martedì, gennaio 30, 2007

MEDITAZIONE - 30/1/07

APRILEONLINE 30-1
Favole moderne
Diego Sergio (Diesse) e Margherita
Genitori e parenti premono affinché si sposino. E' già pronto pure l'appartamentino (in affitto) in un condominio ancora in costruzione. Lei ha due gatti: Eminenza e Opusdei, ma lui è allergico ai felini.....
Luciano Comida
Forse Diego Sergio (per gli amici Diesse) e Margherita si amano. Ogni tanto fanno qualche viaggio insieme, si telefonano, frequentano la stessa associazione culturale, votano lo stesso schieramento politico, vanno al cinema e a teatro,sono in prima fila ai concerti dei loro musicisti preferiti, si mandano sms, si divertono a spedirsi appassionate e-mail. Insomma non sanno stare l'uno senza l'altra. E in base a tutto ciò i loro genitori, con tanto di parenti, vorrebbero che si sposassero.
Ma Diego Sergio (per gli amici Diesse) e Margherita non sono convinti. E non solo per quanto riguarda il matrimonio: non vogliono nemmeno coabitare. Perché i problemi sono tanti.
Uno è molto semplice e banale ma tale da rendere impossibile la convivenza: lei vive con due gatti, Eminenza e Opusdei, ma lui è allergico ai felini e dunque non va mai a casa di Margherita, nemmeno per una breve visita. Come farebbero a stare insieme? Lei non vuole rinunciare alla propria amicizia con i gatti. E d'altra parte, in loro presenza, Diesse viene colto da serissime crisi respiratorie. Ha tentato con dei farmaci, chimici e omeopatici, ma nulla da fare.
Altro problema: la piccola casa di lui è alla periferia nord della loro grandissima città, soluzione molto comoda visto che Diesse lavora a cento metri dall'abitazione. Mentre Margherita abita (anche lei in un piccolo monolocale) al lato opposto della città, a pochi metri dal proprio lavoro.
E ancora: di notte lui russa fortissimo e lei ha il sonno assai delicato. Così, le volte che dormono insieme sono abbastanza rare e comunque si tratta di notti di passione, quando dormire è l'ultimo dei pensieri. Insomma l'idea di condividere ogni notte lo stesso letto non li attrae per nulla.
Eppure genitori, parenti e qualche amico premono affinchè si sposino: in primis perché così vuole la creanza e poi perché risparmierebbero pure sugli affitti. E in più è già pronto il corredo, il biglietto per il viaggio di nozze, la destinazione della luna di miele, il menu per il pranzo nuziale, un appartamentino (sempre in affitto) in un condominio ancora in costruzione.
Ieri mi ha scritto un' e-mail il mio amico Diego Sergio (che io chiamo Diesse). Non sa che pesci pigliare e mi ha chiesto consiglio. Io gli ho suggerito di riflettere bene e a lungo. E comunque, gli ho confidato, se dipendesse da me: io con Margherita non mi sposerei.

lunedì, gennaio 29, 2007

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 29/1/07

LA “CENTRALITA’“

DEL CAVALIERE
L'UNITA' on-line 29-1
BANNER
Berlusconi si crede Gesù ed è affetto da una malattia: la sacra sindrome. Ora vuole lasciare, ma credendosi Gesù che lasciò tutto a Pietro, non trova quello giusto. Ha provato con Fini, poi con Casini e ancora con Schifani. Poi è arrivato Maroni e non c’ha provato neppure. Lo dico sempre: senza Berlusconi siamo rovinati, siamo senza materiale. Guardate me: io sono costretto a fare Dante, Sabina Guzzanti farà Ariosto.
Roberto Benigni, «Lectura Dantis», Arezzo 28 gennaio
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EDITORIALE
La politica del telegatto
Gianfranco Pasquino
Proprio mentre si celebravano, con enfasi priva della necessaria nonché inevitabilmente severa riflessione (mi pare proprio che la Casa delle Libertà abbia perso le elezioni del 2006), i suoi dodici arrembanti anni di presenza sul teatrino della politica, Berlusconi era impegnato, appropriatamente in occasione della consegna dei Telegatti, a risolvere il problema della leadership del centrodestra, o di quel che ne rimane.
Sembra anche che abbia trovato il modo per rifiutare il paragone fra la sua leadership e quella di De Gaulle e Reagan sostenendo di essere «incomparabile» anche perché non ancora morto.
Naturalmente, si potrebbe sostenere che se Berlusconi avesse voluto sprigionare appieno gli effetti positivi dell’antipolitica, in Italia, Paese ingessato quanto la Quarta Repubblica francese e gli Usa di Carter, avrebbe dovuto essere libero da qualsiasi conflitto di interessi, come lo furono sia De Gaulle che Reagan. Invece, difendendo con motivazioni pericolosamente populiste, che ha “tele”-trasmesso anche al Fedele Confalonieri, ovvero che il voto “lava” tutto, i suoi lacci e laccioli, fatti di corposi interessi, Berlusconi non riuscirà mai, neppure se tornasse a vincere, a “istituzionalizzare” in maniera weberiana il suo carisma.
Mi sembra, però, che continuino a sbagliare, e di molto, persino in maniera assolutamente controproducente, coloro che attribuiscono il successo di Berlusconi esclusivamente alle sue televisioni e al suo conflitto di interessi. Purtroppo (sì: proprio così), la forza di Berlusconi è che, nonostante dodici anni di presenza nel teatrino della politica, è ancora in grado di rivendicare e sfruttare, in maniera credibile per quasi metà dell’elettorato italiano, la sua “antipolitica”. Ed è proprio l’impossibilità per Fini e per Casini di sfruttare, loro, politici di professione, con trascorsi diversamente non raccomandabili, la carica “antipolitica” che li rende poco adatti ad ereditare o ad essere investiti di quel ruolo senza perdere pezzi di elettorato. Naturalmente, proprio perché è un leader antipolitico, Berlusconi non vuole e non può designare nessun successore. Non lo fecero neppure De Gaulle e Reagan.
Probabilmente, il neo-centrismo prospererà meglio destrutturando le coalizioni e, in rapida sequenza, il sistema politico italiano. Allora, forse, la leadership di Berlusconi verrà definitivamente debellata, ma non c'è nessuna garanzia che il neo-centrismo curi le propensioni antipolitiche degli italiani, sani i conflitti di interessi, migliori la qualità della televisione. Al contrario, tutti questi problemi sono stati nutriti dal più duro e significativo episodio di neo-centrismo italiano: quello guidato da Craxi e Andreotti e noto come pentapartito.
(versione ridotta)
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CITAZIONE
La memoria dei “berluscones”
Nel 1992 - secondo una inchiesta dell’Espresso - un italiano su 10 odiava gli ebrei, il 34% sosteneva che non sono veri italiani, quasi per la metà gli ebrei dovevano smetterla di lamentarsi della Shoah. Silvio Berlusconi interpreta la tendenza, si rifiuta di celebrare il 25 aprile, sostiene che Mussolini non aveva ammazzato nessuno. Dice il grande fotografo Tano D’Amico: «Si possono dominare completamente solo uomini senza memoria».
(Raoul Wittenberg, “L'orrore italiano”)
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CORSERA 29-1
GRANDE CENTRO – Lavori in corso…
Poiché pochi credono che l'attuale legislatura possa durare cinque anni, le manovre per le scelte dei candidati sono informalmente già iniziate.
Veltroni ha mostrato di essere una formidabile macchina da guerra mediatica.
Seconda, per efficacia, solo a Berlusconi.
Contro uno come Veltroni… Se non sarà Berlusconi a succedere a se stesso, egli dovrà dunque acconciarsi a indicare un candidato di Forza Italia, il più prestigioso possibile, preferibilmente dotato (come Veltroni) di appoggi extrapolitici e della capacità di tenere insieme la coalizione.
(Dall’editoriale di Angelo Panebianco)
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STAMPA 29-1
Corsivo
Il delfino delle libertà
Massimo Gramellini
«Pronto Formigoni? Che voce offesa! Non avrai creduto alla balla di Fini mio successore? Ho dovuto dirla. Insisteva. Sai come sono, questi fascistoni. Tignosi. Però anche ingenui, eh. Si accontentano di una dichiarazione. Ma noi faremo le primarie e le vincerai tu. Fini lo mandiamo alle secondarie, a ripetere l’anno con Tremonti e Casini. Ti lascio, ho una chiamata in attesa...
Pronto? Il mio Tremontino preferito! Dimmi la verità: ci sei cascato. Aha aha! Figurati se penso di scaldare il posto a quel burocrate di partito che non ha mai vinto neanche una Champions League. Uno statalista che va matto per le tasse e sarebbe capace di nazionalizzarmi pure le tv. Tranquillo, Giulio, nel mio cuore e nell’anima c’è un solo prato verde e sei tuuuu. E’ di Battisti, ma te l’ho personalizzata. Saluti, mio erede!...
Chi parla? Pierferdinando, lo sapevo che non ci avresti creduto. Mica t’hanno fatto democristiano per niente. Ti pare che lascio i moderati in mano a faccetta nera bella abissina: aspetta e spera! Hai sentito no, cosa ho detto ai giornalisti? “Fini è il candidato più autorevole a succedermi alla guida del futuro partito unico”. E dato che il partito unico non si farà mai, eccolo, il futuro di Fini: Finirà. Scusa un attimo...
Pronto? Gianfrancone! Guarda che non mi devi ringraziare. Te lo meriti. E poi ho detto una cosa ovvia. Chi altri, se non tu? Perdonami, ho Confalonieri sull’altra linea...
Fedele, ma quanto sono tonti questi politici! Mi conoscono da una vita e ancora non hanno capito che non lascerò mai niente di mio a uno che non si chiami Berlusconi».

sabato, gennaio 27, 2007

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 27/1/07

URGE “GRANDE CENTRO”
se no qua il Cavaliere rischia di rimetterci qualche lira.
Luciano Seno
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APRILEONLINE 27-1
Dopo le tv, ora il conflitto di interesse
Ma come si fa a riabilitare Craxi quando la nostra vita è stata rovinata nell'ultimo decennio dal suo frutto avvelenato?

Francesco Pardi
L'accusa di Berlusconi secondo cui la legge Gentiloni sarebbe un atto criminale nei suoi confronti testimonia l'esistenza di un'anomalia politica chiamata conflitto di interessi. La proposta del ministro delle Telecomunicazioni al contrario appare fin troppo moderata. Mentre risulta poco credibile la minaccia del patron Mediaset di portare in piazza, a sua difesa, 5 milioni di persone.
La nuova legge sul sistema televisivo è un atto criminale contro le proprietà private del capo dell'opposizione: scenderanno in piazza cinque milioni di persone. Bum!
Conflitto d'interessi vivente, Berlusconi non si rende conto che la boutade è un'ammissione involontaria. Perché se si può aggredire il capo dell'opposizione colpendo le sue reti, ciò ammette solo due possibilità: o fare il capo dell'opposizione senza avere reti televisive o gestire reti televisive senza fare il capo dell'opposizione.
Oggi potremmo sorridere della megalomania, e magari chiederci perché mai quando ancora poteva non ha promosso, con una previdente legge ad personam, la costruzione di un luogo adatto a radunare cinque milioni di persone. Ma in realtà c'è poco da ridere. Possiamo solo rallegrarci che un tipo simile non sia ancora presidente del Consiglio.
La Repubblica è ancora inquinata in profondità dal suo passaggio e sarà ancora inquinata dalla sua persistenza sulla scena. Ma a poco a poco alcune ferite istituzionali vengono curate e risarcite. Il suo progetto di deformazione della Costituzione è stato annichilito dal popolo, alcune sue leggi sono state ridimensionate o cancellate dalla Corte Costituzionale. Ma la consistenza stessa dell'attività di governo è impedita, all'origine, da una sua legge concepita apposta per rendere ingovernabile il Senato. Oggi, nella società politica, questa condizione reale viene universalmente considerata prodotto del fato. Nessuno vuole ricordare che è il prodotto di una volontà premeditata contro l'esercizio della democrazia. Anzi di solito se ne deduce una sola conseguenza: che maggioranza e opposizione devono collaborare.
La legge Gentiloni sul sistema televisivo è tutt'altro che una legge punitiva. Accetta in sostanza -- per realismo, si potrà dire -- il duopolio televisivo italiano: non si può mandare sul satellite una rete del monopolio privato senza riservare eguale sorte a una rete pubblica. Fissa un tetto massimo del 45% alla raccolta pubblicitaria per un singolo operatore. E se Mediaset toccherà il tetto, a Rai e tutti gli altri soggetti toccherà il 55%: sono queste condizioni possibili per una concorrenza non duopolistica?
Ma il capo dell'opposizione considera questa blanda misura come un atto criminale. Certo, si era abituato al 66,38% mentre Rai e tutte le altre reti insieme dovevano accontentarsi del rimanente. Come si possa ridimensionare un appetito così smisurato è davvero un problema di gradualità clinica. Vista sotto questo profilo la legge Gentiloni appare come una procedura che fa tutto il possibile per evitare choc al paziente.
Ma questo è impaziente. Ha sempre adottato la linea: pretendere tutto e dopo averlo ottenuto lamentarsi per non essere stato accontentato. Memorabile il momento in cui la legge voluta da Craxi gli regalava il monopolio televisivo privato e lui si lamentava per aver dovuto cedere il Giornale al fratello!
Una più che decennale esperienza insegni all'Unione che cedere alle sue pretese serve solo ad accrescerle. L'invito ha un fondo di amaro realismo: non sia mai che per compensare l'asserita criminalità della Gentiloni si ammorbidisca la per ora inesistente legge sul conflitto d'interessi. E si faccia tesoro della tendenza di alcuni suoi alleati a guardare con minore entusiasmo di un tempo alla protezione del suo monopolio personale: la Lega ha già detto che per le sue reti non scenderà in piazza e anche Storace ha cercato di distinguersi. Insomma, la difesa del monopolio privato non è più monolitica. Non è il momento di farsi impressionare.
Quanto alla provocazione dei cinque milioni, sappiamo che il soggetto è abituato alle cifre virtuali. Che ci creda lui è inevitabile. Si potrebbe evitare però che ci credano gli altri, come quando è stato accreditato il milione inesistente della sua piazza San Giovanni.
E un'ultima cosa: ma come si fa a riabilitare Craxi quando la nostra vita è stata rovinata nell'ultimo decennio dal suo frutto avvelenato?
www.liberacittadinanza.it

venerdì, gennaio 26, 2007

RESISTENZA - 26/1/07

GLI VOGLIONO TOCCARE LA GRANA…
…e questo blog riprende vita…
Luciano Seno
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L'UNITA' on-line 26-1
Sommario di I pag.
Berlusconi: porterò 5 milioni in piazza a difesa delle mie tv
Prodi: «Parla così per interesse»

Silvio Berlusconi si sbilancia su Gianfranco Fini investendolo a suo successore alla guida della Cdl, ma An smentisce: «La questione non è all'ordine del giorno». Il leader di Forza Italia, nel frattempo, rilancia la spallata al governo Prodi e minaccia di «portare in piazza 5 milioni di persone» contro la riforma sulle sue tv contenuta nel ddl Gentiloni, per lui un «piano criminale». La replica di Prodi: «In piazza per interessi personali»
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REPUBBLICA on-line 26-1
Il Cavaliere annuncia battaglia contro il ddl di riforma televisiva
"Progetto criminale, porterò in piazza cinque milioni di persone",

Prodi: "Manifesta per interessi personali"
ROMA - Incorona Fini come "leader del partito unico del centrodestra". Poi annuncia "manifestazioni di piazza" contro la legge Gentiloni. Silvio Berlusconi rompe gli indugi e nomina il leader di An come suo successore nel futuro partito che dovrebbe riunire le forze dell'ormai ex casa delle libertà. Ma non solo. Nel mirino del Cavaliere finisce il ddl di riforma televisiva: E' un piano criminale e una aggressione contro Mediaset, in odio al leader dell'opposizione. Porterò in piazza 5 milioni di persone". Posizione che Fini si affetta a sposare: "Quella di Gentiloni è una legge che non condividiamo e se non riusciremo a fermarla in parlamento proveremo tutte le possibili modalità di opposizione, comprese le manifestazioni di piazza". A stretto giro di posta arriva, però, al replica di Romano Prodi: "Le manifestazioni popolari sono infatti sinonimo di democrazia partecipata e vanno sempre rispettate, ma le mobilitazioni per interessi personali sono almeno opinabili".
Fini, l'erede. "Penso che il candidato più prestigioso e autorevole, per succedermi alla guida del futuro partito unico dei moderati potrebbe essere Gianfranco Fini, che giustamente si sta imponendo con una certa autorevolezza". Lo ha detto Silvio Berlusconi, che ieri sera ha preso parte alla cena di gala organizzata a Roma, dopo la registrazione dei telegatti 2007. Aggiungendo che, se l'esescutivo di Romano Prodi - definito "un comitato d'affari - dovesse cadere, sarebbe sostituito da un governo tecnico.
Il partito unico liberale. Prima, bisogna prendere in esame l'idea di una federazione. "La federazione - ha detto il Cavaliere - sarebbe una prima e importante tappa, perchè eviterebbe tentazioni ostruzioniste tra gli alleati, che sarebbero chiamati per statuto a rispettare le decisioni della maggioranza interna". Ma quella della costituzione di "un fronte liberale" resta comunque per l'ex premier la strada da seguire, "così come si sta facendo a sinistra col partito democratico, nel quale non rientreranno i partiti con le posizioni più estreme".
L'opposizione della Lega. "Le affermazioni di Berlusconi - ha detto il capogruppo alla Camera dei Lumbard Roberto Maroni - sono nette e chiare, e questo è un merito, ma il demerito è che per la lega sono come due dita negli occhi. E il fatto che ci sia già un leader, Fini, ci lascia molto perplessi. Al di là della stima personale per Fini, perché lui sarà il leader del partito unico. Ecco in questo partito unico con Fini leader la Lega non ci sarà".
L'indifferenza di Casini. "E' un problema che riguarda il partito unico che è pienamente legittimato a fare le proprie scelte". Così il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini commenta le parole di Berlusconi.
Casini sottolinea comunque che il tema "non mi riguarda, io mi sto occupando di altro". "Comunque - conclude - è giusto che ciascuno si scelga i propri dirigenti".
Critiche al governo. Per Berlusconi "il collante" della maggioranza "è il potere, ma secondo me hanno una gran voglia di liberarsi di Prodi. Penso che se ci fosse un incidente ci sarà modo di fare un governo tecnico". Il giudizio sull'attuale esecutivo, comunque, è e resta totalmente negativo: "Hanno trasformato il governo in un comitato d'affari. Ogni ministro ha a disposizione due o tre miliardi di euro da spendere per le proprie clientele".
Attacco alla Gentiloni. Il Cavaliere ha definito la proposta di legge "un intervento dirigista", per "togliere a Mediaset un posto nel mercato, perchè gli investitori vengono colpiti da un provvedimento in odio a un imprenditore". Ma, secondo il leader della Cdl, il governo "non troverà 157 complici in Senato...". Berlusconi ha aggiunto che a suo avviso "Mediaset debba difendersi, andando in televisione" con i suoi vertici. "Consiglio loro di raccontare cosa è veramente il disegno di legge Gentiloni, cioè un atto criminale. E non è un particolare trascurabile che la Rai decida di mandare sul digitale non la terza rete, che è l'equivalente di Retequattro di Mediaset, ma Raidue, cioè la rete che rimanda all'area liberale".
Il migliore avversario. Sempre sugli avversari, il leader di Forza Italia ha detto che a suo giudizio "D'Alema è certamente a sinistra il personaggio più autorevole". E Veltroni? "Ma no, certo... Io sono aperto a discutere con tutti i moderati".
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STAMPA 26-1
Prodi: «Berlusconi in piazza per interessi personali»
ROMA - «Le manifestazioni popolari sono sinonimo di democrazia partecipata e vanno sempre rispettate, ma le mobilitazioni per interessi personali sono almeno opinabili. Mi sorprende però che il presidente Berlusconi e il presidente Fini ritengano che questo sia il metodo di confronto con il Governo e con le sue scelte».
Questo il commento del premier Romano Prodi all’annuncio da parte di Silvio Berlusconi di una manifestazione contro il ddl Gentiloni.
«Noi preferiamo continuare a lavorare, preferibilmente nell’interesse di tutti. Ci attendiamo invece dall’opposizione un sereno contributo in Parlamento. Come avviene - conclude il premier - in ogni democrazia moderna».

giovedì, gennaio 25, 2007

RESISTENZA - 25/1/07

TO', CHI SI RIVEDE..
...a quanto pare le beghe dei "polli di Renzo" gli hanno ridato fiato...
Luciano Seno

CORSERA
SERA 25-1
«All'Italia serve uomo di sinistra, come me»
Berlusconi attacca il governo Prodi: «L'unica politica sociale l'abbiamo fatta noi del centrodestra» «Le elezioni? Un imbroglio»
Il ddl Gentiloni: «E' un piano criminale contro il capo dell'opposizione»

ROMA - «Gli italiani vogliono cambiare questo governo e questa maggioranza taroccata» e dunque l'Italia «tornerà a essere governata dal fronte liberale e da un uomo di sinistra come me: è un paradosso ma è vero visto che l'unica politica sociale di sinistra l'abbiamo fatta noi del centrodestra». Così Silvio Berlusconi, presidente di Forza Italia ed ex premier è tornato a criticare l'operato dell'esecutivo di Romano Prodi poco prima di entrare ad una cena con i deputati azzurri nel ristorante di un lussuoso albergo romano.
«LE ELEZIONI? UN IMBROGLIO» - Nell'occasione Berlusconi è tornato a parlare dei risultati delle elezioni dello scorso anno e parlando di governo e maggioranza ha sottolineato: «Non hanno neppure vinto le elezioni, perchè hanno imbrogliato» e stanno «facendo perdere prestigio al Paese» facendo «andare all'estero anche i capitali stranieri». Insomma, ha attaccato il Cavaliere, «stanno facendo cose che non hanno cittadinanza in una democrazia piena e compiuta».
«PIANO CRIMINALE» - L'ex premier ha criticato in particolare un provvedimento legislativo varato dal governo, il disegno di legge Gentiloni sull'emittenza televisiva. Testo che dovrà essere licenziato dalle Camere. «Quello non è un ddl, ma un piano criminale verso il capo dell'opposizione e verso le sue proprietà private - ha tuonato Berlusconi -. Non credo, anzi sono sicuro, che tuttavia non troverà 160 complici che porteranno a realizzazione un progetto criminale».
LE PENSIONI - «Non so cosa farà la maggioranza sulle pensioni - ha detto ancora Berlusconi - visto che uno dice una cosa e uno ne dice un'altra. Aspettiamo di vedere cosa saranno in grado di fare». «Continuo a sperare che questa maggioranza imploderà al suo interno - ha aggiunto - . Stanno azzerando tutto il gran lavoro che abbiamo fatto in cinque anni: stanno facendo fare numerosi passi indietro al nostro paese, mentre non sono in grado di fare le riforme positive».­

mercoledì, gennaio 24, 2007

RESISTENZA - 24-1

Il Berlusconismo senza Berlusconi
LAVORI IN CORSO
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L'UNITA' on-line 24-1
BANNER
«Il processo in corso a carico di Silvio Berlusconi, l´ennesimo per frode fiscale e falso in bilancio, non ha maggiori probabilità dei precedenti di concludersi. I suoi avvocati faranno in modo di guadagnare il massimo di tempo e i fatti cadranno in prescrizione. Una mezza dozzina di leggi sulla giustizia, votate nella legislatura precedente, sono servite nei processi di Silvio Berlusconi e delle persone a lui legate»
Le Monde, 22 gennaio
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Ordinaria amministrazione – il berlusconismo non è mai andato via, adesso Lorsignori lo stanno “normalizzando”. Oggi stesso Repubblica ci fa notare come sia in corso perfino la riabilitazione di Craxi, “padre” di Berlusconi (i “padrini” che fornirono il capitale iniziale, per fortuna, non ne hanno bisogno – loro, o chi per loro, sono vivi, vegeti e a piede libero).
Luciano Seno
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REPUBBLICA on-line 24-1
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
La sottile differenza
"Più passa il tempo, più Craxi si rivela un grande maestro della politica. Non vedo motivi per non dedicargli una via in Italia. I reati di finanziamento illecito di cui era accusato erano reati di un'intera classe politica e oggi sarebbero prescritti."
(Clemente Mastella, ministro della Giustizia, la Repubblica, 20 gennaio 2007).
"La Cassazione ha confermato la sentenza d'appello di condanna per la vicenda Eni-Sai per Bettino Craxi (5 anni e 6 mesi di reclusione definitivi), Sergio Cusani e Severino Citaristi, tutti imputati di corruzione,"
(Ansa, 12 novembre 1996).
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Tutti atti rilevanti intesi al medesimo fine criminoso, come si suol dire in legalese. E mica finiscono qui. Infatti oggi quelli del FOGLIO – gli unici che abbiano due dita di fronte sul fronte del Merda – santificano Walter Veltroni con quattro (4) pagine di agiografia, avallando la sua candidatura a capo del Grande Centro che sarà l’esecutivo del “Berlusconismo senza Berlusconi”.
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IL FOGLIO 24-1
(citazioni sparse)
NASCE UN PREDICATORE
BELLA POLITICA & FACCIA TOSTA

Spettacolare tappa napoletana del tour di Veltroni
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Quando ha spiegato: “Dobbiamo reintrodurre l’etica pubblica”, aveva già vinto. Quando ha detto: “Guardate, non c’è politica senza valori, senza programmi, senza condivisione” l’hanno applaudito forte, perché uno così è in fondo il massimo della modernità non gelida che si possa avere.
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“Abbiamo bisogno di ritrovare la passione per la politica. Di riscoprirne la bellezza, e insieme il suo essere lo strumento più alto e nobile di cui gli uomini concretamente dispongono per tracciare il loro cammino, se saranno capaci di restituirle la saggezza, il pudore e il senso di giustizia di cui parlava Platone”. Non c’è nessun altro che abbia avuto la stessa idea, qui. Non c’è immagine, di quelle mostrate, che non faccia salire agli occhi qualche lacrima.
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Beh, concetti come “la saggezza, il pudore e il senso di giustizia” esaltati dall’organo della consorte del Cavaliere… non so se mi spiego… e prego notare la “lacrima” del commento. E si va avanti, ripeto, per quattro pagine…
Ma c’è dell’altro: l’Opus Dei che, per chi, complice il colpevole silenzio di tutti – tutti! – i media, non lo sapesse, è la più potente e ricca mafia clerico-fascista del mondo, ed è annidata in casa Rutelli, fa la sua parte nell’accelerare la fine di Prodi e la transizione al Grande Centro.

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L'UNITA' on-line 24-1
Unioni gay, è scontro sul ddl Bindi-Pollastrini
A sette giorni dalla scadenza fissata dal governo per una legge sulle coppie di fatto, a Montecitorio i capigruppo dei partiti dell'Unione non raggiungono una mozione unitaria. È polemica tra i centristi della maggioranza, da un lato, e Prc e associazioni omosessuali, dall'altro.
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E per concludere, al meno per oggi…
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CORSERA 24-1
Titolo
Montezemolo: «Bene il piano di liberalizzazioni, ora si proceda»
Il presidente di Confindustria dopo il pranzo con Prodi: «Incontro utile, auspichiamo tempi rapidi».

domenica, gennaio 14, 2007

RESISTENZA - 14/1/07

IL “NOSTRO” SI RIFA VIVO…
ma pare un disco rotto che gira sempre sullo stesso solco. Sfido chiunque ad individuare una parola o un concetto che non abbiamo già sentito ripetere ad nauseam in tutti gli anni in cui si siamo occupati del Merda.
Se non s’inventa qualcosa di nuovo qua ci tocca chiudere bottega o cambiare ragione sociale – “Resistere a Mortadella”…
Luciano Seno
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STAMPA 14-1
"Con Prodi anche i poveri piangono"
Berlusconi: «Da Caserta solo contraddizioni e nessuna riforma»
ROMA -- Da Caserta «sono venute fuori tutte le contraddizioni» all’interno del centrosinistra, «nessuna riforma» ma «divisioni su tutto». Silvio Berlusconi, in un collegamento telefonico con Roccaraso, sede della manifestazione di Forza Italia "Neveazzurra", critica gli esiti del conclave campano. «È una maggioranza elettorale senza un programma condiviso», si tratta di un esecutivo che «galleggia», con il Prc vero «dominus» della scena. «Prodi - spiega il leader di Forza Italia - è ancora fulminato da ciò che Rifondazione comunista» combinò nel ’97.
Berlusconi non ha poi risparmiato critiche alle politiche fiscali del governo: «Il governo sta tagliaggiando tutti i redditi, e anche i poveri piangono». Ci sarebbe stato un «aumento di tassazione verso tutti i patrimoni. Considerato che l’81% degli italiani è proprietario di case, hanno colpito il ceto medio e medio basso, altro che solo il ceto medio». Per Berlusconi il governo si muove seguendo tre direttrici: «nessuna riforma, aumento delle tasse, aumento della spesa pubblica». L’obiettivo è «aumentare i poteri dei partiti attraverso le risorse pubbliche ottenute con il taglieggiamento fiscale».
«LEGGE ELETTORALE, BOSSI STIA TRANQUILLO»
«Non faremo nulla che non sia condiviso con gli altri alleati. Conosco i timori della Lega, voglio dire chiaramente che non faremo nulla senza un accordo con la Lega. Bossi stia tranquillo». Silvio Berlusconi, in un collegamento telefonico con la manifestazione ’Neveazzurrà a Roccaraso, spiega che il referendum è uno strumento che «può indurre la sinistra ad un comportamento ragionevole e riguardevole per gli interessi del Paese». Ma l’ex premier aggiunge che l’obiettivo è comunque «modificare la legge elettorale in Parlamento. Nessuno - conclude Berlusconi - vuole utilizzare il referendum per cambiare la legge elettorale».
«LA SINISTRA E' ANTIAMERICANA E ANTIOCCIDENTALE»
Il governo di centrodestra aveva «una politica estera chiara e filo-occidentale» e ha ottenuto «un grande prestigio e una grande credibilità». Ora invece «l’Italia è in asse con Parigi e Madrid», è «serva dell’ambizione francese di diventare un pilastro nell’ equilibrio euro-arabico», con una politica basata «sull’esclusione degli Usa dall’influenza nel Mediterraneo». È questa l’analisi di Berlusconi sulla politica estera del governo Prodi. «L’America - osserva il Cavaliere - ci ha messo da tempo nella lista dei Paesi su cui non può contare. Questo governo - continua Berlusconi - strizza l’occhio ad Hezbollah e critica continuamente Israele che è l’unico avamposto di democrazia nel Medio Oriente». Si tratta - osserva ancora l’ex premier - di «una logica irresponsabile», c’è al governo «una sinistra antiamericana e antioccidentale» che preferisce allearsi di più con Paesi arabi, tra i quali anche l’Iran. «Questo ci fa molto male», conclude Berlusconi.

sabato, gennaio 13, 2007

MEDITAZIONE - 13/1/07

Tout va très bien, madame la Marquise…
Né riforme né tanto meno cambiamenti sia pur marginali della “liberal-democrazia di Lorsignori” – si tira a campare…
Pourvou che cela doure, diceva col suo accento còrso la madre di Napoleone…
Luciano Seno

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SOLE - 24 ORE 13-1
EDITORIALE
Il vincitore è Prodi, ma dov'è finito il riformismo di Ds e Margherita?
Stefano Folli
Non c'è dubbio che da Caserta torni vincitore Romano Prodi.
Il seminario è servito soprattutto a rinvigorire l'immagine del presidente del Consiglio e a riproporlo agli occhi di un'opinione disincantata e scettica come il leader insostituibile di questa maggioranza. E i sondaggi infausti? «Cominciano a cambiare — risponde il premier soddisfatto — e fra un po' di tempo arriveranno anche gli applausi».
Prodi ha ragione d'essere compiaciuto. Perché Caserta ha messo in fila dietro di lui i partiti della coalizione e li ha obbligati a riconoscere il ruolo di Palazzo Chigi nei prossimi mesi. Addirittura per l'intera legislatura: almeno sulla carta. Lo si è visto con la cosiddetta «cabina di regia» che doveva vigilare sulle misure di liberalizzazione. Un elenco di buone intenzioni in cui i capi partito avrebbero voluto mettere mano attraverso una sorta di «direttorio» concepito da Rutelli. Ma il presidente del Consiglio, senza esitare, ha avocato tutto a sé. E ha avuto buon gioco nei confronti dei suoi alleati. Quercia e Margherita si sono allineate.
Ecco perché il premier può insistere sul punto politico a suo avviso emerso dal vertice: non esiste una dialettica tra «riformisti» e«radicali» all'interno della coalizione. Anche qui c'è del vero. Nel senso che è Prodi ad assumere in sé le due posizioni fino a ieri presenti nell'Unione. Egli ne incarna la sintesi e quindi può, a buon diritto, affermare che non esistono più.
Del resto,si era capito già alla vigilia della riunione che la linea di Piero Fassino era stata sconfitta. Altro che «fase due» dell'azione di governo. Il riformismo diessino è svaporato nell'«agenda di Caserta», compilata secondo un ben collaudato rituale politico. Quasi presagendo il finale, Nicola Rossi aveva lasciato la Quercia alla vigilia del seminario denunciando la «scarsa credibilità» della classe dirigente del centro sinistra. Ma ieri sera gli ambienti dalemiani ostentavano la stessa soddisfazione del premier per gli esiti del vertice, sottolineando la ritrovata «compattezza», cioè stabilità,della maggioranza. Tutto secondo le previsioni. Ragion per cui al socialista Boselli che esprimeva la sua delusione di riformista per i risultati scarsi o nulli dell'incontro, dalla Margherita si rispondeva: «Perché parli così? Non hai fiducia in Prodi?».
In altre parole, se il seminario campano ha avuto un senso,è stato quello di rimettere il destino della coalizione nelle mani del presidente del Consiglio. La dialettica riformisti/radicali viene accantonata in nome della stabilità. I due maggiori partiti dell'alleanza, Ds e Margherita, sono ridimensionati. Rimangono accese piccole fiaccole: le liberalizzazioni promesse da Bersani, se e quando vedranno la luce; il progetto di Capezzone a favore delle nuove imprese; la tenacia modernizzatrice di Emma Bonino. Il resto è affidato alla ripresa economica, cui si chiede di sanare le contraddizioni della politica.
S'intende che la vittoria di Prodi non è senza limiti. Il primo ostacolo è costituito dalle elezioni amministrative di primavera: cosa succederà al governo in caso di insuccesso dei Ds? Il secondo problema riguarda il futuro del Partito democratico. Doveva essere la «casa dei riformisti», ma dopo Caserta i Fassino e i Rutelli avranno qualche motivo di riflessione in più. Niente è compromesso, forse, ma tutto è ancora più difficile. Prodi, il padre nobile del partito riformatore, ha fatto la sua scelta. Ha preferito guardare a una lunga legislatura.

venerdì, gennaio 12, 2007

MEDITAZIONE - 12/1/07

IL DILEMMA DELLE PERSONE PER BENE
Se ci stiamo zitti, veniamo meno al dovere civico, ma se parliamo… lavoriamo per Berlusconi. Siccome questo governo Prodi, come il precedente, è figlio del teorema Agnelli-Cuccia – “Se vuoi una politica di destra, falla fare ad un governo di centro-sinistra” – leggiamo quindi che ne pensa il suo “sponsor”.
Luciano Seno
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STAMPA 12-1
EDITORIALE
Sindrome Campania
La pattuglia sperduta di Quelli che le riforme
AUGUSTO MINZOLINI
Due giorni fa il capo dei mastelliani alla Camera, Mauro Fabris, con una frase breve spiegava la filosofia di governo che uscirà dalla megariunione dell’Unione nella Reggia di Caserta: «Tra l’andamento del deficit al ribasso e la riduzione del fabbisogno statale abbiamo tanti soldi da spendere... ci siamo capiti?».
No, non c’è da scomodare gli effetti speciali delle scene di «Mission Impossible» proprio qui perché il «gotha» del centro-sinistra italiano per uscire dalla crisi di consenso in cui versa non è in vena di cimentarsi con i rischi dell’innovazione ma è tentato di tirar fuori una vecchia ricetta che per anni ha mandato avanti i governi dc e che, specie da questi parti, è stata ripresa pari pari dalle giunte dell’Unione: interventi e investimenti a prescindere da ogni logica di razionalizzazione ed efficienza.
Saranno le mozzarelle di bufala o il dialetto napoletano di queste parti ma il vertice dell’Unione ieri ha dato l’impressione di preferire addirittura il «modello campano» a quello «emiliano». Insomma, nel paese che ama i paradossi, si scopre che un personaggio messo in croce più volte negli ultimi mesi come Antonio Bassolino può addirittura diventare un «modello».
In fondo lui e il Massimo D’Alema di oggi hanno avuto un percorso inverso ma con un approdo identico: il primo partito dalle sponde dell’utopia di classe ingraiana per arrivare a privilegiare la gestione tanto da accettare il paragone con quel maestro del settore che fu Paolo Cirino Pomicino; il secondo si è lasciato alle spalle quello che fu denominato il «riformismo dalemiano» per privilegiare una logica che predilige il governo per il governo, una filosofia che un suo ex-seguace come Giuseppe Caldarola paragona al «doroteismo di sinistra».
Il vertice di Caserta di ieri è stato l’immagine di questa metamorfosi. Romano Prodi ha rinviato di fatto il tema delle pensioni e ha giudicato «virtuale» e «improponibile» la divisione tra riformisti e conservatori, tra moderati e massimalisti: «Facciamola finita una volta per tutte con queste divisioni artificiali». Massimo D’Alema ha abbracciato l’orizzonte di Rifondazione: il problema non è l’aumento delle pensioni ma l’aumento dei salari. Senza l’aumento dei salari non si rilanciano i consumi. Dandone una chiave di interpretazione squisitamente politica: attenzione alla perdita di consenso perché è difficile recuperare. E concedendosi una tiepida critica al governo: «Nella scelta delle priorità c’è stata un po’ di confusione». Il Piero Fassino di ieri non era neppure il lontano parente del Fassino Piero, fervente riformista, della scorsa settimana. Ha fatto ammenda: «Io non ho parlato di fase due perché la Finanziaria ci sta facendo perdere consensi ma per valorizzarla». Eppoi sulle pensioni ha coniato una formula che il segretario di Rifondazione, Franco Giordano, il vincitore di Caserta secondo il socialista Boselli, nella sua magnanimità ha subito definito una possibile mediazione: «Bisogna coniugare equità ed innovazione».
Già, sull’altare del «doroteismo di sinistra» i diessini hanno messo in archivio anche la divisione tra riformisti e massimalisti coerenti con la preghiera che il ministro Pierluigi Bersani qualche giorno fa aveva rivolto a uno dei vertici di Rifondazione: «Il povero Piero (Fassino, ndr.) va aiutato». Anche Bersani ha evitato lo scontro con Rifondazione e si è rifugiato nei soliti discorsi di principio: «Nella formazione di questo governo c’è stata troppa invadenza dei partiti».
Così la bandiera del riformismo è stata tenuta alta solo dall’area socialista e laica. Giuliano Amato ha riproposto il tema delle pensioni: «E’ dietro l’angolo e va risolto». Emma Bonino e Bobo Craxi hanno chiesto più coraggio. Enrico Boselli e Marco Pannella hanno contestato Prodi per aver derubricato dal vertice la questione dei Pacs: «Ogni giorno - ha sbottato il primo - ci viene dettata l’agenda politica da autorevolissime personalità della Chiesa». Mentre il moderato per antonomasia, Rutelli, è stato cauto. Ha rilanciato tiepidamente le pensioni ma è stato morbido sul resto: «Malgrado le differenze stiamo insieme. Ora dobbiamo sfruttare le divisioni che ci sono nel centro-destra tra Casini e Berlusconi». Una frase lanciata lì per coltivare ancora la speranza di un allargamento della maggioranza sul versante moderato. L’unico che è andato giù duro è stato il ministro delle Telecomunicazioni, Paolo Gentiloni: «Non siamo ipocriti, la divisione tra moderati e radicali esiste. E’ il problema politico di questo governo».
Ma è rimasto lui solo. Gli altri hanno fatto spallucce. «Siamo tutti - è la formula pigliatutto di Pecoraro Scanio - riformisti radicali». «E’ una divisione surreale - gli è andato dietro il segretario del Pdci, Diliberto -, il nostro elettorato non è deluso per le pensioni, ma perché ci siamo dimenticati il conflitto di interessi e i fischi di Mirafiori». Clemente Mastella, che di certi nominalismi se ne infischia, ha invece investito di improperi Giuliano Amato per un’ipotesi di legge elettorale sui Comuni che reintroduce lo sbarramento: «Tu fai il furbo», lo ha minacciato. E l’accusato si è difeso: «Guarda che non hai capito neanche la storia della Convenzione sulla legge elettorale che i giornali hanno male interpretato». Comunque non sono questi i problemi. Il collante d’ora in avanti sarà la «spesa», pardon la «crescita», la chiave per ritrovare il consenso come per i governi dc. Padoa-Schioppa, consapevole dell’aria che tira, fino qualche giorno fa non voleva neppure parlare a Caserta. C’è voluta tutta la pazienza del ministro Santagata per convincerlo. E ieri, alla fine, è stato Padoa-Schioppa ad ipotizzare la creazione di una cabina di regia a Palazzo Chigi sulla politica economica.