sabato, dicembre 31, 2005

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 31/12/05

CORSERA 31-12
Corsivo
I miei auguri al premier
«Il nervosismo di Berlusconi? Nasce dalla consapevolezza di aver fallito»
di Enzo Biagi
L’anno che sta per finire si chiude con un risultato negativo: crescita zero. Per le famiglie italiane sono aumentati luce, gas e benzina oltre il 7% e sono solo pochi esempi. Un augurio a tutti che il 2006 porti qualche speranza, in particolare ai giovani. Buon anno anche a Silvio Berlusconi.
L’ho visto molto presente in tv e ho capito quanto quest’uomo sia in difficoltà, incapace di impedire una Bankopoli che sta rischiando di trascinare tutti sul fondo, scaricato da chi lo aveva protetto nel 2001, la Confindustria. Non basta dare del «tu» a George e raccontare che gli avrebbe consigliato di non fare la guerra a Saddam. Credo che il nervosismo del premier nasca dalla consapevolezza di non aver rispettato il patto con gli italiani. Quindi, la consapevolezza di aver fallito, sicuramente per lui un pensiero insopportabile. E lo si capiva guardandolo durante la conferenza stampa di fine anno, spiritoso con alcuni cronisti e violento con altri tanto da sbandierare la prima pagina de l’Unità del giorno della morte di Stalin.
Il suo allarme nei confronti di un possibile futuro comunista, l’ossessione della falce e martello fanno sorridere. Ho pensato che nonostante il profondo imbarazzo di quella sceneggiata, forse governando ha cercato veramente di fare il possibile, ma come si diceva una volta a scuola, gli sono mancate le basi. Anche a «Porta a porta», mentre cercava fra tante carte quella giusta, Berlusconi ha dimostrato la sua fragilità: è bastata una frase di un imprenditore, Diego Della Valle, per dimostrare che il re è nudo. Della Valle ha tentato di fargli capire che gli italiani non devono essere presi in giro con disegnini e proclami, ma che il Paese vuole certezze e moralità. Un vecchio detto recita: si può mentire una volta, non si può mentire per sempre.
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ESPRESSO on-line 31-12
Far politica con la farina del diavolo
Perché mai nelle Tavole della legge sia stato scritto 'non rubare', non lo si capisce -- Perché poi tutti rubano

Giorgio Bocca
Dal banchiere Sella e dal professor Monti ci giungono autorevoli rassicurazioni sulla solidità del sistema del credito che certamente solido deve esserlo dato che da anni tosa i depositi dei clienti senza che essi abbiano alcuna possibilità di ribellarsi.
Mai il machiavellismo sulla necessità del furto in politica è stato più di moda. Non passa giorno senza che i suoi sostenitori alla Giuliano Ferrara ci ricordino che la 'farina del diavolo', il denaro, è il motore della politica che ha i suoi osti che non possono essere ignorati e gli esempi non mancano: persino la integerrima Repubblica romana proteggeva il senatore Verre che ricavava tangenti persino dalla tortura risparmiandola a chi pagava. Prendeva tangenti con il piano regolatore di Roma il divo Augusto. Ne prendeva Samuel Pepys il costruttore della Marina imperiale inglese e così Francis Bacon fondatore della scienza.
Ma non sempre il denaro da corruzione è stato davvero sostegno di grandi disegni politici. Noi per esempio ricaviamo dalla storia della politica italiana, anche di sinistra, esempi meno esaltanti. Il partito socialista di Torino, per dire il partito di La Ganga, dei Biffi Gentile e del faccendiere Adriano Zampini aveva concepito una ideologia della corruzione non proprio convincente: fare il politico, il pubblico amministratore è un lavoro duro e impegnativo che va giustamente retribuito. Se non ci pensano a retribuirlo le pubbliche istituzioni ci penseremo noi politici.
Giuliano Amato arrivato a Torino come commissario del partito pensò che forse avevano esagerato, "l'amaro della vicenda", scrisse, "non sono tanto le tangenti quanto il linguaggio spregiudicato con cui venivano giustificate, e lo smarrimento del cittadino affidato a tanto cinismo e a tanta disinvoltura". Ci pensò Bettino Craxi a uscire definitivamente dallo smarrimento. A un compagno che gli denunciava i furti di un dirigente, diceva: "Di quel dirigente e dei suoi soldi ho bisogno per arrivare al potere. Quando ci sarò arrivato penserò anche a lui".
Ci pensò in un modo strano: decise che il finanziamento del partito e il suo erano la stessa cosa, si fece dare dalle industrie di Stato un bel po' di miliardi e li affidò a un barista di Portofino noto sperperatore. E da anni il presidente Silvio Berlusconi ci ripete che fece bene, vittima di una congiura dei giudici comunisti. I quali comunisti arrivati al potere ritennero a loro volta giusto e commendevole che Palazzo Chigi fosse usato come una merchant bank, una sede di affari.
Certo che la nostra fiducia giovanile nella onestà politica, la nostra certezza che uno Stato ladro non poteva reggere si è molto indebolita. In Russia la dittatura feroce di Stalin è stata sostituita dal regno degli oligarchi, i grandi ladri del nuovo regime, e negli Stati Uniti comandano i neo conservatori di Cheney e di Bush che per rubare hanno fatto addirittura una guerra e per farla hanno sbaraccato la democrazia. Nella grande Cina c'è un comunismo che per durare moltiplica le condanne a morte.
Noi siamo ai Fazio e ai Fiorani e l'unica speranza che l'idea di onestà resista è di affidarla alla cellula familiare che però la rispetta solo dentro di sé. Perché mai nelle Tavole della legge sia stato scritto 'non rubare' non lo si capisce dato che tutti rubano, compreso il compianto Marcinkus che vive tranquillo in una sconosciuta parrocchia americana.
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CORSERA 31-12
PAROLE & POLITICA
“L'anno che finisce è stato in realtà l'anno della fine del berlusconismo. Nella prossima fase la sfida si giocherà tra noi e Montezemolo.”
Fausto Bertinotti, segretario di Rifondazione comunista, intervistato da Liberazione
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IL RIFORMISTA 31-12
Bernheim e Berlusconi
La resa dei furbetti ha spostato tutto -- dal liscio passeremo al valzer
Cingolo
Durante la colazione offerta ai corrispondenti esteri (rigorosamente tricolori tutte le pietanze, dalla pasta al dessert) Silvio Berlusconi ha detto che Antoine Bernheim, presidente delle Assicurazioni Generali, si è recato da lui per chiedergli consiglio su Bnl. «Naturalmente, io gli ho detto di scegliere in piena libertà, perché, da liberale, non mi sono mai intromesso in vicende di mercato», ha spiegato il presidente del Consiglio ai suoi ospiti. Per mettere il tutto nel suo contesto va ricordato che le Generali erano nel patto di sindacato della banca romana con Bilbao e Della Valle. Berlusconi voleva rassicurare la stampa estera che lui non si è mai messo in mezzo. In realtà, la visita di Bernheim, uno dei più rappresentativi finanzieri francesi, spiega a che punto è arrivato lo scontro e quanto sia politicamente sensibile. Ma apre anche una finestra sul cortile. Il gran ballo attorno alle due opa (l’olandese Abn su Antonveneta e la spagnola Bbva su Bnl) ha messo in moto una reazione a catena che può coinvolgere anche Mediobanca e Generali, i gioielli della finanza del nord. La resa dei furbetti ha spostato tutto più in là. Però tutti si aspettano nuovi (e ben più grandi) fuochi d’artificio. Non ci vorrà molto. Basta aspettare la caduta di Chicco Gnutti (lo ricorda anche il Financial Times) per far scendere in pista Telecom. E allora dal liscio passeremo al valzer.

venerdì, dicembre 30, 2005

RESISTENZA - 30/12/05

REPUBBLICA on-line 30-12
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Complice di 100 milioni di morti
"Se non si vergogna della storia del comunismo, lei si dichiara complice di cento milioni di omicidi."
(Silvio Berlusconi a una giornalista dell'Unità, 23 dicembre 2005).
"Publitalia (Berlusconi) sta per firmare a Mosca l'esclusiva pubblicitaria. Il contratto riguarda solo gli spot televisivi. Marcello Dell'Utri, amministratore delegato di Publitalia, è volato ieri a Mosca per siglare l'intesa che affiderà al gruppo Berlusconi l'esclusiva come concessionaria della pubblicità televisiva delle aziende europee in Unione Sovietica. E' probabile (ma non certo) che l'accordo venga firmato già oggi. Intanto sono trapelati alcuni particolari del contratto. A cominciare dal fatto che esso comprende la sola pubblicità tv e non quella sulla stampa o sui tabelloni esterni. I contatti fra i russi e Publitalia sarebbero iniziati a febbraio durante Reklama '88, la prima mostra sovietica della pubblicità. L'interesse delle autorità moscovite sarebbe stato suscitato proprio dallo stand allestito dal gruppo Berlusconi, uno dei più fastosi della fiera. Secondo alcune indiscrezioni, Publitalia in un primo momento si sarebbe candidata come concessionaria televisiva di tutta la pubblicità mondiale. Una richiesta che i russi avrebbero respinto. Questa versione non viene confermata da Publitalia, che al contrario fin dall'inizio avrebbe puntato al solo mercato europeo. Tuttavia permane qualche piccolo dubbio sull'effettiva possibilità che Berlusconi si assicuri il monopolio totale del mercato pubblicitario televisivo per le aziende europee in Urss. Un'altra società italiana, la Reklama srl, afferma di aver chiesto ed ottenuto, prima di Publitalia, la concessione per una serie di spot che saranno trasmessi nel prossimo autunno in concomitanza di Italia 2000, la mostra promossa in Urss dall'Istituto per il commercio estero. A confermare la vitalità delle imprese italiane sul mercato pubblicitario sovietico contribuisce un terza società, la Fap (41 miliardi di fatturato). Fino ad oggi, dice Natale Accetta, presidente della Fap, siamo i soli ad aver ottenuto una concessione in esclusiva per la pubblicità in Urss. Si tratta dell'allestimento di poster luminosi che in un primo momento saranno 120 a Mosca e 100 a Leningrado. Accetta ha inoltre sottolineato che tabelloni con inserzioni di Fiat, Scavolini, Benetton e Honda sono già visibili in alcune strade della capitale sovietica."
(la Repubblica, 30 aprile 1988, un anno e mezzo prima del crollo del muro di Berlino).
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STAMPA 30-12
Corsivo
Grammatica
Jena
Dispiace dirlo ma stavolta Paolo Mieli ha commesso un errore di grammatica professionale: Berlusconi indagato per corruzione non è una notizia.
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EDITORIALE
La proporzionale “ad usum equitis”
Conviene a Berlusconi, cui non interessano i cittadini esclusi dalla scelta dei candidati
di Nicola Tranfaglia
Questa è probabilmente l'epoca dei paradossi come avviene in tutti i momenti di passaggio da un presente incerto a un futuro altrettanto difficile da prevedere.
Tra i paradossi più evidenti c'è di sicuro il ruolo dei partiti nel sistema elettorale proporzionale-maggioritario recentemente approvato dal Parlamento e che sperimenteremo nelle prossime elezioni politiche di aprile.
Il paradosso consiste nel fatto che è opinione comune dei cittadini che vivono nella società e non nel palazzo che i partiti politici attraversano ormai dal 92-93 una fase di accentuato declino: le sedi sono spesso vuote di iscritti, le riunioni hanno molto di stanco rituale, i funzionari parlano soprattutto tra loro di futuri organigrammi interni piuttosto che di programmi e di linea politica che viene fissata di volta in volta dai leader a Roma nelle riunione di vertice e qualche volta nelle serate di Porta a Porta con Bruno Vespa.
Ma proprio ora, e per la prima volta nella storia dell'Italia repubblicana, saranno proprio i partiti (o meglio i loro vertici) a decidere nei particolari le liste bloccate che i cittadini dovranno votare. Senza la possibilità per iscritti e simpatizzanti di dire la loro e proporre candidati graditi alla base ed estranei al ceto politico dei dirigenti che si dedicano a tempo pieno alla politica.
Come è potuto accadere che si giungesse a un simile paradosso che rischia di allontanare ancora di più i partiti dal loro elettorato, la società civile da quella politica, il mondo degli addetti al lavoro dai cittadini che lavorano ogni giorno dedicandosi al loro mestiere?
La risposta non è facile ma vale la pena cercarne qualcuna per non concludere che il mondo è improvvisamente impazzito e non si può cercare di spiegarlo.
Tutto, ricordiamo, è partito dal fatto che l'attuale maggioranza di centro-destra ha fatto i conti mesi fa con i risultati disastrosi che i sondaggi le attribuivano concordi se fosse rimasto in vigore il sistema maggioritario: con un'opposizione caratterizzata da un forte spirito di coalizione antiberlusconiano c'era il rischio che il centrosinistra, in grado di schierare il candidato più competitivo, nei settantacinque per cento dei seggi attribuiti nei collegi uninominale maggioritari, facesse l'en plein e il centro-destra, vittorioso magari nella gara proporzionale residua del venticinque per cento(come stabilisce la legge elettorale ancora in vigore) raccogliesse un numero di deputati e senatori assai minore dell'attuale opposizione.
Di qui la decisione di rovesciare il sistema e porre al centro del sistema, annullando i collegi uninominali, quel confronto proporzionale che il centro-destra è in grado di fronteggiare meglio, essendo diviso in quattro piuttosto che in nove partiti che formano attualmente la coalizione di centro-sinistra.
Ma con questa scelta si mettevano in pericolo molti seggi attribuiti per così dire ad personam ai parlamentari rimasti fedeli al leader massimo Berlusconi non soltanto in Forza Italia ma anche in Alleanza Nazionale, nella Lega e nell'Udc.
Bisognava dar loro una forma di garanzia che è stata individuata nelle liste bloccate e decise dal centro. Del fatto che questo significasse emarginare i cittadini e gli elettori dalle scelte e che si erigevano a decisori poche persone, per lo più lontane dalla società civile, non si è tenuto conto alcuno. Così è venuto fuori l'apparente paradosso di cui parlavamo all'inizio.
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EUROPA on the Web 30-12
EDITORIALE
Abolire la par condicio per decreto?
Pare una follia, ma Berlusconi ci pensa davvero
Manca un mese allo scioglimento delle camere per le elezioni del 9 aprile, tempo non ce n’è più, ma il Cavaliere non si rassegna. L’obiettivo è sempre quello: cancellare la legge sulla par condicio varata nel febbraio 2000 dal D’Alema-bis. La «legge bavaglio» che gli impedisce di invadere l’etere con spot elettorali a pagamento. Per tutta la giornata, ieri, sono risuonati i boatos di un possibile blitz in consiglio del ministri. L’Udc Giovanardi ha assicurato che la faccenda non è stata esaminata, «perchè qualsiasi disegno di legge del governo non avrebbe alcuna possibilità tecnica d’essere approvato dalle camere». Esatto.
E infatti, dice chi sa, Berlusconi s’è messo in testa di cancellarla per decreto, la par condicio, e non con un disegno di legge. E chi s’è visto s’è visto. In fondo, ha spiegato il Cavaliere a Casini e a quelli della Lega (tanto Fini è d’accordo a prescindere), «c’è il precedente del decreto Gambino », varato dal governo Dini il 20 marzo 1995. Contro quel provvedimento approvato dal governo a un mese dalle regionali (il 23 aprile), la destra s’infuriò, sollevò l’eccezione di costituzionalità e chiese il voto segreto: ma l’eccezione fu respinta dalla maggioranza, prima in commissione e poi in aula. Il decreto del ministro delle poste Agostino Gambino interveniva sulla legge Ciampi, la 515 del ‘93, e prevedeva il divieto di spot elettorali negli ultimi trenta giorni di campagna elettorale. Un divieto poi ribadito nella legge sulla par condicio approvata nel 2000


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MEDITAZIONE – 30/12/05


L'UNITA' on-line 30/12
EDITORIALE

Cento anni di gratitudine

di Ariel Dorfman (*)
La sola certezza che ho sul 2006 è che qualunque previsione facessi sarebbe destinata ad essere sbagliata. Intendo dire che se alla fine del 1905 mi avessero chiesto di anticipare gli avvenimenti dell’anno seguente, credete che sarei stato capace di prevedere il terremoto di San Francisco del 1906 e quello assai più devastante che colpì l’Ecuador, o lo tsunami che si abbattè sulle coste di Hong Kong, o l’eruzione del Vesuvio con Napoli in fiamme, o i disordini razziali di Atlanta e i tumulti per il pane di Stoccolma? Certamente no.
Eppure, eppure... Forse il modo migliore per vaticinare il futuro consiste nell’osservare con estremo scrupolo lo specchio siamese del passato. Armato della malevola benedizione del giudizio retrospettivo, il 1906 potrebbe fornirci qualche indicazione su quanto ci aspetta nel 2006. Forse non avremo lo stesso numero di frane ed esplosioni nelle miniere di carbone di un secolo fa, ma chi può dubitare del fatto che il prossimo anno, stante il surriscaldamento planetario (e il contemporaneo raffreddamento del nostro intelletto collettivo), avremo eccellenti probabilità di essere testimoni di una varietà ancor più ampia che in passato di disastri assortiti...
Quanto a quella catastrofe chiamata guerra, è probabile che diverremo ancor più abili nell’uccidere. Induce a riflettere ricordare che nel 1906 il mondo celebrò il grande Santos Dumond che riuscì a far sollevare il suo velivolo di una sessantina di metri da terra. Cent’anni dopo, la conquista della gravità dovrebbe fare ancora notizia, sebbene la sua incarnazione sia meno pacifica. Non è necessario essere un mago con una sfera di cristallo per capire in che modo le nazioni più potenti della terra preferiscono fare la guerra: da lontano.
Non prevedo quindi per il 2006 un’altra rovinosa invasione di un altro sventurato Paese ad opera di forze di terra, ma prevedo piuttosto una qualche sorta di apocalittica aggressione, altrettanto rovinosa, mediante orde di aerei che bombarderanno villaggi e città e faranno più vittime, più sopravvissuti e quindi più potenziali terroristi insudiciando i cieli che erano così innocenti per Santos Dumond tanti anni fa...
E sul versante della speranza? Se prestiamo ascolto con attenzione riusciamo ad udire un bisbiglio di incoraggiamento dal passato? Ci giunge un qualche modello di riferimento a cui paragonare il nostro attuale ciclo di calamità e violenza?
In realtà proprio nel 1906 la nostra specie decise di introdurre un segnale di pericolo che chiunque sulla terra o in mare poteva riconoscere. Chiunque avesse la ventura di sentire tre punti tre linee e tre punti battuti dal telegrafo senza fili capiva, a dispetto delle differenze linguistiche e aldilà delle barriere nazionali, che qualcuno stava chiedendo aiuto, che qualcuno stava trasmettendo un S.O.S., stava chiedendo di salvare una imbarcazione, di salvare un’anima, di prestare soccorso.
In quella remota determinazione che indusse i nostri antenati a trovare un modo, da tutti condiviso, per correre in aiuto di chi ne aveva bisogno, c’è una lezione anche per noi.
Come se in qualche modo i nostri progenitori sapessero che cento anni più tardi saremmo stati noi ad avere bisogno, saremmo stati noi a tentare disperatamente di inventare un nuovo e diverso segnale di pericolo rispettato da tutte le nazioni, saremmo stati noi a levare la nostra voce nel cuore della notte e a chiedere aiuto, a chiedere che qualcuno venga a soccorrere la nostra umanità ferita nell’anno che segna il triste centenario della nascita di Adolf Eichmann.
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(*) Cileno, ex collaboratore di Allende, uno dei più eloquenti critici di Pinochet, attualmente insegna alla Duke University (USA).

giovedì, dicembre 29, 2005

RESISTENZA - 29/12/05

ITALIENI 29-12
Berlusconi bocciato
La Confindustria attacca
L'intervento del presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo, pubblicato il 27 dicembre sul quotidiano Il Sole 24 Ore, è un chiaro attacco al presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi, già in svantaggio nei sondaggi per le elezioni di aprile. Secondo Montezemolo, l'Italia ha bisogno di una nuova costituente che ridefinisca le regole delle istituzioni e dell'economia, ma soprattutto deve scegliere dei dirigenti onesti e competenti per recuperare credibilità. Fin dalle prime righe della sua analisi, il presidente degli industriali condanna senza appello l'operato di Berlusconi, che aveva promesso "un nuovo miracolo economico". Sono lontani i tempi in cui Montezemolo accoglieva il Cavaliere come uno dei suoi.
Le Monde, Francia [in francese]
http://www.lemonde.fr/web/article/0,1-0@2-3214,36-725190@51-723525,0.html

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REPUBBLICA on-line 29-12
Berlusconi indagato a Milano
I pm: "Seicentomila dollari ad un avvocato inglese perché tacesse"
ROMA - "Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha ricevuto alla fine di novembre un invito a comparire nel quale la Procura di Milano gli contesta due ipotesi di reato: corruzione in atti giudiziari di testimone e concorso in falsa testimonianza". E' quanto riporta il Corriere della Sera di oggi, precisando che il premier è "sospettato di aver fatto versare" nel 1997 da Carlo Bernasconi, manager della Fininvest, "non meno di 600 mila dollari" sui conti svizzeri dell'avvocato inglese David Mills "affinché dichiarasse il falso nel processo per le tangenti Fininvest alla finanza e in quello All Iberian".
Ufficiali della Guardia di Finanza di Milano hanno consegnato l'invito a comparire a fine di novembre, convocando i due indagati per il 3 dicembre ma né Berlusconi né Mills si sono però presentati all'interrogatorio.
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L'UNITA' on-line 29-12
Sommario di I pag.
Corriere: indagato Berlusconi
L'ira del premier sui giudici
«È iniziata la campagna elettorale». L’entourage di Silvio Berlusconi si scaglia contro il Corriere della Sera, colpevole di aver pubblicato la notizia di un invito a comparire sulla presunta corruzione del teste di un processo contro Fininvest eluso dal premier lo scorso 3 dicembre. Il portavoce del premier, Paolo Bonaiuti, parla di «precisa unione d'intenti» tra la procura di Milano e il quotidiano di via Solferino.
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CITAZIONI
Berlusconoide
Strano: così bravo e spericolato nel vantare i meriti suoi e della sua proiezione di impeccabile buongoverno, Berlusconi non accenna neppure a un merito concreto, indiscutibile, autentico, benefico per tutti, come la liberazione di tutti i luoghi pubblici dal fumo di sigarette per opera del suo ministro (chissà perché estromesso poco tempo dopo) Sirchia.
Quanto al resto, questo più lungo passaggio della cometa Berlusconi non lascia un Ambiente-che-ride. Di salvaguardie non so quante ne avrà lasciate indenni. Nel suo fondamentalismo industrialista non ha avuto limiti nel mettere l’impresa (qualunque faccia assuma, e là le facce Biancaneve-San Francesco non fanno cifra) avanti a tutto, e gli inquinatori, grandi e piccoli, puliti e sporchi, ci hanno perso perfino il fastidio di un po’ di solletico. E i suoi condoni hanno svuotato mezzo purgatorio. L’idea fissa berlusconiana del ponte sullo Stretto e delle Alte Velocità è, per l’ambiente, campana a morto: sciagura che non sia il solo ad averla. Non ha mai cessato di premere per il nucleare e di esecrare il referendum post-cernòbil, ma passare all’atto scatenerebbe prontamente rivolte popolari incontrollabili.
Una politica veramente moderna, degna del nome e adatta ai tempi avrebbe messo da un pezzo e sempre più metterebbe la questione ecologica, enorme di scomparti d’insolubile, sul trono. Il vivo magma umano, votante o no, capirebbe. Non mettendo in primo piano, al posto degli idoli perversi dell’economia, la vita, un vivere accettabile, la morte s’introna da sé. Il significato esoterico di globalizzazione è questo.
(Guido Ceronetti, Stampa 29-12)
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Berlusconi ci impoverisce in massa
Ormai è una dolente abitudine. Puntualmente, con il varo della legge finanziaria, tornano a campeggiare sulle prime pagine dei giornali italiani le cifre del disastro sociale in atto nel nostro Paese, confermando i dati di un ormai pluriennale processo di impoverimento di massa. Qualcuno è più sfortunato di altri: infatti stai decisamente peggio se sei giovane (in cerca di lavoro o precario), se sei anziano (col minimo di pensione), se sei capofamiglia monoreddito con figli a carico, se sei donna sola con prole, se abiti al Sud.
Tutto questo chiama pesantemente in causa le responsabilità del governo Berlusconi: un governo che non ha cessato dall’istante successivo al suo insediamento di premiare rendite e profitti, rendendosi protagonista di una feroce offensiva di classe ed ergendosi a garante di uno dei più consistenti travasi di reddito ai danni delle masse popolari dal dopoguerra ad oggi. La realtà economica e sociale del Paese non ammette repliche: prima se ne va, meglio è per tutti.
(Claudio Grassi, Liberazione 29-12)


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MEDITAZIONE 29/12/05


L'UNITA' on-line 29-12


Equiparare repubblichini e partigiani…

«È aberrante e pericoloso per la democrazia»

di Rosa Praticò
«È semplicemente aberrante chiedere di equiparare repubblichini e partigiani. Un esperimento pericoloso per la democrazia e per la vita civile». L’esperimento in questione è il disegno di legge 2244, voluto da Alleanza Nazionale, al Senato il prossimo 12 gennaio dopo alterne vicende. A parlare è uno che la lotta per la Liberazione l’ha fatta, Massimo Rendina, presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia della Provincia di Roma.
-- Presidente, a fine legislatura, rispunta il ddl di An...
«Non è casuale. Fa parte di un disegno politico della maggioranza per scalfire le origini dello stato democratico e della sua carta costituzionale. Dà fastidio una Costituzione che considera il governo espressione del popolo e non di un'élite come vorrebbe Forza Italia. Di qui la volontà di cambiarla colpendo la storia da cui è nata. Storia che è in simbiosi con quella della Resistenza. Di qui anche i tagli alle associazioni patriottiche e culturali».
-- Insomma non si tratta solo di nostalgie fasciste. L’Anpi ha parlato di adesione a un certo revisionismo...
«Sì. A un revisionismo che mette la storia al servizio della politica. Si cerca di fare confusione sul passato. Si mettono insieme buoni e cattivi senza fare distinzione tra loro per legittimare gli stravolgimenti costituzionali in atto. Un esempio di questa volontà di fare confusione sta nel fatto, inammissibile, che il presidente del Senato definisca la Resistenza un mito da cancellare».
-- E poi c’è la teoria per cui «tutti i morti sono uguali»...
«Questo è il ricatto morale per far passare certi provvedimenti. Il pianto delle madri è uguale ma dietro ad ogni morto c’è una storia.
-- Per questo parla di aberrazione giuridica e storica del disegno di legge?
«Dal punto di vista storico non si può riconoscere la qualità di “belligeranti” a cooperatori di un esercito che aveva invaso il nostro paese o alle forze armate della Repubblica Sociale Italiana che si erano macchiate di orrendi misfatti come attestano anche le conclusioni della commissione parlamentare sulle stragi nazifasciste. Dal punto di vista giuridico, poi è un’aberrazione perché tutti sanno che le forze armate della Rsi erano inquadrate in quelle tedesche. Quindi il riconoscimento richiesto andrebbe paradossalmente avanzato alla Germania».
-- Si è parlato anche di un conflitto tra la proposta di An, la legislazione postfascista e quella internazionale...
«È evidente. Fatta eccezione per la sentenza del Tribunale supremo militare del 1954, la Costituzione e tutto l’orientamento delle corti di merito e della suprema Corte di Cassazione condannano il fascismo e incriminano il collaborazionismo con il tedesco invasore. Il diritto internazionale, poi, dice che uno stato per essere tale deve essere riconosciuto, legittimo e la Rsi non lo era. Quindi, anche da questo punto di vista, oltre che per l’offesa ai civili vessati, ai morti e ai combattenti della Resistenza, non si può sostenere che i militi di Salò fossero “belligeranti”».
-- Entriamo nel merito del testo: c’è una ambiguità di fondo...
«Certo ed è voluta! Tra titolo e testo. Nel testo non si fa riferimento a un esercito. Così anche le Brigate nere e le Ss italiane sarebbero equiparate ai partigiani».

mercoledì, dicembre 28, 2005

RESISTENZA - 28/12/05

ITALIENI 28-12
Governo Berlusconi
Le critiche di Montezemolo
"Se l'Italia vuole ritrovare un po' di credibilità, alle legislative del 9 aprile i cittadini dovranno scegliere i dirigenti più competenti e onesti possibile", ha dichiarato il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo in un intervento pubblicato sul quotidiano economico Il Sole 24 Ore. "Si è chiuso un altro anno di crescita zero, perdita di competitività, difficile controllo dei conti pubblici e scandali finanziari. Questo significa che non tutti fanno il loro dovere", ha detto Montezemolo criticando l'operato del governo Berlusconi. Il presidente di Confindustria ha poi denunciato la lentezza con cui le autorità italiane hanno reagito allo scandalo nel sistema bancario che ha screditato il paese a livello internazionale.
Le Monde, Francia [in francese]
http://www.lemonde.fr/web/article/0,1-0@2-3214,36-725111@51-723525,0.html
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“COMPETENTI E ONESTI”?!
Per il governo Berlusconi è una condanna senz’appello!
Luciano Seno
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CITAZIONE
Il ministro o il sottosegretario che ogni momento s'intrattengono con i giornalisti sui fatti d’attualità, che ogni giorno pontificano, «dichiarano» qualunque cosa invece di decidere, di muoversi, di agire, non sanno di essere solo le caricature di quegli uomini di governo che non abbiamo.
(Ernesto Galli della Loggia, Corsera 28-12)
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CORSERA 28-12
Conflitto d'interessi: 39 casi nel 2005
Antitrust: tante le incompatibilità dei membri del governo Berlusconi
ROMA - Una legge da rifare. E' questo in sintesi il giudizio dell'Antitrust sulla normativa che regola il cosidetto conflitto d'interessi. Gli ultimi due governi hanno registrato 49 casi di «incompatibilità» in base alle norme della legge sul conflitto di interessi: 10 casi nel primo governo Berlusconi, 39 casi nel governo-bis che è stato così «caratterizzato per un notevole incremento dei casi di incompatibilità riscontrate» rispetto al precedente esecutivo. Ad affermarlo è l'Authority nella relazione semestrale luglio-dicembre 2005 sull'attività di controllo e vigilanza in materia di conflitto di interessi.
LEGGE DA RISCRIVERE - Complessivamente all'Antitrust sono pervenute 100 dichiarazioni riferibili a membri di governo, 392 al coniuge e ai parenti entro il secondo grado. Tuttavia mancano ancora all'appello 125 posizioni relative ai familiari. La legge sul conflitto di interessi, nota infatti la relazione, presenta «l'anomalia di non prevedere sanzioni nei confronti dei parenti dei titolari di carica allorquando rifiutino di collaborare non fornendo le dichiarazioni richieste». «La mancanza di strumenti coercitivi in grado di garantire la trasmissione delle dichiarazioni da parte di tali soggetti nonché l'incertezza sul loro numero effettivo e, conseguentemente, sulla completezza delle informazioni pervenute, ostacola la funzione di controllo dell'Autoritá, perchè la limita ai soli parenti che spontaneamente rispettano la prescrizione di legge. Il sistema delle dichiarazioni patrimoniali, così come è concepito, assicura, quindi, solo parzialmente la possibilità di un'applicazione efficace».
I PUNTI CRITICI - Secondo l’Autorità «nella legge si rileva una concezione restrittiva del conflitto di interessi, focalizzata essenzialmente nelle sue manifestazioni formali. Prevale un approccio di tipo privatistico, legato al verificarsi di un evento di danno non adeguato alla complessa realtà dell’amministrazione e dell’interesse pubblico concretamente violato». Per l’Autorità la legge Frattini, inoltre, contiene eccezioni alla regola di incompatibilità «eccessivamente ampie».
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MANIFESTO
Sommario di I pag.
Danno nuovo
Fine 2005 con sorpresa per gli italiani. Il ministero del Tesoro certifica un rincaro del 5,1 per cento, doppio rispetto all'inflazione, per tutte le tariffe e tutti i prezzi dei settori liberalizzati: luce, gas, energia. Il governo della Casa delle libertà, che aveva promesso di non metterci «le mani in tasca», non solo mente, ma porta il paese fuori strada rispetto al resto dell'Europa dove i prezzi scendono. Stangata anche sulla scuola.
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CITAZIONE
Prezzi in libertà
L'avevano giurato: le liberalizzazioni porteranno efficienza e benefici per i consumatori sotto forma di prezzi più bassi. Ma non è andata così: il Dipartimento del Tesoro del ministero dell'Economia ci ha fatto sapere che nel 2005 i prezzi nei settori liberalizzati sono cresciuti molto di più - il doppio abbondante - del tasso di inflazione misurato dall'Istat: il 5,1% contro poco più del 2%.
(Galapagos, editoriale)
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AMNISTIA-SHOW
La beffa di Natale
…in tutto questo c’è qualcuno che dal punto di vista morale davvero non dovrebbe sapere da che parte voltarsi, davanti alla richiesta di clemenza che sale dai dannati della terra. Ed è la maggioranza di governo. Questa maggioranza che un’amnistia mascherata la stava già facendo (decine di migliaia di processi all’anno, decine di migliaia di imputati amnistiati senza avere mai messo un piede in carcere) con la prima versione della Salvapreviti. Questa maggioranza che ha chiuso l’anno solare in Senato «incardinando» a rotta di collo l’ultima legge ad personam per il premier, quella che abolisce il processo di appello se la sentenza di primo grado è di assoluzione. La maggioranza che, in Senato, riprenderà i suoi lavori dopo Natale avendo all’ordine del giorno esattamente quella legge, ultima vera incombenza prima che si chiuda la legislatura. Perché la faccia e il coraggio di fare un’amnistia sotto elezioni insieme con l’opposizione mancano del tutto. Ma la faccia e il coraggio di fare un’ultima amnistia solo per se stessi quelli non mancano di sicuro. Anzi, è un dovere.
(Nando Dalla Chiesa, L’Unità on-line 28-12)
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BANCOPOLI
Mentre negli Usa lo scandalo Enron ha quantomeno suscitato uno scatto di orgoglio con l’emanazione di una durissima legge di contrasto, in Italia non sono stati sufficienti gli scandali Cirio e Parmalat per scuotere l’apatia parlamentare. Soltanto nei giorni scorsi, sotto l'incalzare delle indagini giudiziarie, governo e Parlamento si sono determinati a mettere all'ordine del giorno l’attesa legge sulla tutela del risparmio, ma tale legge ha inopinatamente previsto un ulteriore alleggerimento del trattamento penale di taluni reati societari.
Non so che cosa pensino i governanti dei loro governati. So tuttavia, a questo punto, molto bene che cosa pensare di chi ci governa.
(Carlo Federico Grosso, Stampa 28-12)
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CITAZIONE
…se si vuol davvero trarre una lezione da bancopoli si cominci a perseguire l’interesse pubblico dei cittadini contro quello del mercato e di coloro che lo comandano, che poi sono sempre gli stessi.
(Giorgio Cremaschi, Liberazione 28-12)


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MEDITAZIONE 28/12/05


I CATTOLICI SONO BARBOSI E GENERALMENTE IN MALAFEDE
ma pare che ce ne sia qualcuno pulito come questo qua sotto.
Il quale ci spiega, sintetizzo, che la sbornia “teocon” – di cui si è fatto profeta Marcello Pera, il “faute de mieux” Presidente del Senato di Berlusconi – è un’americanata stronza e disonesta.
Luciano Seno
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EUROPA on the Web 28-12
EDITORIALE

Il Pera, che porterà Dio al governo

di VLADIMIR
Ce lo siamo già chiesti, ce lo chiediamo ancora, ce lo chiederemo sempre: ma che preti frequenta Marcello Pera? Oltre ad essere insistente, quella che ci attanaglia è pure una domanda che ci provoca una forte apprensione visto che, come si poteva desumere nell’intervista rilasciata ieri a un quotidiano nazionale dal presidente del senato, i preti in questione sembrano tutti (ammesso e non concesso che siano più di uno) dotati di almeno due qualità. E cioè hanno il carattere episcopale e sono di carattere masochistico.
Tanto da preannunciare all’impressionabile Pera che tra meno di trent’anni saremo tutti musulmani, i muezzin avranno sostituito le campane su tutti i campanili patrii e alle fontane di piazza San Pietro faranno pediluvio orde di turchi e di mamelucchi neo-europei.
Previsione semplice semplice, per il Nostro (e il suo, suoi, cappellano- cappellani) perché incancreniti nel culto della secolarizzazione post-moderna, tra pochi decenni i vecchi abitanti del nostro continente avranno completato il disinvolto suicidio culturale e spirituale al quale sono, soprattutto per mancanza di una vera leadership politica, tutti alacremente intenti.
Tra tanto pessimismo, almeno una buona notizia si trova. Eccola: persino Marcello Pera non crede più, come ha fatto fino al 2001, che solo Berlusconi ci salverà. Il guaio, purtroppo, è che ora crede, insieme a un suo piccolo club di cappellani politici e di fondamentalisti laici, che il berlusconiano rifiuto radicale della politica possa essere emulato non da uno ma da tanti, tanti, tanti piccoli Berlusconi. E questo in nome di una God governance motivata da un risveglio religioso nel nostro e in altri paesi al quale né Pera né il suo cappellano hanno minimamente cooperato.
Per riportare Dio al governo, il Pera e il suo cappellano (oppure, ammesso ma non concesso, i cappellani) e anche ammesso (ma, questa volta, proprio non concesso) che la missione dei nostri provvisori paladini dell’Occidente comporti l’onere di far di nuovo coincidere ed esaurire il cristianesimo con una civiltà, la fede con una cultura, la Chiesa con la cappellania culturale dell’Occidente, il dio dei teo cons in salsa tosco-romana continua ad avere un paio di problemucci difficilmente risolvibili con le chiacchiere e le interviste.
Intanto, come ammette l’attuale e il futuro piazzista della civiltà giudaicocristiana (espressione che andrebbe, in un paese serio, perseguita dai giudici per vilipendio di entrambe le religioni) è un prodotto di importazione americana, una sorta di patchwork imbastito alla bell’e meglio per congiungere il neoconservatorismo laico e la destra religiosa in una re-interpretazione passatista (con buona pace del Concilio ecumenico Vaticano II) del progetto emancipativo della modernità. E poi, sotto le false specie di un’annessione individualista dei concetti di persona, identità e libertà (da agnostici, non da credenti, cioè sciolti da quelle interpretazioni e da quelle prassi comunitarie insite nel cristianesimo) si sostituisce la dottrina teologica della Chiesa con un’opportunistica celebrazione per il pensiero e la figura del papa, anch’essi unilateralmente (e strumentalmente) interpretati.
Anche senza aver studiato tanto come Pera, non ci vuole molto per comprendere che l’utilizzazione del linguaggio religioso nel discorso politico, e soprattutto in questa fase della storia politica del nostro paese, è un tentativo neanche troppo sofisticato di sovraccaricare di valenze simboliche qualsiasi proposta di soluzione alle non-risposte ai conflitti politici, economici, strategici, storici che i nuovi valori dell’umanità globale hanno posto all’Italia degli ultimi cinque anni.
Su questo orizzonte, i cattolici dovrebbero raddoppiare di zelo nell’aiutare la politica di questo paese a laicizzare realmente la laicità, prima che questa scada a bersaglio di quel finto integralismo sacrale che ancora una volta, c’è da temerlo, tenterà di gettare Cristo dal pinnacolo del tempio offrendogli regni temporali.
Un nuovo patto laico non potrebbe prescindere dalla critica agli idoli del denaro, del dominio, del consumo, dell’individuo fine a se stesso, della guerra e della servitù volontaria». Perché i christifideles laici, per il Concilio Vaticano II, hanno soprattutto la missione di impedire che la Chiesa di Cristo cada in mano al potere dei chierici. Anche di quelli senza tonaca.

martedì, dicembre 27, 2005

RESISTENZA - 27/12/05

L'UNITA' on-line 27-12
Sommario di I pag.
«Il reato è stato cancellato»
Berlusconi si è assolto per legge
«Questa storia delle leggi ad personam è un’infamia», ha ringhiato Silvio Berlusconi nella sua conferenza stampa di fine anno. La smentita è nelle motivazioni della sentenza di assoluzione nel processo All Iberian depositate dai giudici milanesi. Gli imputati sono prosciolti dalle accuse di falso in bilancio perché il reato non esiste più. Peccato che a cancellarlo sia stato l'imputato.
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STAMPA 27-12
Corsivo
Dettagli
Jena
Prima di decidere sull'amnistia, Berlusconi ha chiesto ai suoi collaboratori di informarlo su tutti i dettagli: quanti detenuti usciranno dal carcere, per quali reati sono stati condannati, se sono ancora socialmente pericolosi e soprattutto per chi voteranno il 9 aprile.
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IL RIFORMISTA 27-12
Lettera al Direttore
Caro direttore, Berlusconi non ha un suo candidato per Bankitalia. Forse pensa all'interim.
www.francesconardi.it
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Corsivo
Berlusconi, ripassa la storia
Em.ma
Avete mai visto un Presidente del Consiglio che va a una conferenza stampa e mette nella sua cartella un «documento» per inchiodare, si fa per dire, un giornalista anche se non sa quale domanda farà? Berlusconi ci ha offerto anche questa primizia e ci ha mostrato l'Unità che, a nove colonne, annuncia la morte di Stalin con un servizio corredato da una grande foto. Ma, in quel giorno del 1953, ci fu un solo giornale che, in Italia e nel mondo, non diede quella notizia con grandi titoli e foto? Stalin non era, nonostante tutto quel che si sapeva o non si sapeva, con Roosevelt e Churchill, uno dei grandi che sconfissero il nazismo e il fascismo? L'ignoranza politica del Cavaliere è abissale: vada a leggere il dibattito che in quella occasione si svolse alla Camera e cosa dissero i leader democratici di tutto il mondo. Forse, per attaccare il vecchio Pci, poteva scegliere altre copie dell'Unità. La quale, però, ha fatto anche battaglie memorabili in difesa dei lavoratori e della democrazia. Pure negli anni in cui il Cavaliere si arricchiva trafficando con la politica e anche con quel Pci, col quale voleva scambiare la sua Retequattro con altri favori. Forse perché non c'era più Stalin.
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LIBERAZIONE 27-12
EDITORIALE
La stangata di Berlusconi
L’impoverimento di massa è evidente
di Giovanni Russo Spena
Abbiamo sempre contrastato anche discutendo in Parlamento le cinque pessime ed inique leggi finanziarie del governo Berlusconi, l’espressione cardine (anche volgare oltre che falsa) della propaganda berlusconiana: "Non abbiamo messo le mani nelle tasche degli italiani". I dati resi noti ieri dal Dipartimento del Tesoro ci dicono (andando anche oltre le nostre stime) che i rincari dei prezzi sono stati doppi rispetto all’inflazione, che le tariffe (liberalizzate) sono aumentate del 5.1% che il rincaro di beni primari quali il latte, l’affitto è intorno al 2 e mezzo per cento.
Questi dati, nella loro asprezza, ci parlano dell’impoverimento di massa e ci spiegano che, con una velocità progressiva negli ultimi tre anni, è avvenuto un drenaggio stravolgente di risorse dal basso verso l’alto, una redistribuzione a favore di rendite e profitti capace di incidere sulla composizione della formazione sociale sgranando la stessa gerarchia della società. Il cosiddetto “carovita” è causa e, insieme, effetto dei processi di proletarizzazione dei “vecchi” ceti medi, che si articolano sempre più.
Carovita e precarizzazioni di massa sono fattori di nuove relazioni sociali che evocano privazioni di senso, solitudine sociale, isolamento dei nuovi movimenti operai. E’ qui che vanno, allora, ricostruite analisi sociali e inchieste, rifondati i nessi che possono riunificare i soggetti sociali stravolti dalle centrifughe delle precarizzazioni, liberalizzazioni e privatizzazioni. Dice nulla che gli unici prezzi che "reggono" sono i prezzi amministrati?
L’impoverimento di massa è evidente, non è l’effetto del “catastrofismo” dei comunisti di cui parla Berlusconi. E’ frutto, invece, da un lato, della vera e propria ossessione proprietaria di cui questo governo è stato alimento e cemento; dall’altro, di una manovra di politica economica basata su privatizzazioni, cartolarizzazioni, e sul taglio delle tasse ai ricchi. Un vero e proprio “sovversivismo” liberista, incapace di rilanciare filiere produttive e di alimentare la domanda.
Siamo, invece, al fallimento assoluto: Berlusconi ci ha portato ad un inedito, una bancarotta (anche fraudolenta perché intessuta di condoni e conflitti di interesse): siamo in una spirale in cui convivono manovre di bilancio antipopolari, stagnazione economica ed aumento del deficit. Dovremo voltare drasticamente pagina.
Berlusconi non è stata una fastidiosa parentesi, una anomalia; per cui si possa pensare di tornare alle politiche di cinque anni fa attraverso il filtro di poteri forti che, di volta in volta, si ridislocano nella grammatica dell’alternanza. Occorrono terapie d’urto che redistribuiscano le risorse, pongano al centro questione sociale, salariale, previdenziale, tassino le grandi rendite, rilancino un intervento pubblico qualificato. Il conflitto sociale ci aiuterà a percorrere questa strada obbligata.


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MEDITAZIONE 27/12/05


ANCHE IO,
vecchio paleo-marxista, come la giovane collega dell’Unità, sono corresponsabile dei crimini di Stalin – “cento milioni di omicidi”, come dice il Merda.
Ma ad erudizione dell’ignorante che i telespettatori dei reality show ci hanno imposto come governante, possiamo fare qualche chiamata di correo…
Luciano Seno
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L'UNITA' on-line 27-12
EDITORIALE

Tutti i complici di Stalin

di Roberto Roscani
La storia è una cosa seria. Per tutti, tranne che per Berlusconi. E così al posto di affidare il giudizio sulle cose e sugli uomini che ne sono stati protagonisti (e su Stalin il giudizio della storia e della politica è chiaro) lui usa la clava e la propaganda. Agita la prima pagina de l’Unità del 1953 come fosse stata stampata ieri. E allora accettiamo il gioco di chi gioca con la storia e andiamoci a rileggere i giudizi su Stalin di quel 6 marzo del 1953. Per chiederci: chi l’ha detto?
Facciamo un gioco. La storia non è un gioco. È un lavoro duro di analisi, di memoria, di documentazione. Ma tutto questo non andatelo a dire a Silvio Berlusconi, per il quale sbandierare la prima pagina dell’Unità del 6 marzo del 1953 con l’annuncio della morte di Stalin è una spettacolare scappatoia per sottrarsi al confronto sull’attualità e per cercare di intimidire il «giornale nemico».
Ecco allora accettiamo le sue regole e facciamo un gioco: qui sotto troverete le frasi di alcuni eminenti giornali e uomini politici italiani e stranieri pronunciate in quell’occasione. In fondo all’articolo troverete le «soluzioni».
1) «Quella di Stalin è una personalità che, da qualunque livello la si misuri, si leva alta sugli altri uomini di questa generazione come colui che ha esercitato la propria influenza su moltissimi esseri umani... Grande guerriero e grande costruttore, la maggiore impresa per cui verrà ricordato sarà l'edificazione da lui attuata, in quanto ha realizzato un cambiamento stupefacente nel suo paese che ha ricostruito quasi dal nulla... Ritengo giusto affermare che il peso e l’influenza della personalità di Stalin sono stati adoperati a favore della pace... ritengo che è stato in gran parte suo il merito se numerose crisi che avrebbero potuto sfociare in una guerra non lo hanno fatto »
2) «Se fosse vera l’opinione di chi attribuisce al suo influsso personale l’esitazione dell’Urss a scatenare una nuova conflagrazione mondiale dovremmo mettere al suo attivo questo suo rifuggire dalla responsabilità estrema e augurarci che i suoi successori lo accettino come norma di saggezza... Grave rimane l’incognita del domani e se in mezzo a tante parole di esaltazione e di condanna, possiamo trovare un accento semplicemente umano, vorremmo dire che questo tragico trapasso deve ammonirci tutti intorno ai limiti della persona umana... con questa grave riflessione chiniamo la fronte pensosi innanzi alla scomparsa di un uomo che senza dubbio lascia nel mondo un grande vuoto»
3) «Per un quarto di secolo Stalin governò un vasto imperio con metodi di un despota orientale... Aveva spinto spietatamente il suo paese in prima fila tra le potenze industriali del mondo. Contro ogni aspettativa aveva smosso l’eroismo del popolo russo e lo aveva trascinato agli indicibili sacrifici che resero possibile la disfatta dell’invasore tedesco. Una volta vittorioso non diede tregua. Estrasse dai suoi compatrioti esausti fino all’ultima oncia di forza per ricostruire il paese devastato... Per quanto terribile il suo scopo, la grandezza dell’opera di Stalin era sorprendente , diminuita solo dal prezzo delle sofferenze umane»
4) «Il maresciallo Stalin è morto... Vi è un ricordo da cui non possiamo prescindere: quello della parte svolta dal maresciallo Stalin per porre fine alla guerra e preparare la vittoria. Ci si rende conto di ciò tra le rovine di Stalingrado o studiando quella battaglia di Mosca in cui il genio militare di Stalin si manifestò in modo così evidente. Questo ricordo mi induce a rivolgere, nel giorno della sua scomparsa , un saluto e un omaggio a colui che, con l’eroico esercito sovietico, ha contribuito alla nostra liberazione e rafforzato i vincoli creati tra i nostri due popoli dal sangue versato insieme».
5) «Josip Stalin è morto alle 9.50 pm di ieri al Cremlino, all'età di settantrè anni. La notizia è stata ufficialmente annunciata questa mattina. E' stato al potere 29 anni. L'annuncio è stata fatto a nome del comitato centrale del partito comunista, del consiglio dei ministri e del presidium del Soviet supremo. Nell'appello al popolo sovietico affinché si raccogliesse attorno al partito e al governo, l'annuncio ha chiesto di mostrare unità e la più alta vigilanza politica, contro i nemici interni ed esterni. Nessuna dichiarazione invece è stata resa circa il nome del successore di Stalin».
6) «Reverente dinnanzi agli imperscrutabili disegni di Dio, il popolo italiano ha appreso con viva commozione la notizia della dipartita del maresciallo Stalin, dell'uomo che così importante e vasta parte ha avuto negli avvenimenti mondiali di questi ultimi decenni. Il governo invia al governo dell'Urss l'espressione della sue condoglianze».
7) «In questo momento della storia in cui tanti russi sono in profonda ansia per la malattia del capo dell’Unione sovietica, il pensiero dell’America va a tutta alla popolazione dell’Urss - agli uomini, alle donne ai giovani e alle ragazze- nei villaggi nelle città, nelle fattorie, nelle industrie della loro patria. Sono tutti figli dello stesso Dio, che è padre di tutti i popoli»
8) «Quando Stalin morì nel mese di marzo del 1953, Eisenhower era in carica da soli due mesi. Le strategie in discussione erano tre: contenimento, rappresaglia dura e roll-back, ovvero l'uso preventivo della forza per sottrarre l’europa orientale alla dominazione sovietica. La scelta di Eisenhower fu quella del contenimento,.. usando modi militarmente fermi ma civili. Mai il presidente parlò in con disprezzo o in termini minacciosi dei popoli sovietici. Egli ebbe sempre una sensibilità profonda per le sofferenze sofferte durante la guerra, la loro capacità di resistenza e il ruolo immensamente importante svolta nel raggiungimento della vittoria contro il nazismo» .
Ecco chi lo ha detto:
1) Pandit Nehru primo ministro indiano davanti al parlamento indiano
2)Alcide De Gasperi, primo ministro italiano dichiarazione rilasciata all’Ansa
3) Anthony Eden, conservatore, Primo Ministro del Regno Unito dal ‘55 al ‘57. in Memorie, Garzanti 1960
4) Edouard Herriot, leader radicale presidente dell’Assemblea nazionale francese.
5) New York Times, 6 marzo 1953
6) Paolo Emilio Taviani, sottosegretario agli Esteri, democristiano, discorso alla Camera
7) Dwight Eisenhower, presidente repubblicano degli Stati uniti il 5 marzo 1953
8) Convegno promosso dalla Congress Library nel 2003 su Eisenhower e la morte di Stalin.
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CITAZIONE
Quel Kaiser di Silvio
Lo sventolio, nelle mani del premier, dell’immagine di Stalin pubblicata dall’Unità per la morte del dittatore nel 1953 (la maggior parte degli italiani d’oggi non era nata), ricorda la Ballata del soldato morto di Bertolt Brecht.
Era l’estate del 1918, la grande guerra continuava da quattro anni e aveva sterminato quasi tutti, ma il kaiser Guglielmo si spiacque che il suo soldato fosse morto così in anticipo. Ordinò che il cadavere putrefatto fosse riesumato, lo fece rivestire dell’uniforme e avvolgere in bandiere e profumi, e sorretto da generali con l’ernia e politici gottosi, preti con l’aspersorio e banchieri in frack e mercanti di cannoni, lo mandò in giro pei villaggi della Germania, affinché la gente che non c’era si commuovesse all’appello del soldato e corresse a combattere la guerra del kaiser.
Anche Berlusconi, che è un kaiser apicelliano, fa riesumare il suo soldato putrefatto nella Ballata dell’anticomunismo, e lo manda in giro fra le partite Iva del Lombardoveneto e le pensionate di Rapallo, perché si commuovano e tornino a votare per lui.
(Federico Orlando, Europa 27-12)

lunedì, dicembre 26, 2005

RESISTENZA - 26/12/05

E’ NATALE,
ma non è il caso di distrarsi troppo.
Feste, banche e barche, relativi governatori e skipper, amnistie e/o indulti a chiacchiere – tutti polveroni a beneficio del Merda, tendenti a distogliere le persone per bene dal


PUNTO UNICO ALL’ORDINE DEL GIORNO

far fuori Berlusconi con tutta la sua banda di farabutti, fascisti, preti e coglioni
nonché
demolire gli incombenti tentativi di sostituirli con qualche “berlusconismo” di rimpiazzo.
Luciano Seno
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IL RIFORMISTA
Corsivo
IL SERVIZIO CIVICO DEL FRATELLO

Em.ma
L'Antitrust ha deciso di aprire un'inchiesta per verificare se Silvio Berlusconi, per i contributi concessi con la finanziaria a una società di Paolo Berlusconi per la vendita dei decoder, abbia commesso un'infrazione alle pur timide norme sul conflitto di interessi. Ieri più di un amico mi ha detto che il mio corsivo sul tema aveva colpito nel segno. Non è così. L'Antitrust aveva già deciso di aprire un'inchiesta perchè la violazione è clamorosa, anche se da Palazzo Chigi hanno detto che tutto è in regola. Non hanno ancora dichiarato che ad agire è stata «l'Autorità comunista» sollecitata dai comunisti. Infatti il fratello del Presidente del Consiglio, costruttore edile (per delega), si è fatto carico, con una sua società, di distribuire i decoder non per far fare soldi alla famiglia, ma per «servizio civico». Sempre per «servizio civico» il Paolo gestisce un giornale di famiglia, e solo nei ritagli di tempo costruisce qualche discarica su cui l'autorità giudiziaria (comunista) ha «interferito» costringendolo a patteggiare una condanna. L'onorevole Fini, che presiede il Consiglio dei Ministri quando il Presidente va a pisciare per evitare conflitti di interesse, che fa? Va a fumare.
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L'UNITA' on-line
Corsivo
Riforme in quarantena
di Bruno Ugolini
E' una mania. La formula ricorda un po' quella che è stata usata nelle aule dei tribunali per certi imputati e non vi diciamo per chi. Quando si usava la formula "per decorrenza dei termini". Come a dire: egregio signor imputato, è passato troppo tempo e noi non la possiamo più condannare, se ne vada pure a spasso. E' successo così anche per il Tfr, formula misteriosa che significa "trattamento di fine rapporto". Quel "trattamento" è riferito, in realtà, ad una parte del proprio salario che ciascuno lascia ogni mese nelle mani dell'azienda e che poi viene ripreso tutto insieme alla fine della vita lavorativa. Ora doveva essere subito investito in fondi pensioni, onde trascorrere una vecchiaia senza troppi patemi d'animo, visto il dimagrimento progressivo delle pensioni fornite dall'Inps.
Giorni, mesi, anni di dibattiti sul Tfr. Era una torta miliardaria da dividere tra diversi gestori mossi da appetiti furibondi. Il più agguerrito era Mediolanum, vedi il caso non indifferente agli interessi del presidente del Consiglio. E che voleva di tutto e di più. Non si sono messi d'accordo su come spartire la torta e così con un'idea brillante s è deciso di rimandare al 2008. Chi vivrà vedrà.
Una strategia davvero brillante. C'è un problema Tfr? Al 2008. C'è un problema pensioni? Al 2008. C'è un problema di ritiro delle truppe dall'Iraq? Al 2008. C'è un contratto per il pubblico impiego da rispettare? Al 2008? Investimenti al Sud da fare? Al 2008. E' il decisionismo al rallentatore. Non è sempre così. Vale solo per aspetti secondari che interessano, diciamo così, le persone umili, quelli che lavorano dalla mattina alla sera. Per altre cose si va avanti come panzer, senza guardare in faccia nessuno. Uso criminoso della Tv? Via Biagi, Santoro e Luttazzi da un giorno all'altro, senza nemmeno gli otto giorni. Processi penali da scavalcare? Rapidissime leggi ad hoc. 44 forme contrattuali da adottare, assumendo giovanotti di tre mesi in tre mesi senza dove pagare diritti e tutele? Una legge Trenta in quattro e quattr'otto. Un Paese da dissolvere attraverso, appunto, una "Devolution". Onorevoli alzate la mano e via dissolvere. Rapidi come il fulmine.
L'unico interrogativo è proprio su quel 2008. Ma lor signori ci saranno ancora seduti negli scranni del governo? E si presenteranno agli appuntamenti per Tfr pensioni e via elencando? Meglio affrettare i tempi. Magari uno sciopero generale potrebbe aiutarli.
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LIBERAZIONE
EDITORIALE
Berlusconi, Stalin, Gronchi e Taviani

di Piero Sansonetti
Silvio Berlusconi, nella solenne conferenza stampa di fine anno (diretta Tv), ha aggredito la giornalista dell’Unità Marcella Ciarnelli e l’ha accusata di complicità in circa centomila omicidi. Roba da prendersi 10 ergastoli. Marcella Ciarnelli ha reagito con la grinta e l’ironia che le sono proprie, è stata brava come sempre. Però l’incidente non si può liquidare così. Berlusconi è il capo del governo, e in qualità di capo del governo ha eseguito una azione di intimidazione e di aggressione nei confronti di una giornalista e di un giornale dell’opposizione, per di più riducendo a macchietta la storia del dopoguerra e trascinando nelle sue accuse tutti i partiti di sinistra passati, presenti e futuri. Ha detto che gli eredi del comunismo sono comunque complici di Stalin, sventolando una edizione dell’Unità del 1953 nella quale si dava conto con grande risalto e grande senso di lutto della morte del dittatore sovietico.
Naturalmente per Berlusconi, si sa, c’è un problema di cultura politica. Lui fino a 15 anni fa faceva il televisionaro e il palazzinaro, e non si era mai occupato di politica (per di più, da allora, non ha mai letto un solo libro, per sua esplicita ammissione). Per questi motivi non sa molto delle cose della storia e della politica italiana. Ma proprio per questo dovrebbe forse non impicciarsi troppo di questioni che non conosce.
Trascriviamo, per sua informazione, il resoconto della seduta della Camera dei Deputati del 6 marzo 1953. «Dopo gli interventi di Palmiro Togliatti e Pietro Nenni prende la parola a nome del governo l’on. Paolo Emilio Taviani (esponente di primissimo piano della parte più moderata della Dc, ndr). Taviani dichiara: “Reverente dinnanzi agli imperscrutabili disegni di Dio, il popolo italiano ha appreso con viva commozione la notizia della dipartita del maresciallo Stalin, dell’uomo che così importante e vasta parte ha avuto negli avvenimenti mondiali di questi ultimi decenni. Il governo invia al governo dell’Urss l’espressione della sue condoglianze”. A questo punto si leva in piedi il presidente Gronchi (democristiano anche lui, che due anni dopo sarebbe stato eletto presidente della Repubblica, ndr) e con lui tutti i deputati: “Con sincero rispetto - egli dice - mi associo alle alte espressioni di cordoglio manifestate per la morte di Giuseppe Stalin. Come eletto dei rappresentanti del popolo italiano, interprete del pensiero comune di tutti i colleghi, esprimerò le condoglianze della Camera italiana ai rappresentanti dei popoli russi, al soviet supremo dell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche. Accogliendo la proposta dell’on. Togliatti sospendo la seduta”».
Berlusconi, data la sua recentissima formazione politica, forse non conosce troppo bene i nomi di Taviani e Gronchi. Gli diciamo noi chi sono: i fondatori, con De Gasperi, del gruppo parlamentare europeo del quale lui fa parte. Cosa dire? Taviani e Gronchi (e Rubinacci e Paratore che parlarono al Senato, e tutti i parlamentari, di tutti i gruppi, che si alzarono in piedi per rendere onore al “maresciallo Stalin”...) come Marcella Ciarnelli sono complici dei delitti stalinisti? E’ una forzatura questo paragone? No, non è una forzatura, anzi, casomai è una forzatura a danno della Ciarnelli: perché Gronchi e Taviani quelle parole le pensarono, le pronunziarono e le confermarono, mentre nel curriculum politico di Marcella Ciarnelli non si ritrova neanche un atto di approvazione dello stalinismo. Eppure la Ciarnelli si iscrisse al Pci quasi più di trent’anni fa (quando Berlusconi stava costruendo i palazzotti di Milano-2, o qualcosa del genere, e il Pci, guidato da Berlinguer, stava cercando di fermare le speculazioni e di riformare l’Italia: cosa che in parte gli riuscì anche abbastanza bene...).
Niente di nuovo: l’ignoranza politica di Berlusconi è abbastanza nota. Del resto a nessuna persona di buonsenso (e lui peraltro è al governo assieme ai dirigenti di un partito che è l’erede del fascismo italiano, e del nazismo, e che solo da una decina d’anni ha accettato, seppure gradualmente, di riconoscere gli “errori” di quelle dittature e di sospendere, in parte, i saluti romani) verrebbe in mente in una conferenza di rendiconto dell’attività annuale del governo, di sollevare polemiche, del tutto prive di pretesti, sui delitti commessi dal regime sovietico negli anni quaranta e nei primi anni cinquanta.
Si può archiviare il tutto come una delle solite gaffe del presidente. Però non è giusto fare così. E’ sbagliato abituarsi. In un paese democratico e liberale non si può ammettere che il Presidente del Consiglio eserciti una azione così palesemente intimidatoria nei confronti della stampa. In nessun altro luogo dell’occidente questo potrebbe accadere. Far finta che siano solo goliardate è pericoloso, perché rischia di alzare la tentazione di autoritarismo che già è molto diffusa.
C’è un solo modo, elegante, per chiudere questo incidente. Che Berlusconi chieda scusa a Marcella Ciarnelli e all’Unità. E ammetta che confondere lo stalinismo con la storia gloriosa e ricchissima della sinistra italiana è un brutto errore e che non si ripeterà. Se avesse il coraggio di fare questo, il Presidente del Consiglio farebbe finalmente una bella figura.


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MEDITAZIONE 26/12/05


LIBERAZIONE
EDITORIALE

Il governo assume 3000 insegnanti

di religione scelti dal Vaticano

Non era accaduto neanche con Mussolini
di Checchino Antonini
Con un decreto proposto dal ministro Udc Baccini - in concorrenza con Alemanno per il posto da candidato sindaco della Capitale - Palazzo Chigi ha autorizzato ieri altre 3077 (tremilasettantasette) assunzioni di insegnanti di religione a tempo indeterminato mentre, in contemporanea, Benedetto XVI dava una spallata poderosa ai residui di spirito conciliare. Più corretto dire che si tratta di 3077 (tremilasettantasette) insegnanti religiosi, meglio, insegnanti cattolici, visto che li ha scelti direttamente la Curia “per capacità pedagogica, retta condotta della vita privata e conoscenza della dottrina”. Ne sa qualcosa la supplente di religione di Pesaro licenziata perché separata e troppo vistosa, alcuni dicevano troppo bella, per un simile incarico. O l’insegnante fiorentina, non sposata ma incinta, licenziata su due piedi per la revoca dell’idoneità e su cui la commissione Pari opportunità ha dovuto fare ricorso alla Corte de L’Aja.
Fatto sta che l’esercito di prof di religione, scelti “come dio comanda”, contava già novemila unità assunte all’indomani del concorso del 2004 riservato ai docenti di religione assunti a tempo determinato. «Per la prima volta una legge dello stato stabiliva che gli insegnanti di religione cattolica potessero essere assunti anche solo con l’idoneità fornita dall’ordinario diocesano. Non era accaduto neanche con Mussolini», dice Enrico Panini, segretario della Cgil scuola. Nel ’29, infatti, l’insegnamento era sì demandato a figure scelte dai vescovi ma che non venivano assunte dallo stato. Ora la torsione è nettissima. «Viene pagata una cambiale elettorale e diventano dipendenti dello stato lavoratori scelti da un altro stato e sulla base di criteri discrezionali», aggiunge Panini. «Quello che gli italiani non sanno è che, al momento, i docenti di religione sono gli unici col posto garantito e a vita perché se dovessero perdere l’idoneità per la religione dovranno essere assunti comunque su un’altra cattedra - aggiunge Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas per la scuola che annunciano una raccolta di firme per abrogare tutte le norme che annullano la laicità nella scuola - in teoria, il Vaticano ogni anno potrebbe revocare le idoneità e far rimpiazzare i 18mila insegnanti di religione. E’ il segno della potenza dell’influenza vaticana - che sta imponendo di nuovo la religione come materia obbligatoria - su questo ministero».
«L’assunzione di oltre tremila insegnanti di religione cattolica è un altro colpo inferto alla piaga del precariato nella scuola, ereditato dai governi passati e che il governo Berlusconi, dopo decenni di disinteresse sta eliminando con misure favorevoli per la religione ma anche per altre materie». Prima di questa sparata propagadistica, l’onorevole Francesco Giro, responsabile per Forza Italia dei rapporti col mondo cattolico, era passato alle cronache per aver invocato l’incenerimento di Indymedia che aveva pubblicato un fotomontaggio irrispettoso per Ratzinger. Ieri è stato il suo turno di tessere le laudi del suo conducator: «Nei primi quattro anni del governo Berlusconi sono stati creati 1 milione e 270mila nuovi posti di lavoro e l’80% a tempo indeterminato». Miracolo? Mica tanto se è vero ciò che ribatte Titti De Simone, deputata di Rifondazone comunista in commissione scuola: «Questo governo non ha assunto nemmeno uno dei precari storici, e sono almeno 76mila a fronte di oltre 100mila posti disponibili. Questo governo si è speso solo per corrispondere alle richieste da Oltretevere tagliando i finanziamenti a scuola e università pubbliche, “bastonando” il personale tecnico amministrativo e il precariato non è vero che lo vuole abbattere perché tende a istituzionalizzarlo con la legge 30 anche nella scuola pubblica».
Per Ruini la befana è arrivata in anticipo proprio come nello spot dei telefonini: niente Ici, buoni scuola triplicati, “far west” contrattuale nelle paritarie le cui regole saranno stabilite solo da atti unilaterali del ministro dato che, nel decreto omnibus, c’è una norma che le sottrae al dibattito parlamentare. «In un paese con classi sempre più affollate di bambini con convinzioni e aspirazioni diverse, la laicità - conclude Panini - è un valore per tutti, laici e credenti».

sabato, dicembre 24, 2005

MEDITAZIONE - 24/12/05

E’ NATALE,

noi incorreggibili divoratori d’infanti tacciamo un momento in onore della nascita di quel mitico Bambino che, si narra, 33 anni dopo fu crocifisso dai teocon del Suo tempo, colpevole d’averli messi in discussione.
Il che non ci impedisce di sentire quel che hanno da dire oggi i “moderati” tanto cari al Merda.
Luciano Seno
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STAMPA 23-12
EDITORIALE
In stanza, fuori stanza
di Riccardo Barenghi
Cresce, si sviluppa, si ingrandisce, si espande e pure quando ti sembra che ce l’hai fatta, l’hai messo in una scatola, lui niente, rispunta fuori, ti scappa di mano, ti casca addosso.
Lui è il conflitto di interessi, quello con la maiuscola, quello di Silvio Berlusconi. Che il presidente del Consiglio ha minimizzato, spesso negato, ignorato, utilizzato contro i suoi avversari che non l’hanno risolto quando potevano, infine chiuso in una gabbia dalla quale non poteva né doveva evadere e nessuno poteva avvicinarlo. La gabbia è la legge che lo stesso presidente del Consiglio ha voluto e che, ovviamente, non tocca i suoi interessi e il conflitto lo «risolve» impedendo al premier di partecipare alle riunioni del Consiglio dei ministri in cui si prendono decisioni che riguardano appunto i suoi interessi. Come se suoi interessi non fossero presenti anche quando lui è assente.
Ma nonostante tutto questo, nonostante l’Autorità Antitrust sia presieduta da un uomo messo lì dallo stesso Berlusconi e che con lui ha lavorato come segretario generale di Palazzo Chigi, nonostante finora mai fosse stato avviato un procedimento contro il premier per il suo conflitto di interessi, nonostante la legge e nonostante Berlusconi, il miracolo è accaduto. E per la prima volta l’Authority ha aperto un’istruttoria sugli affari di Berlusconi, anzi dei due Berlusconi visto che la questione riguarda gli aiuti pubblici alle aziende produttrici di decoder terrestri, delle quali una delle più importanti è del fratello Paolo. Oltre al fatto che, quando il governo decise di mettere la fiducia sulla finanziaria, legge che contiene la norma sugli aiuti ai decoder, Berlusconi si dimenticò di uscire dalla stanza. L’opposizione lo ha fatto notare in Parlamento e il governo è stato costretto a riunirsi di nuovo e in fretta per deliberare un’altra fiducia. Berlusconi stavolta ha rispettato la (sua) legge e ha aspettato in anticamera.
Il suo conflitto invece non ha aspettato più, è uscito allo scoperto. Così evidente, così macroscopico che non si poteva non intervenire (anche se c’è voluta tutta l’ostinazione del senatore della Margherita Luigi Zanda per convincere l’Antitrust a farlo). Quantomeno è stata aperta una procedura per verificare se il conflitto c’è (anche se tutti lo vedono). Visti i tempi, non è poco.
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EUROPA on the Web 24-12
EDITORIALE
Berlusconi si scioglie entro un mese - Poi liberi tutti
La solita torrenziale conferenza stampa di fine anno - Ma per fortuna con lui è l’ultima
Scavalcato il Quirinale sulla fine di legislatura - Casini e Fini fanno da sé
Interminabile, la conferenza stampa di fine anno di Silvio Berlusconi. Tanto da far slittare il Tg1 e suscitare la richiesta dei giornalisti di evitare barzellette per fare prima. Nel profluvio di parole, il premier annuncia lo scioglimento delle camere il 29 gennaio (decisione solitamente prerogativa del capo dello stato) e il voto il 9 aprile, oltre a sciorinare una lezione di marketing sulla iniquità della par condicio: «Chiedo agli alleati di lasciar perdere gli egoismi». Poche ore dopo Casini smonta il giocattolo: «Parliamo del nulla, non c’è tempo per cambiare la legge». Il presidente del consiglio, meno “sognatore” di altre volte, ha ripetuto che i problemi italiani sono responsabilità altrui e che la sinistra «è una palla al piede del paese». Non è mancato un certo allarmismo sul pericolo-terrorismo («i miei comizi sono obiettivi sensibili », forse è per questo e non per paura di flop che ne farà pochi) e il il consueto annuncio di vittoria finale.
Ci si è messo di mezzo il realismo di Casini: «Siamo in svantaggio, dobbiamo dire la verità ai nostri elettori ». A completare il quadro di una giornata poco trionfale, l’altra “punta”, Fini, ha contraddetto Berlusconi sull’amnistia: mentre il premier si è detto favorevole «da sempre», il capo di An ha detto di essere «personalmente contrario» perché «chi sbaglia deve pagare».
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MESSAGGERO 24-12
EDITORIALE
L’IMPAR condicio è tra noi…
…e il Cav ce lo dimostra
di CLAUDIO RIZZA
L’IMPAR condicio è tra noi, ed è assai peggio dell’influenza aviaria. E’ un piccolo, subdolo mostro che fagocita tutte le regole, le sminuzza e le digerisce facendole lentamente scomparire. Agisce così piano che crea abitudine e assuefazione, uccide gli anticorpi e, alla fine, fa sembrare normale che in un Paese normale la conferenza stampa di fine anno del presidente del Consiglio duri due ore e dieci in diretta tv. Anche il Tg1 delle 13,30 viene fagocitato, neanche fossimo di fronte ad un’emergenza mondiale, come l’attacco contro le Torri Gemelle.
E’ un Berlusconi tracimante, logorroico, simpatico, spiritoso, polemico, maligno, imbonitore, e molto altro ancora. E’ il Berlusconi ultimo modello, lo stesso che da Vespa, nell’infuocato Porta a Porta con Della Valle, è riuscito a parlare, senza interrompersi, coprendo persino la musica di Via col Vento che annunciava l’ingresso di Renato Mannheimer. E’ il Berlusconi che ha l’ansia di spiegare al popolo televisivo cosa non è stato detto del milione di cose che ha fatto e cosa è giusto che la gente, finalmente, sappia. La campagna elettorale lo impone, tra un mese le Camere verranno sciolte per andare a votare il 9 aprile. Non c’è tempo da perdere per riguadagnare voti.
Quando non ci sono regole, nessuno è in grado di fermare l’ansia oratoria. Non c’è moderatore all’altezza. Non ci riesce Vespa, di cui il Cavaliere comunque si fida. Non ci provano nemmeno i giornalisti presenti e tantomeno il loro presidente Del Boca. Muti di fronte alla valanga di parole, prima in argomento poi fuori tema. E’ così che le conferenze stampa imboccano la strada del comizio. A domanda vaga, risposta chilometrica. Il politico italiano è un maestro del genere.
Servirebbe darsi una regolata. Ma non c’è un timer, uno straccio di clessidra, un campanello, una sirena che ricordi il trascorrere del tempo. Eppure a Montecitorio basta spingere un bottone per ammutolire microfono e oratore in un lampo. Fissare il tempo è il seme della democrazia: garantire a tutti di parlare, garantire all’accusato la replica, garantire il contraddittorio, tutto ciò è democrazia.
La teoria sarebbe chiara: i giornalisti interrogano, il politico risponde. Se la domanda è impertinente i leader europei più astuti possono imitare la Lady di Ferro, Margaret Thatcher, che guardò uno con occhi gelidi sibilando: «Next question, please», «la prossima domanda, prego». Chissa com’è che da noi non succede mai.
Da noi si parla di par condicio. Il premier la contesta sostenendo come non sia giusto che un partito, con il 30%, abbia in tv lo stesso spazio di uno che ha il 5% o che si presenta per la prima volta. Con questo ragionamento, i partiti già consolidati dovrebbero avere la precedenza su chiunque altro. Eppure è successo che dal nulla, nel recente passato, sia nato l’Asinello dei Democratici, o il partito europeo della Bonino che prese più dell’8%. E’ giusto o no che la politica si rinnovi? E’ giusto o no garantire accessi uguali, se non a tutti, almeno ai più? Ma il vero dilemma ormai è un altro. Visto che Berlusconi ha accettato di sfidare in tv non solo Prodi, ma anche i signori dell’opposizione, Fassino e Rutelli, chi fisserà le regole del gioco? Qualcuno, finalmente, saprà o potrà spegnere il microfono? Per fortuna, in certi casi, si può sempre spegnere la tv. Almeno questo c’è rimasto.

venerdì, dicembre 23, 2005

RESISTENZA - 23/12/05

ITALIENI 23-12
L'antitrust indaga su Berlusconi
L'organismo incaricato di tutelare la concorrenza in Italia ha deciso di aprire un'inchiesta per scoprire se il presidente del consiglio Silvio Berlusconi è incorso in un conflitto d'interessi stanziando finanziamenti pubblici per l'acquisto di decoder per la televisione digitale terrestre - apparecchi che sono commercializzati e distribuiti da un'azienda controllata da suo fratello Paolo Berlusconi. In un comunicato, l'autorità antitrust ha annunciato ieri che
intende "verificare le informazioni fornite da alcuni parlamentari sull'eventuale esistenza di un conflitto d'interessi nell'ambito degli stanziamenti statali per
l'acquisto di decoder".
La Vanguardia, Spagna [in spagnolo]
http://www.lavanguardia.es/web/20051223/51210514953.html
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REPUBBLICA on-line 23-12
Berlusconi: "Su decoder solo accuse inconsistenti"
La conferenza stampa di fine anno
ROMA - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha respinto nella conferenza stampa di fine anno l'accusa di aver favorito con gli aiuti di Stato sui decoder un'azienda del fratello Paolo, vicenda sulla quale l'Antitrust ha aperto ieri un procedimento. "Sono grato all'Antitrust per avere aperto un'inchiesta, perchè sono assolutamente certo di come si concluderà, dimostrando cioè l'inconsistenza delle accuse", ha detto Berlusconi.
Su Bankitalia consultazioni. Berlusconi ha poi risposto anche a una domanda di un giornalista sui criteri di nomina per il nuovo governatore di Bankitalia: “Finite le consultazioni con la maggioranza, consulterò anche l'opposizione. Successivamente ci sarà la possibilità di procedere alla nomina del nuovo governatore". Quanto alla data della nomina, Berlusconi ha spiegato che potrebbe anche essere il 29 dicembre (data del prossimo Consiglio dei ministri).
Fazio persona proba. Il governatore, poi, ha concluso Berlusconi, "ha ritenuto di sua sponte di dare le dimissioni e gli ho rivolto un ringraziamento pubblico e sentito perché il governatore è persona proba e rispettosa delle leggi - ha aggiunto Berlusconi - sarà la magistratura a decidere sul comportamento e sugli atti che il governo ha compiuto in questo difficile passaggio".
Favorevole all'amnistia. "Da sempre sono favorevole all'amnistia, e ritengo che sia insufficiente l'indultimo approvato in questa legislatura", ha detto Berlusconi, dicendosi inoltre "preoccupato per la situazione carceraria". "In uno stato emergenziale come quello delle carceri di adesso penso sia assolutamente opportuno un provvedimento di clemenza", ha concluso.
Le date per le elezioni. Berlusconi ha confermato le prossime tappe per le elezioni: "E' confermata la data delle elezioni politiche il 9 aprile e lo scioglimento delle Camere per il 29 gennaio", ha detto. Il premier ha anche fatto sapere che la data per le prossime amministrative è ancora "da discutere": "Se ne parlerà al Consiglio dei ministri del 29 dicembre".
D'Alema leader dei proletari con barca. Berlusconi ha ironizzato anche sulla barca del presidente dei Ds D'Alema: "A me basta che i suoi elettori considerino che un leader di partito che si presenta come partito proletario dispone di una barca simile: questo mi rende felice", ha detto.
Pronto a incontrare Fassino & C. Berlusconi si è detto pronto a un confronto televisivo con i leader del centrosinistra. ''Sono pronto a sacrificarmi, a incontrare persone che quando mi incontrano voltano la faccia e a confrontarmi in televisione anche con Fassino & C.'', ha detto. A differenza del passato ''Oggi è in gioco il futuro del paese e io sono disposto a confrontarmi anche con chi mi ha calunniato e insultato'', ha aggiunto.
La protesta del Tg1. "Anche quest'anno in occasione della conferenza stampa di fine anno del presidente del Consiglio, il Tg1 delle 13.30 è andato in onda con un'ora di ritardo": lo sottolinea il Cdr della testata che aggiunge: "Anche quest'anno il Cdr del Tg1 esprime totale disaccordo con la decisione aziendale".
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L'UNITA' on-line 23-12
Sommario di I pag.
Berlusconi accusa l'Unità
«Complici di milioni di morti»
Assolve sé stesso e il fratello Paolo dall’accusa di conflitto d’interessi per il contributo statale ai decoder («Accuse inconsistenti. Non sapevo nulla»), annuncia che informerà l’opposizione sulla nomina del governatore di Bankitalia solo dopo aver raggiunto l’accordo nella maggioranza, insulta l’Unità e la sinistra. Un Silvio Berlusconi fluviale e aggressivo, durante la conferenza di fine anno, rifiuta la proposta di un confronto pubblico con i giornalisti de l’Unità: «Avete trascorso la vita nell'errore».
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COMMENTO
Lo scoop di Silvio

di Bruno Ugolini
Saremo quanto prima davvero un popolo di navigatori. La profezia è stata annunciata dal presidente del Consiglio nel suo fluviale incontro con i giornalisti per il bilancio di fine anno. Ha spiegato che con la riforma Moratti tutti i ragazzi, quando finiranno le scuole, sapranno navigare nel ciber spazio. Gli Italiani saranno davvero, a quel punto, un popolo di santi, eroi e navigatori e avranno un avvenire sicuro.
Saranno navigatori di Internet, certo, non alla conquista di nuove terre, come pensava un altro condottiero, il Duce che, appunto, durante il Ventennio d'infausta memoria, aveva fatto scolpire l'obiettivo sulle facciate del Palazzo della Civiltà, nel quartiere dell'Eur a Roma.
La felicità si è diffusa nelle scuole di ogni ordine e grado. Gli studenti ignoravano questi nuovi orizzonti del web che ora il centrodestra offre a piene mani. Ma è solo una tra i miliardi di cose elencate dal capo del governo. Ha spiegato, infatti, tra sguardi vagamente attoniti, che i prezzi sono debellati e per quelli rimasti elevati la colpa è di Prodi, che i precari non ci sono più, gli immigrati sono scomparsi, le tasse anche.
E, come la ciliegina sulla torta, Silvio ha anche fatto sapere che cosa si nasconde dietro la testata, apparentemente innocente di questo giornale, l'Unità che pretenderebbe di dialogare con lui. Gli Italiani devono sapere. E così ha mostrato al mondo una prima pagina di oltre 50 anni fa, quando forse Antonio Padellaro non era ancora nato. La testata annunciava, senza prenderne le doverose distanze, senza almeno pubblicare un parere favorevole e uno contrario, la morte di Giuseppe Stalin. Uno scoop traumatico. Tutti ignoravano questo torbido passato.
Non è finita. Ora sembra che un nucleo di pregiati studiosi, sempre agli ordini di Silvio, stia studiando altre prime pagine dell'Unità. E' probabile che scoprano che questo foglio nel 1924 si presentava come "quotidiano degli operai e dei contadini". E che poi, dopo un doveroso intervento del duce, cadeva nella clandestinità, sostenuta dalle "bande" partigiane, magari per tornare in edicola nell'aprile del 1945 e dare notizia della vergognosa fine di Benito e consorte. Sono davvero particolari raccapriccianti. Peccato che Antonio Gramsci non sia più in vita. Potrebbe tentare di chiedere scusa a Berlusconi.


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MEDITAZIONE 23/12/05


STAMPA 23-12
EDITORIALE

Brutta gente

di Massimo Gramellini
Ciò che colpisce, nell’ondata di riccastri che sta andando in malora sotto le Feste, è la mancanza di uno stile adeguato al ruolo. Da finanzieri e affaristi ci si aspetta che siano disposti a vendere anche la madre per un dividendo. Ma non che la vendano per comprare dei lampadari orribili, circondarsi di mogli improbabili e arrotolare i dipinti del Canaletto nel caveau di una banca, neanche fossero banconote o cannoli. Per qualche strana ragione, a sostenere queste tesi in Italia si finisce per venir tacciati di snobismo e annoverati nella schiera insopportabile dei radical chic. Quando invece il gusto per la sobrietà e l’amore per il bello sono quanto di più semplice e vitale possa esistere in natura.
E’ vero: fin dagli albori della storia i «barbari» trucidi e ignoranti hanno sempre avuto la meglio sulle slombate aristocrazie che detenevano il potere ormai solo nominalmente. Ma i modi spicci vanno di pari passo con la saldezza morale e il rispetto delle proprie tradizioni. E’ proprio perché credono ancora in qualcosa che i «barbari» riescono a spazzar via una classe di imbelli che non crede più a niente.
Ma in cosa credevano questi «furbetti del quartierino»? Qual era il loro disegno politico e umano, se non finanziarsi gli stessi sogni grevi di un qualunque reality show? Il pasticciere Billè ha riempito la sua magione trasteverina di oggetti di rara pacchianeria, facendo la fortuna degli antiquari, che certi vasi d’oro a forma di Coppa dei Campioni non riuscirebbero a sbolognarli neppure a un film di Christian De Sica. E riuscite a immaginare un miliardario ruspante degli Anni 50, il «cumenda» Rizzoli per esempio, che si fa fotografare coi piedi incrociati sopra la scrivania come l’immobiliarista Coppola al Lingotto?
Persino i regali di Natale del giornalista-banchiere Fiorani rivelano la grettezza profonda di questi ricchi senza personalità. Fossero orologi o formaggi, i suoi doni erano comunque «di gran marca», cioè di quella marca che in tutte le riviste che parlano di gente famosa ci siamo abituati ad associare al lusso estremo. Mai una sorpresa, un’intuizione, una scelta laterale. Quando Ricucci ha bisogno di un cuoco di nozze, si rivolge all’orco Vissani, perché lo ha visto a «Domenica In», salvo poi litigare poco elegantemente sul prezzo.
Lo stesso spirito di cattiva televisione anima le scorribande grottesche di Gnutti alle «Mille Miglia» - giubba bianca, casco di cuoio e telefonino incorporato -, le conversazioni telefoniche intasate di acrobazie contabili e pettegolezzi scialbi, l’acquisto compulsivo di ville in luoghi vip da parte di Fiorani. E allo stesso mediocre impulso si ispirano le cadute di stile del governatore Fazio: le camminate in pubblico sotto braccio al suo banchierino preferito, o i viaggi sull’aereo di uno degli istituti di credito che era tenuto per legge a sorvegliare.
Il rampantismo craxiano degli Anni 80 aveva almeno una visione del mondo e una certa vitalità. Invece questi «furbetti» da tribuna d’onore dell’Olimpico saranno anche volgari come i barbari, ma di sicuro più flaccidi della stessa classe dirigente che volevano sostituire. E forse è anche per questo che non sono riusciti a farlo.

giovedì, dicembre 22, 2005

RESISTENZA - 22/12/05

REPUBBLICA on-line 22-12
Conflitto di interessi per Berlusconi
L'Antitrust apre un procedimento
Nel mirino dell'autorità garante della concorrenza gli stanziamenti nella Finanziaria sull'acquisto dei decoder
ROMA - L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha aperto un procedimento per conflitto di interesse sul presidente del Consiglio per gli stanziamenti sull'acquisto dei decoder. L'Antitrust, si legge in una nota dell'Autorità, "nella riunione del 22 dicembre 2005, ha deliberato l'apertura di un procedimento ai sensi dell articolo 3 della legge sul conflitto di interessi. Il procedimento riguarda il Presidente del Consiglio e punta a verificare quanto segnalato da alcuni parlamentari circa l'eventuale sussistenza di una situazione di conflitto di interessi nell'ambito degli stanziamenti stabiliti dalla legge Finanziaria a favore dell'acquisto di decoder televisivi".
L'ultimo atto, quello che ha dato spunto all'apertura del procedimento dell'Antitrust, è un esposto dell' Unione di due giorni fa: "Con la fiducia sulla legge finanziaria, l'on. Berlusconi si è assunto la responsabilità di atti governativi a favore anche del fratello" si leggeva ieri in una nota dei presidenti dei gruppi dell'Unione alla Camera dei deputati, con la quale si annunciava la presentazione all'Antitrust un esposto sull'argomento.
L'indice è puntato sulla questione di fiducia, decisa dal Consiglio dei ministri il 14 dicembre e votata dalla Camera dei Deputati nella seduta del 15 dicembre, su un maxiemendamento sostitutivo del'intera legge finanziaria, "comprendente contributi pubblici per l'acquisto dei decoder per il digitale terrestre, distribuiti e commercializzati in Italia anche da una società controllata dal signor Paolo Berlusconi, fratello del presidente del Consiglio dei ministri".
Nell'esposto all'Antitrust i capigruppo del centrosinistra alla Camera rilevavano che, "in base al nostro ordinamento, la posizione della questione di fiducia investe in via diretta ed immediata la responsabilità del Presidente del Consiglio ('dirige la politica generale del Governo e ne è responsabilè e, conseguentemente, ha il compito di mantenere 'l'unità di indirizzo politico ed amministrativo" del governo, come recita l'art. 95 della Costituzione), per cui la presenza o l'assenza del presidente del Consiglio alla deliberazione relativa alla posizione della questione di fiducia è del tutto ininfluente, ai fini della responsabilità diretta del presidente del Consiglio, perchè si tratta di questione che non può essere deliberata senza il suo consenso e la sua autorizzazione".
"Ne consegue - precisava la nota - che, nel porre la questione di fiducia su un maxiemendamento che, tra l'altro, comprendeva norme di favore per suo fratello, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è incorso nel conflitto di interessi.
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IL RIFORMISTA 22-12
Corsivo
La barca fa più notizia del decoder

Em.ma
Nei tempi odierni ci sono notizie-non notizie che hanno grande rilievo sui giornali: è il caso di Massimo D’Alema, per un conto in una agenzia romana della Banca di Lodi che gli stessi giornali considerano regolarissimo. Mentre ci sono notizie che non hanno rilievo. Per esempio, a me pare rilevante la notizia data alcuni giorni fa del senatore Luigi Zanda, il quale ci ha fatto sapere che su sua segnalazione l’autorità antitrust promuoverà accertamenti sull’ipotesi di conflitto di interessi a carico del presidente del Consiglio. Il senatore infatti aveva segnalato a quell’autorità che il consiglio dei ministri aveva deciso di concedere contributi per l’acquisto dei decoder per il digitale terrestre, commercializzati nel mercato italiano da una società di suo fratello Paolo. Il contribuito è previsto dalla finanziaria, di cui il presidente del Consiglio è titolare per legge. Ricordo bene che quando il consiglio dei ministri discusse la legge Maroni sul Tfr, per non agevolare la sua Mediolanum, Berlusconi si alzò e andò a pisciare. Fu così che evitò il conflitto d’interessi. Ha fatto la stessa pisciata per il decoder del fratello? Per saperlo, aspettiamo le sentenze dell’Antitrust.
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ITALIENI 22-12
Berlusconi difende il saluto fascista
"È un bravo ragazzo, ma un po' esibizionista". Il premier italiano Silvio Berlusconi ha così commentato il saluto romano rivolto ai suoi tifosi da Paolo Di Canio. Secondo il Cavaliere, il gesto del calciatore laziale - che è stato condannato a pagare una multa di diecimila euro ed è stato sospeso da una partita - è stato frainteso. Parlando ai giornalisti stranieri durante il tradizionale pranzo di Natale, Berlusconi ha aggiunto che il fascismo di Mussolini non fu una dottrina criminale e che il Duce volle solo partecipare al potere di Adolf Hitler.
The Times, Gran Bretagna [in inglese]
http://www.timesonline.co.uk/article/0,,13509-1953060,00.html
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Colazione tricolore
Silvio Berlusconi è convinto che vincerà le elezioni di aprile. Ieri ha invitato a colazione alcuni corrispondenti stranieri a cui ha consegnato il suo messaggio ottimista: "I sondaggi ci danno sotto di due punti, quasi in pari, e
gli italiani non saranno tanto frivoli da consegnare il governo a una sinistra che continua ad affondare le sue radici nel comunismo". Nonostante il raffreddore, il Cavaliere è stato cordiale e simpatico come sempre, e non
ha avuto paura di affrontare i temi più delicati. Sul caso Abu Omar, per esempio, ha difeso il comportamento degli Stati Uniti. Berlusconi ama offrire ai suoi ospiti piatti tricolore: ieri c'erano insalata di pomodori, mozzarella e salvia, maccheroni con salsa tricolore, vitello con flan tricolore e gelato tricolore.
El País, Spagna [in spagnolo]
http://www.elpais.es:80/articulo/elpporint/20051221elpepiint_13/Tes/?print=1
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CORSERA 22-12
PAROLE & POLITICA
Silvio alle corde
“Dovremmo cassare la par condicio e far parlare solo lui. Concitato, prepotente, sulla difensiva, insultante la libera stampa. Un pugile alle corde che si dimena scompostamente.”
Franco Monaco, vicepresidente dei deputati della Margherita, dopo la puntata di «Porta a Porta» con il premier Berlusconi
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STAMPA 22-12
Corsivo
Forse è meglio non gridare al lupo, al lupo
di Lietta Tornabuoni
Chi ha qualche responsabilità, piccola o grande, privata o pubblica, conosce benissimo il trucco: usare il pessimismo per autoproteggersi, per coprirsi le spalle. Se dichiari che le cose andranno male, che il pericolo incombe, che sarà difficile farcela, che ci si deve preparare al peggio, va sempre bene: quando va male sul serio, tu l'avevi detto, l'avevi previsto per primo e non hai colpa di quanto accade perché non ti hanno dato retta; quando invece non va male, il merito è tuo, l'avevi capito in anticipo e hai provveduto con successo (…)
Anche a questo si deve l'iniziale successo popolare di Berlusconi: dopo tanti profeti di tristezze, pareva una straordinaria novità questo leader che, come Papà Natale con i suoi doni, portava ottimismo e slancio, fiducia nel futuro, promesse di benessere, entusiasmo, sorrisi e canzoni. Era un tale sollievo, che a molti ci volle tempo per capire che quanto portava era soprattutto fumo.


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MEDITAZIONE 22/12/05


L'UNITA' on-line 22-12
BANNER
«A Berlusconi piace offrire agli ospiti stranieri cibi strettamente tricolori come la bandiera italiana. Gli è accanto Bonaiuti. La sua gestualità è sincronizzata con le parole del Cavaliere tanto da sembrare la traduzione in linguaggio visivo per sordomuti. Gli soffia nell’orecchio “Prudenza” quando Berlusconi si riferisce a Mussolini: “il fascismo non è mai stato una dottrina criminale”»
Eric Gonzales, El Pais, 21 dicembre 2005
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EDITORIALE

Allarmi son fascisti

di Vittorio Emiliani
Sta montando una nuova mussolineide, con l'avallo del Cavaliere che, dopo una dittatura fascista «bonaria», ce ne segnala una senza «disegno criminoso»: non bastano i 28.000 anni di carcere e di confino irrogati dai Tribunali Speciali, gli assassinii mirati ed eccellenti, le decine di migliaia di perseguitati e di esuli, l'estinzione di ogni libertà, i morti della guerra, ecc. Dopo i reiterati saluti romani del calciatore Paolo Di Canio (difeso o giustificato da tanti giornalisti sportivi, anche della Rai) davanti ad una curva di tifosi con simboli celtici e altri armamentari, punibili ai sensi di una legge che vieta l'apologia del fascismo, ci si mette la nipote Alessandra in cerca di nuova/vecchia notorietà politica.
E tira di mezzo Bruno Vespa nei panni di un possibile «zio». Intanto, Predappio, paese natale del duce, rischia di diventare un supermercato per i nostalgici del ventennio: ricordi, gagliardetti, divise, immagini del duce, manganelli, cartoline con Benito in mille pose, shampoo «Menefrego» e altre lugubri scemenze. Che tali sarebbero se la «bonaria» dittatura fascista (Pansa ci perdoni) non avesse seminato di lutti l'Italia e se i pellegrinaggi cimiteriali predappiesi non finissero con cori, grida, saluti romani, slogan deliranti.
Di recente, la rubrica delle lettere del Corriere della Sera ha ospitato una certa polemica in materia, conclusa dalla rassicurazione offerta dalla signora Anna Teodorani (dell'omonima famiglia del federale Vanni Teodorani Fabbri forse): quel supermercato della nostalgia mussoliniana dà lavoro a non poche famiglie e ciò basti. Valore dominante: se il commercio va, tutto va, il resto non conta.
In anni ormai lontani il locale Comune, governato dalle sinistre fin dal '46, era stato ben più restrittivo in proposito e con esso la Prefettura.
Fra l'altro, di Predappio è pure la famiglia degli Zoli, cattolici popolari e antifascisti, il cui esponente più in vista, il presidente del Consiglio, Adone, è sepolto con grande sobrietà nello stesso cimitero di San Cassiano. Fu lui a rendere la salma alla vedova Rachele verso la quale il paese mantenne un rispetto esemplare. Soltanto quando le venne l'idea di aprire un ristorante alla Rocca della Caminate, volò qualche sassata contro i vetri e la Rachele ebbe il buon senso di chiudere l'impresa.
La Rocca torna ora d'attualità per l'ennesimo progetto di riuso, promosso stavolta dall'Amministrazione Provinciale. La casa natale del duce è stata anni fa opportunamente riscattata dal Comune, restaurata ed adibita a mostre periodiche di storia e di costume. Per la Rocca - «liberata» dai partigiani e dalle truppe alleate il 28 ottobre 1944 (ricorrenza fatidica) con l'attiva partecipazione dell'ufficiale Giorgio Spini, lo storiografo fiorentino - la Provincia avanza una ipotesi che ha destato critiche assai forti fra gli intellettuali forlivesi.
Vi dovrebbe infatti trovare spazio un Museo dell'Idea di Romagna, tutto virtuale, dove rivivrebbero i personaggi più famosi di questa area storica, da Artusi a Pascoli, a Fellini, passando naturalmente per Mussolini ma pure per Secondo Casadei. Il kitsch sembra garantito.
Nei sotterranei della Rocca delle Caminate venne ucciso il partigiano Antonio Carini (Orsi). A Predappio è trascorso invano l'80° anniversario della morte, avvenuta nel '25 a seguito delle ripetute percosse squadriste, dell'ultimo sindaco prefascista, il socialista Ciro Farneti.
Intanto il supermercato della nostalgia prospera e monta una grottesca mussolineide. Di Canio assicura che ci riproverà, Alessandra Mussolini pure, Bruno Vespa si limita, per ora, a parlare di Resistenza, di guerra civile e del suo ultimo libro, mentre fa la pasta con Antonella Clerici su Raiuno. Servizio pubblico, tv di qualità.