venerdì, settembre 30, 2005

RESISTENZA - 30/9/05

REPUBBLICA on-line 30-9
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Il tempo vola
"Per la riforma proporzionale i tempi non ci sono, non riusciamo a farla. I problemi del paese sono altri".
(Silvio Berlusconi, Corriere della sera, 28 luglio 2005)
"Questo è il momento in cui la riforma elettorale proporzionale si deve fare. Mancanza di tempo alle Camere? C'è, c'è, e poi si può lavorare di notte, il sabato e la domenica..."
(Silvio Berlusconi, Ansa, 14 settembre 2005).
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L'UNITA' on-line 30-9
BANNER
«Il Fondo monetario internazionale ha piazzato l’Italia subito prima del Botswana nella speciale classifica annuale sulla competitività. L’Italia risulta al 47esimo posto e, tolta la Polonia, è stato giudicato il Paese europeo con la peggior economia».
Financial Times, 29 settembre
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Sommario di I pag.
La finanziaria dei tagli
Il governo ha già pronta la fiducia
È certo fin da ora: sulla Finanziaria si chiederà la fiducia, visto che il Consiglio dei ministri ha concesso la delega a chiederla ai due vice premier Tremonti e Gianfranco Fini. Non era mai successo che fosse annunciata così presto: è già blindatura. Segno che, a sei mesi dalla elezioni, Berlusconi non si fida della sua maggioranza. E la finanziaria, per salvare il Governo, strangola le città tagliando tre miliardi alla spese di comuni e regioni. Ma Berlusconi è contento: «Non sono tagli, sono riduzioni di spesa», dice.
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EDITORIALE
Piazza della salute pubblica
di Antonio Padellaro
Prodi e i leader dell’Unione dicono: opposizione con ogni mezzo a chi violenta lo spirito della democrazia e si aggiusta la legge elettorale a proprio uso e consumo. E annunciano una grande manifestazione contro il governo dei soprusi. Sono le stesse parole, gli stessi sentimenti di rivolta che ritroviamo nelle lettere indignate all’Unità, nelle parole drammatiche dei tanti costretti a soffrire le imposizioni di una (ex) maggioranza in agonia. I metalmeccanici senza contratto e, spesso, senza più una fabbrica. I ricercatori dell’università trasformati in precari a vita. I dipendenti degli enti locali messi in mobilità dai tagli della Finanziaria iniqua.
I cittadini che avranno meno trasporti urbani, meno assistenza sanitaria, meno servizi mensa e meno scuolabus per i loro figli, meno illuminazione pubblica, meno buoni casa, meno attività culturali. Ecco allora che lo strappo berlusconiano sulle regole elettorali diventa il detonatore di una protesta di massa: ceti impoveriti, famiglie non aiutate, categorie dimenticate. Si diffonde come un senso collettivo di ingiustizia che l’opposizione parlamentare non può far altro che tradurre in un ostruzionismo intransigente ma frenato dai lacci regolamentari. L’aria si fa irrespirabile, tutto si decide tra quattro personaggi in quattro mura. Manifestare diventa dunque una questione di salute pubblica, un’esigenza della democrazia che i leader dell’Unione hanno ben compreso poiché c’è sempre un momento in cui bisogna uscire fuori per mescolarsi alla propria gente, ascoltarla, rassicurarla. In attesa c’è un popolo grande, appassionato che neppure una piazza potrebbe contenere tutto.
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IL RIFORMISTA 30-9
EDITORIALE
Il segno di Tremonti e quello delle elezioni
La legge finanziaria porta due segni molto chiari. Il primo, naturalmente, è il segno di Giulio Tremonti. Il suo ritorno ha reintrodotto misure una tantum, si è già detto, e lascia aperta la porta a condoni fiscali. Non manca la creatività (come la tassa sui tubi) né la maestria nel maneggiare i conti e mescolare le carte. Questa volta ha preso il bisturi non l’accetta, soprattutto ha cercato di accontentare ceti sociali, gruppi di pressione, partiti della sua maggioranza, con abile uso di bastone e carota. Non è per caso. Ma perché bisogna preparare le elezioni (e questo è il secondo segno). Silvio Berlusconi ha messo le mani avanti faccendosi sfuggire tra i denti una parola che detesta («sacrifici»), tuttavia Tremonti ha cercato di indorare la pillola incassando, per esempio, il via libera della Confindustria. Montezemolo non sparerà contro e, di questi tempi, non è poco. Alzano la voce regioni e comuni, ma sono quasi tutti al centro-sinistra. Toccherà a loro far tirare la cinghia a chi li ha eletti. A la guerre comme à la guerre.

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MEDITAZIONE - 30/9/05

APRILEONLINE 30-9
I miracoli di San Silvio
L'arte del Cavaliere di non chiamare i problemi col loro nome
[Renzo Francabandera]
Quando manca il lavoro il problema di un governante populista non è necessariamente far diminuire i disoccupati. Basta cambiare il concetto di lavoro nelle statistiche e il problema disoccupazione non esiste più. Quindi, quando per dire di avere un “lavoro” basta lavorare anche un’ora all’anno, sottopagati, con datori di lavoro senza scrupoli, senza assicurazione e previdenza, allora tutti lavorano.
Berlusconi lo ha fatto e il tasso di disoccupazione è diminuito! Miracolo? La realtà è che i disoccupati sono gli stessi che c’erano prima, se non di più. Si è legalizzato lo sfruttamento.
Ieri un nuovo miracolo italiano: quando mancano i soldi per finanziare la spesa sociale, perché nessuno paga più le tasse visti i mille condoni, perché tutti evadono il fisco incitati persino dal Presidente del Consiglio, perché si aboliscono le tasse sulle ricchezze, perché i colpevoli di bancarotte miliardarie sono impuniti, non è necessario chiamare le riduzioni di soldi per la Finanziaria “tagli”. Basta cambiargli nome, e dalla Finanziaria spariranno i tagli.
Allora niente tagli? "Non ci saranno tagli ma sacrifici di spesa".
Silvio Berlusconi, è un genio, non c’è che dire.
Così, con qualche piccolo sacrificio di spesa, che fa pensare a quando non compri i gelati prima dell’estate per dimagrire, la Finanziaria è pronta per il Consiglio dei Ministri, con 60 articoli e un Dl in allegato con altri 7 articoli contenenti misure fiscali urgenti.
La tenera novità, quella che farà impazzire il cuore degli italiani, sarà quella già battezzata come "bonus per il nonno": un assegno di 500 euro per ogni anziano a carico percettore di pensione sociale.
Non manca neanche il soffice "bonus per il bebè", un aiuto introdotto già dallo scorso anno per i secondogeniti.
Magari entro fine anno riescono anche a fare un “bonus amante”, per accattivarsi le simpatie dei single impenitenti e libertini: siamo sicuri avrebbe un successone.
Per i due bonus la spesa preventivata è di un miliardo di euro: il bonus nonni porta scadenza 2006, mentre il bonus bebè vale 2 anni.
Tra i nodi irrisolti c’è senz’altro anche quello della finanza locale. Gli enti territoriali sono responsabili di una parte consistente della spesa pubblica nazionale: il 28 per cento, circa il 14 per cento del Pil. Ma i tagli previsti dalla manovra Tremonti rischiano di mettere in ginocchio molte regioni.
Quanto alle imprese, la tanto famigerata Irap, che si erano impegnati a cancellare, e per l’uso della quale abbiamo subito un’infrazione dalla UE, non sparisce.
Ma per alleviare gli affanni delle imprese sono state introdotte misure per la riduzione del costo del lavoro: in pratica, i datori di lavoro saranno esonerati dal versamento dei contributi sociali.
Siamo però scuri che i grandi miracoli li farà il cuore degli italiani, chiamati a poter decidere di versare il 5 per mille dell'Irpef a scopi di "volontariato e di ricerca anche universitaria e sanitaria". Anzi, le erogazioni in favore di università e di enti di ricerca pubblici saranno deducibili.
Una cosa buona, si potrebbe dire. A noi pare piuttosto un misero gioco delle tre carte all’entrata di una misera stazione di servizio di periferia, con il gatto a fare il giochino e la volpe a sfilarti il portafogli.
Per ora ancora nessuna traccia del condono fiscale, ma siamo sicuri che con un altro miracolo, San Silvio ne farà apparire uno prima della approvazione finale della legge. Sono troppi i fedelissimi del condono, raccolti in preghiera.
Confermati i tagli agli enti locali e alla pubblica amministrazione. Ma allora i tagli ci sono?
Ma no, sciocchini, che dite…"non ci saranno tagli ma sacrifici di spesa".
Silvio Berlusconi, è un genio, non c’è che dire, ma che dire di quelli che gli hanno creduto e gli hanno messo in mano il volante della macchina senza sapere che non aveva la patente?
Aver creduto a Berlusconi è una colpa per la quale servirà un’amnistia nazionale, come quelle che Berlusconi si è fatto per sé.

giovedì, settembre 29, 2005

MEDITAZIONE - 29/9/05

STAMPA 29-9
Corsivo
Pensieri
Jena
Oggi il presidente Berlusconi compie sessantanove anni, fategli gli auguri e dedicategli un pensiero. No no, non ditemi quale.
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APRILEONLINE 29-9
Buon compleanno Presidente!
di Stefano Olivieri
E con oggi sono 69, buon compleanno presidente. L’anno prossimo, il 2006 nel quale vorresti essere riconfermato, ne farai 70, un’età che malgrado le prodezze della scienza conviene più al riposo che all’azione, più alla meditazione che alla responsabilità. L’età della pensione per dirla in breve, che ha pure i suoi pregi in particolare per chi, come te, dispone di tutti i mezzi per godersela in pace.
Ma tu, con insistenza ed ostinazione, anche a costo di farti prendere in giro hai voluto allontanare da te in questi ultimi anni l’immagine della vecchiaia. Lo hai fatto partendo dall’aspetto fisico perché sei stato sempre perfettamente consapevole dell’esigenza di diffondere una immagine della tua persona la più vitale possibile, in linea con la montagna di cose che dicevi – e continui a dire – di aver fatto e do voler continuare a fare per il bene del tuo paese.
L’Italia – parlo della gran massa dei cittadini naturalmente – ti conosce bene oramai da più di 20 anni, eppure tu sei sulla breccia da molto prima. Non eri ancora trentenne quando dimostrasti di saper costruire praticamente dal nulla intere città (Milano2, Milano 3, Il Girasole) che divennero in seguito il primo laboratorio della tua successiva avventura mediatica. E già, perché avevi poco più di 40 anni quando con Mediaset fondasti il più imponente network privato, che grazie anche allo sponsor autorevole di Bettino Craxi e del CAF riuscì ad imporsi e a crescere, crescere, crescere smisuratamente insieme ai tuoi guadagni. Sei stato il primo italiano (e probabilmente resterai l’unico) a dimostrare come affittando (a prezzi molto amichevoli, per dire la verità) un bene pubblico come l’etere si riescono a mettere insieme montagne di denaro, e il denaro apre come si sa quasi tutte le porte.
Oggi si parla insistentemente di “berlusconismo” intendendo ad un tempo la causa stessa del fenomeno, riconducibile alla tua persona e al tuo operato, e le varie conseguenze che il fenomeno ha comportato nel nostro paese. Ebbene, si può ben dire che è ormai più di un ventennio – e lasciamo stare i paragoni facili - che il berlusconismo esiste dal momento che risale al 1984 la tua prima decisione di testare, saggiare il tuo potenziale elettorato con quella famosa serrata mediatica che spense tutte le tue tv per fare infuriare le famiglie già incapricciate di Dallas e Dinasty. Fu quella la prima volta in cui dimostrasti il tuo impareggiabile talento nel camuffarti da vittima : il giudice ti aveva semplicemente imposto la regola (che tu avevi trasgredito) della non contemporaneità dei programmi tv e tu invece rispondesti spegnendo tutto. La gente scese in strada per protestare e io credo che Forza Italia sia nata in quel momento, ma tu allora non avevi ancora bisogno di testimoniarlo.
Soltanto in seguito, quando ti mancò il sostegno del tuo principale sponsor politico, decidesti di scendere direttamente in campo per difendere i tuoi interessi, come dicesti a chiare lettere in una memorabile trasmissione tv di Maurizio Costanzo. Non avevi ancora 60 anni quando raggiungesti la poltrona di palazzo Chigi per la prima volta, e anche questo è un vero primato. A nemmeno trentenne palazzinaro miliardario, a poco più di quaranta proprietario di Mediaset, a nemmeno sessanta presidente del consiglio. Un potere immenso frutto senz’altro del tuo carisma eccezionale, della tua verve e del tuo talento nel convincere, senza dubbio. Ma frutto anche del denaro accumulato in enorme quantità, e da dove sia venuta la tua fortuna tu non lo hai mai voluto dire non tanto ai giudici, ma nemmeno ai cittadini e questa per un uomo politico è una mancanza grave, una macchia incancellabile che con il tempo ha corroso anche l’immagine bella e rassicurante che sempre hai voluto dare di te.
Alla base del tuo inesorabile declino, caro presidente, c’è insomma una insincerità di fondo che se prima era tollerata – la gente non ha mica la sveglia al collo, sai…? – da chi votandoti ha voluto credere al sogno di un nuovo miracolo italiano, oggi da invece molto fastidio perché tutto il nostro paese, dalle industrie alle famiglie, dagli artigiani agli operai, arranca in coda all’Europa. Il tuo sogno si è rivelato una bolla di sapone e la tua guida ha fallito, e per questo l’Italia ti ha voltato le spalle.
Tu non sei mai stato uomo da compromessi, dunque dovresti riflettere. Hai raggiunto un’età in cui uno si dovrebbe godere i figli, anzi i nipoti, e invece stai chiudendo la legislatura più disastrosa dal dopoguerra. Dopodiché probabilmente dovresti diventare il capo dell’opposizione parlamentare, ma hai già annunciato che in quella ipotesi preferirai goderti il sole di qualche spiaggia tropicale. Ebbene, fossi in te non aspetterei di consumarmi come una candela, ma andrei incontro a un nuovo primato : quello dell’uomo politico italiano che ha saputo smettere prima di cadere, quello che all’improvviso se ne va salutando a braccia alzate la folla ed entra nella leggenda. E’ l’unica chance che ti rimane, quella di uscire di scena con un gesto da teatro i cui dettagli puoi studiare meticolosamente, roba da primato dell’auditel (pensa soltanto a quanto potresti vendere gli spot, per un evento del genere…). Altrimenti, se lasci fare agli altri, alleati o avversari che siano, sarai fatto a pezzi e quello sarà l’unico ricordo che conserverà di te la gente. Soprattutto quella che guarda le tue tv. Pensaci, presidente.

mercoledì, settembre 28, 2005

RESISTENZA - 28/9/05

L'UNITA' on-line 28-9
Sommario di I pag.
La finanziaria dei pregiudicati recidivi
Rispuntano il condono di Tremonti e il ponte sullo Stretto del Cav
Le sorprese della finanza creativa di Tremonti non finiscono mai. Rispunta l'ipotesi del condono fiscale. La notizia trapela da fonti della Cdl ma Alemanno si affretta a negare. Il premier si giustifica: «La coperta è corta», e poi garantisce «il ponte sullo Stretto si farà». E Gianni Letta si era già giustificato con «l'emergenza» di fronte alle parti sociali. Sindacati e associazioni di categoria delusi. E salta anche il taglio Irap.
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CORSERA 28-9
EDITORIALE
Strategia dell’ottimismo -- Ma c’è il nodo Bankitalia
L’obiettivo di Berlusconi è far dimenticare al Paese le liti di Washington
Massimo Franco
La descrizione è talmente edulcorata da stordire un po’. Silvio Berlusconi accredita un governo e un’Italia messi così benino, che non si capisce perché il centrodestra abbia perso le ultime elezioni europee, e poi regionali. Probabilmente, ieri, in Parlamento, il premier ha calcato la mano per bilanciare le bordate dell’opposizione; per confutare l’accusa di avere cambiato il ministro dell’Economia, da Siniscalco a Giulio Tremonti.
«Quando era al governo, il centrosinistra ha cambiato tre presidenti del Consiglio e quattro governi», si è inalberato Berlusconi. Ma i motivi dell’avvicendamento continuano a risultare confusi nell’interpretazione che ne dà la stessa maggioranza.
La prima contraddizione mette la Lega di fronte a Berlusconi e An. E incrocia, non a caso, la vicenda del governatore di Bankitalia, Antonio Fazio. Il partito di Umberto Bossi tende infatti a pensare che Domenico Siniscalco abbia gettato la spugna solo per non affrontare una legge finanziaria da brivido; e che i contrasti con Fazio siano stati solo un pretesto. Berlusconi, invece, accredita una decisione «maturata principalmente» per il contrasto «tra il Tesoro e Bankitalia». E aggiunge di essersi «appellato alla coscienza del governatore» perché lasciasse l’incarico: «l’unica cosa che si poteva fare».
Fazio «dovrebbe avere la sensibilità istituzionale di dimettersi, anche se tutti sappiamo che non lo farà», continua a martellare il vicepremier, Gianfranco Fini. Ma la Lega gli ribatte che l’Esecutivo «non ha sfiduciato nessuno»; e ritiene che ormai il caso Fazio «è chiuso». E’ questo coro di parole stonate che Berlusconi cerca di imprigionare in una nuvola di ottimismo. Il premier arriva a sostenere che all’estero siamo di nuovo «protagonisti ascoltati, affidabili, coerenti, credibili».
L’obiettivo evidente è di archiviare anche nella memoria collettiva lo spettacolo di Tremonti e Fazio a Washington, separati da un muro di incomunicabilità; di cancellare l’immagine del «Roman circus», il circo romano sul quale hanno ironizzato all’estero. Ma soprattutto, di bollare le critiche dell’Unione prodiana come frutto del pregiudizio: al punto che Berlusconi accusa l’opposizione di rallentare la crescita, con il suo catastrofismo. Mostrare «un Paese sempre più povero, allo sbando, in declino», ha avvertito, «non solo non corrisponde alla realtà: provoca danni seri sui mercati internazionali».
Che nelle critiche dell’Unione ci sia un intento strumentale è probabile, e forse inevitabile. Ma cancellare la sensazione della crisi ostracizzando chiunque esprima riserve sul governo, appare riduttivo. Berlusconi finirebbe per iscrivere nel fronte prodiano quanti esprimono «viva preoccupazione per le gravi difficoltà economiche che continuano a far sentire i loro effetti nel Paese». E vedono «forti disagi per la popolazione e le famiglie, specie nel Sud, già penalizzato dalla crisi occupazionale ». Non si tratta di un partito di sinistra: così valutano la situazione i vescovi italiani.
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REPUBBLICA on-line 28-9
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Poche idee, ma faziose
"Nessuno ha mai avuto, ha o avrà intenzione di fare processi a chicchessia, tanto meno al governatore Fazio".
(Silvio Berlusconi, Corriere della sera, 31 luglio 2005).
"Fazio? Se uno sente di aver bene operato si comporta come suggerisce la propria coscienza, non sotto l'impatto dei media".
(Silvio Berlusconi, Corriere della sera, 3 settembre 2005).
"L'attuale governatore della Banca d'Italia è incompatibile con la credibilità internazionale del Paese e per questo la sua permanenza non è opportuna".
(Silvio Berlusconi, Ansa, 22 settembre 2005).
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ITALIENI 28-9
Berlusconi o l'impossibilità di vincere le elezioni
Ha praticamente tutto contro di lui: i sondaggi, i sindacati, la Confindustria e l'opposizione. Ma i peggiori nemici di Silvio Berlusconi, probabilmente, sono ormai tra i suoi alleati di governo. Non solo il premier è costretto a delle vere e proprie acrobazie per evitare che la coalizione vada in pezzi. Ma gli alleati che gli chiedono di rinunciare alla sua candidatura come leader del centrodestra sono sempre più numerosi. Al momento ci vorrebbe un miracolo perché Berlusconi si presentasse tranquillo alle elezioni del 2006.
El Mundo, Spagna [in spagnolo - a pagamento]
http://www.elmundo.es/papel/2005/09/28/mundo/1866945.html
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Fazio: Da governatore a presidente?
C'è una via d'uscita dallo stallo politico in cui si trova l'Italia? Il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio non si dimetterà, ma molti politici pensano che dovrebbe farlo. Silvio Berlusconi vuole essere il candidato premier del centrodestra alle elezioni del 2006, ma alcuni dei suoi alleati pensano che non dovrebbe. L'anno prossimo il parlamento dovrà scegliere anche un nuovo presidente della repubblica. Il ministro della sanità Francesco Storace
propone di candidare Gianfranco Fini per il centrodestra, lasciando libero Berlusconi per la poltrona del Quirinale. Mentre i sondaggi confermano che Fini ha buone possibilità, per sostituire Ciampi manca un candidato all'altezza. A meno che il centrodestra non si rivolga all'uomo su cui un tempo
avrebbe scommesso: Antonio Fazio. Discutibile, forse. Ma in quale altro modo si potrebbe mandarlo via da palazzo Koch?
Financial Times, Gran Bretagna [in inglese]
http://news.ft.com/cms/s/4dc0fb04-2fbe-11da-8b51-00000e2511c8.html
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PROMEMORIA
APRILEONLINE 28-9
Corsivo
Barzellette, gaffes e stornelli: una sottile tecnica di comunicazione?
[Renzo Butazzi]
Caro Cavaliere, sembrare è essere.
Fin dal suo apparire sul palcoscenico istituzionale si produsse in barzellette e gaffes di ogni genere e in ogni occasione pubblica. In principio si poteva pensare che proseguisse in una vecchia abitudine per deformazione professionale. Era stato, infatti, pianista-cantante-intrattenitore sulle navi da crociera.
Ma poi la qualità del suo umorismo, già piuttosto bassa, peggiorò ulteriormente. Ricordate l’agghiacciante barzelletta sui malati di AIDS che dovevano curarsi con le sabbiature, non certo per guarire ma per abituarsi a restare sottoterra, raccontata ai sudditi durante un convegno sulla motonave “Azzurra”? O le corna fatte dietro la testa di un ministro in una foto ufficiale? O l’idea di presentare il primo ministro danese, uomo avvenente, alla propria moglie che, “povera donna”, pare avesse un’affettuosa amicizia con un filosofo barbuto? E il vantato corteggiamento alla presidente della Finlandia per far prevalere la causa patriottica del culatello di Parma? E il feroce insulto al deputato socialista che aveva osato criticarlo a Strasburgo?
Per tutto questo e per altro ancora, i pessimisti erano portati a ritenere che il soggetto fosse scemo, cioè, scarso, carente in vari attributi spirituali: sensibilità, buona educazione, buon senso, per non parlare d’intelligenza.
Ma le gaffes erano talmente plateali che gli ottimisti non potevano crederle involontarie. Sembrava loro impossibile che se era potuto arrivare a quel livello fosse così carente e pensavano che sparasse così tante scemenze seguendo una sottile tecnica di comunicazione. Stava inventando un nuovo modo di parlare ai cittadini, fuori dalla fraseologia tipica e noiosa degli altri uomini politici. Prima o poi avremmo visto che quelle topiche, quegli svarioni, erano i magici strumenti di un Grande Comunicatore.
Ora, osservando il suo declino, anzi, il suo sfacelo, con la rivolta dei soci sempre più esplicita verso chi si era chiamato “unto del Signore” e con le primarie contestanti la sua grande “leadership”, il dubbio ha cominciato a farsi strada.
Fino alla più recente e grossolana sciocchezza: la tesi che solo la Bce avrebbe la possibilità di togliere dal fuoco la castagna bollente di Antonio Fazio. Come se fosse stata la Banca centrale ad assumere e stipendiare il nostro catafratto Governatore.
Mi pare che quest’ultima, stupefacente affermazione, suggerisca il giudizio definitivo: le sue topiche non erano strumentali, erano proprio involontarie, erano nature.
Finalmente possiamo riprendere fiducia in noi stessi: se uno ci sembra scemo è proprio scemo.

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MEDITAZIONE - 28/9/05

STAMPA 28-9
Corsivo
Encicliche
Jena
La Chiesa interviene solo sui temi di grande rilevanza morale, lo dimostra il titolo della prossima enciclica: «Lex ad personam».
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EDITORIALE
Ma questa è una Chiesa naturaliter di destra
di Gianni Vattimo
Ci scandalizziamo e protestiamo, anche rumorosamente ma legittimamente (libero fischio in libera piazza!) perché il cardinale Ruini fa politica, ma poi diamo ragione (alcuni di noi) a chi ci invita a «non lasciare la Chiesa alla destra». E perché mai non dovremmo lasciargliela? Certo non per motivi religiosi. Anche una credente di fede adamantina come Rosi Bindi non è certo mossa da preoccupazioni religiose quando formula questo invito; vuole evitare, a ragione, che vescovi e parroci spingano i fedeli a votare per la destra. Alle preoccupazioni di questo tipo ci viene voglia di rispondere, evangelicamente, «lasciate che i morti seppelliscano i loro morti»; o almeno, che i sepolcri imbiancati si esercitino nei loro giochi di potere, con i quali la religione, e specificamente il cristianesimo, non ha più niente da spartire.
La Chiesa che dovremmo non lasciare alla destra è ormai come la televisione nella definizione di Norberto Bobbio: è «naturaliter di destra». Non la Chiesa di Cristo, certo, la Chiesa come comunità dei credenti, che guardano con distacco e senso di scandalo anche ai papi «subito santi», ai loro funerali con torme di capi di stato, ai loro irremovibili gerarchi amici di Pinochet, alla loro abitudine di mantenere «in famiglia» i tanti reati di violenza sessuale, nascondendoli alle autorità secolari…
La Chiesa di un papa che va a Colonia, nella patria di Lutero, facendosi precedere dalla promessa dell'indulgenza plenaria per i partecipanti al convegno, anzi al «meeting»; proprio il tema su cui si è consumata la rottura con i protestanti.. E che - i giornali italiani non lo hanno detto, ma così è andata - chiede al governo regionale di Colonia di rinunciare all'uso, comune in Germania, di distribuire gratis preservativi quando c'è un raduno di grandi masse giovanili. Questa Chiesa merita di essere lasciata andare alla sua deriva, almeno se si ascolta, ancora una volta, il Vangelo: chi dà scandalo - come lo dà a tanti credenti in tutto il mondo - farebbe meglio a legarsi una pietra al collo e a gettarsi in mare.

martedì, settembre 27, 2005

RESISTENZA - 27/9/05

REPUBBLICA on-line 27-9
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Il fatto che non è più reato
"All Iberian? Mai conosciuta. Ma vi pare che, col mio senso estetico, avrei potuto accettare una società con quel nome?"
(Silvio Berlusconi, 7 dicembre 2000).
"Le operazioni societarie e finanziarie prodromiche ai finanziamenti estero su estero dal conto intestato alla All Iberian al conto di transito Northern Holding (di Bettino Craxi, ndr) furono realizzate in Italia dai vertici del gruppo Fininvest Spa, con il rilevante concorso di Berlusconi quale proprietario e presidente... Non emerge negli atti processuali l'estraneità dell'imputato Berlusconi."
(Corte di Cassazione, sentenza definitiva di prescrizione per Craxi e Berlusconi per 21 miliardi di lire di finanziamenti illeciti, 22 novembre 2000).
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Berlusconi l’ottimista
“L'economia va bene, no alle cassandre"
ROMA - La manovra finanziaria sarà intorno ai 25 miliardi. Il neoministro dell'Economia Giulio Tremonti non parte certo da zero, il lavoro è già stato avviato dal precedente ministro. Verranno rispettati impegni e scadenze. Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi entrando alla Camera, dove ha tenuto un'informativa urgente sugli sviluppo della situazione politica conseguenti alle dimissioni di Siniscalco ed alla nomina di Giulio Tremonti.
Nell'Aula di Montecitorio Berlusconi ha poi confermato la propria fiducia in Tremonti: "Al professore va tutto il mio sostegno...", ha detto. Applausi. E, dopo una ricostruzione della vicenda Bankitalia, ha difeso a spada tratta l'operato del suo governo.
Non sarà una finanziaria elettorale. "Anche questa volta ce la faremo. Non ci sarà una finanziaria elettorale ma rispetteremo le indicazioni di Bruxelles sul rapporto deficit-pil", ha assicurato.
Lo stato dell'economia. "Questa Finanziaria giunge in un momento cruciale. La nostra economia dà promettenti segni di risveglio anche se c'è chi fa finta di non accorgersene", ha rivendicato Berlusconi. "Cifre e dati smentiscono le Cassandre", ha aggiunto.
No al catastrofismo. "La campagna delle opposizioni che mostra un paese sempre più povero, allo sbando, in declino inarrestabile non solo non corrisponde alla realtà ma provoca danni seri all'immagine del paese sui mercati internazionali". "E' un'operazione ingannevole - ha aggiunto - che frena i consumi, mina la fiducia, frena e rallenta gli investimenti e la crescita. Il catastrofismo e il pessimismo sono una patologia per qualsiasi economia".
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Fassino: "Governo inadeguato si vada subito alle elezioni"
Diliberto: "Se tutto va bene come dice il premier, si voti"
ROMA - L'Italia "non ha un governo all'altezza della situazione". Il segretario dei Ds Piero Fassino ha replicato così, in aula a Montecitorio, al discorso del premier Silvio Berlusconi invitandolo a "un atto di responsabilità" per "non trasformare l'agonia di una maggioranza nell'agonia del Paese". Un atto di responsabilità che vuol dire "andare di fronte agli italiani a chiedere da chi vogliono essere governati", in poche parole elezioni anticipate prima possibile. E' il ragionamento che condivide tutta l'opposizione: se tutto va bene come sostiene il premier, dicono dai centristi alla sinistra radicale, allora si voti.
"Non siamo catastrofisti, pessimisti né causa di depressione del Paese", ha anche detto Fassino, al contrario "pensiamo che l'Italia sia un grande Paese con potenzialità straodinarie in competenze, professionalità, tecnologie ma ha bisogno di una guida politica che indichi obiettivi, mete, sfide".
Anche per Oliviero Diliberto "l'eutanasia è l'unica via d'uscita anche per ragioni di dignità umana. Questo accanimento terapeutico per tenere in vita il governo Berlusconi è francamente inaccettabile". "Berlusconi ha detto che tutto va benissimo - ha aggiunto il segretario dei Comunisti italiani - che il Paese è in salute, che il governo ha fatto tutto quello che doveva fare e anche di più. Andiamo alle elezioni e vediamo".
''Se ci e' venuto a dire che 'tutto va bene madama la marchesa' - ironizza in aula Francesco Rutelli - se le linee che ci ha esposte sono queste, allora per voi la vedo dura. Sappiamo che il popolo italiano ha già' deciso di cambiare maggioranza".
"Berlusconi si arrampica ancora una volta sugli specchi riuscendo a negare persino l'evidenza di un Paese che ha enormi potenzialità ma che arranca e che da troppo tempo è ormai senza guida", dice il presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio. "Berlusconi - osserva Pecoraro - ha eluso i motivi delle dimissioni di Siniscalco. Le visioni del premier, le solite e patetiche cifre basate su telefonini e televisori dimostrano solo l'inadeguatezza di questo governo ad affrontare i problemi del Paese, che non si risolvono certamente con un pò di propaganda". "La soluzione migliore - conclude il leader del Sole che Ride - sarebbe il voto anticipato".
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L'UNITA' on-line 27-9
Sommario di I pag.
Berlusconi: «Unico guaio, le Cassandre della sinistra»
Calderoli della Lega dice che con l'intervento di oggi del presidente del Consiglio in Parlamento «il caso Fazio è chiuso». Berlusconi in effetti si accontenta delle spiegazioni del governatore. Poi incensa il ritorno di Tremonti all'Economia. Che, dice, «non è stato richiamato per fare una Finanziaria elettorale». E subito dopo va all'affondo dell'opposizione. Per il Cavaliere il vero problema italiano sono «le Cassandre» della sinistra che bloccano aspettative, consumi, investimenti. Tutto. Tremonti promette: niente tagli alla sanità né tasse. L'Unione replica: governo inesistente, si voti subito.
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ITALIENI 27-9
Berlusconi assolto dall'accusa di falso in bilancio
Silvio Berlusconi è stato assolto ieri dall'accusa di falso in bilancio nel processo stralcio All Iberian. La seconda sezione penale del tribunale di Milano ha stabilito che Berlusconi ha effettivamente falsificato i bilanci della Fininvest, per ottenere quasi un miliardo di euro con cui ha finanziato giudici, partiti politici e operazioni finanziarie. Ma il tribunale ha anche stabilito che, in
base alla nuova normativa societaria, il fatto di cui Berlusconi era accusato non è più reato. È stato proprio il governo Berlusconi, nel 2001, a modificare la legge sul falso in bilancio, giudicata dall'opposizione una legge "su misura" per favorire il premier.
El País, Spagna [in spagnolo]
http://www.elpais.es:80/articulo/elpporint/20050927elpepiint_15/Tes/?print=1

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CORSERA 27-9
EDITORIALE
Si riapre lo scontro tra politica e giustizia
Le polemiche sulla sentenza All Iberian fanno temere un conflitto istituzionale
Massimo Franco
L’assoluzione di Silvio Berlusconi nel processo All Iberian riapre un fronte giudiziario che sembrava ai margini dello scontro fra il governo e i suoi oppositori. I magistrati hanno motivato il proscioglimento spiegando che «il fatto non è più previsto dalla legge come reato»: una precisazione che porta l’opposizione a parlare di «assoluzione ad personam ». In quel «non è più previsto» si ricorda implicitamente che il Parlamento ha approvato una riforma abrogativa di una parte del falso in bilancio: quello per il quale il premier e altri tre manager Fininvest erano stati rinviati a giudizio. Ma il fiotto di veleno che sta riaffiorando anticipa quanto potrà accadere anche sulla cosiddetta «ex Cirielli».
E’ la legge che, abbreviando i termini di prescrizione per alcuni reati, avvantaggia anche l’ex ministro berlusconiano Cesare Previti. Il governo è quasi obbligato ad approvarla entro l’inizio di novembre: altrimenti, l’incrocio con l’epilogo processuale di un altro imputato renderebbe tutto inutile. Palazzo Chigi ha cercato di prevenire le obiezioni del Quirinale, facendo cambiare dal Senato alcune norme vistosamente incostituzionali. Se le modifiche che dovevano cancellare le perplessità di Carlo Azeglio Ciampi non basteranno, tuttavia, sono prevedibili nuove tensioni. E stavolta, non soltanto con il centrosinistra ma con lo stesso presidente della Repubblica. Qualora il capo dello Stato nutrisse ancora dubbi, per Berlusconi si aprirebbe un altro conflitto a pochi mesi dalle elezioni. E in ogni caso, riaffiorerà l’accusa di avere fatto approvare di nuovo una «legge ad personam» per Previti.
D’altronde, il Quirinale è incalzato anche da un’Associazione nazionale magistrati in rotta di collisione col ministro della Giustizia Roberto Castelli, leghista. Fra l’altro, l’Anm accusa Castelli di non fornire dati sulla ricaduta della ex Cirielli.
Ieri, mentre la legge approdava alla Camera, l’Associazione ha sostenuto che avrà l’effetto di prescrivere «fra i 40 e i 70 mila processi». Insomma, il braccio di ferro col potere politico sta riesplodendo. E l’assoluzione di Berlusconi si incornicia in questo contesto, esasperandolo. Massimo Brutti, responsabile Giustizia dei Ds, invita a «stendere un velo pietoso» sulla vicenda All Iberian, la società off shore accusata di filtrare i soldi della Fininvest. «Del resto», ricorda Brutti, «la legge sul falso in bilancio è stata cambiata per garantire l’impunità degli imputati».
E’ una polemica che la campagna elettorale promette di rendere fortemente strumentale; e di alimentare, dando spazio alle posizioni più estreme su entrambi i fronti.

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MEDITAZIONE - 27/9/05

LIBERAZIONE 27-9
EDITORIALE
Sinistra e Vaticano
Liturgia e mercato: un modello che dà sponda alla destra, ormai priva di ricette per il futuro

La sinistra cosa oppone a questa idea?
di Piero Sansonetti
Noi siamo anticlericali? No, però ci piace discutere di tutto senza pregiudizi e senza tabù. Che cosa hanno fatto di male - chiediamo - quei ragazzi che hanno fischiato il cardinal Ruini, durante una manifestazione organizzata da Ferdinando Adornato, dopo che il cardinal Ruini aveva tuonato - dal megafono forte di stampa e Tv - contro i diritti delle coppie di fatto, i diritti dei gay, la laicità dello stato, della scienza, il libero amore? Forse non è educato fischiare, o forse è sacrilegio? I ragazzi non hanno interrotto una funzione religiosa o un'omelia, ma una manifestazione politica organizzata da un deputato della destra. Non c'è sacrilegio. C'è arroganza e violenza nei fischi? Chiediamoci anche quanta ce n'è, di arroganza, nel pretendere - seppure con soavità e voce tenue - che milioni di persone, per legge, rinuncino al loro modo di pensare e si adeguino - nel proprio stile di vita - alle convinzioni religiose del Vaticano. E poi chiediamoci se c'erano altri modi, per quei ragazzi, di esprimere il proprio dissenso dal Cardinal Ruini: avrebbero potuto fare una dichiarazione all'Ansa e aspettarsi che il giorno dopo - come capita per le dichiarazioni di Ruini - fosse sulla prima pagina di tutti i giornali e che qualcuno li invitasse in Tv o altro?
Come sarebbe bello poter discutere anche delle questioni più complicate, magari tirandosi delle legnate, ma andando al nocciolo, al sugo delle questioni invece di cercare solo lo scandalo.
Una parte della sinistra italiana - e noi di "Liberazione" ci siamo dentro - dopo l'elezione di papa Ratzinger ha accentuato le proprie posizioni laiche e di critica al Vaticano. Questo è certo. Chiediamoci perché. Io credo per un motivo semplice: ha visto nell'elezione di Ratzinger il segno di una svolta reazionaria nella Chiesa cattolica. Ha visto una pietra tombale sulla grande stagione del Concilio.
Non è così? Provate a riprendere in mano la "Gaudium et spes", oppure la "Pacem in terris" di Giovanni XXIII o - per altri versi - la "Populorum progressio", che è di Paolo VI ed è del '67. Voi pensate che esista una continuità tra il pensiero espresso in questi tre documenti e l'impianto teorico che Papa Ratzinger e il cardinal Ruini stanno affermando come centrale nel mondo cattolico?
No, non esiste una continuità. Dopo la morte di Paolo VI la Chiesa è rimasta per un quarto di secolo sospesa nell'intermezzo di Wojtyla. Intermezzo assai robusto e però di grande incertezza, che conteneva alcune delle idee conciliari - specie nel campo della critica al liberismo e alla violenza di stato - e le mescolava con tensioni dottrinarie di segno opposto, che sono quelle che hanno portato alla lotta aperta e dura contro la "Teologia della liberazione" e contro tutti i fenomeni del pensiero cattolico "sovversivo", con i quali Paolo VI si era confrontato e che erano stati linfa vitale del cristianesimo, in quegli anni.
Ora l'intermezzo si è concluso e la Chiesa, scegliendo Ratzinger, ha innestato la retromarcia, cioè ha deciso la rinuncia alla grande idea del Concilio. Quale idea? Se la volessimo riassumere in poche parole, potremmo dire così: l'abbandono del sogno di una Chiesa forte sul piano temporale, e il progetto di ricostruire il profilo del cristianesimo moderno, sulla base di una tensione spirituale, che contesta il mondo dei poteri e dei potenti, e promuove le grandi questioni sociali, la tolleranza, la fratellanza, ponendo il valore della carità al di sopra di quello della fede. E' stato questo, in sitesi, il Concilio: il rovesciamento di una pratica e di una idea millenaria, e il tentativo di costruire una Chiesa che entra nella modernità, e non vuole restare attaccata a quel che resta dello Stato Pontificio, ma vuole ricominciare - come si dice - dagli ultimi. E più precisamente vuole ricominciare dalla sostanza del vangelo di Gesù: dal discorso della Montagna, dalla difesa della prostituta, dalle monete a Cesare, dalle frustate agli scribi.
Forse ci metteremo molto tempo a capire quali conseguenze catastrofiche può avere la retromarcia di oggi. La fine di quel percorso avviato da Roncalli nei primi anni '60 è l'inizio di un nuovo fondamentalismo cattolico. Avrà conseguenze non solo per la Chiesa e il mondo cristiano, ma per lo spirito pubblico, per le nostre comunità.
Qui si pone la domanda che fa tremare i polsi. Come possiamo noi - laici e cattolici, atei e cristiani, noi che vediamo questo pericolo - opporci al nuovo fondamentalismo della Chiesa, che rischia di corrompere il pensiero di massa di una vastissima area moderata?
E' facile dirci: non fischiando, né pubblicando copertine strafottenti che accostano la figura di Ratzinger a quella di Khmeini. Va bene, vi diamo ragione: purché siate disponibili a proseguire il ragionamento.
Il problema è questo: Ruini esprime una idea completa, un modello di società "devota" che è organico, totalizzante, e mette insieme alcuni dogmi del cattolicesimo conservatore con le esigenze del conservatorismo liberista. Liturgia e mercato. E' un modello che dà sponda alla destra, ormai priva di ricette per il futuro, e propone una società ordinata, non più pluralista e multiculturale, basata sulla famiglia, sulla sobrietà dei costumi, sulla sacralità della vita, sulla superiorità dei valori religiosi nei confronti di quelli della scienza, della fede nei confronti della razionalità, della dottrina nei confonti della cultura. La sinistra cosa oppone a questa idea?
Sa indicare un modello di società che abbia la stessa forza di attrazione del modello di Ruini e Ratzinger e ne rovesci alcuni punti di partenza? Per esempio, sa dire a voce alta che combatterà la società patriarcale, basata sul matrimonio, cioè sul dominio del maschio, cioè sulla limitazione della libertà, cioè sulla negazione dei corpi, eccetera eccetera, e cercherà di costruire una comunità fondata sulla piena libertà degli individui, sulla distribuzione solidale delle ricchezze, sulla parità e sulla diversità delle persone, dei sessi, delle età, delle abitudini e delle scelte sessuali e di vita?
Oppure: sa la sinistra presentare, in alternativa alla sacralità della vita, una sua idea di intangibilità della vita basata non sulla fede in Dio ma sulla esaltazione dell'uguaglianza, che è l'unico valore in grado di livellare il diritto, e di mettere l'idea della vita al di sopra di ogni altra cosa?
La sinistra è molto indietro su questi temi. La sua componente più forte, quella riformista, ormai da dieci anni ha scelto il pragmatismo come propria caratteristica fondamentale. Ha deciso che è disposta a pagare alla modernità un prezzo salatissimo: la rinuncia a una "visione". Vogliamo dirla usando una parola che da un po' di tempo è stata messa all'indice? La rinuncia alla ideologia.
La sinistra ha bisogno di ricostruire la sua ideologia se vuole affrontare ad armi pari Ruini e il papa. Altrimenti arranca. Perde.
E comunque - posso dirlo? - è meglio arrancare, cercando di far sentire la propria voce con i fischi o con le foto-choc, piuttosto che starsene zitti e sottovalutare il grande rischio.

lunedì, settembre 26, 2005

RESISTENZA - 26/9/05

L'UNITA' on-line 26-9
Sommario di I pag.
All Iberian, Berlusconi assolto
Il falso in bilancio non c'è più
Assolto perché il reato non esiste più: questa la motivazione con cui i giudici del Tribunale di Milano hanno assolto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (e altri tre ex manager Fininvest) imputato nel processo All Iberian con l’accusa di falso in bilancio. Ma dopo l’entrata in vigore della nuova legge sul diritto societario voluta proprio dalla Casa delle Libertà e dal premier, il reato di falso in bilancio non è più tale. Pecorella soddisfatto: «Una splendida legge».
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«È questo il suo golpe giudiziario»
Salvo per una legge che la sua maggioranza gli ha confezionato a sua misura. Luciano Violante, capogruppo diessino alla Camera è veramente indignato del modo in cui i giudici sono stati costretti ad assolvere Silvio Berlusconi per l’affaire All Iberian. Anche se la conclusuione era nota e anzi proprio per quello. «Mentre migliaia di risparmiatori stanno aspettando una legge che li tuteli - fa notare Violante - coloro che hanno falsificato i bilanci truffando questi risparmiatori possono usare una legge che sostanzialmente cancella il falso in bilancio».
Il verde Paolo Cento, vicepresidente della commissione Giustizia della Camera, spera che ora Berlusconi non faccia più la vittima. Ma per Nando Dalla Chiesa della Margherita si tratta di un vero «golpe giudiziario». Dalla Chiesa fa notare come il Parlamento sia stato usato per un interesse personale per un’intera legislatura. «Centinaia di persone, elette da milioni dei cittadini, sono state messe al lavoro per garantire l'impunità giudiziaria del capo del governo».
Marco Rizzo dei comunisti italiani parla, più duramente, di «giustizia creativa». Il senatore Stefano Passigli, ds, parla di «assoluzione pilotata». Insomma, il concetto è unanime. E più che la demolizione di un castello accusatorio, di cui parla Claudio Scajola di Forza Italia, sembra più probabile che l’epilogo della vicenda spingerà ancora di più alla riflessione sulle leggi “ad personam”. Perché una cosa è certa, all’epoca dei fatti il reato c’era e era un reato pesante.
Gaetano Pecorella, legale e parlamentare di Berlusconi, sostiene che la depenalizzazione del falso in bilancio ci allinea alla legislazione del resto d’Europa. Antonio Di Pietro dell’Italia dei Valori la pensa esattamente all’opposto, cioè che la normativa dovrebbe essere adeguata al contrario, reintroducendo il reato. «Da questa amara esperienza dovremmo trarre una lezione importante - sostiene l’ex pm di Mani Pulite -: a partire dai candidati per le primarie, tutti nel centrosinistra, dobbiamo impegnarci a mettere nei nostri programmi la modifica della riforma sul falso in bilancio voluta da Berlusconi e prendere esempio, questa volta, da una delle poche cose positive che ha fatto Bush. Mi riferisco – spiega - in particolare allo scandalo Enron e all'emanazione di una legge sul falso in bilancio ancora più restrittiva». «In Italia, oltre a ripristinare la via penale, bisognerebbe prevedere altre pene accessorie, come ad esempio l'impossibilità di ricoprire incarichi di amministrazione nelle aziende per chi commette falso in bilancio. Lo stesso discorso vale anche per chi evade le imposte in maniera cospicua. Per risanare l’economia di questo Paese, che sta sempre più naufragando e perdendo competitività, il primo punto - ha concluso Di Pietro - è la lotta al sommerso e di certo non sono i condoni di qualunque tipo che possono risolvere la questione, come nemmeno la depenalizzazione di chi commette reati gravissimi come il falso in bilancio, ma per questi reati ci vuole il pugno fermo e una battaglia senza esclusione di colpi».
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CITAZIONE
Chi l'ha detto che in questi quattro anni il Governo non ha fatto nulla? La cancellazione di questo reato, fortemente voluta dall'Esecutivo di centrodestra, è stata una delle priorità dello staff del premier. E, con il passare degli anni, gli effetti di quella legge continuano a farsi sentire. Scrivono nel verdetto i Giudici di Milano: Berlusconi l'ha fatta franca perché "il fatto non è più previsto dalla legge come reato". Più chiaro di così.
(Centomovimenti 28-9)
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ITALIENI 26-9
Le tasse nell'Italia di Berlusconi
Né diritto di successione né imposta sul patrimonio né tasse sulle rendite finanziarie: il regime fiscale italiano è decisamente favorevole ai contribuenti più ricchi. Certo, devono pagare un'imposta del 39 per cento sul reddito dichiarato, ma nessun "salasso" supplementare. Silvio Berlusconi parte dal principio che una tassazione troppo gravosa genera un aumento dell'evasione fiscale: un fenomeno già molto presente in Italia, dove l'economia in nero è pari a 217 miliardi di euro, il 16 per cento del prodotto interno lordo. Il Cavaliere sa anche bene che i più ricchi non hanno alcuna difficoltà a mettere le loro fortune in fondi fiduciari che sfuggono al fisco.
Le Figaro, Francia [in francese]
http://www.lefigaro.fr/eco-monde/20050926.FIG0309.html

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MEDITAZIONE - 26/9/05

CORSERA 26-9
EDITORIALE
Sfida a destra, voto a perdere
di Ernesto Galli Della Loggia
Già era discutibile la versione delle primarie adottata dal centrosinistra, e cioè l’idea non già di una reale gara per l’investitura (la leadership di Prodi, infatti, non è stata mai messa in dubbio da nessuno), quanto piuttosto di una consacrazione pubblica dello stesso Prodi — privo come si sa di una sua propria base — nonché di una specie di sondaggio tra i militanti al fine di consolidare questa o quella posizione negoziale futura. Ripeto: già questo del centrosinistra era, ed è, un modo abbastanza singolare di intendere le primarie. Ma con il progetto che delle medesime primarie sta adesso mettendo in cantiere il centrodestra, dalla singolarità si rischia di passare al puro e semplice grottesco, con in più un quasi sicuro suicidio politico.
Il punto decisivo è che a differenza che nell’Unione, nella Casa delle libertà dovrebbe essere proprio la leadership, la scelta della personalità a cui affidarla, l’oggetto del contendere delle primarie: Berlusconi o Casini? (Fini, mi pare, si aggiungerebbe solo per fare atto di presenza). All’apparenza, dunque, sarebbero delle primarie abbastanza simili al prototipo americano. Solo all’apparenza, però: negli Usa, infatti, una volta terminata la contesa i candidati sconfitti si ritirano immediatamente nell’ombra e in pratica scompaiono o quasi da quella tornata elettorale. In Italia invece non accadrebbe nulla di simile.
Poniamo il caso, infatti, che le primarie (come è molto probabile) le vincesse Berlusconi: ebbene, anche in questo caso Casini e Fini continuerebbero però a essere presenti come prima sulla scena e continuerebbero naturalmente a capeggiare l’Udc e An che, si presume, nelle successive elezioni dovrebbero comportarsi da soci fedeli dello schieramento di centrodestra. Casini e Fini, cioè, dovrebbero fare di tutto per consentire la vittoria elettorale di quello stesso Berlusconi che poche settimane prima avrebbero combattuto davanti al Paese in decine di comizi, interviste, discorsi televisivi nei quali avrebbero cercato di mostrare quanto fosse poco adatto a fare il candidato del Polo e a vincere le elezioni. In un breve giro di tempo, insomma, Casini e Fini dovrebbero magicamente trasformarsi da rivali in alleati fedeli e rimangiarsi uno per uno tutti gli argomenti impiegati solo qualche settimana prima facendo finta di non averli mai enunciati.
Mi chiedo: è pensabile che un simile garbuglio possa funzionare? In realtà primarie svolte in questo modo (ma in quale altro, sennò?) equivarrebbero più o meno a un virtuale scioglimento dell’alleanza di centrodestra, dal momento che in politica —come molto spesso anche altrove, del resto — la scelta di chi comanda non è elemento accessorio, bensì costitutivo, di un’intesa. E tanto più ciò è vero nel caso del centrodestra italiano dove, ame sembra, un Polo con un leader non solo diverso da Berlusconi, ma addirittura scelto in competizione contro di lui, è del tutto inimmaginabile.
È anche inimmaginabile, però, che queste ragionevoli considerazioni non siano state fatte anche da coloro che a destra sostengono l’ipotesi della primarie. E allora? Allora non resta che pensare che la richiesta delle primarie non sia veramente tale ma non sia altro, in realtà, che un momento di quel complesso gioco tattico che si è aperto da settimane nella Casa delle libertà per allentare il vincolo dell’alleanza, mantenendola in vita sì: ma con maggiore autonomia e visibilità per le singole componenti e comunque con un minore, molto minore, peso della leadership berlusconiana. Con quale effettivo risultato finale, però, nessuno lo sa o vuole dirlo.

domenica, settembre 25, 2005

MEDITAZIONE - 25/9/05

L'UNITA' on-line 25-9
BANNER
«Ristagno economico, disordine politico, paralisi delle istituzioni: l’Italia dà di se stessa l’immagine di un Paese in pieno smarrimento, dove un governo con il fiato corto non riesce più a nascondere la sua incapacità. La sostituzione di Siniscalco con Tremonti è solo un rattoppo in una maggioranza lacerata»
Le Monde, 24 settembre
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REPUBBLICA on-line 25-9
EDITORIALE
Quel genio che ha messo l'Italia in mutande
di EUGENIO SCALFARI
Casini e Follini (e in minor misura Fini) hanno operato in questi giorni per mettere fuori gioco Berlusconi pensando di prenderne il posto e portare la Casa delle libertà alla vittoria o almeno ad una decente sconfitta che salvi comunque il centrodestra dalla dissoluzione.
Questo tentativo finora ha partorito, dopo fortissime doglie, soltanto il topolino delle primarie che Berlusconi ha accettato mettendo però subito in chiaro che bisognerà intendersi sulla procedura. Ha anche anticipato che a suo parere si dovrebbero riunire in assemblea tutti gli "eletti" del centrodestra (parlamentari, sindaci, presidenti di Regioni e Province, eccetera) e votare il leader.
Sia questa o un'altra la procedura, poco importa. Lo scontro interno alla Casa delle libertà è stato già derubricato: non più sul nome del leader ma sulle regole con le quali sceglierlo. Gli interessati (Casini e Follini) hanno magnificato questo "topolino" come una vittoria campale della loro tesi.
Mi permetto di dissentire totalmente.
Quanto al risultato, indipendentemente dalla procedura che sarà scelta, darei la riconferma di Berlusconi al 90 per cento.
Quanto al suo mutamento di immagine lo reputo impossibile al cento per cento. Un Berlusconi riconfermato dopo una competizione con i suoi alleati-avversari sarebbe più forte che mai per regolare i conti all'interno della coalizione.
Penso anche che il centrodestra sia, specie dopo la farsa finale Siniscalco-Tremonti-Fazio, in condizioni disperate, quale che sia l'uomo che ne guiderà le sorti da qui alle elezioni. Il progetto casinian-folliniano di esser loro a guidare la transizione non esiste. Hanno governato insieme, si sono insieme spartiti il potere, hanno votato allineati e coperti le stesse vergognose leggi e quindi - spero - affonderanno insieme. Potrebbe salvarli solo l'uscita immediata dall'alleanza e la presentazione solitaria alle elezioni. Ma questo non lo faranno mai.
Come non bastasse è tornato in campo Tremonti. Si è fatto perfino pregare.
Figurarsi. Ha posto condizioni. Ha obbligato Fini ad essere il suo principale sostenitore dopo che era stato lo stesso Fini a farlo defenestrare pochi mesi fa. Se la vendetta è un piatto che si mangia freddo, Tremonti l'ha gustato chambré. Forse più gustoso ancora.
Tremonti sarà pure un genio, come recita ad ogni cantone Cossiga l'emerito, ma se c'è un responsabile della catastrofe in cui è finita l'economia italiana, questo è lui e non sarà certo la finanziaria 2006 da rattoppare ad alleviare in limine litis le sue responsabilità. Ci vorrebbe un volume per raccontare i guasti di questo malgoverno dell'economia e della finanza. Se Tremonti è un genio, alla larga da questi geni.
Dopo di lui, immolato sull'altare della pacificazione con Fini, Berlusconi chiamò Siniscalco. Ci si dimenticava che Siniscalco era stato per quattro anni il direttore generale del Tesoro e che tutte le gabole di Tremonti erano nate nella sua mente e transitate dalla sua scrivania.
Non starò a ricordare gli errori compiuti da Siniscalco: le pagine di questo giornale che li hanno di volta in volta analizzati sono ancora fresche d'inchiostro. Ma ne indicherò uno solo, il più macroscopico: il tetto del 2 per cento imposto a tutta la spesa pubblica rispetto a quella dell'anno precedente.
Questa una tantum macroscopica, prevista ora anche per la Finanziaria 2006, non poteva funzionare. Infatti non ha funzionato. La Corte dei Conti pochi giorni fa ha reso pubblico lo stato dei fatti. La spesa di quasi tutti i ministeri e i settori ha ampiamente bucato il tetto, con la conseguenza che il debito pubblico è arrivato già al 110 per cento rispetto al Pil e supererà il 111 nel 2006.
Quanto a Fazio, lui sta lì, patella attaccata allo scoglio come ha scritto il Financial Times.
Fazio comunque se ne andrà dopo aver dato vita ad una sceneggiata di stampo eversivo, incoraggiata dalla complicità del presidente del Consiglio. E sarà un'altra partita perduta per il buon nome del nostro Paese in Europa e nel mondo.
Mentre scrivo queste righe arriva la notizia d'una ulteriore dichiarazione di Berlusconi contro Follini e contro le primarie. Se ci volevano altre conferme della friabilità dell'accordo tra i Quattro del governo in carica, essa è puntualmente arrivata. Non è necessaria la preveggenza della Sibilla per capire che la situazione è sfuggita di mano e che il governo galleggia senza bussola e senza stelle.
Meglio, molto meglio, sarebbe stato cogliere l'occasione delle dimissioni di Siniscalco e andare a votare subito.
Meglio per Berlusconi, meglio per la sinistra ma soprattutto meglio per la povera Italia, più che mai "nave senza nocchiero in gran tempesta".
(versione ridotta)

sabato, settembre 24, 2005

RESISTENZA - 24/9/05

FACCIAMOGLI PASSARE LA SBORNIA
…se lo dice lui....
"Gli eredi della Milano da bere sono andati al governo con Berlusconi
e se ne vedono i risultati: si sono bevuti l'Italia."
Paolo Pillitteri, ex sindaco socialista di Milano, cognato di Craxi
(La Repubblica, cronaca di Milano, 23 settembre 2005)
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L'UNITA' on-line 24-9
Sommario di I pag.
Berlusconi accerchiato
«Nessuno mi può fare paura»
Silvio Berlusconi, a Reggio Calabria per il "Devolution day", non nasconde la sua rabbia nei confronti dell'Udc. E a due attiviste che gli chiedono di «sbattere Follini fuori» dalla coalizione, risponde: «Si fa male da solo». E poi: «Alle primarie non ho paura di nessuno». Battute che rivelano la tensione dopo l'autocandidatura di Casini. Fini, invece, prende tempo: «Contro Berlusconi non mi candiderei». Ma anche lui si prepara raccogliere le spoglie del capo, quando lo avrà convinto a farsi da parte.
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REPUBBLICA on-line 24-9
Berlusconi: "Non ho paura di nessuno"
Cdl, scontro aperto sulle primarie
REGGIO CALABRIA - "Fini o Casini? Nessuno mi fa paura". Silvio Berlusconi lancia la sfida e nella confusione che regna nella scelta del candidato premier della Cdl butta sul tavolo tutta la sua sicurezza. Follini? "Si fa male da solo" aveva detto all'arrivo a Reggio Calabria per il "Devolution day", una frase che lascia subito capire il livello dello scontro.
Uno scontro, per altro invocato dalla piazza con il premier che risponde con quelle poche, taglienti parole a una sostenitrice che gli urla di "far fuori" Marco Follini. "La vera discontinuità - ha poi aggiunto il premier - è smettere di litigare ed essere uniti".
Ma il Cavaliere non si ferma lì e rovescia sull'alleato l'onere di spiegare come vanno fatte le primarie. "C'è un partito che le ha chieste - ha detto il premier - aspettiamo, come è logico che sia, che da questo partito la proposta diventi concreta e cioè che si stabilisca come si intende organizzarle queste primarie e naturalmente quanto costano".
Da parte sua il leader dell'Udc preferisce disertare la convention e far rappresentare il partito da Francesco D'Onofrio. E al momento di salire sul palco, il ministro Udc Carlo Giovanardi è stato accolto dalla platea del palasport di Reggio con bordate di fischi.
Passano pochi minuti e da Formia rimbalza la replica del segretario Udc: "Io parlo un linguaggio diretto e vero, non parlo con lingua biforcuta. Qualche asprezza a volte fa parte della verità". Marco Follini boccia l'idea di una semplice assemblea degli eletti: "Credo che il problema sia sentire gli elettori, non sentire gli eletti".
Berlusconi si dichiara disponibile, ma sembrerebbe più orientato a una competizione riservata agli eletti: "Organizzare una cosa sul territorio, aperta a tutti i cittadini, è un fatto organizzativo, e anche un costo, enorme. Vediamo, stiamo guardando".
Il vicepremier Gianfranco Fini annuncia che non si candiderà contro Berlusconi: parteciperà alla competizione ma non contro il presidente del Consiglio.
Chi sceglierebbe Roberto Calderoli alle primarie della Cdl tra Fini e Follini? La risposta del numero due della Lega Nord è abbastanza eloquente: "Non devo necessariamente scegliere tra l'uno e l'altro. A questo punto meglio un piatto di mortadella". La notizia politica è che, in ogni caso, la Lega non presenterebbe il proprio candidato: "Non avrebbe senso. Per noi il candidato era Berlusconi e quello abbiamo suggerito in sede di vertice di maggioranza".
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CORSERA 24-9
Prodi: «CdL alla frutta, governano per pochi»
Duro il leader dell'Unione: «Ci sono segni di assoluta confusione»
BOLOGNA - «E' un governo al servizio di pochi, a servizio dei governanti». Romano Prodi va giù duro nel giudizio sull'operato della maggioranza, concludendo a Castel San Pietro un convegno organizzato dalla Margherita, e promette che se il centrosinistra - facendo tesoro dell'esempio negativo - opererà in una direzione opposta, «al servizio degli italiani».
ASSOLUTA CONFUSIONE - «Sono alla frutta e ci sono segni di assoluta confusione - continua Prodi -. Un giorno dicono una cosa e un giorno ne dicono un'altra: viene avanzata una proposta di riforma proporzionale che va contro il bipolarismo e poi vengono proposte le primarie, che sono il simbolo forte del bipolarismo».
FINANZIARIA - Il leader dell'Unione non ha risparmiato una battuta sulla Finanziaria, augurandosi che «sia seria» e «che facciano presto», ma non ha risparmiato critiche al nuovo ministro dell'Economia. «Da Tremonti non mi aspetto nulla di buono - ha dichiarato - Niente lo fa presagire e in questa situazione ci ha messo lui».
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APRILEONLINE 24-9
EDITORIALE
Casini: ''Io, il successore''
Fazio e Tremonti nello stesso albergo ma non si parlano
"Non sono una new entry, un absolute beginner, ma un antenato rispetto a queste riunioni", così il ministro dell'economia Giulio Tremonti ha esordito con i giornalisti che lo attendevano all'hotel Four seasons di Washington, dove è alloggiato in occasione della trasferta per partecipare al G7 e alle assemblee di Fondo monetario internazionale e Banca mondiale. Tremonti alloggia nello stesso hotel del governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, che è invece uscito di prima mattina. Sorridendo più volte, Tremonti, a chi gli chiedeva se più tardi avrebbe incontrato la stampa, ha risposto con una battuta, cercando di imitare la voce del governatore: "Se non ve ne andate, vi faccio dare un po' di botte" Il riferimento è alle parole usate lo scorso anno dal governatore Fazio inseguito da una troupe del programma "Striscia la notizia".
All'arrivo in hotel, Fazio è stato notato dai giornalisti che l'attendevano e che gli hanno chiesto una reazione alla sfiducia pronunciata dal presidente del consiglio Silvio Berlusconi nei suoi confronti e se parteciperà alle riunioni di Washington. Alle domande, il governatore ha solo risposto ''Buonanotte'', accomiatandosi. Poco dopo, è rientrato nello stesso albergo, dove alloggia da lunedì sera, il presidente del Senato Marcello Pera, in visita ufficiale negli Stati Uniti.
Da Roma, intanto, è arrivata una notizia destinata a gettare lo scompiglio nella Casa delle libertà. Pierferdinando Casini, presidente della Camera è tornato a parlare del futuro del centrodestra. "Se mi chiamano, mi farò trovare pronto", ha detto in un colloquio con alcuni giornalisti. Per Casini, si tratta di affrontare i "gravi problemi del paese" e di risolvere al più presto l'angoscioso problema del ricambio della leadership del centrodestra. Dopo le parole di Casini, la questione di come allontanare Berlusconi dalla ricandidatura a premier si fa incandescente, anche perché Gianfranco Fini, presidente di An, non ha intenzione di mettersi da parte. Ci saranno presto le primarie anche nel centrodestra.
Sullo sfondo, come se fossero problemucci, restano la legge finanziaria da approntare in pochi giorni e il voto definitivo del parlamento sulla devolution che piace alla Lega. I rischi di implosione non sono del tutto superati.
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CITAZIONE
L'attuale maggioranza non ha più dignità di governo, dice e disdice e si contraddice. Non si può continuare allo sbando. Il presidente della Repubblica sembra che, saggiamente, abbia ottenuto che le prossime elezioni si facciano ad aprile. Bisogna dire che aprile, nella situazione confusionale che è sotto i nostri occhi, è lontano. Bisogna andare alle elezioni al più presto, entro quest'anno. Aspettare servirà solo ad accrescere i danni di tutti. Siamo riusciti a far perdere credibilità a Bankitalia, al ministero del Tesoro e anche al governo, sia pure di Silvio Berlusconi. Prolungare l'attesa serve solo a fare procedere la marcescenza delle nostre istituzioni. Di questo dovrebbero essere coscienti anche le forze, a noi più vicine, del centrosinistra: più tempo passa e più marcio avremo in casa, e, dovremmo saperlo, il marcio è infettivo.
(Valentino Parlato, Il Manifesto)

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MEDITAZIONE - 24/9/05

LIBERAZIONE 24-9
EDITORIALE
Il papa come l'ayatollah Khomeini
Ritanna Armeni
Che differenza c'è fra Benedetto XVI e Khomeini l'ayatollah che nel 1979 fece dell'Iran una repubblica islamica? Che differenza c'è fra papa Ratzinger e il capo degli sciiti irakeni Al Sistani? E ancora, quale è la diversità - nel rapporto fra la religione e lo stato - fra tre costituzioni, irakena, afghana e iraniana, alla base di paesi dominati da un integralismo religioso che subordina a sé gli organismi dello stato e la vita civile, e quello che propongono oggi le gerarchie cattoliche?
La domanda, sia ben chiaro, non è né polemica né irrispettosa. Ma ci è venuta spontanea quando abbiamo letto ieri alcune dichiarazioni di papa Ratzinger nell'incontro con il nuovo ambasciatore del Messico presso la Santa sede.
"Davanti al crescente laicismo - ha detto Benedetto XVI - che pretende di ridurre la vita religiosa dei cittadini alla sfera privata, senza nessuna manifestazione sociale e pubblica, la Chiesa sa molto bene che il messaggio cristiano rafforza e illumina i principi di base di tutta la convivenza, come il dono sacro della vita, la dignità della persona, insieme all'eguaglianza e a l'inviolabilità dei suoi diritti, il valore irrinunciabile del matrimonio e della famiglia che non si può equiparare né confondere con altre forme di unioni umane".
In poche parole il nuovo pontefice ha affermato che la religione non è un fatto privato, ma, contrariamente a quello che i laici pretendono, sociale, pubblico e politico.
E ha così dato il suo appoggio pieno alla politica seguita dal Cardinale Ruini e dalla Cei. Quella politica che ha portato il presidente della conferenza episcopale a dare indicazione di voto sui referendum per la legge 40, e a pronunciarsi sui Pacs.
I cattolici - come del resto aveva detto qualche settimana fa monsignor Betori - devono uscire dalle sacrestie intervenendo uniti nella vita pubblica e modificandola secondo le indicazioni della Chiesa. La Chiesa è contraria all'aborto? Si modifichi la legge. Le gerarchie cattoliche sono contro Pacs? I cattolici in parlamento si alleino e boccino una legge sulle convivenze civili. Un ospedale di Torino vuole sperimentare la pillola del giorno dopo? Si può intervenire, magari con un pretesto, e bloccare la sperimentazione. E così via. Immaginiamo che saranno molti in futuro i punti sui quali la Chiesa potrà intervenire per uniformare a sé, per plasmare secondo i propri principi società civile e politica.
Per riappropriarsi sia pure in modo diverso dal passato di un potere temporale. Per dettare fuori, da ogni mediazione (quella mediazione, per intenderci che per decenni è stata fornita dalla Democrazia cristiana), le regole della convivenza civile. E allora la domanda iniziale ritorna.
Che differenza c’è fra questa concezione dei rapporti fra stato e chiesa e quella che si esprime nel fondamentalismo islamico? Che Stato è quello che si uniforma alle regole religiose?
In Iran la Guida suprema, la massima autorità è al di sopra del parlamento, del presidente della repubblica e del potere giudiziario e vigila su di essi. E’ così che si vuole la repubblica italiana? E’ questo il ruolo a cui aspira Ruini? Al Sistani, capo spirituale degli sciiti irakeni, ha cercato di imporre nella costituzione irakena la sharia affermando che i principi dell’Islam devono essere la sola fonte di ispirazione della carta costituzionale. C’è riuscito, anche se con un compromesso. L’Islam è una delle fonti della legislazione, ma non la sola.
Le parole di Ratzinger non salvano neppure l’ipocrisia del richiamo ad altre fonti di diritto perché il papa cattolico dice che «il messaggio cristiano rafforza e illumina i principi di base di tutta la convivenza».
Nella Costituzione afghana non c’è nessun riferimento alla sharia, ma l’affermazione che nessuna legge afghana può essere contraria al credo islamico. A questo si vuole arrivare anche in Italia? Che non vi sia nessuna legge contraria al credo cattolico?
Non c’è da stare allegri. E non perché pensiamo che nel lungo periodo il processo di secolarizzazione della società italiana possa essere bloccato. Ma perché, nel medio periodo, gli opportunismi della vita politica possono aiutare le gerarchie cattoliche in un’opera di delegittimazione dello Stato laico. E rendere più difficile la vita di molti, soprattutto delle donne.
Per questo è giusto dare una risposta molto più ampia e radicale di un laicismo di principio. Perché è la società, gli uomini e le donne che vorrebbe Ratzinger, i rapporti fra di loro e fra loro e la legge che non ci piacciono, così come non ci piace nessuna società che si regoli sul fondamentalismo religioso.
Fino a qualche mese fa pensavamo che nessun avrebbe provato a proporcela.
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ESPRESSO on-line 24-9
Satira preventiva di Michele Serra
Fumata bianca per Samantha I
Nuova fase nei rapporti tra Stato e Chiesa. Infatti, poiché la Chiesa partecipa alla vita politica e legislativa del Paese, lo Stato italiano intende rimediare al suo colpevole disinteresse riguardo agli assetti interni della Chiesa

I rapporti tra Stato e Chiesa stanno per entrare in una fase nuova. Infatti, poiché la Chiesa partecipa attivamente alla vita politica e legislativa del Paese (vedi il titolo sul 'Corriere della Sera' del 19 settembre: 'Coppie di fatto, le condizioni di Ruini'), lo Stato italiano intende rimediare al suo colpevole disinteresse riguardo agli assetti interni della Chiesa. Nel nome della reciprocità, e per non essere da meno, lo Stato ha dunque deciso di intervenire nella vita della Chiesa, ponendo le seguenti condizioni preliminari.
-- Vita privata dei preti -- La Repubblica, a tutela dei suoi orientamenti liberali, dichiara nullo il voto di castità e suggerisce caldamente a preti e suore di trombare allegramente, sposarsi e contrarre relazioni etero e omosessuali senza vincolo alcuno. Le accuse di intromissione indebita, subito sollevate dalla Cei, sono state accolte con vivo stupore nel mondo parlamentare: "Loro ci dicono sempre come dobbiamo comportarci in casa nostra, perché mai non possiamo fare altrettanto con loro?".
-- Vita privata delle suore -- Come sopra.
-- Elezione del papa -- Il papa dovrà essere nominato attraverso regolari elezioni a suffragio universale, con obbligo di campagna elettorale. Il Conclave sarà considerato lobby coperta e sciolto dai bersaglieri, la fumata bianca sarà consentita ma non quella nera, ottenuta con carbonella da barbecue e contraria alle leggi anti-inquinamento in vigore. I cardinali candidati dovranno tenere almeno un comizio volante con megafono e volantinare nei mercati rionali, stringendo la mano alle massaie e promettendo la prima cazzata che gli viene in mente, come usa in democrazia. La compravendita di indulgenze e la promessa del Paradiso sarà equiparata al voto di scambio e punita con l'arresto immediato. Secondo i dettami della Costituzione, potranno concorrere al soglio anche le donne e chi abbia superato il diciottesimo anno di età. Secondo i primi sondaggi, è favorita una studentessa diciannovenne di Schio, che intende prendere il nome di Papa Samantha I.
-- Insegnamento della religione -- Poiché è la Chiesa a scegliere gli insegnanti di religione nella scuola pubblica, sarà lo Stato a scegliere gli insegnanti delle scuole cattoliche. Verranno selezionati immigrati musulmani, stagiste di lap-dance, anziani libertini, testimoni di Geova, rabbini, maestri di sci, giovani hackers ripetenti, tennisti, fidanzate di sottosegretari, per assicurare una ricca rappresentanza della società civile, avvicinando sensibilmente mondo laico e mondo ecclesiale.
-- Celebrazione della Messa -- La Santa Messa dovrà essere introdotta dall'Inno di Mameli, cantato dai fedeli, e celebrata dal parroco con la fascia tricolore sopra la tonaca. L'omelia a commento dei Vangeli, per garantire il pluralismo, dovrà essere officiata da almeno due oratori, uno di area governativa e uno di opposizione, che daranno vita a un dibattito moderato dal prete. La distribuzione delle ostie sarà soggetta a severi controlli della Asl. Il vino eucaristico sarà servito da un sommelier autorizzato dalla Regione, e recensito dal sacerdote (che dovrà illustrarne il perlate, il retrogusto e le caratteristiche organolettiche).
-- Guardie svizzere -- L'uniforme delle Guardie Svizzere, unanimemente considerata ridicola e gravemente lesiva del decoro dell'Urbe, sarà ridisegnata, dopo regolare appalto statale, dallo stilista più meritevole. Favoriti Armani, che propone una giacca morbida con pantaloni morbidi e alabarda morbida, e Valentino, che punta su un elegantissimo tailleur. Bocciata la soluzione di Dolce & Gabbana, che riproponevano la stessa uniforme attualmente in dotazione, ma con l'elmo sormontato da una sirena bitonale per renderla più sobria.
-- Esistenza di Dio -- Sarà ammesso sostenerla, ma solo presentando agli sportelli competenti, presso le sedi comunali di tutta Italia, apposita documentazione. In segno di amicizia e collaborazione, lo Stato sta valutando se ammettere anche l'autocertificazione.

venerdì, settembre 23, 2005

RESISTENZA - 23/9/05

L'UNITA' on-line 23-9
BANNER
«Le ragioni che hanno spinto Siniscalco a dire addio sono due: il modo bizzarro con cui il governo ha gestito l’affare Fazio e le difficoltà a far accettare al governo la proposta di legge Finanziaria. Il pericolo adesso è che, con gli occhi puntati alle prossime elezioni, prenda il sopravvento chi pensa solo a spendere»
The Economist, 22 settembre
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Sommario di I pag.
Casini sfida Berlusconi: “Sono pronto alle primarie”
Cavaliere ironico: “Bene, bravo, auguri…”
Pier Ferdinando Casini si fa schermo, ma non si nega. Le primarie? «Ci sono tanti problemi, comunque vedremo. Se mi chiameranno, in linea di massima, cerco di essere pronto». Tolti gli incisi e le virgole il messaggio è chiaro: ed è un messaggio di sfida per la leadership della Casa delle Libertà. E una risposta alla frenata del premier dopo l'apertura estortagli dagli alleati. Lo scontro fra Berlusconi e l'Udc comincia dalla formula: consultazione fra gli eletti o fra gli elettori? L'Unione insiste: «Crisi irrisolta, meglio le elezioni»
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EDITORIALE
Caos di governo
di Antonio Padellaro
Sabato scorso avevamo scritto di fare molta attenzione all’esercito di Berlusconi allo sbando. I gerarchi che scappano, armi e bagagli, sulla trincea opposta (in molte città a proposito di Forza Italia e An gira la battuta: l’ultimo che esce spenga la luce). Il sogno dell’arma segreta in grado di capovolgere una guerra persa (la legge proporzionale truffa). I colpi di coda irresponsabili (la Finanziaria che nessuno ancora ha scritto mentre il Fondo Monetario certifica un Paese che va a rotoli). L’ultimo assalto alle casse statali per distribuire quello che resta in regalìe elettorali. Le maschere e i pugnali delle congiure incrociate (Lega contro An, An contro Fazio, Udc contro tutti). Eravamo convinti che un clima di impazzimento generale avrebbe segnato gli ultimi giorni nel bunker di Silvio. Non potevamo però immaginare che la realtà avrebbe di lì a poco superato l’immaginazione più spericolata. Leggere per credere.
La fuga di Siniscalco. In un paese qualsiasi (Francia o Burundi) se per un qualsiasi motivo un ministro decide di togliere il disturbo lo fa con apposito comunicato ufficiale, pubblicato dai giornali e trasmesso da radio e tv. In Italia, l’uomo cardine del governo, il ministro dell’economia, aspetta la notte più profonda per rassegnare le dimissioni nelle mani di due giornali (Repubblica e Corriere della Sera), come se si trattasse di una questione privata da risolvere con gli amici.
Alle prime luci dell’alba Siniscalco scompare nel nulla lasciando una lettera con la quale dichiara al presidente del Consiglio di essere «in dissenso quasi su tutto», dalla questione Fazio alla Finanziaria. È vero che sul governatore della Banca d’Italia il ministro fuggitivo ha subito una sconfitta clamorosa avendone chiesto, invano, le dimissioni. Ma è sulla legge finanziaria che si è giocato la carriera. Una manovra che l’ex titolare del Tesoro aveva impostato su un minimo di rigore per limitare l’esplosione del debito pubblico così come chiesto urgentemente da tutte le istituzioni internazionali. Niente da fare: in vista delle elezioni si sono scatenati gli appetiti dei partiti della maggioranza desiderosi di affidare ciò che resta nelle casse statali non a un ministro dell’economia bensì a un ministro della spesa incontrollata. Chi meglio di Giulio Tremonti per una missione del genere?
Viene dunque riesumato l’uomo del buco. L’avevamo lasciato l’altra sera mentre con battute amene intratteneva il pubblico in un talk show televisivo. Un malinconico ripiego lavorativo per il commercialista di Sondrio artefice della finanza creativa e di un colossale dissesto di bilancio che lo ha reso celebre in tutto il mondo; e quindi licenziato due estati fa con esplicita richiesta di Gianfranco Fini ma su preciso mandato di Antonio Fazio. Ieri, però, colpo di scena: il leader di An si rimangia tutto e annuncia che Tremonti può tornare purché si licenzi Fazio. Quale sia il nesso tra i due provvedimenti è presto detto. Di nuovo in sella con un preciso mandato di spesa elettorale il ministro creativo vuole avere le mani libere. Cosa impossibile se a via Nazionale c’è ancora l’uomo che gli ha fatto la guerra. Il fatto è che il governatore pur contestato e accerchiato per non aver esercitato il ruolo di arbitro nella vicenda Antonveneta, resiste indomito potendo contare oltretutto sull’appoggio dei veri poteri forti italiani: il cardinal Ruini e la curia vaticana. La farsa si tinge di giallo quando, ieri sera, Berlusconi credendo ancora di essere un vero premier licenzia Fazio definendo non opportuna la sua permanenza al vertice di Bankitalia.
Passano pochi minuti e il ministro Calderoli dichiara che non se ne parla neppure: la Lega vuole che Fazio resti dov’è. Da via Nazionale giunge un silenzio di tomba.
Il momento dei Casini. Dopo aver dichiarato per anni all’universo mondo che il candidato premier sarebbe stato lui e solo lui, ci mancherebbe altro, improvvisamente Berlusconi si autodegrada a candidato semplice in competizione con altri. L’Udc propone Casini. An si prepara a fare lo stesso con Fini. Un altro, al posto di Berlusconi, sarebbe già andato da Ciampi a dimettersi. Che l’ex presidente-padrone agisca sotto ricatto degli alleati è ormai evidente. Una fine davvero malinconica la sua.
Mentre il mondo ci osserva con stupore il regime crolla su se stesso. In un Paese normale a una simile emergenza si dovrebbe rispondere andando subito a elezioni anticipate per assicurare una guida credibile al Paese. Loro, invece, restano arroccati alle poltrone da veri irresponsabili. Intanto al vertice economico di Washington l’Italia è rappresentata da un governatore sfiduciato dal suo governo e da un ministro sfiduciato dai mercati internazionali. I due, tra l’altro, si detestano e forse neppure si parleranno. Guai agli eserciti in fuga.
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L'Istat conferma il malessere del paese
Consumi a picco
Consumi a picco da sud a nord, il segno di un paese che soffre. Lo sciopero della spesa lo scorso 14 settembre è stato solo un campanello d’allarme di uno stato di insoddisfazione che cresce. Ma la conferma arriva adesso anche dall’Istat. Gli italiani non comprano più come prima e a luglio le vendite sono scese del 2,1% rispetto allo stesso mese del 2004. Colpiti sia i consumi alimentari che non, anche se tra giugno e luglio il calo maggiore lo hanno subito proprio i prodotti alimentari le cui vendite sono diminuite dello 0,4%.
Sul piede di guerra, accanto ai consumatori, anche i sindacati. I dati confermano infatti «che la domanda interna è sottozero». La denuncia arriva dal segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, che ha invitato il governo a leggerli per puntare a «sostenere i redditi da lavoro e da pensione». Per Epifani a leggerli dovrebbe essere proprio il presidente del Consiglio che «continua a dire che il Paese sta benissimo e non si capisce perchè un paese che sta benissimo non consumi»
Il segretario confederale CISL Pierpaolo Baretta ha evidenziato come «il pesante calo dei consumi, compresi quelli dei generi alimentari, è un'ulteriore grave conferma della crisi nella quale versa la nostra economia, che ricade prima di tutto sui ceti popolari e sulle famiglie».
Indicativa soprattutto la ripartizione del calo dei consumi, come ha sottolineato Epifani: «Diminuiscono di più al sud e alle isole e per la prima volta cala il nord-est». Le flessioni più marcate si sono avute infatte per il Sud e le Isole e per il Nord-Est (rispettivamente -4,1% e -3%). E nel Mezzogorno i consumi più colpiti sono stati soprattutto quelli alimentari (-6,1%), mentre al Nord Ovest hanno subito un incremento.
Banditi soprattutto gli acquisti di cellulari, giocattoli, e computer (-2,9%), ma anche quelli degli articoli sportivi e dei prodotti di profumeria (-2,8%), così come dei supporti magnetici, e degli strumenti musicali. Le vendite di prodotti non alimentari hanno subito le flessioni più consistenti nel Sud-Isole e nel Centro (rispettivamente -3,2% e -2,9%).
Un clima preoccupante aggravato dalla stangata in arrivo con l’autunno che dovrebbe pesare per circa 1000 euro sulle tasche degli italiani.
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COME LA VEDONO FUORI…
ITALIENI 23-9
-- Siniscalpo
Antonio Fazio ha fatto un altro scalpo. Il ministro dell'economia Domenico Siniscalco si è dimesso perché, nonostante lo scandalo sulle opa bancarie, non è riuscito a far dimettere il governatore. Il suo predecessore – e successore - Giulio Tremonti, si era dimesso per lo stesso motivo dopo il crac della Parmalat. Il governo italiano perde il suo ministro dell'economia a pochi giorni dalla presentazione di una finanziaria che comunque non avrebbe garantito il rispetto del patto di stabilità né il sostegno di tutti gli alleati, la Lega in particolare. Un indizio delle profonde divisioni interne al centrodestra. Invece di perseverare in questa battaglia per arrivare alla fine della legislatura, Silvio Berlusconi potrebbe anticipare le elezioni. Fazio, intanto, incassa una vittoria: ha messo a tacere la voce più critica contro di lui. Ma rimane sotto forte pressione. Per lo meno, Silvio Berlusconi si è deciso a criticarlo per la prima volta apertamente. Le dimissioni di Fazio appaiono ormai imminenti.
Financial Times, Gran Bretagna [in inglese]
http://news.ft.com/cms/s/5c70a4e8-2bd0-11da-995a-00000e2511c8.html

-- Non solo Fazio
È da tempo che il governo Berlusconi fa acqua da tutte le parti. Le dimissioni del ministro dell'economia aggravano questa instabilità, anche se non ci saranno elezioni anticipate e anche se Berlusconi ha criticato duramente il
governatore della Banca d'Italia. Il caso Fazio è di difficile soluzione. Il suo comportamento nella vicenda Antonveneta ha messo in luce non solo le resistenze che ci sono in Italia all'ingresso degli stranieri nel settore bancario, ma anche il pericoloso legame tra ambienti politici e finanziari - come dimostra l'atteggiamento della Lega Nord, che difende Fazio perché ha tirato fuori dai guai una banca vicina ai suoi interessi.
El País, Spagna [in spagnolo - a pagamento]
http://www.elpais.es/articuloCompleto/elpepiopi/20050923elpepiopi_1/Tes/

-- Circo Romano
Lo scandalo bancario italiano alla fine ha portato a delle dimissioni, quelle del ministro dell'economia Domenico Siniscalco. Nel corso di tutta la vicenda, l'unica iniziativa che Berlusconi ha preso è stata di limitare l'uso delle intercettazioni. Ma per riconquistare la fiducia degli italiani ci vuole altro: o che si dimetta Antonio Fazio, o che il governo prenda dei provvedimenti duri contro di lui. Invece il governatore è riuscito a far fuori il secondo ministro dell'economia di questa legislatura. Quel che è peggio, nel governo Berlusconi regna una grande confusione. La coalizione di centrodestra ha poche possibilità di vincere le elezioni del maggio 2006: ha già fatto molte promesse e non le ha mantenute. Ma l'alternativa, quella rappresentata dal centrosinistra di Romano Prodi, non appare migliore.
The Wall Street Journal, Stati Uniti [in inglese]
http://online.wsj.com/article/0,,SB112742678983249097,00-search.html?KEYWORDS=italy&COLLECTION=wsjie/archive


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MEDITAZIONE - 23/9/05


CORSERA 23-9
EDITORIALE
La dissoluzione del centrodestra
Il tempo e’ scaduto
di Angelo Panebianco
Non è questione di rivendicare meriti ma solo, più modestamente, di ricordare che se pure è vero che in politica due più due non fa sempre quattro, è anche vero, non di meno, che si danno spesso vincoli potenti a cui è quasi impossibile sfuggire. Sta nella virtù delle classi politiche di rango riconoscerli per tempo. Appena furono noti i risultati delle elezioni regionali, il Corriere indicò subito nell’interruzione immediata della legislatura, nelle elezioni anticipate, l’unica strada possibile per fare uscire il Paese dal cul-de-sac in cui lo aveva ormai condotto la crisi, in tutta evidenza irreversibile, della maggioranza di centrodestra.
Chi scrive si rivolse allora al presidente del Consiglio (Corriere, 10 aprile) sostenendo che le elezioni anticipate erano sia nel suo interesse che in quello del Paese. Avrebbe anche potuto vincerle a dispetto dei sondaggi (la spettacolare rimonta di Schröder in Germania ha testé confermato che nessuno può mai vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso). E se le avesse perse sarebbe stato ancora sufficientemente forte per prendere la decisione più importante, quella sulla propria successione, assicurando così un futuro a quel centrodestra di cui era stato inventore e artefice.
Aggiunsi che se Berlusconi avesse deciso diversamente la sua sorte sarebbe stata segnata, poiché il copione era già scritto: lo attendeva un anno di calvario e di completa dilapidazione del suo residuo capitale politico. E il danno non sarebbe stato solo suo ma dell’intero Paese: ne sarebbe conseguita infatti la dissoluzione del centrodestra, la fine del bipolarismo per la scomparsa di uno dei due poli. Il logoramento di Berlusconi avrebbe finito per riflettersi sul suo schieramento. Quello che era stato il centrodestra si sarebbe ridotto a un insieme di piccoli gruppi politici, rissosi e impotenti.
L’entourage berlusconiano rispose che questa analisi era sbagliata, che nell’anno che ancora mancava alle elezioni Berlusconi avrebbe fatto l’ennesimo miracolo politico e il centrodestra sarebbe rinato, sarebbe tornato a essere competitivo. E, dunque, niente elezioni anticipate. Finita l’estate, vista la paralisi governativa, a causa delle divisioni interne alla maggioranza su tutte le questioni che contano (a cominciare dall’affaire Bankitalia), il Corriere tornò alla carica (Dario Di Vico, 2 settembre) proponendo, ancora una volta senza esito, le elezioni anticipate. E ora, eccoci all’inevitabile.
Le dimissioni del ministro dell’Economia Siniscalco danno la botta definitiva alla residua credibilità, interna e internazionale, del governo Berlusconi. Bisognava solo avere voglia di leggere ciò che era da tempo scritto. Non era forse già chiaro, ad esempio, che una maggioranza ormai inesistente, ormai incapace di accordarsi su alcunché, non avrebbe mai potuto superare lo scoglio della Finanziaria? Il politico Berlusconi, ormai da tempo, commette errori che l’imprenditore Berlusconi non commetterebbe mai. Ha dilapidato, giorno dopo giorno, un patrimonio politico che era stato in origine (esclusivamente per suo merito, ovviamente) ingentissimo. Nessun capitalista tratterebbe in questo modo il capitale monetario. Ha commesso un errore gravissimo quando, due anni fa, ha subito le dimissioni dell’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti facendosi imporre da alleati interessati a logorarlo una soluzione «tecnica» (Siniscalco). In quel momento, anche se Berlusconi finse di non accorgersene, finì il berlusconismo.
Poiché Tremonti non era un ministro qualunque ma l'uomo che, insieme a Berlusconi, incarnava, di fronte agli elettori, il senso, l'anima stessa, del progetto politico berlusconiano. Berlusconi credette, a torto, che il vulnus non fosse un vero vulnus e che comunque non avrebbe comportato per lui e per il centrodestra conseguenze devastanti. E il ritorno oggi di Tremonti a quel ministero non è un rimedio. Il secondo decisivo errore lo ha commesso quando, di fronte al declino elettorale, non ha riconosciuto che le elezioni anticipate erano ormai la sola via d'uscita. Il suo ultimo errore, forse definitivo, è stato di buttare a mare la propria immagine di uomo simbolo dell’Italia bipolare accettando di avallare una brutta proposta di reintroduzione della proporzionale (per giunta, tecnicamente e politicamente irrealizzabile).
Chi è interessato a che la democrazia italiana possa contare anche in futuro sulla contrapposizione fra destra e sinistra e sulla possibilità dell'alternanza fra due schieramenti, deve augurarsi che Berlusconi smetta di sbagliare, prenda atto della realtà, accetti finalmente di sottrarre se stesso e la parte della maggioranza su cui ancora può contare al logoramento quotidiano. Forse deve approfittare dell’occasione delle primarie rivendicate dall’Udc per mettere in gioco la propria leadership e, eventualmente, rilegittimarsi. Una democrazia sana richiede sia una forte sinistra che una forte destra.
Per l'Italia è vitale che esista anche domani un centrodestra, magari all'opposizione, rinnovato nella leadership, capace di incalzare e di sfidare con credibilità un eventuale futuro governo di centrosinistra. Non esisterà più nulla del genere se Berlusconi penserà ancora una volta di tirare dritto, chiedendo ai suoi di continuare a tappare le falle della nave con le dita, di ignorare i vincoli e di immaginare che basti evocare miracoli perché questi si realizzino.

giovedì, settembre 22, 2005

RESISTENZA - 22/9/05

NE VOGLIONO UN ALTRO PURE A DESTRA
C@C@O 22-9
"Essendo stato povero, so benissimo come sia difficile per una famiglia fare quadrare i conti e arrivare a fine mese". Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, a margine della seconda giornata dell'assemblea costituente del partito unitario del centrodestra.
Finalmente qualcuno che ci capisce... Ma non ce n'era un altro?
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L'UNITA' on-line 22-9
Sommari di I pag.
Tremonti bis, Fazio fuori
Follini candida Casini
Giulio Tremonti è il nuovo ministro dell'economia. Berlusconi, messo alle corde dagli alleati, costretto a sfiduciare Fazio («la sua permanenza non è più opportuna») e sé stesso. Il premier accetta di aprire la discussione sulla leadership. Follini non se lo fa dire due volte: «Non è lui il candidato ideale. Primarie nella Cdl: ci sarà un candidato Udc».
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«Tremonti ha portato l'Italia al degrado»
La prima, immediata, reazione di Romano Prodi al ritorno di Giulio Tremonti al ministero dell’economia è durissima: «Non è una questione personale, Tremonti ha portato il Paese nella situazione in cui ci troviamo con questo degrado, con il degrado nei conti, con il crollo dell'immagine di tutto il Paese». In precedenza l’opposizione aveva chiesto in modo compatto elezioni anticipate
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REPUBBLICA on-line 22-9
Dispacci in tempo reale
Tremonti torna all'Economia
Berlusconi scarica Fazio e fors’anche se stesso
Giulio Tremonti è il nuovo ministro dell'Economia. Succede al dimissionario Domenico Siniscalco. E Silvio Berlusconi annuncia: "La permanenza di Fazio non è più opportuna". Ma il ministro leghista Roberto Calderoli frena: "Quelle del premier sono valutazioni personali"
19:51 Bertinotti: "Il Paese decreti la fine del governo"
"Le opposizioni per il bene del Paese debbono ingaggiare una grande battaglia sulle questioni sociali che sono all'origine della crisi di governo e decretare così la sua fine".
19:30 Fassino: "Tremonti? Dalla padella alla brace"
"Dalla padella alla brace". Così il segretario dei Dd, Piero Fassino, ha commentato la proposta di nomina di Tremonti. "Tremonti - ha aggiunto Fassino - è il principale responsabile del disastro economico in cui versa il paese. La sua nomina è un atto di arroganza e insensibilità verso gli italiani".
19:20 Calderoli: "Berlusconi è il nostro candidato"
"Silvio Berlusconi è il nostro candidato". Lo ha detto il ministro delle Riforme Roberto Calderoli, lasciando Palazzo Chigi dopo il vertice della Cdl. "Ci sono degli elementi positivi nell'incontro di oggi - ha aggiunto il ministro - ma esprimiamo qualche perplessità sul fatto di dover andare a individuare un nuovo candidato premier".
"Riguardo a Fazio il premier Silvio Berlusconi ha espresso sue valutazioni personali che non ci trovano d'accordo. Come tutti sanno il governo, in quanto tale, si è già espresso sulla materia".
18:59 Berlusconi: "Pronto a discutere sulla leadership"
Silvio Berlusconi risponde a Marco Follini, che nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi con tutti i leader della Cdl aveva posto la questione della leadership nel centrodestra, dichiarandosi disponibile ad aprire da subito il confronto per individuare "quei meccanismi democratici" per la scelta della nuova classe dirigente della Cdl in vista delle prossime elezioni.
"Sono a disposizione, non ho difficoltà a confermarlo. Non ho avuto nessuna difficoltà ad accettare la questione. Visto che il problema è stato posto per la prima volta sul tavolo del vertice della Cdl da Marco Follini"
18:47 Follini: "Berlusconi non è il miglior candidato"
"C'è chi pensa che il miglior candidato per il 2006 sia Silvio Berlusconi, c'è chi non lo pensa come me. Ma il punto è come confrontarci democraticamente su queste opinioni".
Giovanardi: "Casini il nostro candidato"
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CORSERA 22-9
Berlusconi: «Fazio se ne vada» - «Il governatore non compatibile con la credibilità del Paese»
Ma la Lega si mette di traverso: «Solo una sua opinione»
Si riparla di primarie nel Polo. Follini: «In corsa anche uno dell'Udc»
ROMA - «Fazio? Problema risolto». Dopo tanti tentennamenti, Silvio Berlusconi spariglia le carte. La sfiducia al governatore di Bankitalia, al centro da mesi di accese polemiche, è annunciata al termine del vertice del Polo che ha designato Tremonti come ministro dell'Economia al posto del dimissionario Siniscalco. Una coincidenza non casuale visto l'intreccio tra la vicenda Bankitalia e l'uscita del ministro. «Nel corso della riunione è emersa la convinzione che a questo punto la permanenza in carica del governatore della Banca d'Italia non sia più opportuna, né compatibile con la credibilità internazionale del nostro paese», ha spiegato il presidente del Consiglio. Una mossa dalla quale si dissocia la Lega, con Roberto Calderoli che torna a difendere Fazio e parla, a proposito della posizione del premier, di «valutazioni personali che non ci trovano d'accordo. Come tutti sanno il governo, in quanto tale, si è già espresso sulla materia».
La sfiducia a Fazio era stata anticipata, e forse condizionata, dal vicepremier Fini che dando il via libera alla nomina di Tremonti al dicastero occupato da Siniscalco, si era detto certo che il premier avrebbe dato il colpo finale al governatore. «Se, come sono certo, il presidente del Consiglio dirà che, anche a suo personale avviso, il governatore non gode più della fiducia dell'esecutivo, sarà possibile, doveroso, procedere quanto prima alla nomina del nuovo ministro dell'Economia», aveva detto Fini al termine dell'esecutivo di Alleanza nazionale alla Camera.
PRIMARIE - Nelle stesse ore Berlusconi ha detto di aver aderito alla proposta del leader dell'Udc Marco Follini di «arrivare all'individuazione del miglior candidato possibile» per le elezioni politiche. Un passo indietro che giunge a sorpresa e riapre i giochi sulla leadership. La questione posta dal segretario centrista è «un sistema democratico di designazione dei gruppi dirigenti della Cdl e della leadership e della candidatura alla guida del governo». In pratica le primarie, come quelle l'Unione terrà ad ottobre. Ebbene, ha spiegato Berlusconi, «dato che il tema è stato posto, e visto che io ho detto che non devo essere un problema ma una risorsa, e visto che ho a cuore le sorti del Paese e la vittoria della Cdl più di ogni altra cosa, ho immediatamente aderito dando una risposta esplicita al tema».
L'AFFONDO DELL'UDC - Subito dopo lo stesso Follini ha annunciato che alle primarie del centrodestra correrà anche un candidato dell'Udc. Ma il segretario centrista non fa sconti al premier: «Apprezzo le parole e lo spirito di Berlusconi. Noi abbiamo proposto il tema della leadership perché nella coalizione c'è chi pensa che Berlusconi sia il candidato migliore per il 2006 e chi, come noi, pensa di no». Anche qui, come su Bankitalia, resta lo scoglio della Lega. «Credo che le primarie, almeno come le intende la sinistra - sbotta Calderoli - siano una bufala. Se le ha accettate Berlusconi rispettiamo la sua scelta ma per noi il candidato premier è e resta lui».
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IL RIFORMISTA 22-9
Corsivo
Berlusconi non sa sfidare i sondaggi
Em.ma
Berlusconi ha perso la pazienza, scrivono alcuni giornali, e ha detto che nella sua maggioranza c’è una metastasi. Vero. Ma quando le cose sono a questo punto il chirurgo non può fare più nulla, l’ammalato è spacciato. Forse il Cavaliere aveva una possibilità di intervenire, come dicono anche alcuni giornali amici, anticipando le elezioni politiche, dopo aver letto i risultati delle regionali. Come ha fatto Schroeder. Ma Berlusconi non è un decisionista se c’è un rischio, non sfida i sondaggi, ma aspetta che siano favorevoli. Non è un leader, ma un padrone che misura sempre costi e ricavi e se non c’è certezza, chiude bottega. Se il mercato non tira, non gioca. La politica è altra cosa: il Cavaliere si è innamorato del potere politico, ma resta un mercante. Nel 1994 scese in campo non solo perché capì che la liquefazione del pentapartito gli lasciava campo libero, ma perché quell’indicazione era corroborata dai sondaggi di Pilo. Giuliano Ferrara, sul Foglio, ieri notava che nel Cavaliere - con il suo diktat "con me o contro di me" - si agita «la disperata e inammissibile consapevolezza della sconfitta». Insomma i sondaggi dicono che il mercato non tira e Berlusconi vede metastasi.

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MEDITAZIONE - 22/9/05

ESPRESSO on-line 22-9
Il cardinal Berlusconi
Enzo Biagi
Il premier ha detto: 'Ho una tale considerazione di me stesso che avrei potuto fare qualsiasi cosa'. Prima o poi si farà il bilancio di quel che il berlusconismo costa all'Italia
Un autorevole personaggio ha detto che siamo un paese ricco; è vero, ahimè, che sono vecchio, ma non me ne ero accorto. Quando ero bambino i poveri si distinguevano anche dall'abito, adesso è una differenza che a prima vista non si avverte più.
Ricordo che a Bologna i mendicanti, fuori dalle chiese, indossavano delle palandrane rosse; riconosco che adesso la povertà è meglio vestita. Dice la Bibbia: "Beato l'uomo perché non conosce la sua sorte", ma non mi dispiacerebbe sapere dove l'Italia andrà a parare. Intanto le mancherà un grande personaggio, Carlo Azeglio Ciampi, l'attuale inquilino del Quirinale. Io non so nulla, ma ho vissuto e conosco la storia di questo paese, di chi lo ha governato, di che cosa è accaduto e di quanti personaggi si sono salvati con la politica, e anche saliti ai primi posti nelle scala sociale (ed economica).
Ho in mente e anche nostalgia di figure del passato alle quali mi sentivo legato non solo dai sentimenti, ma anche dalle idee. Penso a Ferruccio Parri, deceduto nell'ospedale militare del Celio. Viaggiava di notte per risparmiare le spese d'albergo. Passeggiando una domenica per una Milano piovosa, mi confessò: "A volte penso che sarebbe stato meglio se fossi morto durante la Resistenza".
Mi hanno raccontato che Alcide De Gasperi, a Parigi, per la resa dei conti alla fine della guerra, era in mezzo alla strada quando si ricordò che in albergo aveva lasciato la luce accesa in camera, e volle tornare indietro.
Sembrano episodietti, ma adesso le prime pagine dei giornali sono occupate dalle vicende del governatore della Banca d'Italia, e anche Umberto Bossi ha ormai rinunciato a una inutile difesa a oltranza e lo ha detto col consueto e raffinato linguaggio salottierio: "La Lega non ha voglia di piantare casino". Mi tornano in mente tempi scolastici, un D'Annunzio da antologia: "Settembre, andiamo: è tempo di migrare", ma dove? E per fortuna abbiamo Silvio Berlusconi, costretti a rassegnarci alla perdita di Leonardo da Vinci. Leggo la sua recente 'esternazione' a Cernobbio (6 settembre): "Sapete che ho una tale considerazione di me stesso che avrei potuto fare qualsiasi cosa". Ne sono convinto, ed elenca alcune delle immaginabili possibilità: "Certo, l'allenatore di calcio. Ma anche il giornalista, perché no? O anche il parroco. Anzi, mia zia suora ha sempre detto che sarei stato uno splendido cardinale".
Eminenza, che occasione perduta. E chi sa il sollievo di Dio, pensando all'eventualità di avere un simile umile, modesto rappresentante, dotato di tante virtù, anche a prima vista mi sembra privo del senso del ridicolo.
Questo Paese ha affrontato e vissuto molti drammi, ma non mi ricordo la farsa. Papa Ratzinger deve considerarsi fortunato. Ha detto il Cavaliere a Cernobbio di questa mancata vocazione: "Santità, le è andata bene". Forse prima o poi si farà il bilancio di quello che il berlusconismo costa all'Italia e la politica ha reso invece a Silvio Berlusconi, che ha cenato ad Arcore col raffinato Bossi, quello della Padania, che una volta lo chiamava 'Berluscaz'.
Questo tipo di polemica, che tra cittadini sarebbe intollerabile, per certi politici è linguaggio corrente, anche per auspicare che, dopo che almeno tre generazioni si sono sacrificate per riunire l'Italia, il Po diventi il 'fiume sacro' al posto del Piave, e peggio per chi sta sotto. C'è poco da ridere. Mi sento particolarmente vicino al presidente Ciampi, che deve assistere a queste sceneggiate. Berlusconi e Bossi, si legge, "fanno di nuovo quadrato attorno a Fazio". Da Villafranca ad Arcore: che strani itinerari percorre la storia.
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APRILEONLINE 22-9
Un po' di clemenza per Silvio
Che gusto c'è a "graffiare" Silvio Berlusconi? È cinismo allo stato puro.
Da più di due anni, non c'è giorno ormai che il tapino non prenda vere e proprie legnate da destra e sinistra.
E poi, anche in passato, in questi dieci anni di fenomeno italico, in tanti si sono accaniti contro di lui: Montanelli, Biagi, Santoro, Luttazzi, i fratelli Guzzanti (veri e propri ingrati), Travaglio, Borrelli, Colombo, Boccasini, Scalfaro, il quotidiano "la Repubblica", il settimanale "Economist", e poi pletore di giornalisti comunisti, intellettuali, politici, lanciatori di treppiedi, eccettera.
Basta, non se ne può più di tanta cattiveria.
Ma l'avete visto ultimamente? È cambiato, ma non per il lifting o per il trapianto di capelli, come la maggior parte di noi pensa. È diventato più umano. In che senso?
Nel senso che ha perso il sorriso che lo ha reso celebre, prova sincero imbarazzo (come in quella recente puntata di "Ballarò" dove c’erano D’Alema e Rutelli), addirittura perde la sua proverbiale pazienza e, furioso, definisce "vermi e metastasi" i vecchi amici, le persone a cui lui sinceramente ha voluto bene.
Nessuno più lo ama, tutti sono convinti che non potrà vincere le prossime elezioni e sono in molti quelli che lo hanno già abbandonato. E lui, come una persona qualsiasi, spogliatosi da qualsiasi alterigia istituzionale, li ha definiti "topi che scappano".
Ma come si può graffiare uno così?
Sì, perché oltre che più umano, il piccolo Silvio è anche più simpatico. Sentite cosa dice di lui uno che ancora gli vuole bene, Antonio Leone, vice presidente di Forza Italia: "Ma che politica. Donne! Le barzellette che ci raccontiamo con Berlusconi parlano di donne. Sesso. Intrighi. Difetti, fisici e caratteriali. Il presidente è uomo di profonda ironia e autoironia: sa sdrammatizzare, conosce l'arte comica di volgere il pianto in riso, la tragedia in farsa. E sa ridere anche di se stesso".
Ma come si può graffiare uno così?
L'uomo oggi è in enorme difficoltà. Forse, chissà, un giorno ci toccherà persino vederlo piangere. Così, umanamente, di fronte al mondo intero, un po' come Maradona ai Mondiali del '90.
Nell'attesa di quel drammatico giorno, a te, Silvio, va la solidarietà di tutta la nostra redazione. Ti siamo vicini.
Ma come si può graffiare uno così?