia più ricevere queste mie "circolari" non deve fare altro che mandarmi un UNSUBSCRIBE

NOTA -- Da giugno 2003 le MEDITAZIONI arretrate sono consultabili al sito www.bengodi.org/resistere-a-berlusca    


 

RESISTENZA - 26/11/04

LÂ’UNITAÂ’ on-line 26-11

BANNER

«Il taglio delle tasse voluto da Berlusconi non basta a ridare slancio all’economia. Peraltro l’effetto psicologico derivante dalla minore pressione fiscale rischia di venire azzerato dal dibattito politico che ha fatto capire agli italiani quanto opinabili e temporanei siano i vantaggi di questa manovra».

Financial Times, editoriale del 24 novembre

-=oOo=-

EDITORIALE

Il mago Silvan

di Rinaldo Gianola

 Immaginato come la strada per promuovere Berlusconi al livello dei grandi combattenti contro le tasse Reagan e Thatcher, il piano fiscale del governo sembra unÂ’invenzione del mago Silvan. Il taglio di 6,5 miliardi si aggiunge a una Finanziaria di 24 miliardi, già decrepita tanto da ipotizzare una manovra correttiva nel 2005, e sommati fanno 30,5 miliardi da finanziare, 60mila miliardi delle vecchie lire. Una manovra pesantissima per le condizioni in cui versano lÂ’economia del Paese e i bilanci delle famiglie.

La filosofia che ispira il progetto fiscale di Berlusconi tende a privilegiare i redditi più alti, i più ricchi (pur gravati da un contributo “etico” del 4%, ma solo nel 2005), che guadagneranno di più dalla configurazione delle tre nuove aliquote (ammesso che rimangano quelle annunciate: 23, 33, 39%), mentre i lavoratori dipendenti, i pensionati, la maggioranza delle famiglie avranno una piccola mancia, forse potranno pagarsi una pizza con gli sgravi di Berlusconi. Alla riduzione dell’Irpef sono destinati 6 miliardi, mentre alle imprese, che avevano sollecitato un forte sconto sull’Irap, viene destinata una piccola mancia di mezzo miliardo.

Anche se Berlusconi, con la solita abilità propagandistica amplificata dal megafono delle tv pubbliche e private, accusa il centro-sinistra di avergli impedito di rispettare finora il contratto con gli italiani, la realtà è che le promesse fiscali del centro-destra non sono state mantenute e questa manovrina sulle tasse si configura più come uno spot elettorale che una svolta. Anche il cavaliere si rende conto che non ci può essere la scossa all’economia con questi numeri.

Berlusconi aveva promesso lo snellimento del sistema fiscale a una sola aliquota di fatto (una seconda era prevista solo per i super-ricchi) e una manovra di alleggerimento delle imposte dai 40mila miliardi di lire in su. In oltre tre anni di governo, il centro-destra ha aumentato la pressione fiscale obbligando gli Enti locali ad aumentare tasse e tariffe per potere garantire un livello di servizi e di assistenza ai cittadini.

E oggi, con la «riforma» fiscale, non si apre una nuova stagione, ma si torna indietro. Che cosa hanno scovato quei cervelloni del governo, compresi i «tecnici», per coprire i 6,5 miliardi del taglio alla tasse? Aumenteranno il prezzo delle sigarette, i bolli, saranno contabilizzati i versamenti del condono edilizio e poi ci sarà il taglio dei dipendenti pubblici: 75mila in meno in due anni.

Con questa operazione fiscale, Berlusconi prepara la sua lunga campagna elettorale. Potrebbe fare la fine di George Bush padre quando promise agli americani: read my lips, no more tax. Leggete bene le mie labbra, niente più tasse. Ma gli americani si accorsero che il fisco, invece, era diventato più pesante e si affidarono al democratico Clinton per otto anni. Anche in Italia le tasse stanno aumentando.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

APRILEONLINE 26-11

Berlusconi fa comparire per miracolo la copertura per il taglio delle tasse

Ma è tutto un imbroglio

[Alessandro Cardulli]

Per ora Berlusconi sembra aver rinunciato al messaggio a reti unificate per annunciare agli italiani il grande imbroglio, quello che lui chiama la riduzione delle tasse. Ma non è detto. Del resto lui parla tutti i giorni a reti unificate. Per ora si è accontentato di una conferenza stampa. Anche perché lÂ’operazione  oggi al Consiglio dei ministri è ben lontana dalle promesse fatte dal premier. Non solo. Se c’è qualcosa di “epocale” questo è lÂ’imbroglio, imbroglio che è sotto gli occhi di tutti, difficile da nascondere, è sotto gli occhi di tutti.

Proprio perché di un imbroglio si tratta, bisognerà abituarci a convivere con i carabinieri. Siamo al gioco delle tre carte, carte truccate perché vince sempre il banco. Con l’emendamento approvato nella riunione della maggioranza si colpiscono i più bisognosi, si fanno sontuosi regali ai più ricchi, non si prevede alcun intervento per il rilancio dell’economia, per la competitività delle imprese.

Durissimi i giudizi di tutti i rappresentanti dell’opposizione. Vediamo la sostanza dell’imbroglio. Era tutto già scritto da tempo: “Ho convinto gli alleati -gongola Berlusconi – e ora si deve rafforzare il governo”. Traduzione: con qualche ministro vi do lo zuccherino che si merita chi è buono. Dunque siamo alle tre aliquote, 23, 33, 39 per cento, che porteranno briciole per tutti i cittadini con redditi normali mentre la polpa vera andrà ai ricchi e ai ricchissimi. Certo c’è un quattro per cento previsto solo per il 2005, poi la strada è in discesa, i soldi arriveranno puliti. Per quanto riguarda l’Irap per le imprese, si prevede un taglio pari a cinquecentomila euro. Praticamente niente. Come si coprono questi sei miliardi e mezzo di euro?

Intanto se ne coprono se ben si capisce solo quattro e mezzo. Due di questi spostando le rate del condono edilizio al 2005. La solita una tantum. Poi si aumentano bolli, tasse concessioni, sigarette, tutto quello che si può. Si blocca il turn over del pubblico e si licenziano, di fatto questo è la realtà, 75 mila lavoratori. Tagli alla scuola che perderà circa 14 mila dipendenti.    Investimenti, Mezzogiorno, niente da fare.

La cronaca della giornata da conto dell’imbroglio epocale. Fino all’ultimo si è giocato sui numeri. Siamo diventati il paese del bengodi. Soldi, soldi, soldi in quantità. Ce n’è per tutti e anche di più. Il premier aveva chiesto una manovra “consistente”, altro che quelle due lire trovate, dopo tante peripezie dal ministro dell’economia. Subito si erano mossi i berluscones che vegetano nei diversi partiti con l’Udc di Follini in attesa dei numeri. Ecco s’avanza l’economista di An, Baldassari, il quale scopre che ci sono ben dieci miliardi di euro disponibili per ridurre le tasse. Anzi qualche decimale in più. Non sia mai, l’irascibile consigliere economico di Berlusconi, Renato Brunetta ne trova ben dodici. E, dicono i più solerti forzaitalioti, se si cerca bene se ne razzolano ancora di più. Il povero ministro dell’economia che aveva trovato solo tre o quattro miliardi, non sa più dove voltarsi. Tutti lo tirano per la giacca. Il presidente del Consiglio stabilisce con lui una specie di linea rossa telefonica, vuole sfilare al ministro un miliardo dopo l’altro. Lo convoca, gli offre pranzo e cena, con veleno a portata di mano, lo tormenta in ogni modo. Dalle carezze alle minacce. Il ministro ha capito che Renato Brunetta ormai è lanciato, in corsa per occupare il suo posto. Intanto il nuovo vicepresidente vicario di An, La Russa, frena i bollenti spiriti. Capisce che tirando troppo la corda chi pagherà il prezzo più alto in termini di consensi elettorali sarà proprio il suo partito. Anche i dirigenti del sindacato vicino ad An gli fanno sapere che il pubblico impiego non può pagare tutto il prezzo della promessa riduzione delle tasse. La Russa rende noto che da quei nove miliardi di euro di cui il viceministro Baldassari, del suo stesso partito, si potrebbe detrarre il trenta per cento. Nella notte si consuma il misfatto. Siniscalco fra bolli, ticket, nuovi balzelli, rate del condono spostate sul bilancio del 2005, “finestre “ chiuse per chi vuole andare in pensione, qualche auto blu in meno proprio poca cosa, tanto per dare un po’ di polvere negli occhi, arriva a definire il massimo possibile per le tasse. Siamo di nuovo a circa sei miliardi di euro con qualche decimale. Si torna al punto di partenza. Berlusconi storce la bocca. Dall’Europa, dal presidente della Commissione, Barroso, dal capo del partito popolare europeo, suo amico ma non troppo, il tedesco Pottering, ha ricevuto schiaffoni in merito al patto di stabilità che il premier vuole abolire. Quei sei miliardi e qualcosina di cui Siniscalco ha dato la disponibilità non lo accontentano. Anche perché fanno notare a Berlusconi sono meno dei sette miliardi e qualcosina che si tolgono dalle tasche degli italiani con tasse, balzelli, ticket.

Insomma non possono essere presentati come una manovra “consistente”. Il tempo stringe. La riunione della maggioranza lascia l’amaro in bocca allo stesso Berlusconi. La Russa, Fini, i leghisti dicono che si potevano reperire più risorse, ma Siniscalco è uno “prudente”, più in là non è voluto andare. Si dice anche che Berlusconi se la sia legata al dito, non contento di quanto ha già disastrato l’Italia.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

REPUBBLICA on-line 26-11

I sindacati contro Berlusconi

"La manovra fiscale è sbagliata"

ROMA - La Cgil prende le distanze dalla manovra finanzaria del governo. Il segretario generale Guglielmo Epifani condanna senza appello la proposta Berlusconi-Siniscalco: "Non vogliamo essere corresponsabili di scelte che consideriamo sbagliate per il Paese". A quattro giorni dallo sciopero generale contro la Finanziaria, il leader della Cgil rinnova il giudizio negativo sul governo espresso sull'intera politica fiscale di Berlusconi: "La riforma fiscale non dà niente a buona parte della popolazione, ad un'altra pochissimo, mentre all'1% tantissimo. Con lo sciopero generale di martedì non finisce l'iniziativa sindacale: il governo non si illuda".

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

CITAZIONI

I toni sono enfatici: tipici di chi non solo sa di avere vinto, ma ritiene anche di essere scampato ad un pericolo politicamente mortale. Parlando di «svolta epocale», Silvio Berlusconi ha voluto esaltare una riduzione fiscale fino a pochi giorni fa improbabile, e contrastata da almeno due degli alleati, An e Udc. Ma forse il capo del governo si considera già adesso più forte: se non nel Paese, certo nella propria maggioranza. E al voto politico manca ancora oltre un anno.

(Massimo Franco, Corsera 26-11)

-=oOo=-

Per conquistare il polo degli indecisi, il Cavaliere si è giocato il taglio delle tasse, e punta a eliminare la par condicio. Per battere la Gad vuole cambiare la legge elettorale, togliere lo scorporo e andare con una sola scheda al voto. Forse il berlusconismo sta tramontando, ma è certo che il dopo-Berlusconi non è ancora sorto.

(Francesco Verderami, Corsera 26-11)

-=oOo=-

Alla fine la faccia la perdono tutti e forse la salva proprio Tremonti. La filosofia dello «storico taglio di tasse» ricalca infatti quella dell'ex ministro del Tesoro. Botte ai ceti popolari e ai lavoratori, briciole alle grandi imprese (che comunque beneficia di meno tasse per i redditi più alti), concessioni al blocco sociale di riferimento del governo, quello medio-alto: piccole e medie imprese, commercianti, professionisti, dirigenti. Nel giorno del suo presunto successo, Berlusconi ha in realtà dimostrato la sua debolezza.

(Salvatore Cannavò, Liberazione 26-11)


Tutto il materiale della serie RESISTENZA, da maggio 2001, è consultabile su www.bresciablob.com                          

Da giugno 2003 anche al sito www.bengodi.org/resistere-a-berlusca


giovedì, novembre 25, 2004

??? MEDITAZIONE - 25/11/04

STAMPA 25-11

Questa sera al club della chiacchiera

di Lietta Tornabuoni  

Tu mi poni un ultimatum, io ti lancio una sfida, lei avanza una postilla, lui rivendica meno vincoli, tu vuoi nuove regole, io invoco l'accordo, loro rilasciano una dichiarazione... Sera dopo sera, alla tv, i componenti del club dei talk show portano avanti le loro chiacchiere spietate. Alcuni si trovano in studio con le gambe bene accavallate. Altri fanno capolino, con le loro facce compunte da Madonna Pellegrina, dalle finestrelle di Milano, di Genova, di Torino. Altri ancora arrivano, dicono la loro e corrono via (riunione urgente, aereo da prendere al volo). Le donne sapienti con la frangetta sono le più severe.

Si sa che la discussione, il dibattito, il confronto di opinioni, la battaglia delle idee rappresentano una essenza della democrazia, ma i talk show sono qualcosa di diverso, per diversi motivi. Primo, siccome ogni conduttore anela all'attualità, sono tutti uguali, aggiornati all'ultimo motto o frase già celebre o notizia della sera, anche a costo di esaminarli alla svelta. Secondo, la materia del discorso: si parla sempre di faccende ipotetiche o di progetti vaghi sulla base di dati insicuri e idee precarie, quindi su argomenti a proposito dei quali è impossibile esprimere un'opinione fondata o un parere utile. Terzo, il linguaggio: quelle espressioni accademiche o gergali, dure o ridicole, senza alcuna semplicità né umanità, che rendono i discorsi aridi e rigidi come tronchi di legno. Quarto, il punto di vista: quasi sempre viene assunta l'ottica del presidente del Consiglio, ci si preoccupa della sua volontà di mantenere le promesse fatte agli elettori (come se non le avesse già tradite da anni), della sua decisione di salvare la faccia (come se non l'avesse già perduta da un pezzo). Ma dei suoi eventuali problemi personali cosa importa a chi non sia un suo devoto, che peso ha per un intellettuale non schierato?

Sera dopo sera, i talk show non presentano infatti intellettuali che discutono da competenti sulla conduzione e sul destino del Paese, ma riproducono i meccanismi della maggioranza e dell'opposizione politiche. Anche per via della par condicio, mai un'eccezione, mai una variante. Sia che compaiano in poltrona, sia che appaiano con il collare dei microfoni a incorniciare la faccia, non capita quasi mai di ascoltare un'opinione imprevista, governativa o antigovernativa che sia: resiste il conformismo, manca l'esercizio culturale, ed è per questo che alla tv le nostre serate risultano spesso così stupide e vuote.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

CORSERA 25-11

Le dieci prossime formule geniali per lÂ’opposizione

di GENE GNOCCHI 

A - Lista Ecumenica Rivoluzionaria Negoziabile E Rivedibile

LERNER

9 - Buona Alleanza Riformista Bendisposta Inciuci Eventuali

BARBIE

8 - Kerry Era Nostro

KEN

7 - Federazione Europea Sostanzialmente Seconda in Italia

FESSI

6 - Unione Generale Ondivaghi

UGO

5 - Progressisti Indipendenti Per Propagandare Oppiacei

PIPPO

4 - Bravissimi Riformisti

BR

3 - Organizzazione Repubblicana Onanisti Non Zuzzurelloni e Ospitali

ORONZO

2 - Preambolo Autonomo Terzisti Agnostici Per Un Mondo Migliore

PATAPUMM

1 - Federazione Omnicomprensiva Riformatori Zen Aggregati In Tre Associazioni Liberal Indipendenti Assieme

FORZA ITALIA


AVVISO - Chiunque non voglia più ricevere queste mie "circolari" non deve fare altro che mandarmi un UNSUBSCRIBE

NOTA -- Da giugno 2003 le MEDITAZIONI arretrate sono consultabili al sito www.bengodi.org/resistere-a-berlusca