PARAFRASANDO ANDREOTTI
a pensare tutto il male possibile del provvisoriamente disarcionato Cavaliere non solo non si fa peccato ma si adempie ad un dovere civico. Si corre solo il rischio di restare corti rispetto alla realtà.
Il “reality show” che ha portato il nostro a monopolizzare prime pagine, editoriali e talk show non è che una delle solite televendite di tappeti nelle quali è maestro: è il suo unico, vero mestiere. Stavolta apre la campagna elettorale d’Aprile: “Silvio nostro su tutti gli schermi” è tutt’oro che galvanizza i farabutti ed i minus habentes che votano per lui. E’ noto che delle persone per bene che mai voteranno per lui, “Lui” se ne fotte.
Ciò detto, eccovi il “Visto da destra – Visto da sinistra”.
Luciano Seno
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CORSERA 1-2
EDITORIALE
La politica del teatrino
Le strategie indecifrabili del Cavaliere
di Sergio Romano
Anche se la signora Berlusconi ha deciso di parlarne pubblicamente su un giornale e Silvio Berlusconi ha recitato in pubblico il suo atto di contrizione, le lagnanze di Veronica dovrebbero restare una faccenda privata, un bisticcio in famiglia tra moglie e marito. Ma la protesta della moglie offesa è in realtà quella che molti italiani potrebbero indirizzare, sia pure in altri termini e per altre ragioni, al leader di Forza Italia. Conosciamo ormai Silvio Berlusconi. Sappiamo che le barzellette, le battute, gli scherzi goliardici, i corteggiamenti galanti e le gaffe più o meno intenzionali fanno parte del suo repertorio. Non cambierà mai questo stile «giocoso e irriverente » (come lo ha definito, con un certo compiacimento, nella sua risposta alla moglie) perché è su questo stile che ha costruito il suo successo come imprenditore, venditore di sogni televisivi, uomo politico. Quando scese in campo, qualcuno a sinistra pensò che questo fosse il suo tallone d’Achille e gli montò contro una campagna che mancò il bersaglio e si ritorse contro i suoi promotori. Non c’è nulla da fare. Anche se questo spiace ai calvinisti della politica, Berlusconi resterà sempre un «seduttore », anzi, come avrebbe detto quando cantava in francese per i turisti in crociera, uno «charmeur ».
Ma in questi ultimi mesi, dopo le elezioni della scorsa primavera, lo stile ha preso il sopravvento e ha occupato interamente lo spazio della sua personalità. Che cosa vuole Berlusconi? Quali sono le grandi linee della sua strategia politica? Come desidera cambiare la legge elettorale? Come intende realizzare il partito unico del centrodestra? Posso comprendere la rabbia per la vittoria mancata. Posso immaginare che abbia riposto tutte le sue speranze per qualche mese nelle contraddizioni della maggioranza e nel collasso del governo. Ma ho l’impressione che gli italiani abbiano perso il filo del discorso e non riescano più a decifrare le intenzioni del leader del maggiore partito nazionale. Vi è stato un grande comizio a piazza San Giovanni, durante il quale Berlusconi ha cercato di creare il partito dei malcontenti e degli smemorati: un’operazione pericolosa per un uomo che aveva appena finito di governare. Vi sono state interviste battagliere, ma elusive, annunci interessanti, ma generici. Vi è stata un’occasione familiare (il compleanno della madre) trasformata in festa nazionale. Vi sono state pubbliche apparizioni, cerimonie più o meno mondane, bagni di folla. Vi sono state dichiarazioni estemporanee, slegate l’una dall’altra, spesso addirittura contraddittorie. Vi sono giornate in cui Berlusconi dà la sensazione di considerarsi leader a vita, altre in cui ritiene Fini poco adatto alla successione, altre ancora in cui lo incorona delfino. Spiace dirlo, ma Berlusconi si è comportato, soprattutto in queste ultime settimane, come un attore che ha avuto un infortunio. Non ha più il teatro in cui recitava, sta perdendo alcuni dei suoi principali caratteristi, è alla ricerca di un nuovo copione.
E nel frattempo, per non farsi dimenticare, mette in scena se stesso passando da un riflettore all’altro, da un monologo all’altro. Si direbbe che la sua unica strategia, per il momento, sia quella dell’apparizione. Può darsi che questo governo abbia i mesi contati. Ma questo non esime Berlusconi dall’obbligo di trattare la politica italiana come una cosa seria e di spiegare al Paese come intende collaborare alla soluzione dei suoi problemi.
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APRILEONLINE 1-2
LOVE STORY
Dopo la lettera di Veronica apparsa su "Repubblica", Silvio risponde alla moglie con il suo solito stile, falsamente elegante, falsamente pentito, vagamente ipocrita.
Woland
Pensavamo di averle sentite e viste tutte dal prode Cavaliere, partito come giullare di una nave per villeggianti per arrivare alle stanze di Palazzo Chigi, sfiorando quelle del Quirinale (e non è ancora detto che un giorno non ci riesca). Ad esempio pensavamo che dopo la "lenzuolata" di leggi ad personam nel corso dell'ultima legislatura, il suo delirio di immunità si fosse per un attimo placato: e invece eccolo tornare sulle barricate a difendere le sue Tv, i gioielli di famiglia, che guai a chi li tocca.
E a proposito di famiglia, anche nella sfera del privato, dopo i lacrimevoli servizi apparsi la scorsa settimana su giornali e telegiornali, per documentare le gioie di nonno Silvio, tenero e confidenziale nel raccontare il suo rapporto con i nipotini (che non fregasse a nessuno tranne agli iscritti "azzurri" è particolare di impercettibile rilievo), pensavamo davvero di essere giunti al top, al "non plus ultra", di aver toccato il massimo, o il fondo, secondo i punti di vista.E invece, così come un adagio dialettale aiuta a rammentare, quando pensi di aver toccato il fondo c'è sempre una buca che ti aspetta.
Accade così che dopo l'accorata lettera di Veronica Lario, che non essendo riuscita ad ottenere scuse in privato rivendica pubblicamente il pentimento del marito, lasciatosi andare ancora una volta a recitare la parte dell'animatore da villaggio incallito, che sente il dovere e il piacere di sollazzare e adulare qualsiasi gonnella si aggiri nelle cene conviviali di cui diviene inevitabilmente l'indiscusso mattatore, il presidente di tutto ciò che si possa ragionevolmente immaginare si trasforma stavolta nel consorte passionale, nel compagno di mille avventure familiari, nell'uomo che cede il passo al proprio orgoglio, in nome dell'amore. Eccola dunque la missiva del Cavaliere Innamorato:
"Cara Veronica,
eccoti le mie scuse. Ero recalcitrante in privato, perché sono giocoso ma anche orgoglioso. Sfidato in pubblico, la tentazione di cederti è forte. E non le resisto. Siamo insieme da una vita. Tre figli adorabili che hai preparato per l'esistenza con la cura e il rigore amoroso di quella splendida persona che sei, e che sei sempre stata per me dal giorno in cui ci siamo conosciuti e innamorati. Abbiamo fatto insieme più cose belle di quante entrambi siamo disposti a riconoscerne in un periodo di turbolenza e di affanno. Ma finirà, e finirà nella dolcezza come tutte le storie vere. Le mie giornate sono pazzesche, lo sai. Il lavoro, la politica, i problemi, gli spostamenti e gli esami pubblici che non finiscono mai, una vita sotto costante pressione. La responsabilità continua verso gli altri e verso di sè, anche verso una moglie che si ama nella comprensione e nell'incomprensione, verso tutti i figli, tutto questo apre lo spazio alla piccola irresponsabilità di un carattere giocoso e autoironico e spesso irriverente. Ma la tua dignità non c'entra, la custodisco come un bene prezioso nel mio cuore anche quando dalla mia bocca esce la battuta spensierata, il riferimento galante, la bagattella di un momento. Ma proposte di matrimonio, no, credimi, non ne ho fatte mai a nessuno. Scusami dunque, te ne prego, e prendi questa testimonianza pubblica di un orgoglio privato che cede alla tua collera come un atto d'amore. Uno tra tanti. Un grosso bacio Silvio".
A questo punto si pongono due questioni, l'una goliardica, l'altra inquietante.
La prima: ma che Veronica ci crederà davvero? Speriamo per lei di no.
Si capisce lontano un miglio che il maschio furbastro sta tentando di rabbonire la donna infuriata, e stavolta non può esser perdonato. Quando è troppo è troppo, cara Veronica. E poi tu, a quanto pare, non ti sei mai spinta oltre Massimo Cacciari.
La seconda riguarda direttamente il paese in cui viviamo.
Un paese che si è permesso il lusso di nominare Primo ministro per ben due volte un soggetto del genere, uno che trasforma la verità in finzione come neanche la scrittura di Luigi Pirandello è riuscita a fare; uno che pur di convincere i suoi interlocutori non ci pensa due volte a negare quello che ha detto il minuto prima. Uno che, piuttosto che cedere all'età, riuscirebbe a corrompere anche qualche dio, se gli si presentasse un giorno l'occasione: intanto si arrangia con plastiche e trapianti.
Ma con l'Unto dal Signore, mai dire mai.
Alla prossima puntata, naturalmente in esclusiva Mediaset.