lunedì, ottobre 31, 2005

RESISTENZA - 31/10/05

REPUBBLICA on-line 31-10
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Il pacifista guerrafondaio
"O le cose cambiano oppure sarà necessario agire concretamente con tutti i mezzi diplomatici o politici possibili e senza escludere l'opzione militare. Si può essere incauti per troppa fretta, ma anche se si passa all'azione troppo tardi"
(Silvio Berlusconi, il Foglio, 10 settembre 2002)
"E' necessaria e indispensabile una risposta per salvaguardare la comunità internazionale dal pericolo costituito da un accumulo di armi di sterminio di massa da parte dell'Iraq"
(Silvio Berlusconi all'Onu, 13 settembre 2002)
"I no alla guerra senza se e senza ma non bastano a costruire la pace, perché c'è già il pericolo, quando si gioca con la preoccupazione della gente di fronte al rischio militare, di rendere più difficile la realizzazione di un obiettivo sacrosanto come disarmare l'Iraq"
(Silvio Berlusconi al Senato, 19 febbraio 2003).
"L'Italia è un paese non solo amico, ma anche leale e condivide in pieno gli sforzi americani per esportare la libertà e la democrazia nel mondo. L'Italia si è assunta la sua quota di responsabilità e la manterrà sia per la crisi irachena che per la lotta al terrorismo internazionale. L'Italia sarà vicina agli Stati Uniti in questa missione di libertà e democrazia senza esitazioni ritenendo che solo così si può combattere il terrorismo in tutto il mondo"
(Silvio Berlusconi, Ansa 26 gennaio 2004)
"Io non sono mai stato convinto che la guerra fosse il sistema migliore per arrivare a rendere democratico un Paese e farlo uscire da una dittatura anche sanguinosa"
(Silvio Berlusconi, La7, 29 ottobre 2005)
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L'UNITA' on-line 31-10
Sommario di I pag.
Iraq, ma quale ripensamento
George e Silvio alleati for ever
Doveva essere un vertice in tono minore. Il vertice dello scandalo dei falsi dossier sulle armi di distruzione di massa e delle dichiarazioni del premier italiano sulla guerra in Iraq come "errore". E invece Silvio Berlusconi, dopo l'incontro alla Casa Bianca, con Bush torna l'alleato fedele di sempre, perché, spiega, l'Italia è «orgogliosa di poter essere accanto agli Usa nell'estendere le frontiere di libertà e democrazia». Anche con la guerra in Iraq. Quanto all'amico George «per cosa ha fatto, resterà nella storia».
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EDITORIALE
La politica delle bugie
di Nicola Tranfaglia

Se fosse a disposizione il titolo di bugiardo dell’anno Silvio Berlusconi non avrebbe rivali, non solo per quest’anno ma per l’ultimo decennio.
L’attuale presidente del Consiglio, dopo aver sostenuto per quasi tre anni che la guerra in Iraq scatenata dal presidente americano Bush in maniera unilaterale facendo trovare le Nazioni Unite e tutti gli alleati di fronte al fatto compiuto, ha scoperto l’altro giorno di essere un pacifista ante-litteram.
E infatti adesso ricorda di aver cercato di convincere fino all’ultimo l’amico americano di evitare il conflitto armato.
Ora i casi sono due: o Berlusconi era davvero contro la guerra e non si vede perché non abbia seguito l’esempio della Francia di Chirac e della Germania di Schroeder che hanno scelto di astenersi dall’intervento senza per questo rompere l’alleanza con gli Stati Uniti, oppure la recente resipiscenza di Berlusconi nasce dalla tardiva presa di coscienza che la grande maggioranza degli italiani è stata in questi anni contro la guerra e dalla constatazione che con le elezioni politiche che si avvicinano è pericoloso insistere sulla tesi ridicola per cui l’Italia partecipa all’occupazione dell’Iraq, ha le sue truppe a Nassiriya in perfetto assetto bellico, il 20 novembre 2003 ha perduto diciassette carabinieri e ha dovuto subire l’assurda sentenza americana per la morte del funzionario dei servizi segreti Calipari poco dopo la liberazione di Giuliana Sgrena.
Nell’uno come nell’altro caso ci troviamo di fronte a una menzogna assai grave perché non riguarda un particolare di scarsa importanza, bensì una scelta fondamentale compiuta dal governo di centro-destra in aperto disprezzo di quel che sentiva la grande maggioranza dell’opinione pubblica italiana testimoniata da grandi manifestazioni in tutto il Paese e in aperto contrasto con l’articolo 11 della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti internazionali.
Ma siamo in un Paese nel quale, a differenza di quel che avviene nella democrazia americana e in altre democrazie europee, mentire alla collettività non comporta né scuse né tanto meno dimissioni dalle proprie cariche.
Nello stesso tempo si crea una situazione di disagio e di scarsa fiducia nella classe dirigente che porta all’aumento continuo del distacco tra la società politica e quella civile, nella crescita progressiva di quel partito del non voto che negli ultimi tre decenni ha visto diminuire sempre di più il numero degli elettori che si recano ai seggi per contribuire alle scelte della nazione.
Sortite come questa ultima del presidente del Consiglio confermano purtroppo che l’ultimo tratto della quattordicesima legislatura si trascina stancamente tra finanziarie che cercano disperatamente di recuperare il disordine enorme dei conti pubblici e trovate effimere del grande populista che tenta attraverso la strana proporzionale e la revisione costituzionale di limitare l’inevitabile sconfitta.
È chiaro ogni giorno di più che il conto complessivo del quinquennio berlusconiano è assai pesante e che gli italiani ne sono ormai consapevoli.
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CORSERA 31-10
HA SMENTITO SE STESSO
«Berlusconi ha smentito se stesso e quello che aveva detto due giorni fa: niente di nuovo, il premier non ha il senso delle istituzioni e della coerenza, purtroppo chi ci rimette è la credibilità dell’Italia». Così il coordinatore dei Ds Vannino Chiti commenta le dichiarazioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dopo l’incontro con George W. Bush. «Indipendentemente dall’appartenenza politica, oggi dovrebbe essere chiaro a tutti chi guida questo governo: Berlusconi manca totalmente di senso dello stato - aggiunge Chiti - e senza di questo le sue scelte diventano prive di fondamento. Dovrebbe essere altrettanto chiaro - conclude il coordinatore della Quercia - ciò che il centrosinistra dice da tempo, e cioè che questo governo manca di una politica estera degna di questo nome, perché Berlusconi porta avanti solo una politica delle battute e di pacche sulle spalle».
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CITAZIONE
Ieri Berlusconi, informato sulle disgrazie di Bush, ha detto: «Lo conosco appena, e quando ho saputo che voleva fare la guerra gli ho detto: ma che sei matto? Neanche un bambino può credere che la democrazia si esporta con la guerra...». Come si fa a far polemica con uno così? Troppo simpatico: sembra Alberto Sordi!
(Piero Sansonetti, Liberazione 31-10)

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MEDITAZIONE - 31/10/05

STAMPA 31-10
EDITORIALE
Il supermarket della politica
di Marcello Sorgi
Dopo il successo di Prodi e del centrosinistra nelle primarie, ci si aspettava, da parte di Berlusconi e del centrodestra, una reazione, o, di più, un colpo di teatro. Invece la Casa delle libertà, colpita dalla grande affluenza degli elettori dell'Unione, non ha spostato di una virgola la propria strategia. Anzi, a conferma che la prospettiva è quella del recupero pieno della logica proporzionalista riportata in auge dalla nuova legge elettorale, nel giro di pochi giorni, prima il leader dell'Udc e presidente della Camera Casini, poi il ministro degli Esteri e presidente di An Fini, hanno spiegato che alle prossime elezioni intendono competere con Berlusconi per contendergli la premiership.
E a sorpresa anche il presidente del Consiglio, che in passato aveva liquidato sbrigativamente qualsiasi tentativo di rimettere in discussione il suo ruolo di capo del centrodestra, s'è detto pronto a gareggiare con i suoi alleati: a condizione che il leader del partito che prenderà più voti sia poi appoggiato lealmente da tutti i membri della coalizione e designato alla guida del governo. Così, nel giro di poche settimane, se come tutto lascia prevedere la legge elettorale sarà approvata, gli italiani si troveranno insieme di fronte una grossa novità e una partita sghemba. Non più il gioco uomo contro uomo, ripetuto, amplificato e moltiplicato matematicamente, dal piccolo collegio di periferia alla poltrona centrale di Palazzo Chigi.
Ma uno scontro inedito tra un uomo e la sua coalizione, da una parte, e un battaglione di aspiranti premier con i loro partiti di riferimento dall'altra. Per sapere quale delle due strategie sia vincente occorrerà aspettare le elezioni. Quale invece sia più rischiosa, si può cercare di comprenderlo già adesso. Il centrosinistra è convinto che dagli oltre tre milioni di elettori che hanno votato Prodi (e dagli oltre quattro che hanno partecipato alle primarie) sia venuto un chiarissimo sostegno al proprio leader, un invito all'unità della coalizione e anche un segno di rifiuto per la nuova legge elettorale, vissuta come un'imposizione e un tentativo della maggioranza di salvarsi cambiando le regole in extremis.
Di qui, non solo la scelta di marciare come se nulla fosse e il maggioritario non stesse per essere abolito, ma anche quella di rilanciare la lista unitaria per Prodi, costruita per le europee e abbandonata subito dopo per tornare alla logica della collaborazione-competizione tra i diversi partners dell'alleanza. Nel centrodestra, al contrario, s'è diffusa la convinzione che in un gioco con nuove regole muoversi adoperando le vecchie sarebbe un errore. Ecco dunque l'improvvisa disponibilità di Berlusconi a legittimare come concorrenti i suoi alleati; ed ecco la moltiplicazione di sigle e partiti senza alcun tentativo di accorpamento, fino a dare via libera alla nuova Dc di Rotondi, o al nuovo Psi mutilato dall'appoggio di Bobo Craxi e rammendato alla meglio.
Tutto ciò, va da sé, potrebbe risultare incomprensibile a un elettorato come quello della Casa delle libertà, nato e cresciuto in epoca maggioritaria e abituato alla forte mobilitazione e all'appello del proprio leader. Il rischio esiste e il Cavaliere ne è consapevole. Ma se ha deciso la svolta, una ragione deve averla. Berlusconi infatti, dacché è in politica, s'è sempre mosso a spariglio, senza porsi mai limiti ideologici o pregiudiziali. La sua unica regola è il marketing, la capacità, per renderlo vincente, di adattare sempre il prodotto alle esigenze dei consumatori. Undici anni fa, al momento della scesa in campo, fu capace di unire due alleanze distinte e allora incompatibili, come quelle con la Lega, al Nord, e con Alleanza nazionale e il Ccd al Centro-Sud.
Anche oggi il premier si muove con la stessa logica. Non sottovaluta l'erosione dei consensi per la Casa delle libertà, rivelata da tutti i sondaggi. E se non tiene in conto il logoramento della propria immagine personale (argomento difficile da toccare con il Cavaliere), considera insanabili, in pochi mesi, i danni provocati in questi anni dalla litigiosità interna della coalizione. Dopo anni di cattivo esempio e cattivi rapporti tra i leader del centrodestra - teme Berlusconi -, i suoi sostenitori, che pure rimangono la maggioranza dell'elettorato, trovandosi a dover votare per un candidato unico di coalizione in un collegio maggioritario, avrebbero potuto reagire con l'astensione. Non così se chiamati, ciascuno dal proprio leader, e in nome delle proprie identità e appartenenza, a votare per il proprio partito e contro i veri avversari da battere.
Scegli quel che vuoi, ma vota, e vota contro il centrosinistra: questo è il primo spot della campagna che Berlusconi ha già tutta in testa. E poi, di seguito: non ti piace Berlusconi? Vai con Fini o Casini. Sei giovane, ti piace il Cavaliere, ma lo trovi anziano? Dai un segnale per la successione. Sei più di centro che di destra? Vota Forza Italia. Sei rimasto dc? C'è Casini. Sei di destra-destra? Vai con Fini. Sei ancora fascista? C'è la Mussolini. Sei socialista, liberale, radicale? Guarda bene nel nostro scaffale, troverai ciò che cerchi.
In altre parole, una specie di supermarket della politica. Tipica strategia aziendale berlusconiana, con il capovolgimento della logica vincente che aveva fatto coincidere, all'inizio, la vittoria del centrodestra con la nascita della Seconda Repubblica. Una scelta estrema, obbligata, spregiudicata, si dirà: non soltanto di Berlusconi, ma di tutti i leader del centrodestra, che si giocano l'intera posta alle prossime elezioni, sapendo di non poter sopravvivere facilmente, e politicamente, a un'eventuale sconfitta.
Forse anche una mossa disperata. Oppure un'intuizione. Resta infatti da capire che succede, se alla fine, ciò che oggi appare improbabile, a dispetto di tutte le previsioni, funziona.

sabato, ottobre 29, 2005

RESISTENZA - 29/10/05

TUTTI I BLUFF DI BERLUSCONI… (TUTTI?)
L'UNITA' on-line 29-10
EDITORIALE
Il bluff del Cavaliere
Berlusconi non sa cosa stia succedendo all’economia e conosce solo gli affari che lo riguardano, ma è chiaro che il suo governo ne sa persino meno di lui
di Paolo Leon
Quest’anno non finisce mai: il Consiglio dei ministri ha appena approvato una nuova manovra di circa 6 miliardi di euro, perché è diventato evidente quel che si sapeva già, e cioè che il buco di bilancio era superiore alle stime del governo. È però interessante che la causa del maggior deficit sia attribuita alla difficoltà di vendere gli immobili di proprietà pubblica.
Era prevedibile questa situazione? Non c’è dubbio. I prezzi dell’edilizia residenziale sono cresciuti per molti anni più di qualsiasi altro prezzo (eccetto il petrolio), e molti si sono da tempo posti la domanda sul quando sarebbero diminuiti, non sul se: nessuno dubitava, infatti, che anche questa bolla speculativa sarebbe scoppiata.
In altre parti del mondo, il mercato finanziario sta da mesi cercando di scontare anticipatamente la fine del boom immobiliare.
Il boom degli immobili nasce dalla crisi delle Borse del 2000-2001, perché risparmiatori e finanzieri preferirono comprare e vendere immobili piuttosto che azioni. Quando le Borse hanno ricominciato a salire, la corsa agli immobili doveva ridursi: è successo, sia pure con qualche ritardo. Così, il buon andamento delle Borse, che porta alla fine del ciclo edilizio, rischia di andare a monte, proprio perché la fine di quello stesso ciclo mette in pericolo il sistema bancario.
Che il ciclo edilizio abbia terminato la sua corsa è evidente.
Ho l’impressione che le recenti mancate scalate degli immobiliaristi, non siano solo dovute al ritiro delle banche da affari brutti quando non sospetti, ma anche ad una nuova, improvvisa prudenza di fronte al rallentamento del settore e al prossimo aumento dei tassi di interesse nell’area dell’euro.
Il problema non è, tuttavia, che il governo non abbia saputo prevedere quel che stava succedendo, e nemmeno che non voglia prevedere gli eventi che gli dispiacciono. Berlusconi, però, un certo fiuto per gli affari ce l’ha - e da tempo si è disfatto delle proprie imprese immobiliari, trasferendole ad altri, meno provvidi imprenditori. Il punto è proprio qui: Berlusconi sapeva da tempo che la bolla immobiliare non sarebbe durata ma il suo governo ha agito come se non lo sapesse. Come il contadino che sogna di vendere la ricottina al mercato, con il ricavo farne altre e venderle finché diventa ricco, ma fa subito cadere la ricottina, così il governo immaginava la vendita degli immobili dello Stato: una lunga serie di entrate, capace di coprire ogni progetto, dalla chiusura del buco di bilancio al Ponte sullo Stretto, alla carità alle famiglie. Il governo - ma non Berlusconi - ignorava che la domanda di immobili potesse calare. Il governo - ma non Berlusconi - ignorava che le banche che avrebbero dovuto finanziare gli acquirenti di quegli immobili avrebbero potuto non farlo. Il governo - ma a Berlusconi la cosa non importava - non pensava che gli enti locali non avrebbero venduto volentieri i loro patrimoni, solo per permettere allo Stato di tagliar loro i trasferimenti. Così, l’anno si avvia alla fine con tre brutte notizie: una manovra che toglie ingenti risorse all’economia, la fine del ciclo espansivo dell’edilizia, un nuovo pericolo per il sistema bancario. Berlusconi non sa cosa stia succedendo all’economia e conosce solo gli affari che lo riguardano, ma è chiaro che il suo governo ne sa persino meno di lui.
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CITAZIONE
Celentano spiegato al popolo
La faccia tosta di certa gente è incredibile. Su ordine del loro boss, proprietario della più grande emittente privata sequestrano per cinque anni il servizio pubblico radiotelevisivo. S’impadroniscono della programmazione di due reti e tengono sotto tiro la terza. Gestiscono una montagna di quattrini; e quando i soldi finiscono aprono un bel buco di bilancio. Mettono i loro domestici e famigli su tutte le poltrone che contano.
Il loro compito è censurare, vietare, sopprimere, tagliare. Vi si dedicano con zelo: controllano perfino le mazzette dei giornali da cui cancellano i fogli dell’opposizione, e guai a chi fiata. Coloro che non giurano fedeltà al duce vengono emarginati e umiliati. Le voci libere sono zittite, cacciate.
Poi, un bel giorno un famoso uomo di spettacolo decide di fare di testa sua; e siccome non ne possono fare a meno, perché l’ascolto cala (e la pubblicità pure) sono costretti a concedergli carta bianca. Quando il famoso personaggio decide di ospitare per qualche minuto un popolare giornalista, licenziato con un editto bulgaro perché non omogeneo al regime, e quando mostra le immagini di altri giornalisti buttati fuori, insieme a una classifica internazionale da cui risulta che in Italia la libertà di stampa è limitata, allora scoppia il finimondo. Il boss s’indigna mentre i dipendenti gridano contro la satira a senso unico della sinistra. Una protesta talmente grottesca che ben presto si ritorce contro chi l’ha pensata.
Occorre, dunque, cambiare tattica. Cosicché, quando il giovedì successivo un grande clown crea un numero spassosissimo ma innocuo, eccoli là a lodare la satira (quella buona s’intende) e a magnificare la grande libertà di cui possono godere i cittadini di questo fortunato paese (con l’eccezione del forzista Vito a cui, forse, non hanno spiegato che c’era il contrordine).
Non parliamo poi delle questioni ad alta intensità politica. Ci sono milioni di nostri concittadini che nulla sanno e nulla mai sapranno, per esempio, del caso Calipari o dell’Emigrante o del perché mai il loro premier l’abbia sempre fatta franca nelle aule di giustizia. Tenuti all’oscuro di quasi tutto ciò che concorre a creare senso di consapevolezza e quindi opinione pubblica sono i figli di una democrazia minore a cui si cerca di far credere che Celentano e Benigni sono due giornalisti e Rockpolitik la libertà di stampa.
(Antonio Padellaro)
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ALTRO BLUFF…
REPUBBLICA on-line 29-10
Berlusconi: "Cercai di convincere Bush a non fare la guerra in Iraq"
Il Cavaliere afferma di essere sempre stato contrario all'offensiva contro Saddam
ROMA - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha affermato oggi in un'intervista a La7 di non aver mai voluto la guerra in Iraq, anzi di aver cercato inutilmente di convincere a non intraprenderla il presidente Usa George W. Bush. "Io non sono mai stato convinto che la guerra fosse il sistema migliore per arrivare a rendere democratico un paese e a farlo uscire da una dittatura anche sanguinosa", ha detto Berlusconi.
"Io - ha detto ancora il premier, a pochi giorni dall'inchiesta di Repubblica sulle responsabilità del governo italiano nella costruzione di prove false da fornire a Bush per giustificare la guerra - ho tentato a più riprese di convincere il presidente americano a non fare la guerra (...). Ho tentato di trovare altre vie e altre soluzioni, anche attraverso un'attività congiunta con il leader africano Gheddafi. Non ci siamo riusciti e c'è stata l'operazione militare (...). Io ritenevo che si sarebbe dovuta evitare un'azione militare".
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CITAZIONE
La lettera di Bush
L'alleato di ferro di George W. Bush riteneva che la guerra «preventiva» si poteva e si doveva evitare. A quasi due anni dai primi bombardamenti su Bagdad si scopre ora che Silvio Berlusconi ci ha provato in ogni modo a convincere il presidente americano che non sarebbe stato giusto scatenare l'offensiva militare in Iraq. Parole di cui si ha notizia nelle ore in cui si allungano ombre sul governo italiano per il caso del Cia-Gate e il giorno prima della visita ufficiale a Washington del presidente del Consiglio.
Il 17 marzo 2003, due giorni prima dell'inizio della guerra, Bush scrive una lettera a Berlusconi. «Caro Silvio, mentre stiamo affrontando una minaccia senza pari, desidero esprimere la gratitudine del popolo americano per lo straordinario sostegno che tu e il tuo governo avete dato alla guerra globale contro il terrorismo. Ti sei schierato con noi e noi non lo dimenticheremo».
(Corsera 29-10)
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TERZO BLUFF…
IL RIFORMISTA 29-10
Corsivo
Caro Fini, così la gara è truccata
Em.ma
Gianfranco Fini ha detto che le elezioni politiche col sistema proporzionale, per la Casa delle Libertà, saranno le vere primarie. Infatti Fini, come Berlusconi e Casini, si candiderà in tutti i collegi, e chi totalizzerà più voti, se la coalizione del centro-destra vince, sarà il candidato premier. Lo stesso discorso in sostanza lo fa Casini. Fra i tre si aprirà quindi una vera competizione? No. Anzi, abbiamo l’impressione che si tratti di un trucco per tentare di bloccare l’esodo di elettori di destra che non sopportano più Berlusconi. Il quale sarà indicato esplicitamente, all’atto del deposito delle liste, come il leader della coalizione di centro-destra. Tale indicazione non è vincolante per la scelta del capo dello Stato (il primo testo della legge elettorale è stato modificato su indicazione del Quirinale), ma ha un significato politico inequivocabile: il capo è Berlusconi. Il quale chiede voti perché designato a quel ruolo anche da Fini. Questi, se non bara, ha una strada: abolire l’articolo della legge in cui si chiede di indicare il leader della coalizione. Il coraggioso capo di An presenterà l’emendamento? O la gara sarà truccata con il consenso dei concorrenti? Ridicolo.

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MEDITAZIONE - 29/10/05

APRILEONLINE 29-10
Berlusconi contumace
Parte il processo sui ''fondi neri'' Mediaset
[C. Rug.]
“Non posso venire, faccio il presidente del Consiglio. Verrò dopo...”. Un paio di righe in busta chiusa, o quasi: destinatario Fabio Paparella, gup di Milano, mittente Silvio Berlusconi da Arcore, imputato. Con questa parole di rappresentanza affidate al personalissimo pool di legali, ieri il Cavaliere ha disertato la prima udienza preliminare dell'inchiesta Mediaset (sulla compravendita delle majors Usa di diritti cine-tv da parte di Fininvest/Mediaset per 470 milioni). Come lui, gli altri tredici imputati coinvolti nella vicenda, tutti, premier compreso, dichiarati contumaci.
Nonostante le illustri assenze, l'udienza a porte chiuse è comunque andata avanti, rinviando le parti (mediaset, come parte civile, il Ministero dell'Economia e Fininvest come parte offesa) come previsto, al prossimo 7 novembre per consentire alla difesa degli imputati di prendere in esame il materiale nuovo depositato in procura, circa 1500 pagine, e al gup di pronunciarsi sulla richiesta di trasferimento del processo a Brescia.
Tre, ieri, i punti all'ordine del giorno sull'agenda del gup Paparella. Il primo taglia le gambe alle speranze della difesa che per guadagnare tempo tenta oramai di aggrapparsi a qualsiasi cavillo, gli altri due verranno sviscerati il prossimo 7 novembre.
Primo: Il gup dichiara valida la notifica alle parti offese (ministero e Fininvest) dell'udienza preliminare e respinge, di fatto, la richiesta di nullità avanzata dalla difesa “infastidita” per aver scoperto dell'appuntamento dalle cronache del Corsera, prima che dalle stanze della magistratura.
Secondo: Il difensore di Berlusconi, l'avvocato Niccolò Ghedini, chiede al gup di poter interrogare, in contraddittorio tra le parti, Farouk Agrama (“presunto socio occulto” del premier) con la formula dell'incidente probatorio.
Terzo: la difesa presenta alla procura la richiesta della riunione della posizione di Agrama con quella degli altri imputati nel procedimento. Di poter insomma unire al troncone principale dell'inchiesta allo stralcio sul finanziere egiziano, quella sul tesoro miliardario incassato da Agrama racimolando la super-cresta ai danni di Mediaset (è da dimostrare se con la benedizione del Cavaliere) pompando i pezzi dalle casse del Biscione con fittizie compravendite.
L'inchiesta a carico di Silvio Berlusconi, Fedele Confalonieri, e un sostanzioso gruppo di manager legati alla società di Segrate, tutti accusati d’appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio, nasce nel 2001. Quando i pm milanesi Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale (dopo la trasmissione da parte delle autorità elvetiche dei conti bancari riferiti alle società off-shore “Century One” e “Universal one”) ficcano il naso ricostruendo ruoli, e presunte imputazioni dei tredici indagati facenti capo al primo filone dell’indagine. Stiamo parlando di: Silvio Berlusconi, Fedele Confalonieri (presidente di Mediaset), Candia Camaggi (dagli anni '80 alla direzione di Fininvest Service di Lugano) e la sua assistente Gabrielle Galletto, Giorgio Vanoni (funzionario di Fininvest incaricato di seguire l'attività delle società estere ufficiali e del cosidetto Fininvest B Group), Daniele Lorenzano (responsabile dagli anni '80 degli acquisti di trasmissione sul mercato statunitense per il gruppo Fininvest e in seguito consulente per Mediaset), Paolo Del Bue della Arner Bank (avrebbe operato come fiduciario della famiglia Berlusconi), Carlo Rossi Scribani (responsabile relazioni clienti della Arner fiduciaria), Erminio Giraudi, Giorgio Dal Negro (presidente della società Green Communication e "socio occulto" di Lorenzano), Manuela De Socio (impiegata della Arner Bank), Marco Colombo (titolare di Promociones Catrinca e anche lui "socio occulto" di Lorenzano), e il legale inglese David Mills, che secondo gli inquirenti avrebbe "costituito e gestito per conto di Silvio Berlusconi un complesso sistema di trusts e società off-shore denominato Fininvest B Group".
Adesso starà al gup, non si sa ancora se a Brescia o a Milano, stabilire se la truppa berlusconiana si sia effettivamente appropriata “di risorse finanziarie della Fininvest Spa e, dal ’95, di Mediaset Spa effettuando plurime operazioni di trasferimento di ingenti somme di denaro – aventi la clausola in tutto o in parte fittizia del pagamento dei diritti televisivi – dai conti correnti della Silvio Berlusconi Finanziaria Spa e di quelli della società International Media service Ltd (posseduta da Mediaset al 99%) a favore dei conti bancari gestiti da fiduciari di Berlusconi” e di conti di società di comodo. A verificare se per la presunta frode fiscale di 60 milioni euro gli imputati si siano serviti di un “sistema elaborato negli anni ’80, e da allora costantemente eseguito fino al 95”, e se il falso in bilancio sarebbe servito a mascherare ingenti fondi neri per 170 milioni di dollari in Svizzera, alle Bahamas e Montecarlo. Capire se i risultati delle nuove rogatorie, depositate dalla Procura nelle scorse settimane, collocano l'ipotesi di reato fino al 2002 (quando Berlusconi era già premier).
Oltre al Caso Agrama e al troncone principale, quello riguardante “il gioco delle tre carte” di casa Mediaset per far lievitare i prezzi in cassa attraverso le intermediazioni fantasma delle off-shore caraibiche in cui confluivano gli utili dei blind-trust aziendali, rimane ancora aperto un altro stralcio investigativo. In cui invece, sarebbero coinvolti i figli del premier, Marina e Pier Silvio, accusati di ricettazione e riciclaggio, in quanto intestatari delle due società fantasma delle Bahamas.

venerdì, ottobre 28, 2005

RESISTENZA - 28/10/05

ITALIENI 28-10
Berlusconi di nuovo sotto accusa
La scadenza elettorale si avvicina, e inevitabilmente i guai di Silvio Berlusconi tornano a galla. Nel 1994, mentre a Napoli presiedeva una conferenza internazionale delle Nazioni Unite, il capo del governo italiano aveva ricevuto un avviso di garanzia dalla procura di Milano. Un episodio che aveva suscitato forti polemiche. Da allora Berlusconi ha affrontato una decina di processi per i motivi più vari, dalla frode fiscale alla corruzione. La maggior parte, però, è finita nel nulla. Adesso, a sei mesi dalle elezioni, il Cavaliere è di nuovo chiamato in causa per un caso riguardante la compravendita dei diritti televisivi di Mediaset.
Le Figaro, Francia [in francese]
http://www.lefigaro.fr/europe/20051028.FIG0233.html?090936
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L'UNITA' on-line 28-10
Sommario di I pag.
Berlusconi contumace
Il gup Fabio Paparella ha dichiarato contumace l’indagato Silvio Berlsuconi, insieme con altre 13 persone, perché assenti in aula nel procedimento su presunte irregolarità nell'acquisto di diritti televisivi da parte di Mediaset. È iniziata così l'udienza preliminare del processo che potrebbe significare un altro rinvio a giudizio per il presidente del Consiglio.
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 28-10
Berlusconi: "Sarò in aula quando il processo entrerà nel vivo"
Per il momento il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è stato dichiarato contumace. Questa mattina il Gup Fabio Paparella non ha potuto infatti fare altro che constatare l'assenza del premier e di tutti gli altri imputati alla prima udienza preliminare del processo relativo alle presunte irregolarità compiute da Mediaset nell'ambito della compra-vendita di diritti televisivi (sotto inchiesta per falso in bilancio, frode fiscale, appropriazione indebita e riciclaggio ci sono in tutto quindici persone).
Il Cavaliere ha però incaricato i suoi legali di recapitare una lettera al Magistrato, lettera con la quale ha spiegato che, se al momento non può presentarsi per impegni istituzionali, verrà certamente in aula quando il procedimento entrerà in fasi più importanti. Si presenterà in Tribunale per delle dichiarazioni spontanee, si prospetta dunque un nuovo show come quello fatto nel giugno 2003 nell'ambito del processo Sme. Il Gup deciderà se rinviare a giudizio gli imputati il prossimo 7 novembre.
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STAMPA 28-10
Corsivo
La coppia più bella del mondo
Massimo Gramellini
A qualcuno sembrerà una bestemmia, ma il Benigni celentanato di ieri sera assomiglia tantissimo a Berlusconi.
Non è forse la stessa tecnica seduttiva del premier, operaio fra gli operai, casalinga fra le casalinghe, russo fra i russi e marziano fra i marziani?
Ma la similitudine risplende soprattutto nell’idea centrale del monologo di Benigni, intento a descrivere il premier come se fosse già stato sconfitto alle prossime elezioni. E’, da sempre, la dialettica di Berlusconi: raccontare una realtà virtuale con tanta insistenza e passione da renderla non solo credibile, ma addirittura esistente. Infine, Benigni che fa battute neanche troppo allusive alla bella di turno, invitandola a togliersi i vestiti. Berlusconi non si è mai spinto tanto in là, neppure con Vespa: ma il tono da galletto italico sempre in bilico fra galanteria e «cascamortismo» che usa nel rivolgersi alle donne è identico.
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CITAZIONE
La penso esattamente come Eugenio Scalfari quando scrive su 'Repubblica' che non riesce a prendere sonno quando pensa che Silvio Berlusconi possa insediarsi al Quirinale come presidente della Repubblica. Non è un incubo? Non è una accettazione del mondo alla rovescia? Capo dello Stato uno che lo ha picconato di continuo, esortando i cittadini a non pagare le tasse, facendo votare alla sua maggioranza leggi ad personam, avendo per consigliere un azzeccagarbugli che ha l'impudenza di dichiarare che una legge fatta per favorire un complice dell'autocrate può essere una buona legge?
(Giorgio Bocca, Espresso on-line 28-10)

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MEDITAZIONE - 28/10/05

WWW.INMOVIMENTO.IT 28-10
EDITORIALE
Aspettando la Santa Inquisizione
di Paolo Galletti
La pianta dell’intolleranza non cresce solo tra i musulmani.
Non posso esprimere diversamente quel che provoca la crescente e costante pressione vaticana sulle vicende politiche italiane, culminata (salvo intrusione dell’ultima ora) nella lettera autografa inviata dal Pontefice al convegno neo-conservatore organizzato nel fine settimana dal presidente del Senato Marcello Pera in quel DI Norcia. Un documento grave per più motivi; intanto è stata una chiara e decisa scelta di campo nel mercato politico nazionale, una scelta che ha privilegiato il centrodestra di Forza Italia benedicendolo come nuovo baluardo della fede contro il materialismo della società.
Da cattolico non posso non farmi cogliere da mille dubbi. Come si concilia la nostra fede con la assoluta mancanza di scrupoli etici e morali che l’operato delle forze oggi al governo del paese hanno dimostrato in questi 5 anni?
Il materialismo sta tutto nel credere che certe leggi (divorzio, aborto) appartengano ai diritti civili dei cittadini oppure lo si può rintracciare anche nella corsa sfrenata al profitto, nella teorizzazione dei benefici che verrebbero dall’abolire le regole, dall’abolizione anche di alcune di queste (rogatorie, falso in bilancio)?
Quanto poi alla enunciazione, contenuta nella lettera autografa di Benedetto XVI, del fatto che “la dignità dell’uomo e i suoi diritti fondamentali non vengono creati dal legislatore ma sono iscritti nella natura stessa della persona umana, e sono rinviabili pertanto ultimamente al Creatore” si può anche in linea di massima concordare, se si è credenti, ma allo stesso tempo non si può non pensare che è lo stato, attraverso il legislatore, che alla tutela di quei diritti da forma e sostanza e che il legislatore deve anche tenere conto del fatto che nello stato c’è una componente di cittadini che non condividono la stessa priorità in ordine ai valori che viene definita dalla religione cristiana.
Non v’è motivo di ritenere che il legislatore debba ignorare questa parte della popolazione, né che debba necessariamente seguire una dottrina religiosa nel comporre i termini di un provvedimento, altrimenti basterebbe tornare al Papa-Re o alla monarchia di diritto divino (lo so che che Re Silvio sarebbe pronto a sacrificarsi ancora per tutti noi ed a ricoprire il doppio incarico….) .
Che dire poi dell’enunciazione secondo la quale “i diritti vengono da Dio e non dallo Stato e che pertanto “uno stato sanamente laico dovrà riconoscere nella propria legislazione spazio al senso religioso”?
Si torna praticamente all’enunciazione del potere come diritto divino, come trascendente rispetto alla realtà e quindi da assegnare solo ad eletti che sappiano interpretare la volontà dell’Ente Supremo e tradurla in forma coattiva ispirando la società ai principi dettati dall’alto (dei cieli o dei palazzi vaticano non è specificato). Il passo indietro nel tempo e nella storia mi pare gravissimo, la chiusura nei confronti del mondo anche più grave qualora si consideri che il movimento del presidente Pera si ispira dichiaratamente ai sentimenti neo-cons di stampo statunitense, esempio indiscutibile di chiusura mentale e spirituale oltre che ispiratori di iniziative come quella della guerra all’Iraq. In tutto questo cosa c’entra la Chiesa di Gesù Cristo?
E la povertà materiale come mezzo di elevazione spirituale traducibile meno draconianamente in disinteresse per le questioni di denaro e grande dedizione a quelle dello spirito?
E’ questa la Chiesa che sta dalla parte dei deboli, dalla parte dei diseredati, dalla parte degli umili contro i prepotenti?
O non è forse una nuova edizione riveduta e corretta di quell’ente di potere e prevaricazione che per secoli si è fatto schermo con la croce per perseguire finalità bassamente materiali?
Come si concilia il Verbo di Cristo con quello di Berlusconi?
Vorremmo che ce lo spiegasse quel “brain trust” guidato dal Papa e pronto a incassare l’esenzione Ici in finanziaria in cambio di appoggio politico, vorremmo ci spiegasse perché, ad esempio, i divorziati non hanno accesso in Chiesa a meno che non si chiamino Casini, Fini, Berlusconi, vorremmo ci dicessero perché si dovrebbe tornare a rapporti illegittimi e pratiche nascoste ed aberranti invece che riconoscere la facoltà di divorzio e di aborto (e quest’ultimo è sempre un dramma, non lo dimentichi il Sacro Uffizio).
E chi non è della loro opinione sia dannato !!
Il bello è che il cattolico Pera (prima era socialista craxiano, poi liberale, da qualche anno ha scelto la sponda del Tevere che fa ascendere se non nei cieli almeno ad alti incarichi…) si prende il lusso di dichiarare che “ i laicisti presenti nella sinistra alzano barricate “, e lo dice a pochi giorni di distanza dalla minaccia di scomunica della Cei verso coloro che votano per i partiti di centrosinistra.
Il prossimo passo sarà la Santa Inquisizione?

giovedì, ottobre 27, 2005

RESISTENZA - 27/10/05

LIBERAZIONE 27-10
L'Europa ri-boccia il Ponte
Berlusconi ci fa la propaganda elettorale e poi molla la patata bollente a Prodi
Ugo Boghetta
Sui giornali e telegiornali di alcuni giorni fa capeggiava la lunga silhouette del progetto del Ponte sullo Stretto. La notizia era tanto importante quanto devastante: la cordata di imprese capeggiata da Impregilo aveva vinto la gara per la progettazione e costruzione dell'Opera. Come spesso accade, infatti, le grandi truffe sono nascoste da immagini esaltanti. In questo caso si tratta della Grande Opera che collegherebbe Palermo a Berlino. La Grande Opera che tutto il sud avrebbe da sempre desiderato: simbolo del suo riscatto e dell'entrata nella modernità dell'Europa. La presa di coscienza delle popolazioni di Messina e Reggio Calabria sulla dannosità della grande opera parevano cancellate. Per questo obiettivo, il Ministro Lunardi è riuscito a superare qualsiasi ostacolo forzando, oltre ogni dire, le mille obiezioni di carattere trasportista, finanziario, ambientale, tecniche.
Le stesse immagini in questi giorni, invece, sono utilizzate per informare che la Ue avvia una procedura d'infrazione per quanto riguarda le questioni ambientali di cui il progetto non terrebbe conto a sufficienza. E ieri il parlamento europeo ha bocciato la possibilità di finanziare fino al 50% le opere che servono per "l'attraversamento delle barriere naturali". Un comma specifico presentato proprio per il Ponte sullo Stretto.
Dopo l'indicazione del General Contractor fermare quest'opera infausta, infatti, è tanto più difficile quanto urgente. Se l'iter che porta alla scelta del General Contractor viene completato sarà più difficile tornare indietro a causa delle penali che si dovrebbero pagare. Impregilo potrebbe prendere fior di miliardi di penali pur non realizzando il ponte.
Anche per evitare che
Berlusconi, dopo averci fatto un pezzo di campagna elettorale, potrebbe consegnare al possibile governo dell'Unione una enorme patata bollente.
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CITAZIONE
Un ponte sul vuoto
"La Commissione Barroso l'ha confermato: stanno progettando il Ponte sullo Stretto di Messina senza rispettare le procedure sull'impatto ambientale. Il governo Berlusconi è stato messo in mora con l'apertura della procedura d'infrazione alla normativa dell'UE e avrà soltanto due mesi di tempo per rispondere. L'Europa è pronta a togliere anche quel minimo di finanziamenti per un'opera faraonica, nient'affatto prioritaria per l'Italia e per il Mezzogiorno. La vicenda conferma una scelta sciagurata del governo di centro destra: avviare l'iter della costruzione del Ponte senza avere i soldi né le carte in regola. Un Ponte sul vuoto: inutile in Italia e fuorilegge in Europa".
On.Claudio Fava (PSE) Vicepresidente della Commissione Regionale del Parlamento Europeo, Strasburgo, 25 ottobre 2005
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ITALIENI 27-10
Fini sfida Berlusconi
L'ambizioso Gianfranco Fini - ex fascista con grande esperienza politica, leader di un partito che alle ultime elezioni ha ottenuto l'11,9 per cento dei voti, ex vicepremier e oggi ministro degli esteri - si è deciso finalmente a sfidare il Cavaliere: martedì sera ha espresso la sua volontà di diventare il capo della coalizione di centrodestra e, soprattutto, di assumere l'incarico di
presidente del consiglio nella prossima legislatura. "Berlusconi ha lanciato una sfida e io l'accetto. Il leader del partito che avrà più voti alle elezioni sarà il candidato premier", ha detto.
El Mundo, Spagna [in spagnolo - a pagamento]
http://www.elmundo.es/papel/2005/10/27/mundo/1880301.html
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STAMPA 27-10
Corsivi
Dodici
Jena
La lista di proscrizione di Berlusconi si arricchisce ogni giorno di un nuovo nome, ormai siamo già a dodici: Biagi, Santoro, Luttazzi, Celentano, Dandini, Vergassola, Bertolino, Guzzanti, Benigni, Guzzanti, Gnocchi, Ciampi.
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Meglio sembrare antipatici
di Lietta Tornabuoni
Piero Fassino è stato di una sobrietà e affettuosità esemplari incontrando quarant’anni dopo alla televisione la signora che si occupava di lui nell'infanzia; Massimo D’Alema ha partecipato con misura e competenza ai talk-show sull'American Cup; Walter Veltroni scrive articoli di cinema con la passione e la conoscenza di chi ama sinceramente i film. Ma perché lo fanno? Sempre esibizioni sono, sempre intrise di buoni sentimenti umani, sportivi o culturali, sempre intese a guadagnarsi consensi e simpatia.
Il meccanismo che anima Berlusconi è diverso. Convinto di agire sempre al meglio, di essere bravissimo, attivissimo, intelligentissimo, capacissimo, simpaticissimo, elegantissimo, bellissimo, giovanissimo, il presidente del Consiglio neppure può immaginare di sbagliare. Quando commette errori o peggio e qualcuno lo dice, lo fa notare, si oppone, non ci può credere: secondo lui, la critica o la satira non sono provocate dal suo modo di fare e di essere. Sono aggressioni, attacchi, espressioni di malafede e ostilità, ingiustizie, manifestazioni di cattiveria e menzogna, atti di odio. Non lo sfiora il sospetto di meritare critiche o sarcasmi. La colpa è sempre degli altri, mai sua. Così fa la vittima: è anche questa una maniera per cercare di rendersi elettoralmente simpatico.
Come oggi Cofferati, Luigi Einaudi, Enrico Berlinguer o Aldo Moro erano ancora differenti: agivano, facevano. Di simpatia s’interessavano poco, chissà che non provassero persino un certo orgoglio solitario nell’apparire a volte antipatici.

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MEDITAZIONE - 27/10/05

ESPRESSO on-line 27-10

Il proporzionale

e le bugie del Cavaliere

Non è con la riforma elettorale che Berlusconi può far ripartire l'economia
Claudio Rinaldi
Che Silvio Berlusconi appaia ringalluzzito, ora che ha fatto approvare dalla Camera il suo progetto di riforma elettorale, non sorprende. L'uomo è rotto a qualsiasi bugia, si sa, ma ha anche una fanciullesca incapacità di mascherare le sue emozioni; e in questi giorni prova una gioia senza freni, perché è arcisicuro che il successo del 13 ottobre a Montecitorio segni l'inizio della sua riscossa.
Molti la pensano come lui. Su 'La Stampa' Marcello Sorgi, di solito prudente, non esita a incensarlo: "Ha ritrovato la statura del leader". Sul 'Corriere della Sera' Sergio Romano confessa di ammirarlo per la rapidità con cui "annusa il vento, concepisce le sue strategie, lancia le sue battaglie". Evviva. Ma davvero l'avvento dello scrutinio proporzionale, peraltro snaturato da un premio di maggioranza che non esiste in nessun'altra parte del mondo, può da solo rovesciare il generale pronostico di una vittoria dell'Unione nel 2006? Mah. Nell'attesa che la sbornia berlusconarda venga smaltita, cerchiamo di mettere a fuoco le immagini della stagione che si annuncia.
Chi sostiene che Berlusconi è ormai in piena rimonta fa il conto dei benefici che la nuova legge gli assicura. Il primo emerge con chiarezza da una semplice constatazione: dal 1994 a oggi, ogni volta che si è andati alle urne con il sistema misto detto Mattarellum, il centro-destra ha fatto meglio nel voto proporzionale che nel maggioritario; dalla soppressione dei 475 collegi uninominali, dunque, ha tutto da guadagnare. Il secondo vantaggio risiede nel ritorno dei partiti al centro della scena: quelli dell'Unione sono troppi, ben nove, e troppo eterogenei, ragion per cui perdono credibilità con l'allentarsi dei vincoli di coalizione. In terzo luogo il capo del centro-sinistra, Romano Prodi, viene a trovarsi in difficoltà, giacché essendo un senza tessera diventa un pesce fuor d'acqua se gli elettori sono chiamati a scegliere fra simboli non di coalizione ma di partito.
La riforma, insomma, mira sfacciatamente a indebolire gli avversari di Berlusconi, e soprattutto a distruggere le fondamenta della candidatura Prodi. Non si preoccupa affatto, invece, di garantire la futura governabilità del paese: ogni partito e partitino si procurerà da sé i suoi consensi, quindi in Parlamento si sentirà libero di farsi gli affari suoi. In questo senso si è di fronte all'ennesima legge ad personam, degno coronamento di una legislatura in cui l'intera attività di governo è stata volta a soddisfare gli interessi privati del premier anziché quelli dei cittadini.
Eppure è dubbio che con l'estremo colpo di mano Berlusconi riesca a risolvere i suoi guai. Certe apparenze possono ingannare. Chi non ricorda la violenta fiammata di un anno fa? Anche allora la Casa delle libertà attraversava un periodo di grandi turbolenze, anche allora il padrone della Casa tentò di uscirne con un'alzata d'ingegno: imponendo agli alleati un immediato taglio delle tasse. Fatta la voce grossa, lì per lì non riscosse che elogi. Fu osannato per aver ricondotto il centro-destra all'obbedienza, e passò un paio di mesi a magnificare la presunta "svolta epocale" degli sgravi. Sfoggiava tutte le qualità appena riconosciutegli da Romano: "È ottimista, sprizza energia, crede in se stesso, mette in gioco il proprio futuro e trasmette fiducia ai suoi compagni...". Poi però le elezioni regionali del 3-4 aprile, con la disfatta di Forza Italia, fecero piazza pulita di quelle chiacchiere. Il Berlusconi risorto si rivelò un'illusione ottica.
Oggi la situazione è analoga; con la differenza che, come cavallo di battaglia, un'astrusa legge elettorale vale un po' meno di una sia pur truffaldina riduzione delle imposte. Il presidente del Consiglio, infatti, non ha bisogno di introdurre una disciplina da caserma nella sua alleanza. Deve piuttosto riconquistare le menti e i cuori dei tanti italiani che sono stati delusi dal suo operato. E questo è un compito tuttora difficile, visto il numero delle promesse non mantenute. Detto alla buona: il proporzionale non si mangia, non è un rimedio contro la fiacchezza dell'economia o la precarietà dei rapporti di lavoro. Per adesso è soltanto un espediente per contenere le previste perdite del centro-destra. Ciò non significa che Berlusconi, combattente feroce, non conservi qualche possibilità di vincere la sfida del 2006. Tuttavia la sua arma letale, più che la nuova legge, può essere la goffaggine dei suoi avversari. Nell'ultima vicenda, per esempio, Piero Fassino è passato in poche ore da una posizione di rifiuto assoluto del proporzionale all'ingenua richiesta di una trattativa per apportare alla riforma non si sa quali migliorie.
Più in generale l'Unione, dopo il clamoroso exploit delle primarie, corre il rischio di sacrificare tempo ed energie a nervose discussioni sul proprio assetto in vista delle elezioni. Listone dell'Ulivo, lista Prodi, Prodi capolista della Margherita, Udeur sì, Udeur no... Che palle. Ci vuol altro: la denuncia assidua dei guasti prodotti dall'attuale governo, e in più la chiara indicazione delle principali scommesse sul futuro. Un discorso di verità sullo stato dell'Italia, un embrione di programma per la ripresa. Se invece il centro-sinistra rimarrà ripiegato su se stesso, se non si concentrerà sui problemi veri inchiodando tutti i giorni Berlusconi al bilancio miserevole della sua avventura a Palazzo Chigi, allora sì che l'anziano demagogo potrà riacchiappare una parte dei voti perduti.

mercoledì, ottobre 26, 2005

RESISTENZA - 26/10/05

L'UNITA' on-line 26-10
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«Sono molte le eccentricità che Berlusconi ha esibito in occasioni pubbliche: ha paragonato un parlamentare europeo che lo aveva criticato a un nazista; ha invitato gli americani a investire in Italia per via delle splendide segretarie; ha fatto le corna durante la foto con altri leader stranieri. Per non parlare dell’intervento di chirurgia plastica e del trapianto di capelli».
Washington Post, 24 ottobre
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Sommario di I pag.
Berlusconi all'attacco di Ciampi
Berlusconi attacca Ciampi. «L'agenda delle istituzioni – aveva ammonito il presidente della Repubblica - si basi sui problemi reali dell'Italia». «E cosa facciamo noi? – ha replicato il premier - Se qualcuno non se n'è accorto, abbiamo fatto più riforme noi di tutti i governi della Repubblica messi insieme». Una rispostaccia a denti stretti. Quasi replicasse a un qualsiasi capogruppo dell’opposizione. E poi, subito, un esempio: la «fantastica» riforma Moratti.
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REPUBBLICA on-line 26-10
Berlusconi contro Ciampi
"Noi pensiamo a governare"
ROMA - "E cosa facciamo noi? Noi pensiamo a governare e a dare una risposta alle esigenze del Paese, ed è esattamente quello che facciamo molto bene da quattro anni e mezzo a questa parte". Sollecitato dai cronisti, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, così commenta le parole del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che oggi ha richiamato le istituzioni ad agire "secondo le priorità del Paese". "Se qualcuno non se n'è accorto - aggiunge il premier - abbiamo fatto più riforme noi di tutti i governi della Repubblica messi insieme". Ma Berlusconi dice la sua anche sulla questione della leadership nella Cdl, sull'influenza aviaria ("In Italia ci sono rischi come in tutti gli altri Paesi del mondo occidentale"), sulla vicenda Cofferati e sulla riforma Moratti ("Fantastica"). In quanto alle proteste degli studenti, "Padre perdona loro - commenta - che non sanno quello che fanno".
Leadership. "E' quello che s'ha da fare con il sistema proporzionale". Berlusconi così commenta le ultime dichiarazioni del vicepremier Gianfranco Fini, secondo il quale, con la riforma elettorale, chi ha più voti può puntare a palazzo Chigi. Prima Casini, oggi il leader di An si "candidano" per la premiership, fa notare un cronista. Pronta la replica del Cavaliere: "E' quello che ho detto io...".
Riforma Moratti. Se alle proteste di ieri Berlusconi dedica le parole di Gesù sulla croce, alla riforma Moratti riserva encomi: "E' fantastica. Abbiamo dimostrato, dopo ottantacinque anni, di aver avuto la capacità di fare una riforma della scuola e di fare, dopo non so quanti decenni, una riforma dell'università". Consentirà, aggiunge il premier, "la modernizzazione del paese, straordinaria per i nostri giovani che in futuro avranno il modo di arrivare nel mondo del lavoro con una preparazione che non sarà più quella che ricevevano fino ad ora. Sarà invece molto, ma molto più moderna, e adeguata alle necessità dell'oggi e del domani". Il ministro Letizia Moratti candidato a sindaco di Milano? "Spero di sì", risponde il premier.
Cofferati. Per commentare quanto sta accadendo a Bologna, Berlusconi cita "la famosa storia del pedone e dell'automobilista". "Quando sei al volante di una macchina dici: 'guarda quello che si mette di mezzo'. Quando sei in strada dici: 'guarda quello come viene e non rispetta le strisce'". Vale a dire: "E' una questione di ruoli, i ruoli inducono a comportamenti diversi e anche a cambiamenti di ciò che si riteneva quando si era nell'altra situazione. Quando si è all'opposizione si ragiona in un modo, quando si è al governo in un altro".
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 26-10
Washington Post 24 ottobre 2005
Berlusconi riesce ad affossare la rivoluzione
I critici del premier italiano temono un ritorno della corruzione e dell’inefficienza

Daniel Williams
ROMA – È stata chiamata la "rivoluzione italiana". Nei primi anni Novanta, dozzine di uomini politici e di imprenditori conniventi furono spediti in carcere dalle operazioni anti-corruzione dei procuratori. I partiti che avevano sostenuto per un cinquantennio governi traballanti e morticini scomparvero dalla scena. Gli elettori chiesero ed ottennero una riforma elettorale per aver governi più stabili.
Meno di quindici anni sono passati da allora, e la rivoluzione è finita. L’assillante contrattacco condotto dal ricco e molto determinato presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha vanificato molte delle leggi che resero possibile l’azione delle Procure.
Questo mese, con un'ultima manovra parlamentare, la coalizione di Berlusconi ha cancellato le regole elettorali prodotto del movimento di opinione degli anni Novanta, che molti elettori avevano sperato potessero essere il rimedio alla debolezza e infingardaggine dell’esecutivo.
Gli avversari di Berlusconi scorgono segnali di rinascita di una stato corrotto e inefficiente nella recrudescenza del crimine organizzato e negli scandali che hanno colpito la dirigenza aziendale del paese.
In questi anni di mutamenti per Berlusconi le cose sono andate comunque bene. Aveva dichiarato che entrava in politica per difendere le sue aziende da manovre anti-trust e se stesso da procedimenti giudiziari in corso per l’accusa di corruzione. Una volta ebbe a dire: “Se io, prendendomi cura degli interessi di tutti, faccio nello stesso tempo i miei propri, non potete parlare di conflitto di interessi”.
“Certo fa pensare il fatto che, nel preoccuparsi dei suoi interessi, Berlusconi ha ottenuto l’effetto di stravolgere l’intera ‘rivoluzione’ degli anni Novanta”, ha affermato Erik Jones, che insegna European studies al Johns Hopkins University Bologna Center. “Dà l’impressione di essere disposto a gettare nella spazzatura acquisizioni di grande importanza per le ragioni più meschine”.
Giovanni Sartori, costituzionalista e critico del governo Berlusconi, aggiunge: “Berlusconi ha governato in base a una rigorosa analisi costi/benefici di come avrebbe potuto avvantaggiare se stesso. Da questo punto di vista, ha avuto successo”.
L’opposizione denuncia la riforma elettorale come un esempio da manuale di come un capo di governo confeziona le leggi su misura del proprio utile. Non c’è alcuna diffusa richiesta di una simile inversione di rotta; si tratta di un’iniziativa del tutto personale di Berlusconi, cavata dal cappello a sei mesi dalle urne. “Non è questione di riforma”, sottolinea Sartori, “è questione di convenienza”. La nuova legge riporta l’Italia a un sistema proporzionale nel quale i partiti si vedono assegnati i seggi in rapporto alla percentuale di voti conquistata su base nazionale. Gli elettori avevano rifiutato questo sistema con il referendum del 1993, dopo un lungo periodo durante il quale i governi si erano alternati in media più di una volta all’anno.
Berlusconi vinse due volte le elezioni con il nuovo sistema, nel 1994 e nel 2001. Nel mezzo una coalizione di comunisti, ex comunisti, democratico-cristiani e altri ha governato per un quinquennio.
Stando alle analisi, Berlusconi perderà le prossime elezioni, ma grazie al proporzionale ridurrà le dimensioni della sconfitta.
Al momento del varo della legge elettorale volute da Berlusconi Mario Segni, promotore del referendum del 1993, ha predetto: “Se passa questa misura, significa che la volontà degli italiani non conta nulla. Riavremo presto governi instabili. Ogni partito si sentirà autorizzato a fare e disfare sopra le teste degli elettori”.
Il motivo dell’attuale momento di impopolarità di Berlusconi è da cercare, secondo gli analisti, nel penoso stato dell’economia italiana, che è stata in recessione per quasi tutti i 12 mesi appena trascorsi. L’inflazione ha ridotto il potere d’acquisto e soffocato i consumi. La competizione internazionale nella produzione industriale ha fatto della Cina il capro espiatorio per i problemi del paese.
L’elettorato non si è sentito turbato dal conflitto di interessi di un presidente del Consiglio che controlla tre network televisivi, la raccolta pubblicitaria, il grande consumo e un’importante squadra di calcio. Un esempio: quando il governo approvò una legge intesa a ridurre la pressione fiscale sulle società calcistiche (messe alle strette dai compensi sempre crescenti delle stelle e dai magri ricavi televisivi), l’AC Milan, la squadra di Berlusconi, ne ha tratto subito vantaggio.
L’opinione pubblica non ha nemmeno badato più di tanto alle pubbliche eccentricità di Berlusconi. Tra le altre: ha paragonato un deputato europeo tedesco a un nazista; ha invitato gli investitori USA in Italia, cantando le lodi delle belle segretarie di cui il paese è ricco; ha esibito un gesto osceno in un ritratto fotografico con leader stranieri. Chirurgia plastica e tricotrapianti l’hanno per un breve momento riavvicinato a un paese ossessionato dalla forma e dalla bella apparenza.
Tuttavia, negli ultimi due anni è andata piuttosto male per la coalizione berlusconiana tanto nelle elezioni europee che in quelle regionali. “Gli italiani cominciano a credere che Berlusconi abbia fatto il suo tempo”, è il commento di Sartori.
Ma la riforma elettorale è solo la più recente mossa “controrivoluzionaria”. L’alleanza di centro-destra in Parlamento ha approvato un decreto volto a decriminalizzare il falso in bilancio. A settembre una corte ha stabilito che Berlusconi non è più perseguibile per le manipolazioni contabili accertabili fino al 1989.
Fu accusato di trasferire denaro a Bettino Craxi, allora presidente del Consiglio, attraverso un conto estero. Il legale di Berlusconi, Gaetano Pecorella, a proposito dell’archiviazione del caso ha detto che si trattava del “responso che ci si attendeva. La corte ha applicato la nuova legislazione, secondo la quale una contabilità falsificata, ma che non provoca danni economici, non dev’essere punita”.
Il governo di Berlusconi ha poi reso per legge più difficile investigare su transazioni finanziarie effettuate all’estero. E molti dei suoi affari hanno tentacoli che si estendono ben al di là dei confini italiani.
L’accusa di corruzione di un magistrato allo scopo di ottenere il controllo di un gruppo alimentare, i cui fatti risalgono agli anni Ottanta, è caduta per prescrizione, ma un compare di lunga data, l’ex ministro della Difesa Cesare Previti, è stato condannato. Il caso è ora in appello.
Berlusconi intende ora far passare un’altra legge per ridurre i termini di prescrizione per il reato in questione e salvare così Previti da una condanna a 11 anni di carcere. La discussione del provvedimento è fissata entro l’autunno. Uno studio condotto sulle maggiori Corti d’Appello stima che l’88% dei procedimenti per corruzione e truffa decadranno se la legge passa.
Berlusconi ha accusato i magistrati di perseguire Previti per ragioni politiche. “Il loro obiettivo non è ristabilire la giustizia, ma di abbattere chi ha ricevuto un mandato popolare per governare l’Italia”, così disse Berlusconi nel 2003 dopo la sentenza di condanna a Previti.
Venerdì scorso, egli ha negato questa serie di leggi siano state fatte nel suo interesse. “Non solo si tratta di leggi perfettamente legittime, ma anche se non lo fossero ammontano comunque a tre o quattro tra più di 400, cioè meno dell’1%”, ha spiegato alla stampa.
Berlusconi non rinuncerà al suo grezzo e acerbo stile politico. “Io mi sforzo di non essere politicamente corretto, altrimenti finisco come tutti gli altri”, ha affermato.
(Traduzione di Mario Zanotti)

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MEDITAZIONE - 26/10/05

WWW.BENGODI.ORG

Hanno fatt' ’a finanziaria
Una tassa sugli sms, una sulle bombolette spray, una sui permessi di soggiorno, condoni, casinò... viaggio all'interno degli emendamenti alla finanziaria presentati dai parlamentari Berlusconiani.
di Sandro Simone

Hann’ fatto ’a finanziaria c’avimma a sacrificà loro s’hanno accapputtato e nuje mò l’amma aiutà -- cantavano così i 99 Posse nel 94, anno della prima finanziaria di Berlusconi.
Dei tagli agli enti locali, dell'abolizione dell'ICI agli immobili della Chiesa Cattolica e di tutte le altre cose previste nella finanziaria di Tremonti hanno già scritto tutto, delle proposte presentate in Parlamento invece abbiamo letto meno... ecco alcune perle scelte fra le 3300 proposte di modifica:
- Tassa sugli sms: Giuseppe Valditara, parlamentare di AN, ha proposto una tassa di 1 centesimo per ogni sms inviato con un cellulare. Finirà che prima di scrivere TI AMO alla nostra fidanzata dovremo pensarci due volte.
- Tassa sui graffiti: Sempre Valditara, il nostro campione, ha proposto una tassa di due euro per ogni bomboletta spray venduta, così chi vuole scrivere TI AMO alla fidanzata sul muro di fronte alla sua finestra dovrà pensarci non due ma tre volte. Forse è meglio un sms, costa meno...
- Tassa sugli immigrati. Le Lega ha proposto una imposta sul permesso di soggiorno degli immigrati.Quando si dice rubare ai poveri per dare ai ricchi.
- Scuole Private: L'Udc ha proposto una detrazione fino a 1.000 euro per le famiglie che iscrivono i propri figli ad asili o scuole materne provate. Quando si dice rubare ai poveri...
- Il Terzo Mondo: La Lega ha chiesto, per poter aumentare le detrazioni per le famiglie, di tagliare 50.000 euro ai fondi per la Cooperazione con i paesi poveri, a cui Tremonti ha già tolto 152 milioni su 552. Quando si dice...
- Assegno per i mammoni: il senatore Salvatore Lauro (Forza Italia) ha proposto di innalzare dai 21 ai 25 anni l'età dei figli per poter ottenere l'assegno familiare per il figlio a carico.
- Le Bande Musicali: Alcuni parlamentari hanno chiesto di dare 10 milioni di euro a bande musicali, corali e filodrammatiche. Quando si dice rubare ai poveri...
- Condoni: Forza Italia ha proposto la riapertura dei termini per il condono edilizio, An e Udc quello previdenziale. Mi sembra di rivedere Corado Guzzanti che imita Tremonti e assicura che non ci saranno condoni... fino a fine mese...
- Casinò: Alcuni deputati di maggioranza hanno proposto l'apertura di nuovi casinò. Anche qui mi sembra di rivedere Guzzanto che imita un Tremonti che si è giocato i soldi della finanziaria alla slot machine.
- Gladio: Un senatore di Forza Italia ha chiesto la "regolarizzazione" di Gladio, ma su certe cose non mi viene nemmeno voglia di scherzare

martedì, ottobre 25, 2005

RESISTENZA - 25/10/05

ITALIENI 25-10
Prodi attacca il rivale Berlusconi
Lo sfidante di Silvio Berlusconi alle elezioni del 2006 ha accusato ieri il suo rivale di voler vincere con l'inganno e con i soldi. Aprendo la sua campagna elettorale con toni di una durezza senza precedenti, Romano Prodi ha detto in un'intervista al Guardian e ad altre quattro testate straniere (El Mundo, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Le Monde, Ta Nea), che se Berlusconi viene rieletto "l'Italia è finita". Il Professore non ignora le difficoltà della sfida che lo attende: "La campagna elettorale del Cavaliere sarà senza precedenti quanto a dispendio di denaro", ha spiegato, precisando che Berlusconi sarebbe pronto a spendere 250 milioni di euro "per iniziative a favore di Forza Italia".
The Guardian, Gran Bretagna [in inglese]
http://www.guardian.co.uk:80/international/story/0,3604,1599741,00.html
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Celentano provoca Berlusconi
Silvio Berlusconi ama molto scherzare e fare battute, anche in occasioni ufficiali come i vertici internazionali. Ma quando la satira televisiva tocca il suo governo o i suoi guai con la giustizia, non gli piace per niente. È per questo che domenica si è scagliato contro "Rockpolitik" e ha chiamato in causa una serie di attori comici italiani. La trasmissione tv di Adriano Celentano "è solo l'ultimo episodio di un sistema della comunicazione che dal 2001 ha sistematicamente attaccato l'operato del governo e il presidente del consiglio", ha detto il Cavaliere, che possiede i tre principali canali tv privati del paese.
Le Temps, Svizzera [in francese]
http://www.letemps.ch/template/international.asp?page=4&article=166246
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 25-10
Il Csm boccia la Salva-Previti
Berlusconi: "Legge Sacrosanta"
Se il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha oggi ribadito che la cosiddetta "Salva-Previti" è una legge "sacrosanta", anche il Consiglio Superiore della Magistratura ha dubbi: la ex Cirielli costituisce un grave danno al sistema giudiziario italiano. Quella di Palazzo dei marescialli è una bocciatura unanime e senza appello, la Commissione Riforma del Csm assicura che la normativa che la Casa delle Libertà si appresta ad approvare in Parlamento "porterà senza dubbio ad una drastica riduzione dei termini di prescrizione per numerose fattispecie di reati, anche gravi".
"Le recenti acquisizioni confermano i timori già espressi lo scorso febbraio - fa sapere la Commissione - con la ex Cirielli si è davanti ad un totale rovesciamento della logica dell'intervento penale e ad un possibile vizio per il ragionamento di disparità di trattamento".
Per salvare dalla galera il parlamentare di Forza Italia Cesare Previti la Casa delle Libertà si accinge a cancellare quasi l'80 per cento dei processi milanesi per corruzione. Lo denuncia l'Associazione Nazionale dei Magistrati, secondo la quale con l'approvazione della Legge ex Cirielli nel capoluogo lombardo il 78 per cento dei procedimenti a carico di persone imputate di corruzione (guarda caso proprio lo stesso reato commesso dal deputato azzurro) andrebbe in fumo.
I danni che la coalizione di Silvio Berlusconi si appresta a fare sono enormi: la Salva-Previti garantirà il proscioglimento per prescrizione al 61 per cento degli imputati per usura, al 32 per cento di quelli alla sbarra per ricettazione, al 29 per cento di quelli sotto accusa per bancarotta e al 26 per cento di quelli sotto processo per truffa.
Percentuali non troppo diverse da quelle fornite alcuni giorni fa dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale aveva per esempio reso noto che con l'approvazione della ex Cirielli saranno cancellati oltre l'ottanta per cento dei processi per corruzione.
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ESPRESSO on-line 25-10
Il proporzionale e le bugie del Cavaliere
Non è con la riforma elettorale che Berlusconi può far ripartire l'economia
Claudio Rinaldi
Che Silvio Berlusconi appaia ringalluzzito, ora che ha fatto approvare dalla Camera il suo progetto di riforma elettorale, non sorprende. L'uomo è rotto a qualsiasi bugia, si sa, ma ha anche una fanciullesca incapacità di mascherare le sue emozioni; e in questi giorni prova una gioia senza freni, perché è arcisicuro che il successo del 13 ottobre a Montecitorio segni l'inizio della sua riscossa.
Molti la pensano come lui. Su 'La Stampa' Marcello Sorgi, di solito prudente, non esita a incensarlo: "Ha ritrovato la statura del leader". Sul 'Corriere della Sera' Sergio Romano confessa di ammirarlo per la rapidità con cui "annusa il vento, concepisce le sue strategie, lancia le sue battaglie". Evviva. Ma davvero l'avvento dello scrutinio proporzionale, peraltro snaturato da un premio di maggioranza che non esiste in nessun'altra parte del mondo, può da solo rovesciare il generale pronostico di una vittoria dell'Unione nel 2006? Mah. Nell'attesa che la sbornia berlusconarda venga smaltita, cerchiamo di mettere a fuoco le immagini della stagione che si annuncia.
Chi sostiene che Berlusconi è ormai in piena rimonta fa il conto dei benefici che la nuova legge gli assicura. Il primo emerge con chiarezza da una semplice constatazione: dal 1994 a oggi, ogni volta che si è andati alle urne con il sistema misto detto Mattarellum, il centro-destra ha fatto meglio nel voto proporzionale che nel maggioritario; dalla soppressione dei 475 collegi uninominali, dunque, ha tutto da guadagnare. Il secondo vantaggio risiede nel ritorno dei partiti al centro della scena: quelli dell'Unione sono troppi, ben nove, e troppo eterogenei, ragion per cui perdono credibilità con l'allentarsi dei vincoli di coalizione. In terzo luogo il capo del centro-sinistra, Romano Prodi, viene a trovarsi in difficoltà, giacché essendo un senza tessera diventa un pesce fuor d'acqua se gli elettori sono chiamati a scegliere fra simboli non di coalizione ma di partito.
La riforma, insomma, mira sfacciatamente a indebolire gli avversari di Berlusconi, e soprattutto a distruggere le fondamenta della candidatura Prodi. Non si preoccupa affatto, invece, di garantire la futura governabilità del paese: ogni partito e partitino si procurerà da sé i suoi consensi, quindi in Parlamento si sentirà libero di farsi gli affari suoi. In questo senso si è di fronte all'ennesima legge ad personam, degno coronamento di una legislatura in cui l'intera attività di governo è stata volta a soddisfare gli interessi privati del premier anziché quelli dei cittadini.
Eppure è dubbio che con l'estremo colpo di mano Berlusconi riesca a risolvere i suoi guai. Certe apparenze possono ingannare. Chi non ricorda la violenta fiammata di un anno fa? Anche allora la Casa delle libertà attraversava un periodo di grandi turbolenze, anche allora il padrone della Casa tentò di uscirne con un'alzata d'ingegno: imponendo agli alleati un immediato taglio delle tasse. Fatta la voce grossa, lì per lì non riscosse che elogi. Fu osannato per aver ricondotto il centro-destra all'obbedienza, e passò un paio di mesi a magnificare la presunta "svolta epocale" degli sgravi. Sfoggiava tutte le qualità appena riconosciutegli da Romano: "È ottimista, sprizza energia, crede in se stesso, mette in gioco il proprio futuro e trasmette fiducia ai suoi compagni...". Poi però le elezioni regionali del 3-4 aprile, con la disfatta di Forza Italia, fecero piazza pulita di quelle chiacchiere. Il Berlusconi risorto si rivelò un'illusione ottica.
Oggi la situazione è analoga; con la differenza che, come cavallo di battaglia, un'astrusa legge elettorale vale un po' meno di una sia pur truffaldina riduzione delle imposte. Il presidente del Consiglio, infatti, non ha bisogno di introdurre una disciplina da caserma nella sua alleanza. Deve piuttosto riconquistare le menti e i cuori dei tanti italiani che sono stati delusi dal suo operato. E questo è un compito tuttora difficile, visto il numero delle promesse non mantenute. Detto alla buona: il proporzionale non si mangia, non è un rimedio contro la fiacchezza dell'economia o la precarietà dei rapporti di lavoro. Per adesso è soltanto un espediente per contenere le previste perdite del centro-destra. Ciò non significa che Berlusconi, combattente feroce, non conservi qualche possibilità di vincere la sfida del 2006. Tuttavia la sua arma letale, più che la nuova legge, può essere la goffaggine dei suoi avversari. Nell'ultima vicenda, per esempio, Piero Fassino è passato in poche ore da una posizione di rifiuto assoluto del proporzionale all'ingenua richiesta di una trattativa per apportare alla riforma non si sa quali migliorie.
Più in generale l'Unione, dopo il clamoroso exploit delle primarie, corre il rischio di sacrificare tempo ed energie a nervose discussioni sul proprio assetto in vista delle elezioni. Listone dell'Ulivo, lista Prodi, Prodi capolista della Margherita, Udeur sì, Udeur no... Che palle. Ci vuol altro: la denuncia assidua dei guasti prodotti dall'attuale governo, e in più la chiara indicazione delle principali scommesse sul futuro. Un discorso di verità sullo stato dell'Italia, un embrione di programma per la ripresa. Se invece il centro-sinistra rimarrà ripiegato su se stesso, se non si concentrerà sui problemi veri inchiodando tutti i giorni Berlusconi al bilancio miserevole della sua avventura a Palazzo Chigi, allora sì che l'anziano demagogo potrà riacchiappare una parte dei voti perduti.

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MEDITAZIONE - 25/10/05

MANIFESTO 23-10
EDITORIALE
Polo condicio
FRANCO CARLINI
Ancora un piccolo passo, anzi due, e il contratto di Berlusconi con se stesso sarà completato: la legge ex-Cirielli salderà i debiti morali con Cesare Previti (sia lecito risparmiarci l'onorevole) e la riforma della legge sugli accessi televisivi fornirà qualche migliaia di spot in più a una maggioranza che non è più tale e che tutto sta piegando al tentativo di restare su quelle poltrone. L'uomo vestito da stewart che presiede la camera dei deputati si trova nella fastidiosa condizione di chi si è legato a un patto commerciale con Berlusconi (leggi transazione di seggi e cariche) e nello stesso tempo deve recitare in piccolo, il ruolo che fu di Marco Follini: far mostra di resistere, comunque sapendo che il carro armato di Arcore è lanciato e non si ferma.
La democrazia non è in buona salute in nessuna parte del mondo, essendo confinata in tornate elettorali ogni tot anni, di solito con scarsa passione e partecipazione, ma un principio tuttora lo incorpora: che in quella occasione tutto si azzera e che i candidati, vecchi e nuovi, sono sullo stesso piano, dato che il partito più forte potrebbe sparire e un altro fino a ieri inesistente diventare maggioranza. Tutti uguali ai blocchi di partenza, dei quali blocchi fanno parte anche gli spazi pubblici che sarà lecito occupare, sui muri e sui media.
Il dispositivo proposto per la campagna tv è esattamente l'opposto dato che garantisce uno zoccolo del 30 per cento a tutti, al di là del quale ogni partito sarà libero di investire secondo le proprie risorse. Con l'ulteriore disgustoso corollario esclusivamente italiano: che gli oppositori dovendo comprare tempo dalle reti Mediaset, finanzieranno anche la campagna della maggioranza. Un vero riciclaggio, senza nemmeno bisogno di passare per le isole fiscali. Come ebbe a dire Follini con l'ultima sua voce da segretario: finora l'amministratore dell'Udc non ha dovuto svenarsi con Mediaset. Ragionando di politica, troppo spesso si sottovaluta la materialità del denaro, e tuttavia non è volgare materialismo ricordarlo, dato che serve a orientare. Solo così si possono capire le affettuosità di Fassino e D'Alema verso Ricucci e Gnutti, per non dire del compagno Consorte (quello che ancor prima di entrare in Bnl ha già annullato gli accordi con il sindacato). Oppure l'amore della Lega per Fazio. Solo riportando le disfide ideologiche alla concretezza del potere e dei soldi si può ricostruire il tracollo morale dei dirigenti dell'Udc di fronte alla eventualità di perdere seggi e ministeri: «ci siamo giocati l'anima», disse ancora Follini.
Malgrado il diluvio di spot che conta di infliggere all'etere, Berlusconi tuttavia rischia seriamente di andare a casa. Non è una certezza (guai a pensarlo), ma è qualcosa di più di una speranza, dato che le primarie hanno indicato qualcosa di non effimero. Del resto il mercato della pubblicità, anche politica, ha le sue regole molto dure e una di queste dice che ci vuole molto per costruire la reputazione di un prodotto, ma basta molto poco per perderla. Nel consumare credibilità Berlusconi si è impegnato a fondo in questi anni e nemmeno i famosi elettori qualunquisti - ipotetici destinatari di messaggi suggestivi - sembrano pronti a sognare ancora con lui. La Nestlé oggi propone un caffé «socialmente responsabile» e tuttavia il disastro del suo latte in polvere rimane indelebile nella memoria dei consumatori e degli africani, penalizzandone il fatturato. Ma almeno quello della Nestlé è un prodotto nuovo, mentre nessun creativo potrà rivestire di emozioni e sentimenti positivi l'avidità di potere che promana dal Polo.

lunedì, ottobre 24, 2005

RESISTENZA - 24/10/05

REPUBBLICA on-line 24-10
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Silvio's List
"In questi giorni la Rai ha cambiato i responsabili dei tg e delle reti. Tornerà finalmente a essere una tv pubblica, cioè di tutti, cioè oggettiva, cioè non partitica, cioè non faziosa come è stata con l'occupazione manu militari da parte della sinistra. L'uso che i Biagi, i Santoro e i... come si chiama quello là... ah sì, Luttazzi, hanno fatto della televisione pubblica, pagata con i soldi di tutti, è stato criminoso. Preciso dovere della nuova dirigenza Rai è di non permettere più che questo avvenga... Ove cambiassero, nulla ad personam. Ma siccome non cambieranno..."
(Silvio Berlusconi, conferenza stampa davanti ai giornalisti di tutto il mondo, Sofia, 18 aprile 2002).
"Ma vede, Vespa, in Bulgaria... si stava ridendo e scherzando con gli imprenditori lietissimi che finalmente il governo italiano fosse lì a sostenere il loro ruolo in Bulgaria. Non era prevista la presenza dei giornalisti. Poi invece entrarono i cronisti, senza che nessuno ci avesse avvisato. Davanti ai giornalisti mi sarei attenuto assolutamente a un linguaggio ufficiale, perché c'è sempre lo stravolgimento di quello che dico".
(Silvio Berlusconi, Porta a Porta, 31 marzo 2005).
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ITALIENI 24-10
Berlusconi impopolare disfa la rivoluzione
L'hanno chiamata "la Rivoluzione italiana" quella avvenuta all'inizio degli anni novanta, quando un gruppo di magistrati spedì in prigione decine di politici e imprenditori corrotti, cancellando un'intera classe politica. Successivamente, per assicurare maggiore stabilità ai governi a venire, fu fatta una nuova legge elettorale. Oggi, a meno di dieci anni da quegli avvenimenti, la rivoluzione è finita: il duro contrattacco portato avanti negli ultimi quattro anni da Silvio Berlusconi ha annullato molte delle leggi che l'avevano resa possibile. L'ultima vittima è la legge elettorale.
The Washington Post, Stati Uniti [in inglese]
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2005/10/23/AR2005102301090.html
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L'UNITA' on-line 24-10
BANNER
Il divorziato del Signore: «Sono religioso, cattolico praticante. Ho cinque zie suore, e la domenica un mio cugino sacerdote viene ad Arcore a celebrare messa nella mia cappella privata. La comunione? Sì, mi comunico spesso. Anche perché se non lo faccio, mia madre mi chiama in disparte e mi rimprovera: “Cos’hai fatto a Dio, che oggi non ti sei comunicato?”»
Silvio Berlusconi, Epoca, 24 maggio 1994
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CORSERA 24-10
EDITORIALE
Berlusconi vede nemici ovunque
Un errore che un capo di governo non dovrebbe commettere
di Aldo Grasso
Ci risiamo. Silvio Berlusconi vede nemici ovunque, specie fra i comici. E perché non ci siano equivoci ha anche fatto nomi e cognomi: Serena Dandini, Sabina Guzzanti, Gene Gnocchi, Enrico Bertolino, Dario Vergassola, Corrado Guzzanti, «e altri che cerco di non tenere a mente». Meno male, altrimenti non gli basterebbero le pagine gialle. Erano solo comici, alcuni bravi, altri meno: adesso sono eroi, martiri, vittime del tiranno.
Quanto resiste il premier a non occuparsi di tv? Un giorno, due, tre? Non di più. Eravamo ammirati per la noncuranza con cui aveva assistito al turbinio mediatico sollevato da Adriano Celentano che già arrivano, con rovinoso tempismo, le anticipazioni dell'ennesimo libro di Bruno Vespa: «Quello di giovedì 20 ottobre—dice a Vespa il presidente del Consiglio — è soltanto l'ultimo episodio di un sistema della comunicazione, televisione ma anche della stampa, che dal 2001 ha sistematicamente attaccato l'operato del governo e il presidente del Consiglio».
E così Prodi può tornare a parlare di liste di proscrizione, di ingerenze, di conflitto di interesse. Silvio Berlusconi è fatto così. E dire che avrebbe un mucchio di cose da fare invece di occuparsi di comici. Non è umanamente possibile che perda tempo a vedere un programma di Dario Vergassola. E allora perché si abbandona a queste cadute di stile? C'è una sola spiegazione: Berlusconi ha due consiglieri per la tv, uno buono (che chiameremo Abele) e uno cattivo, anzi pessimo (che chiameremo Caino). Abele ha appena finito di spiegargli che la battaglia dei voti in tv è una battaglia trasversale, che si gioca sulla quotidianità e sulla routine (l'ampia area dell'infotainment), che spesso gli attacchi diretti si ritorcono contro.
Gli ha anche spiegato che il pubblico più «debole » (scolarizzazione medio-bassa e livelli economici medi o medio-bassi) è quello più influenzabile, non certo quello che segue i comici o i programmi d'approfondimento (sa già per chi votare). Gli ha persino detto che nonostante Jay Leno e David Letterman (mica Vergassola o Bertolino) lo attaccassero ogni giorno, George W. Bush ha vinto per due volte le elezioni. Giorni fa, Berlusconi sembrava aver capito la lezione: bisogna stare attenti, aveva ammonito, a «Uno mattina». Aveva ragione: se un'Antonella Clerici, preparando la pastasciutta, impreca al governo ladro fa più danni di Michele Santoro (perché Fassino sarebbe andato da Maria De Filippi?).
Caino invece non è così raffinato, senza la clava non si diverte. E invece di spiegargli come e perché abbiano fallito conduttori come Giovanni Masotti o Anna La Rosa trova più facile dare sempre la colpa all'altro, all'immediato, alla battuta più corriva. Caino dev'essere un comico fallito che vuole solo vendicarsi di alcuni colleghi più fortunati. Dev'essere una mezzacalzetta, un giornalista mancato che non ha capito che, mettendo Gene Gnocchi al termine del suo tg, Mauro Mazza ha fatto una grande operazione di immagine (ci sarà mai un Tg3 che dà spazio a un comico di destra?). Dev'essere una bestia edotta in teoria e tecnica della comunicazione per fare la spia su un manipolo di comici. Si sarà capito a chi ha dato retta il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Eppure il presidente emerito Francesco Cossiga gli aveva regalato un consiglio splendido: vada da Celentano (allarghiamoci: vada dai comici) e dica la sua, ci scherzi su, si faccia una risata!
L'ebbrezza di una risata avrebbe ridotto a niente tutto il tourbillon di questo mondo mediatico (cui basta una predica di Celentano per perdere il senso della misura); e nessun problema di censura né tormento interiore sarebbe più venuto a turbare una gioia ritrovata. Siamo tutti vittime della «sindrome da finestra sul cortile», confondiamo la tv con la vita, l'aumento dell'audience con l'aumento dei prezzi. Un errore, però, che un capo di governo non dovrebbe commettere.

domenica, ottobre 23, 2005

RESISTENZA - 23/10/05

REPUBBLICA on-line 23-10
Berlusconi contro Celentano
Prodi: "Riecco le liste di proscrizione"
ROMA - "Quello di Celentano è soltanto l'ultimo episodio di un sistema della comunicazione, televisione ma anche stampa, che dal 2001 ha sistematicamente attaccato l'operato del governo e il presidente del Consiglio". Passano tre giorni e, parlando con Bruno Vespa, il premier dice la sua sul controverso programma televisivo. Passano pochi minuti e Romano Prodi ribatte: "Ricominciano le liste di proscrizione come l'altra volta".
"Non c'era bisogno di Adriano Celentano per avere ventate di libertà in televisione. Basta guardare ogni giorno i canali Rai per vedere battute contro il presidente del Consiglio da parte di Serena Dandini e Sabina Guzzanti, Gene Gnocchi ed Enrico Bertolino, Dario Vergassola, Corrado Guzzanti e altri che cerco di non tenere a mente. Oltre, è ovvio, a Rockpolitik". E Prodi annota: "Al di là di queste parole che mi sembrano suonare ridicole, è l'unico imprenditore che si lamenta della sua azienda ma fa sempre più soldi". E il protavoce del premier Paolo Bonaiuti, a sua volta, replica: "Prodi ama tanto la libertà che la vuole tutta e soltanto per sè e per la sinistra, a Berlusconi non concede neanche la libertà di replicare".
Il presidente del Consiglio ha affidato le sue considerazione a Bruno Vespa, che le ha inserite nel libro "Vincitori e vinti. Le stagioni dell'odio dalle leggi razziali a Prodi e Berlusconi" in uscita da Mondadori all'inizio di novembre, del quale oggi è stata diffusa un'anticipazione. "Quello di giovedì 20 ottobre - dice a Vespa il presidente del Consiglio - è soltanto l'ultimo episodio di un sistema della comunicazione, televisione ma anche stampa, che dal 2001 ha sistematicamente attaccato l'operato del governo e il presidente del Consiglio".
"Mi accusano di controllare le principali 6 reti televisive nazionali, mentre la verità è sotto gli occhi di tutti - continua Berlusconi - l'intero palinsesto di Rai3 è mirato contro il Presidente del Consiglio e contro il Governo, l'informazione di Canale 5 dà spesso più spazio alle ragioni dell'opposizione piuttosto che alle nostre, Tg1 e Tg2 sono abbastanza equilibrati. C'è solo il Tg4 dalla nostra, con Emilio Fede che tuttavia non ha mai offeso nessuno dell'opposizione. Ma sono soprattutto le trasmissioni di intrattenimento, quando si occupano di questioni sociali e politiche, a riservare più critiche che non riconoscimenti al governo. Per non parlare della stampa quotidiana".
"Io non pretendo un sistema dell'informazione che ci elogi - sostiene il presidente del Consiglio - Ma denuncio le falsificazioni dell'opposizione sul nostro lavoro, che vengono presentate come verità senza alcun contraddittorio. Solo due esempi. Quando fu approvata la riforma della scuola la sinistra scatenò una campagna che ci accusava di aver abrogato il cosiddetto 'tempo pieno'. Non era vero, ma stampa e televisione presero per buona questa affermazione senza neppure verificarla e fummo costretti per mesi a difenderci da questa falsa accusa. E' questo il metodo abitualmente adottato dalla sinistra: quello di ripetere continuamente una menzogna sino a farla apparire verità".
"E' lo stesso metodo - prosegue il presidente del Consiglio - adottato contro ogni nostra legge finanziaria: dal 2001 ad oggi continuano ad accusarci di aver tagliato la spesa sanitaria, mentre la verità è che in questi cinque anni l'abbiamo aumentata di quasi il 50% passando da 65 a 93 miliardi di euro. Ma questa realtà farà fatica a trovarla sui giornali o in televisione".
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L'UNITA' on-line 23-10
EDITORIALE
Guerra civile
Si aggira per il Paese un primo ministro petulante che continua a molestare gli italiani
di Furio Colombo
Il premier petulante non controlla la sua maggioranza, tiene in piedi e spinge avanti Bossi, senza alcun rispetto per le condizioni di salute del suo utile alleato, e si appresta, sulla base di una sua vecchia maggioranza negata, cancellata e scolorita, come manifesti abbandonati sui muri, non all’ordinaria amministrazione, come sarebbe doveroso per lui, non alla inevitabile legge finanziaria, che è per forza truffaldina, perché ognuno dà i frutti che può, e deve per forza lasciare l’impronta. No, si impegna in cambiamenti radicali di un Paese che lo rifiuta, lo nega. E gli ha già voltato le spalle. Impone, attraverso il controllo umiliante e umiliato della sua maggioranza, la cosiddetta “devolution”, un povero e arrischiato pasticcio inventato per lui dalla Lega, sulla base del fatto che a Berlusconi non importa nulla del danno al Paese, e i suoi dipendenti sono troppo servi per non ripetere alla lettera gli ordini ricevuti. Gli ordini includono il pagamento dovuto alla Lega per le leggi ad personam e il vandalismo del ministro Castelli sulla Giustizia.
Subito prima il premier rifiutato ha cambiato la legge elettorale in modo da garantire la non governabilità del Paese (o almeno si è impegnato più che ha potuto perché questo sia il risultato).
Subito dopo si è dato da fare con un altro aspetto del suo inconciliabile antagonismo verso ogni cosa normale e libera. E’ la sua lotta alla par condicio, modesta regola democratica che dice: se parli tu, parlo anch’io. Lui ha tutte le televisioni. E anche se gli riesce sempre meno il gioco dell’imperatore bizzarro a cui si tributano solo finti trionfi, anche se gli riesce sempre meno di intimidire liquidando carriere o facendo espellere chi non si piega, è ancora in grado di parlare dieci minuti di seguito e da solo, in ogni telegiornale, in sequenze lunghissime e impossibili nel resto del mondo. Però a lui non bastano. Vuole cancellare quel poco di confronto che resta. Non vuole tanto tempo. Lo vuole tutto.
Ma tutto ciò (che è esercizio quotidiano di potere prepotente e squilibrato dei media, soprattutto nella Radio e Televisione di Stato), non basta alla monomania molesta di Berlusconi.
Berlusconi non smette di importunare gli italiani, al punto da affermare di fronte ai cittadini del Paese più impoverito d’Europa: «Abbiamo quasi completato il nostro programma, mantenuto tutte le promesse». E cresce probabilmente il disagio anche fra coloro che lo hanno votato.
Per esempio parla, in modo fermo e triste, di “guerra civile”. Berlusconi non è abituato, con il vuoto di voci libere che ha fatto intorno a tutto ciò che controlla (e che è molto), a sentir parlare di lui e del suo governo come di un misfatto, senza tanti giri di parole.
Pensava di essersi liberato da un pezzo di coloro che «attaccano me per attaccare l’Italia» (Mussolini, 3 gennaio 1925, Berlusconi quasi ogni mese negli ultimi cinque anni). Ma adesso attacca con i suoi deputati-piranha la par condicio perché il clima gli sembra avverso, come se fosse scattato per lui non proprio un 25 aprile (che verrà col voto) ma un 25 luglio, come dimostrano i frequenti abbandoni.
Berlusconi deve cambiare legge. Bisogna che i suoi voraci deputati, che hanno già divorato, su suo mandato, pezzi interi della Costituzione italiana, gli divorino l’ultima legge ancora in piedi sulla libertà di informazione nelle emittenti pubbliche. Berlusconi sente la possibilità di esprimersi alla pari come un’offesa, anzi come un sopruso.
E allora lui parla di “guerra civile”, e lo fa ripetere dai suoi dipendenti.Sono cose che puoi fare solo se parli da solo e puoi mettere a tacere la voce disturbatrice degli altri.
Adesso sappiamo intorno a che cosa si gioca la prossima battaglia. E’ una estrema e decisiva battaglia di libertà. E’ la parola che, come ha detto Enzo Biagi nella sua intervista-“incubo” (per Berlusconi) del Tg3 non tollera aggettivi. Semplicemente o c’è o non c’è.

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MEDITAZIONE - 23/10/05

LIBERAZIONE 23-10
EDITORIALE
Pensieri sui diritti


Celentano salverà

la libertà d'informazione?

Piero Sansonetti
Molti esponenti e giornali di sinistra hanno esultato per "Rockpolitik", cioè l'esibizione di Adriano Celentano in Tv. Hanno parlato di nuovo risorgimento, di fine dell'oppressione, di riscossa democratica, di antifascismo. Noi siamo stati più prudenti. A Roberta Ronconi, la nostra critica televisiva, il programma non è piaciuto molto, lo ha trovato parecchio pasticciato, questo ha scritto ieri su Liberazione. Diciamo che non ha avuto l'impressione di aver assistito a un momento storico, a un atto memorabile di ripresa della cultura e della libertà, di fine di un cupo regime.
Ad altri il programma è piaciuto. Moltissimo, per esempio, è piaciuto a Prodi, che ha parlato di show di libertà.
Non avrebbe senso però stare qui a discutere di Celentano e Santoro, e a dividersi nei giudizi (tutti legittimissimi e ragionevoli, sulla qualità del programma) se dietro a Rockpolitik non scorgessimo un problema più generale, più grande, riassumibile in questa espressione: libertà di informazione.
Io trovo abbastanza preoccupante, triste, l'idea che l'impennarsi o inabissarsi della libertà di informazione dipendano dalle performance di un bravissimo canzonettaro, o anche - so di toccare qui un tema molto controverso, giustamente controverso - sull'attività di un ottimo professionista del giornalismo come Michele Santoro. Mi sembra che se restiamo attaccati a questo schema, cioè al concetto dilagante e devastante dell'informazione come aspetto nobile dello show e dell'intrattenimento, abbiamo già perso. Siamo senza speranze.
La libertà di informazione viene generalmente vista da un unico punto di vista, che non è, credo, quello giusto, o almeno è troppo parziale: dal punto di vista del "giornalista", del protagonista. E' ridotta a "libertà di stampa". Cioè è considerata semplicemente come libertà di poter informare, di potersi esprimere, di dire, raccontare, ragionare. Un sacro diritto individuale. Invece credo che la vera libertà di informazione (che non è semplice libertà di stampa) sia il diritto ad essere informati. Non è un diritto individuale, è collettivo. Non può essere regolato né dal rispetto delle "carriere", né dal rispetto del pluralismo partitico. Finché sarà così, e cioè finché la libertà di informazione sarà vista come una variante del Mercato, governata dalla politica, non sarà mai un diritto: sarà solo una delle tante regole del gioco di una società a fortissima dominazione delle potenze economiche e delle potenze politiche.
E cosa deve essere invece, la libertà di informazione? Primo, vera libertà per i giornalisti, e quindi fine dei ricatti che avvengono attraverso il potere dei proprietari e dei giudici (con le querele e un sistema di pene che, verso i giornalisti, è il più severo dell'Occidente, Stati Uniti a parte); secondo, vera libertà degli editori. Cosa vuol dire libertà degli editori? Vuol dire che non possono essere semplici imprenditori, competitori, funzionari del mercato. Mercato e imprenditoria servono a far guadagnare, a far girare i soldi, non servono a garantire i diritti, specie i diritti collettivi. C'è una contraddizione irrisolvibile tra diritti collettivi e competizione, e mercato. Se non si risolve questo problema - con l'intervento pubblico, con l'investimento di risorse, con la riscrittura delle regole - è del tutto illusorio parlare di libertà di informazione e di diritto all'informazione.