ITALIENI 29-9
Il compleanno di Berlusconi
"Solo Napoleone ha fatto più di me, ma io sono molto più grande di lui", ha detto una volta Silvio Berlusconi. Il magnate dei media oggi compie settant'anni e ha trasformato il suo compleanno in una grandiosa celebrazione mediatica. Il semiologo Umberto Eco definisce "colpi di stato latenti" le eccentriche gesta dell'ex premier italiano, che compie gli anni mentre infuria la polemica con Romano Prodi, comparso ieri alla camera per riferire sul caso Telecom Italia.
Clarín, Argentina [in spagnolo]
http://www.clarin.com:80/diario/2006/09/29/
sociedad/s-04102.htm
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LIBERAZIONE 29-9
EDITORIALE
Se Turati potesse vedere...
di Piero Sansonetti
Se leggete i grandi giornali italiani vi convincete di questo: l’Italia è sull’orlo del comunismo. I riformisti hanno ceduto di schianto, la sinistra radicale detta legge, e così si afferma quel principio di “vendetta sociale” - o almeno, come dicono i più moderati, di “rivincita sociale” - che è l’esatto contrario del riformismo e porterà il paese alla rovina perché fermerà lo sviluppo e la produzione della ricchezza.
Queste cose le dice Berlusconi? Non solo lui, le dicono i commentatori del “Corriere della Sera” e della “Stampa” (ma anche di “Repubblica” e, ovviamente, di tutti i giornali di destra), lo dicono prestigiosi e seri intellettuali, anche di centrosinistra, lo dice - per esempio - un sofisticato e serio analista dell’economia italiana come Mario Deaglio. E’ proprio lui ad usare questa formulazione sfumata (“rivincita sociale”) per correggere appena la più cruda “vendetta sociale” denunciata da Berlusconi. In che consiste questa rivincita o vendetta? Nell’idea idea - che effettivamente è stata sommessamente avanzata dalla sinistra - di prevedere alcuni modesti meccanismi di redistribuzione della ricchezza - usando lo strumento fiscale - dopo un quindicennio che ha visto un massiccio spostamento di denaro dai salari ai profitti e alle rendite. Volete qualche cifra? Eccole qui. Negli ultimi venti anni è successo questo: i salari e gli stipendi, che costituivano il 60 per cento della ricchezza nazionale ai primi anni ’80, ora sono poco più del 40 per cento. Profitti e rendite, che erano circa il 40 per cento, ora sono circa il 60 per cento. Che vuol dire? Che profitti e rendite si sono mangiati, più o meno, la metà del monte salari. Una enormità, uno spostamento gigantesco, un rovesciamento degli equilibri sociali. La sinistra ora ha proposto una piccola - minuscola - correzione fiscale (che sta dentro l’idea liberale, non comunista, della progressività del prelievo fiscale, cioè di una proporzionalità tra ricchezza e tasse da pagare) e la correzione consiste in questo: chi guadagna più di 70 mila euro all’anno - e quindi non fa la fame - dovrà pagare di tasse (solo sugli euro che guadagna in più rispetto ali 70 mila) una tassa più alta (del 10 per cento) rispetto a quella che tocca a chi guadagna trenta o quaranta mila euro. Quali saranno le conseguenze? Che chi guadagna 80 mila euro dovrà pagare, ogni mese, una trentina di euro in più di tasse, chi guadagna 90 mila euro dovrà pagare circa 60 euro in più di tasse al mese, chi guadagna più di 150 mila euro all’anno dovrà pagare 100 euro in più al mese. Secondo voi un signore che guadagna 150 mila euro all’anno se ne accorge di quei cento euro di tasse in più?
Rifondazione comunista ha affisso ai muri un manifesto molto spiritoso, mi pare, che dice: “anche i ricchi piangano”. Piangano: al congiuntivo “esortativo”. Io però non credo, francamente, che nessuno piangerà per quei cento euro...
Ieri la Guardia di finanza ha scoperto, nel foggiano, un giro di immigrati clandestini che lavorava per dieci ore al giorno a raccogliere pomodori per uno stipendio lordo, più o meno, di 500 euro al mese. Cercate bene la notizia sui giornali di oggi, da qualche parte la troverete, senza grandi toni di indignazione, perché le possibilità di indignazione sono state tutte già esaurite nelle 10 o 15 pagine precedenti, per denunciare questa assurda pretesa del governo di “punire” i ricchi col salasso da 50 o 100 euro ( e pare che mettano anche una odiosa tassa sui gipponi di lusso...).
Il bello è che tutta questa indignazione è sostenuta da una considerazione politica: la presa d’atto della resa dei riformisti. Dicono i giornali che i riformisti hanno alzato bandiera bianca di fronte ai radicali e hanno rinunciato alla politica di rigore, che invece dovrebbe essere una loro caratteristica. Ma cos’è una politica di rigore? Facile da spiegare: è una politica che invece di imboccare la “facile strada” di prendere i soldi ai ricchi, sceglie la via coraggiosa di ridurre lo stato sociale e di peggiorare la condizione di vita dei poveri. Questo è rigore, questo è riformismo vero. Lo dice anche Deaglio. Non si illudano gli operai di poter continuare a usufruire dei loro privilegi (non è uno scherzo: dice proprio così...). Io penso che se un tipo come Turati (ve lo ricordate Turati, quello con la barba lunghissima e il cilindro, il padre del riformismo italiano) sentisse che oggi i veri riformisti sono quelli che vogliono smantellare lo stato sociale, poveretto, gli prenderebbe una sincope e morrebbe un’altra volta.
Mi chiedo: dove sta scritto che rafforzare anziché smantellare lo stato sociale, e redistribuire (assai modestamente, per altro) le ricchezze, riducendo magari un pochino la povertà, sia la tomba dello sviluppo? Negli anni ’30 non fu Stalin ma un presidente americano, un certo Franklin Roosevelt, che decise - di fronte alla depressione e alla recessione - di dare un impulso poderoso al welfare e di tentare delle politiche di redistribuzione. Non era mica un allievo di Bertinotti e di Giordano, e non aveva Ferrero tra i suoi ministri...
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Il 29 e 30 settembre è sciopero nazionale dei giornalisti. Gli aggiornamenti dei siti riprenderanno domenica 1 ottobre.
venerdì, settembre 29, 2006
MEDITAZIONE - 29/9/06
martedì, settembre 26, 2006
RESISTENZA - 26/9/06
Il pagliaccio che ha ignominiosamente sgovernato e sputtanato questo povero Paese per un quinquennio ci vuole riprovare… roba da non credere…
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REPUBBLICA on-line 26-9
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Poche idee, ma confuse
"Basta parlare di spallate a Prodi"
(Silvio Berlusconi, La Stampa, 31 maggio 2006).
"Dopo il referendum siamo pronti al dialogo. Ho abbassato i toni, del resto non siamo mai stati in guerra"
(Silvio Berlusconi, Il Giornale, 8 giugno 2006).
"Faremo un'opposizione durissima, abbiamo la possibilità di mandare a casa il governo. Diamo la spallata a Prodi"
(Silvio Berlusconi, la Repubblica, 29 giugno 2006).
"Se Prodi cade sulla Finanziaria, è probabile che si vada a un governo tecnico... Per la grande coalizione, sarò io a trattare, certo non altri"
(Silvio Berlusconi, Il Giornale, 28 luglio 2006).
"Per ora niente attacchi al premier Prodi, ogni mia parola rischia di ricompattare la maggioranza"
(Silvio Berlusconi, il Giornale, 22 settembre 2006).
"Prodi potrebbe precipitare se i suoi alleati avessero le idee chiare sul dopo. Dovremmo tutti fare uno sforzo di fantasia. La fine di Prodi non porta necessariamente alle elezioni"
(Silvio Berlusconi, La Stampa, 20 settembre 2006).
"Il governo Prodi è pericoloso. Credo che imploderanno, le loro contraddizioni sono così forti. Ho fiducia che non arriveranno al termine della legislatura, e avremo presto l'occasione di nuove elezioni che, a partire da subito, vorranno dire la vittoria della libertà"
(Silvio Berlusconi, 24 settembre 2006).
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STAMPA 26-9
EDITORIALE
La politica e il peccato della velocità
di Lucia Annunziata
Ci sono momenti in cui la classe politica di questo Paese davvero mostra di saper agire con forza e unità di intenti.
Nel giro di una notte e un giorno il governo ha approvato un decreto per la distruzione delle intercettazioni illegali, con pieno consenso dell'opposizione che via telefono ha anticipato il suo accordo al Guardasigilli. Un caso di senso dello Stato che ricorda l'altra occasione in cui questa virtù ha brillato: l'approvazione della legge sull'indulto.
(…)
...forse non è un caso se le uniche due volte in cui il Parlamento agisce unito e veloce è quando sono coinvolti interessi particolari delle élite del Paese. Nota è la polemica sull'inserimento dei reati finanziari nell'indulto; ed è chiaro che la rete di intercettazioni minaccia soprattutto la classe dirigente. Forse valeva la pena di essere meno precipitosi e far capire ai cittadini dove finiscono gli interessi della libertà comune e dove cominciano quelli della autoconservazione del potere.
In politica si pecca di solito di lentezza, ma anche la velocità a volte è un peccato.
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L’ottima Lucia Annunziata ci mette un’intera colonna di piombo (si fa per dire, il piombo è uscito dai giornali quando è entrata l’informatica… appunto!) per arrivare all’icastica sintesi del mio vetturino romano: “Er più pulito ci ha la rogna – si svoti er secchio de la monnezza,ce n’è pe’ tutti…”
Luciano Seno
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Corsivo
Strettamente
Jena
Il mondo politico si divide sull’eutanasia, chi è contrario per ragioni etiche, chi per fede religiosa, chi per motivi strettamente personali come Prodi: «Con i miei alleati non si sa mai».
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IL RIFORMISTA 26-9
Oltretevere aspettano Prodi -- sognando la grosse Koalition
di Rio Paladoro
L’incontro a porte chiuse che a metà ottobre Romano Prodi avrà con Benedetto XVI segna l’inizio dei rapporti tra l’attuale maggioranza e la nuova segreteria di Stato vaticana.
Prodi, i cui rapporti con il cardinale Angelo Sodano erano sostanzialmente buoni, avrà ora a che fare con Tarcisio Bertone.
Il doppio faccia a faccia Prodi-Ratzinger e Prodi-Bertone servirà per ribadire al premier la necessità che l’azione di governo riesca, nel limite del possibile, a valorizzare le forze più moderate (e tra queste quelle cattoliche) della coalizione a discapito di quelle più radicali. In fondo, è stato proprio per favorire l’emergere e l’affermarsi di queste forze che all’inizio della scorsa primavera, quando la vittoria dell’Unione era data come del tutto certa dai più - e tale era ritenuta anche dalla Chiesa -, che la Santa Sede si adoperò, assecondando le indicazioni di Ruini, perché il centro sinistra candidasse tra le sue file cattolici fidati quali Luigi Bobba, Paola Binetti (Opus Dei! - NdR) ed altri.
Per il futuro, qualora le istanze dei moderati - istanze che nella sostanza seguono la linea ratzingeriana dei «principi non negoziabili», - non riuscissero a trovare una loro espressione e la maggioranza dovesse incappare in una crisi di governo, la Santa Sede guarderebbe positivamente ad un’ipotesi di grosse Koalition stile Angela Merkel, ipotesi che, con il taglio delle ali, costituirebbe un vero successo politico da sempre auspicato Oltretevere.
(versione ridotta)
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CONFERMA
Il Cazzullo di ieri sul Corsera (V. RESISTENZA/MEDITAZIONE – 25/9/06), lungo ed analitico benservito di Lorsignori al partito del Merda, essendo piaciuto alle persone per bene, doveva ovviamente produrre violente incazzature “azzurre”:
“La lettura degli articoli su Forza Italia pubblicati dal Corriere della Sera più che indignare sconforta per la natura e lo scadimento dell'informazione in atto nel nostro Paese – ha tuonato Sandro Bondi – è solo un altro triste episodio della crisi intellettuale e morale che attraversa l'Italia e di fronte alla quale gli uomini e le donne di buona volontà, presenti in tutte le parti politiche, sono indifesi e disarmati”.
lunedì, settembre 25, 2006
RESISTENZA/MEDITAZIONE - 25/9/06
Il Merda si tira su per i lacci delle scarpe e un autorevole portavoce ci spiega come qualmente perché il ritorno del Merda, per Lorsignori, “non è cosa”, anzi è addirittura “un incubo”
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM
Berlusconi: "Il centrodestra è maggioranza nel Paese"
Tutti gridano “aridatece er puzzone”
La Casa delle Libertà va in frantumi, ma Silvio Berlusconi nega l'evidenza e parla dell'imminente riscossa della sua coalizione. Il capo dell'opposizione è infatti convinto che presto tornerà al Governo del Paese.
"I sondaggi ci danno quasi il 6% in più sulla sinistra - ha dichiarato - dobbiamo tirarci su le maniche e impegnarci in particolar modo in Senato, dove i numeri della sinistra sono risicatissimi. Serve un'opposizione intransigente e inflessibile. Siamo maggioranza nel Paese. Ovunque c'è questa atmosfera da aridatece er puzzone".
Il numero uno di Forza Italia ha anche rivelato che dopo le ultime elezioni Politiche, che lo hanno disarcionato dopo 5 anni dalla poltrona di Palazzo Chigi, era molto depresso.
"Ho avuto una fase di depressione molto profonda - ha infatti confessato - ma poi l'ho superata".
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CORSERA 25-9
Viaggio in Forza Italia
Tutti contro tutti dal profondo Nord alla Sicilia
Intesa Dell'Utri-Guzzanti: opposizione distruttiva
Aldo Cazzullo
Tutti contro tutti. Lo schema, più o meno, è questo ovunque. In Sicilia: Micciché contro Schifani, vince Alfano; in Piemonte: Rosso contro Ghigo, vince Crosetto. Sfide tra cattolici e uomini-azienda, come Roberto Formigoni-Paolo Romani in Lombardia e Giorgio Carollo-Giancarlo Galan in Veneto: anche in questo caso arriva il commissario, l'avvocato Nicolò Ghedini, che Carollo accosta a Nerone e Mladic: «È stata messa in atto una lucida e premeditata pulizia etnica!». A Napoli lo scontro è tra gli uomini di Elio Vito e quelli di Antonio Martusciello, le cui doti intellettuali gli hanno procurato nel tempo vari estimatori da Lucio Colletti — «Martusciello, che ciervello!» — a Paolo Cirino Pomicino — «La sua povertà politica e culturale è impressionante» —; non per questo vacilla la fedeltà dei sei consiglieri comunali a lui vicini, che rifiutano il capogruppo scelto da Vito, amabilmente definito «il burattinaio». Il coordinatore della Toscana Denis Verdini, poi, si è trovato di fronte il più temuto dei nemici: l'avvocato Taormina, ulteriormente incattivito dalla mancata ricandidatura. «Verdini ha condotto il partito alla disfatta più clamorosa! Una caduta verticale che non ha pari in Italia!» l'ha incalzato l'uomo di Cogne. Il coordinatore ha tentato di metterla sul piano fisico: «Avessi vent'anni risolverei la questione a modo mio». Forse per calmarlo, Berlusconi gli ha affidato un progetto di ristrutturazione del partito, con un'unica indicazione: «Mi raccomando, una cosa semplice, agile, operativa». Oltre duecento pagine piombate. Dopo averlo letto, il Cavaliere ha chiamato il fido Bruno Ermolli chiedendogli «qualcosa di travolgente», o almeno di breve. In realtà, le sfide locali sono il sotto-clou del vero grande scontro che infuria fin dalla nascita di Forza Italia, tra il fondatore, Marcello Dell'Utri, e l'organizzatore, Claudio Scajola. Dell'Utri è legato a Berlusconi da un rapporto quasi mistico, al Senato gli si sedeva di fronte e lo fissava con la stessa intensità con cui i due amici giravano in macchina fuori da San Vittore per comunicare a Brancher in carcere la volontà di resistere (resistette). Scajola è un gran lavoratore, di quelli che strapazzano i sottoposti e rassicurano il capo.
Al Viminale fu un mezzo disastro, da Genova a Cipro: dopo l'insulto a Marco Biagi Il Foglio chiese le dimissioni del «ministro della malaparola», e Berlusconi gli tolse gli Interni per affidargli le campagne elettorali, senza grandi risultati però. Fino a quando il Cavaliere telefonò sul Barbarossa, dove Previti e Dell'Utri regatavano con il grande vecchio Lino Jannuzzi, per avvertire che «Scajola lascia il partito e torna al governo ma senza portafoglio», da ministro per l'attuazione del programma. A bordo si brindò. Cominciava l'era di Bondi. I retori dei «cieli azzurri» e del «partito di plastica» hanno scritto su di lui ogni cattiveria, ma un insospettabile come Giuseppe De Rita l'ha definito «uno dei politici più intelligenti d'Italia», con un solo, vistoso limite: patisce fisicamente il capo; all'inizio, impallidiva e sudava alla sua sola presenza; poi lavorando ad Arcore ha preso l'abitudine. Il vice è Fabrizio Cicchitto, che Berlusconi considera un Tigellino minore, grande esperto di trame di Palazzo, auscultatore di umori parlamentari, interprete di pettegolezzi e ambizioni. Nessuno dei due però ha la spietatezza necessaria per domare le beghe locali. E siccome l'unico collante di Forza Italia, a parte il potere, è Berlusconi, chi rompe con lui è fuori e si mette in proprio. Così in Liguria l'ex governatore Biasotti ha un minipartito e tre consiglieri regionali, proprio come l'ex coordinatore Carollo in Veneto. Nel marasma generale, ognuno fa da sé. A Como hacker listano a lutto il sito azzurro per protestare contro l'esclusione dal Parlamento dell'on. Mario Alberto Taborelli. A Varese le divisioni interne paralizzano per settimane il consiglio comunale. A Lucca viene espulso dal partito Pietro Fazzi, che ha vinto due mandati da sindaco ma ha litigato con il potente concittadino Marcello Pera («Voleva che vendessi la municipalizzata del gas all'Enel»). Solo a luglio sono partiti da Roma commissari per Torino, Messina, Agrigento, Salerno, Napoli.
A Castiglione delle Stiviere un avvocato si scopre iscritto a sua insaputa e manda i carabinieri in sezione: le tessere sono 830, più di una ogni 5 abitanti; almeno 20 sono fasulle. Cadono veloci le teste, dall'ex governatore del Friuli Antonione all'ex ragazzo prodigio Pili. Pure Apicella ha appreso di aver stancato una parte dei parlamentari, e c'è rimasto male: «Proprio non me lo merito — s'è sfogato con Fabrizio Roncone del Corriere —. Invidia? Non penso. Sono onorevoloni, senatoroni... come possono essere invidiosi di un cantante come me?». Il ricambio invocato da Dell'Utri è visto con favore anche da Giulio Tremonti, che incoraggia l'ascesa dei quarantenni del Nord — Guido Crosetto, Maurizio Lupi, Luigi Casero, Benedetto Della Vedova — affezionati all'idea antistatalista che tiene agganciate Forza Italia e Lega. Tra i giovani spicca pure Giorgio Stracquadanio, che rifiutandosi di votare con l'opposizione in tema di cellule staminali ha dato la vittoria — per un voto, il suo — alla maggioranza e s'è beccato la ramanzina degli anziani: «Se non obbedisce neppure un novellino, che fino a ieri stava a palazzo Grazioli a fare la rassegna stampa di Berlusconi, siamo spacciati». Quanto a Cicchitto, che quando i quarantenni erano al liceo si faceva le ossa nel Psi e altrove, ammonisce: «In politica conta l'intelligenza, e l'intelligenza ci può essere a vent'anni come a ottanta». Lui non ne ha ancora 66. Oltre a uomini nuovi, ci sarebbe poi da scegliere la linea. «Finora vedo solo tante rette spezzate» ride Dell'Utri. Il Foglio titola: «Opposizione per la grande coalizione». Ma l'idea è sempre più impopolare; al contrario di quanto si dice, la esclude pure Tremonti, che la considera impossibile causa debolezza della sinistra riformista. Ieri Berlusconi, ringalluzzito dalle difficoltà del governo, è parso sposare la linea Guzzanti, sintetizzata così dall'ideatore: «Basta con un'opposizione "costruttiva e responsabile", come si sente ripetere. Io sono per un'opposizione distruttiva e irresponsabile.
L'elettorato di Forza Italia ha digerito a stento il voto sull'indulto, ma non quello sul Libano. Le situazioni locali, tranne eccezioni, sono disastrose dappertutto. Ma è più grave lo scollamento tra l'elettorato e il partito — dice Guzzanti —. Tra il 2001 e il 2006 abbiamo perso due milioni di elettori: gente che si sente abbandonata, frustrata, presa in giro. Da quando ho cominciato a scrivere queste cose ho ricevuto migliaia di mail, soprattutto dal Nord, e anche una telefonata di Berlusconi. Temevo fosse arrabbiato, invece è stato gentile; ma non so se l'ho convinto. Lui dice che nei sondaggi siamo molto avanti. È possibile, ma se non cominciamo a dare voce agli scontenti, a creare un vero dibattito interno, a dividerci, a votare sulla linea, a portare in Parlamento la voce dei nostri elettori, a rappresentare i rivoluzionari traditi, a scendere in piazza, rischiamo di non farcela». Sandro Bondi consiglia moderazione: «Il muro contro muro giova a Prodi, non a noi». Ma Dell'Utri: «Io sto con Guzzanti. Opposizione dura». Da quando è sfumato il partito unico, anzi «il partito salsa e merengue di Adornato» (la definizione è di Tabacci), gli azzurri non hanno più molta voglia di inseguire Casini, che ormai considerano il nuovo Follini. «Per me esiste un unico partito, Forza Italia — chiude Dell'Utri —. Pensano di spaventarci con il conflitto di interessi? Facciano la legge, speriamo che sia giusta, e che sia approvata. Berlusconi è più che mai in campo. Il mio istinto mi dice che tornerà a Palazzo Chigi. È il nostro sogno». Come grida mago Merlino in Excalibur, capolavoro di John Boorman: «Un sogno per alcuni, un incubo per altri».
domenica, settembre 24, 2006
RESISTENZA/MEDITAZIONE - 24/9/06
L’ignavo straparla e corre di qua e di là come una gallina senza testa.
Il vile sperduto nel buio strilla per farsi coraggio.
Le persone per bene stanno a guardare e a sentire chiedendosi se e quando avranno mai un Paese normale ed un Governo decente – nel frattempo il pianeta va a remengo ed il loro sogno d’un mondo migliore, qualsiasi cosa dicano o facciano, diviene sempre più evanescente.
Luciano Seno
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REPUBBLICA on-line 24-9
Berlusconi: "Pronti a scendere in piazza ma il governo Prodi non durerà"
NAPOLI - Nessuno sconto al governo. Silvio Berlusconi chiude con un comizio la festa campana di Forza Italia e ribadisce la volontà di proseguire sulla linea di una opposizione severa in Parlamento. "Se ci sarà necessità - spiega l'ex premier - sapremo manifestare nelle vie e nelle piazze d'Italia in modo assolutamente democratico, e penso che la prossima finanziaria ci darà modo per opporci".
Una linea politica, Berlusconi se ne dice convinto, che non potrà non accelerare la crisi del centrosinistra. "Ho fiducia che non arriverranno al termine della legislatura, e avremo presto l'occasione di nuove elezioni che, a partire da subito, vorranno dire la vittoria della libertà", dice ancora Berlusconi. "Credo - aggiunge - che imploderanno, le loro contraddizioni sono così forti". "Anche i loro esperti di sondaggi - sottolinea il leader di Fi - la settimana scorsa sono stati costretti a riconoscere la realtà che si respira nel Paese: la Casa delle Libertà è in testa, ha effettuato il sorpasso ed è sopra di sei punti alla rissosa coalizione di sinistra".
Ben diverso è lo scenario previsto dall'ex premier per il centrodestra. Berlusconi dice di non avere "nessun timore sull'unità della Cdl e sul suo futuro". "Ci sono dialettiche in corso, le supereremo", commenta. "Forza Italia è il nucleo del centrodestra - sottolinea - ci sono delle dialettiche all'interno della coalizione, ma le supereremo. Non ho timori sull'unità della Casa delle libertà".
Un passaggio, poi, Berlusconi lo dedica anche al nuovo soggetto politico di centrodestra, il Partito della libertà.
"Stanno nascendo nuove voglie di libertà e democrazia - dice ancora - c'è chi sta preparando il nuovo manifesto per il Partito della libertà. Io ci credo perché c'è già un popolo unico, gente unita. Questo grande partito della libertà è già una realtà". "So che stanno nascendo - ha aggiunto Berlusconi - nuove voglie di democrazia e di libertà. C'è un gruppo di uomini di cultura che sta preparando un testo per tutti gli elettori che votano per noi, per gli amici di An, per la Lega, per l'Udc di Casini. Tra loro in Italia - conclude il Cavaliere - già formano oggi un popolo unico, di gente che vuol essere unita".
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CITAZIONE
Ma la Lega si dissocia
"Di fatto il patto con la Cdl è sciolto. Ci sono partiti che fanno l'occhiolino alla sinistra e sostengono le loro proposte. Noi dobbiamo tenere le mani libere a Roma, per portare fino in fondo le nostre battaglie".
(Roberto Maroni, Ibidem)
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IL RIFORMISTA 24-9
E-mail
Caro direttore,
Tavaroli non riferiva a Tronchetti; Rovati non riferiva a Prodi. Qualche volta i telefoni sono muti. Che disastro.
f.desposito@ilriformista.it
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Corsivo
Ha ragione Romano, senza di lui si va tutti a casa
di Mauro Franchi
Sento parlare e scrivere di un Romano Prodi assediato da “nuovi complotti”. E vorrei chiarire il mio pensiero. Senza la leadership di Romano Prodi non sarebbero nati e non esisterebbero né la Margherita né l’Ulivo né l’Unione. Senza Prodi, anche se non è né Cavour né Giolitti né Mussolini e né De Gasperi, non vi sarebbe né l’Unione e forse (dico forse) neanche la Margherita. Chi potrebbe se non Romano nella sua scaltra “solitudine” tenere insieme cattolici, quasi teocon, massoni, anticlericali, no global, pacifisti, guerrafondai, sinistri e centrosinistri classici e sinistri radicali e alternativi? Tutto questo finirebbe. Come senza il “dirimpettaio” Silvio Berlusconi non sarebbero nate la Casa delle Libertà e Forza Italia (ma in che condizioni di salute sono? Bruttine assai mi sembra).
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L'UNITA' on-line 24-9
Corsivo
Donatore di bulbi
Maria Novella Oppo
Non bastavano i conflitti, le guerre di inciviltà e le catastrofi naturali che devastano la Terra. Siamo venuti a conoscenza di un orribile traffico internazionale, che siamo obbligati a denunciare.
Durante la finale di Miss Italia abbiamo visto Sylvester Stallone svegliarsi all´improvviso dal suo torpore per premiare la vincitrice. Abbiamo potuto così verificare senza ombra di dubbio che il divo aveva in testa esattamente gli stessi capelli trapiantati a Berlusconi: stessa consistenza aliena, stesso colore, stesso Dna. È ovvio che provenivano dalla stessa fonte e sappiamo anche qual è. Si tratta di Sandro Bondi: è lui il donatore di bulbi piliferi a scopo di lucro o di carriera politica. Sembra infatti che, per ragioni di coalizione, Berlusconi gli abbia chiesto di cedere cellule cerebrali a Gasparri, ma ci sarebbe stato un rigetto.
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CITAZIONE
Intanto al Senato…
…è difficile restare seri mentre loro, proprio loro, chiedono "il rispetto di questo ramo del Parlamento". Pensate: il coro di indignazione è composto dai quegli adoratori di un primo ministro -- Berlusconi -- che al Senato e alla Camera non si è presentato mai in cinque anni di governo, forse per non dover parlare mai del suo immenso conflitto di interessi. Allora diventa inevitabile prendere un impegno solenne. Del conflitto di interessi parleremo noi, con le nostre proposte di legge, con i nostri dibattiti. Sarà la prima grande occasione di ascoltare con attenzione i nostri oppositori non come protagonisti e comparse nel varietà Calderoli-Castelli; ma per proporre qualche straccio di argomento che si possa pubblicare e divulgare, sul conflitto di interessi del padre-padrone di Forza Italia. E' un conflitto immenso che hanno coperto, nascosto, curato, usato, allargato fino a quando, un bel giorno, l'Italia legale è diventata maggioranza. Dunque, a fra poco.
(Furio Colombo, editoriale, Ibidem)
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MEDITAZIONE 24/9/06
CORSERA 24-9
EDITORIALE
Riflessioni sullo spionaggio
La malattia di un Paese
di Angelo Panebianco
Più ancora che la quantità di dossier messa insieme da quella che, secondo l'accusa, era una centrale occulta di spionaggio coordinata dal responsabile della security Telecom, Giuliano Tavaroli, colpisce il «ventaglio sociale» delle operazioni spionistiche: imprenditori, banchieri, manager pubblici e privati, giornalisti, politici, persino uomini dello sport. Le vittime, per limitarci a qualche nome di spicco, vanno dal segretario dell' Udc, Lorenzo Cesa, all' ex assessore e collaboratore di Clemente Mastella, Regino Brachetti, al sottosegretario del governo Berlusconi, Aldo Brancher, all'ex presidente di Confindustria, Antonio D'Amato, a banchieri come Ubaldo Livolsi o Gianpiero Fiorani.
Già nei primi commenti sono state evocate altre vicende che hanno segnato la storia italiana, dal caso Sifar alla P2, a Tangentopoli. Per ora, il poco che si può dire è che il caso dello «spionaggio Telecom» ha due facce, l'una più generale (si inscrive, cioè, in un trend che ha investito da tempo le democrazie occidentali) e l'altra italiana. Il problema generale riguarda l'attacco alla privacy (e la minaccia che ciò comporta per la libertà personale) condotto con tecnologie di controllo sempre più potenti.
Non c'è un solo Grande fratello ma molti, fra loro in competizione. Insomma, c'è «pluralismo » anche in materia di soprusi.
Ma il caso dello spionaggio Telecom ha anche molto di italiano. Ogni vicenda ha le sue specificità, eppure qualcosa accomuna quest’ultimo affaire ad alcuni dei suoi famigerati precedenti. La P2 era il caso di una rete affaristico-criminale che teneva insieme uomini delle istituzioni, della politica, dell'economia. Tangentopoli fu la vicenda di uno scambio istituzionalizzato di tangenti e favori fra politica ed economia. Ciò che a sua volta colpisce del caso Telecom è la folta presenza, fra gli spiati, di politici e collaboratori di politici.
All'origine di ciascuna di queste vicende ci sono i patologici rapporti fra la politica e l'economia. All'epoca di Tangentopoli affrontare il problema significava fare leggi non ipocrite sul finanziamento dei partiti.
All'origine di quasi tutti i guai italiani sta una doppia debolezza: di imprenditori, spesso con le spalle finanziariamente deboli, che si sentono sotto schiaffo da parte dei politici e sono alla ricerca di protezioni, e di politici che sentendo fragile la propria legittimazione cercano di ricavare dalle imprese risorse che compensino il loro senso di precarietà.
Occorrerebbe un doppio cambiamento. Della politica, che accetti di ritirarsi entro i confini che dovrebbero essere suoi. E delle imprese che si diano autonomamente delle spalle forti. Così forti da sottrarle ai ricatti e metterle in grado di rivolgersi alla politica per esigere buone regole più che per strappare favori. Da quel che si vede, la strada è ancora lunga.
(versione ridotta)
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NOTA
Panebianco è un accanito difensore di quella che io chiamo “la liberal-democrazia di Lorsignori” – il sistema che ci dice: “Potete dire e fare quel che vi pare ma Lorsignori non si toccano” -- ma fatta questa tara, il pezzo è valido ed istruttivo.
Luciano Seno
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IL RIFORMISTA 23-9
Corsivo
NESSUNO SAPEVA DEGLI SPIONI?
Em.ma
Gustavo Zagrebelsky ha scritto su “Repubblica” un articolo interessante che dovrebbe far riflettere tutte le forze politiche. Il professore, leggendo le 350 pagine dell'ordinanza del giudice che ha disposto l'arresto degli «spioni Telecom» esclama: «In che paese ci siamo ridotti a vivere?». Ha perfettamente ragione dato che si vive alla luce di un «intreccio di poteri e soggetti pubblici e privati che si legano (e si combattono) in attività deviata e illegale, e dunque segreta, per interessi comuni o contrapposti». Il professore dice che non siamo di fronte al «doppio Stato» di cui tanto si è parlato in passato, anche perché «soggetti sociali o soggetti pubblici (o addirittura organi dello Stato, come è detto in un passo dell'ordinanza), nel loro intreccio, formano un tutt'uno». Cioè quella descritta è l'immagine vera dello Stato. Certo, il documento di Rovati su Telecom è un “caso” ma qui c'è ben altro che attiene alla stessa vita democratica del paese. Mi chiedo: in questi anni i poteri addetti alla sicurezza dei cittadini (per esempio il capo della polizia) non hanno mai saputo nulla? Il potere politico non ha mai saputo nulla? È questo che il parlamento dovrebbe subito discutere. O no?
sabato, settembre 23, 2006
RESISTENZA - 23/9/06
“Qua er più pulito ci ha la rogna”, mi dice il vetturino della botticella tra Palazzo Chigi e Montecitorio. Schiocca la frusta per partire e si volta: “A more’, qua si svoti er secchio de la monnezza, ce n’è pe’ tutti…”
(Si parlava di “servizi deviati” e “dossier” e Loggia P-2 nel secolo scorso)
Luciano Seno
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SOLE - 24 ORE 23-9
Per una volta la società politica ha trovato l’accordo nel giro di poche ore
Stefano Folli
Per una volta maggioranza e opposizione hanno manifestato una sensibilità comune. La valanga delle intercettazioni illecite, il groviglio oscuro dei centomila dossier hanno sconvolto senza eccezioni tutto il mondo politico, messo in allarme gli uomini dell’economia e dell’industria, lasciato senza parole il cittadino comune. Dunque stavolta niente polemiche. Contro «il grande verminaio», come lo ha definito il radicale Capezzone, il governo ha potuto agire in fretta, con le spalle coperte.
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STAMPA 23-9
Corsivo
Futuro
Jena
Molti a sinistra già pensano al loro futuro se Prodi dovesse cadere, in particolare ci pensa Veltroni.
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MANIFESTO
Berlusconi gioisce
«Cadranno da soli»
Domenico Cirillo
Un classico del Berlusconi con la voglia di parlare. L'ex presidente del Consiglio ieri è tornato a farsi rivedere in giro per i negozi del centro di Roma, a conclusione di una giornata di calvario per Romano Prodi che ha dovuto piegarsi alla richiesta di intervenire in senato sul caso Telecom. Per il Cavaliere una passeggiata dagli antiquari è come un ritorno al centro della politica, dopo gli ozi estivi. In tuta e scarpe da tennis, aveva soprattutto il sorriso da sfoggiare. E una previsione velenosa indirizzata a sinistra: «Stanno facendo tutto loro, cadranno da soli».
L'interpretazione autentica di Forza Italia della strategia berlusconiana è semplice: «Qualsiasi cosa dica il Cavaliere finisce col ricompattare l'Unione». Dunque il Cavaliere dice poco: «Noi faremo un'opposizione severa in parlamento ma non è per questo che potrà cadere il governo che, eventualmente, se dovesse cadere, cadrà per implosione interna alla maggioranza». Una situazione, aggiunge Berlusconi, «che avevo previsto in campagna elettorale e che si sta puntualmente verificando, i partiti di centro dell'Unione sono obbligati ad accettare le posizioni della sinistra estrema». Secondo il Cavaliere, in sostanza, «il clima è cambiato», «c'è una generale preoccupazione per quello che ha fatto questo governo e che ha annunciato di voler fare». E puntuali arrivano a confermarlo i sondaggi segreti: Forza Italia al 28,1% e Casa delle Libertà in vantaggio di 5,7 punti.
Più realisticamente, le seconde file dello schieramento di centrodestra si godono l'indubbia vittoria. A tratti, come il capogruppo al senato di Forza Italia Schifani, ostentando persino un basso profilo: «E' una vittoria del parlamento». Anche se non manca chi fa discendere motivi di grande ottimismo dalla decisione di Prodi di interrompere il braccio di ferro con il senato. Per il leghista ex ministro delle riforme Roberto Calderoli è ormai prossimo «l'impeachment per il presidente del Consiglio». Per l'altro ex ministro leghista Roberto castelli «Prodi ha dovuto smentirsi su tutta la linea, ma adesso che non ha più nulla da perdere faccia uno sforzo e venga in senato prima del 28». Per la forzista Bertolini il centrosinistra sta «cuocendo Prodi a fuoco lento». Per il collega di partito Napoli «si è aperta la crisi politica di Prodi». Più meditato il ragionamento del leader di An Gianfranco Fini: «Prodi al senato è una vittoria del parlamento. Ma se non fosse stato per la forte iniziativa del centrodestra Prodi avrebbe eluso questo appuntamento».
«Anche se tardi, anche se costretto, Prodi ha capito che non può giocare a nascondino con il parlamento», commenta l'Udc Lorenzo Cesa. Ma i punti di sostanziale convergenza nella Casa delle Libertà si fermano alle dichiarazioni. Cesa aggiunge infatti che se cade Prodi «le elezioni non risolverebbero nulla perché si riproporrebbero inevitabilmente i problemi che hanno reso il paese ingovernabile negli ultimi anni». La strategia Udc diverge infatti totalmente da quella di Berlusconi. Se il Cavaliere ha interesse a che si torni alle urne il più presto possibile (e per questo superiore obiettivo riesce persino a tenere a freno la lingua) per essere il naturale candidato del centrodestra, Casini ma con lui anche Fini puntano ad avere il tempo per modificare il profilo della coalizione. E tentare di guidarla. «La priorità - ragiona dunque Cesa - prima di tornare al voto sarebbe quella di dare alle coalizioni omogeneità politica e coesione programmatica. Per farlo occorrerebbe una stagione di riforme».
giovedì, settembre 21, 2006
RESISTENZA 21/9/06
BUSINESS AS USUAL
Dopo averlo snobbato per un quinquennio, il Merda scopre la dignità del Parlamento, chissà perché?
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MANIFESTO
Crescono gli appetiti di Silvio Berlusconi
Bruno Perini
Nel gotha del capitalismo italiano spunta il gruppo Fininvest, sempre più ingolosito dal riassetto del colosso telefonico guidato da Guido Rossi. Il Sole 24 ore ha giustamente definito Silvio Berlusconi il convitato di pietra dell'affare Telecom, con il duplice ruolo di capo dell'opposizione e di uomo d'affari interessato al succolento business.
E sullo stesso quotidiano confindustriale un esponente di spicco del gigante Mediaset ha manifestato per la prima volta una esplicita disponibilità a partecipare all'eventuale spartizione del bottino. «Guardiamo con grande attenzione a quanto sta succedendo a Telecom», ha detto al Sole 24 ore l'amministratore delegato di Publitalia, Giuliano Adreani. Il manager del biscione non poteva essere più esplicito.
Forse più netto di lui era stato soltanto Fedele Confalonieri a poche ore dalle dimissioni di Tronchetti Provera quando ha immaginato il gruppo Mediaset alla testa di una cordata di imprenditori per acquistarsi la prima compagnia di telefonia mobile italiana.
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CITAZIONI
Tutti nostalgici dell'epoca d'oro berlusconiana? Tutti speranzosi di un ritorno di Socci al posto di Santoro e Minum al posto di Gianni Riotta. Sembra incredibile. Perché tale terribile equivoco?
I giornali di destra, all'epoca del quinquennio azzurro, passavano da un´esaltazione all'altra, non osavano criticare il Capo supremo. E così adesso parlano delle ore contate di Prodi, ma dimenticano la depressione di Silvio, le impennate di Casini, la Lega che rompe il patto. E non si curano del fatto che Paolo Del Debbio, autorevole opinionista del centrodestra, annunci come la Casa della Libertà sia entrata in una fase di logoramento. C´è perfino chi, preso dall´entusiasmo, il solito Schifani, proclama, per le prossime ore, una fragorosa caduta del centrosinistra al Senato.
(Bruno Ugolini, L’Unità 21-9)
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La virulenza di un fronte berlusconiano sfrangiato nasce dalla debolezza dell’Unione, più che dalla forza dell’opposizione. La Cdl riparla di «spallata», di caduta del governo «nel minor tempo possibile». Ma è un’aggressività di rimbalzo, alimentata dallo smottamento imprevisto del centrosinistra; e sovrastata comunque dal dubbio che il conflitto di interessi condizioni Silvio Berlusconi anche adesso.
(Massimo Franco, Corsera 21-9)
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Silvio Berlusconi, il titolare del conflitto di interessi fra telecomunicazioni e politica più discusso della storia d’Italia, starebbe per comprarsi anche la telefonia. Berlusconi ha i soldi e le competenze per salvare l’indebitata Telecom, suo vecchio pallino, e adesso che non è più presidente del Consiglio si potrebbe dedicare anima e corpo ai suoi affari. Resta però sul piatto il macigno del suo ruolo politico (non va dimenticato che il ministro Gentiloni si appresta a riscrivere la legge Gasparri e che una legge sul conflitto di interessi sembra - sembra - imminente) e quindi gli servono sponde.
(Andrea Milluzzi, Liberazione 21-9)
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 21-9
Difendiamo l'italianità: Berlusconi ovunque
STEFANO SANTACHIARA
Mentre il centrosinistra tra gaffes di superficie e manovre sotterranee grida al Lupo Murdoch per difendere la benedetta "italianità" delle aziende, Berlusconi potrebbe divorare anche Telecom.
Vade retro Murdoch, possessore in Italia di un'unica tv, Sky, peraltro a pagamento. Nessun problema invece per l'uomo politico più ricco del mondo che detiene direttamente 3 reti generaliste, alla faccia di due sentenze della Corte costituzionale che da 13 anni chiedono invano alla politica di ridurre a 2 il numero di tv berlusconiane. Le risposte sono state la legge Meccanico prima e la Gasparri poi, con decreti ad hoc per salvare Rete4 e soliti lacrimanenti incorporati per la presunta perdita di posti di lavoro e di informazione.
Ovviamente, oggi come ieri, di una seria legge sul conflitto d'interessi non se ne parla neppure. L'unica regoletta che andrebbe applicata, la legge Scelba del 1957 sull'ineleggibilità dei titolari di pubbliche concessioni, o se si preferisce l'incandidabilità per chi non vende le tv, cede il passo alle più innovative "incompatibilità governative"- che consentirebbero a Berlusconi di fare ancora campagna mediatica per 5 anni comprese le prossime elezioni - da risolvere con un "blind trust" appena tornato premier, una vera chicca scoperta dalle fini menti di Violante e Franceschini. Peccato che qualche anno fa, quando fu proposta dai berluscones, fu definita giustamente dall'opposizione "blind truff", proprio perché il fondo fiduciario sarà anche cieco, ma i Fede, Liguori, Del Debbio, Giordano, Rossella e Mentana, ci vedono benissimo.
Fa tanto bene alla democrazia, d'altronde, un capo dell'opposizione o premier plurimiliardario proprietario di 3 reti tv e svariati giornali, riviste, case editrici, la società di calcio più ricca, e con quote azionarie importanti in banche, assicurazioni e finanziarie (per esempio la "Bicamerale della finanza" Olimpia) in grado di esercitare pressioni fortissime su quotidiani e aziende indipendenti, ma che può vantare la provenienza ignota dei primi miliardi piovuti nella sua Fininvest trent'anni fa.
Una carriera modello: imputato prescritto per il reato di corruzione di un magistrato e per il finanziamento illecito a Craxi (stecca da 21 miliardi estero su estero), la cui azienda pagava tangenti alla Guardia di Finanza (condannato il dirigente Sciascia), evasore fiscale creatore di fondi neri, ora sotto processo ancora per corruzione di un testimone e in Spagna per violazione della legge anti-trust, ben sorretto dal braccio destro Dell'Utri pregiudicato per false fatture, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e per tentata estorsione, e da quello sinistro Previti condannato in via definitiva a 6 anni per corruzione ma miracolato dall'ultima leggina della Cdl che concede i domiciliari agli ultrasettantenni e dal provvidenziale indulto (con cui si salverà anche il buon Consorte, che come Cesarone ora avrà poca voglia di raccontarsi).
Un personaggio di tale levatura, che vuoi fare se non elevarlo al rango di Padre Costituente con la Bicamerale, riformarci la Costituzione, condividere leggi su Giustizia e Informazione, andare in pellegrinaggio negli studi Mediaset definendola un "patrimonio del Paese", mentre si tratta del patrimonio di Berlusconi Silvio, che tra l'altro è anche incrementato a dismisura, guarda caso, anche sotto il primo governo dell'Ulivo. Ma anche alla luce dei suoi 5 anni di governo al servizio del Paese, quest'uomo va ancora premiato. Politicamente, pregandolo di non curarsi di conflitti d'interesse e guai giudiziari, ed economicamente favorendo una bella alleanza Mediaset-Telecom in grado di competere sui mercati internazionali, e più prosaicamente fagocitare l'unica tv nazionale privata indipendente, La7.
E poi magari si provveda ad eliminare il carrozzone del servizio pubblico, privatizzando la Rai al miglior offerente, stranieri esclusi. Ma invece di proporre Berlusconi come presidente della Repubblica, i genietti si sforzino di salvare almeno le apparenze. Una volta comprato anche il Vaticano, potrebbe diventare Papa. Difendiamo l'italianità, senza conflitto d'interessi.
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IL RIFORMISTA 21-9
Corsivo
GUERRE SANTE E SANTONI DELLA GUERRA
Em.Ma
Nei giorni scorsi sui giornali della destra convertita abbiamo letto titoli roventi «sull'isolamento del papa», sul «cinismo dell'Europa» che non si schiera con il pontefice ma anche sulla «indifferenza dell'Occidente». (…)
Come risposta ai fanatici e ai fondamentalisti di tutte le religioni e di tutto il mondo, uomini e donne di buona volontà: unitevi contro le guerre sante e i santoni della guerra.
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POSCRITTO di Luciano Seno
La “quinta colonna”, inventata dai fascisti spagnoli all’assedio di Madrid, è immortale: sopravvive nel governo Prodi con la Senatrice Binelli, numeraria dell’Opus Dei.
domenica, settembre 10, 2006
RESISTENZA - 10/9/06
MANIFESTO 10-9
Sommario di I pag.
Casco azzurro
Berlusconi ritorna a parlare e attacca: «Non voteremo la missione in Libano». Fini è con lui, l'Udc no. Per l'Unione «non ha il senso dello stato». Per il Cavaliere quella dell'Onu è una missione troppo blanda, lui preferisce altre guerre. Non potendo più farle all'estero ripiega in patria e promette un'opposizione durissima contro chi «vuole mettere le mani sulla Rai»
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L'UNITA' on-line 10-9
Sommario di I pag.
Il no che spacca la destra
Rumoroso silenzio di Casini
Ha un bel dire Gianfranco Fini di non aver fatto «nessuna marcia indietro rispetto al voto in commissione». Secondo Romano Prodi l´avvallo alla scelta di Berlusconi di votare no alla missione in Libano è «incomprensibile». Per Villetti, Rosa nel Pugno: «Scaricano sulla politica estera i loro problemi interni alla coalizione»
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La Guerra di Lorsignori
Fini rimpiange il passato (che a lui è sembrato di gloria) e intima al ministro degli Esteri D´Alema e al ministro della Difesa Parisi: «Se volete che noi riconosciamo la missione Onu dei soldati italiani in Libano, voi dovete pentirvi di avere fatto opposizione all´invio di truppe in Iraq». Deve essersi detto: «Se abbiamo potuto fare leggi retroattive per togliere dai guai il capo e i suoi intimi, perché non cercare di imporre un voto retroattivo alla opposizione ora che è diventata maggioranza?». La richiesta di dare un voto retroattivo a una impresa giunta a una conclusione disastrosa, smentita dai fatti e fra poco (elezioni Usa di novembre) respinta dagli americani, è un po´ comica, se non fosse segnata dalla tragica realtà delle vite perdute.
(Dall’editoriale di Furio Colombo)
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CITAZIONI
L’ex presidente del Consiglio arriva ad ipotizzare un voto contrario alla missione in Libano prendendo spunto dalle regole di ingaggio: «Non si parla più di disarmare gli Hezbollah».
(Augusto Minzolini, Stampa 10-9)
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Quel che Bush desidera è la continuazione della guerra contro Hezbollah, fatta da Israele o da altri: gli strumenti impiegati possono cambiare ma non l’obiettivo, e l’obiettivo è una guerra-test con l’Iran, con la Siria, per interposte persone.
(Barbara Spinelli, Ibidem)
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CIOE’…
…la cosiddetta “Casa delle Libertà”, l’ormai sgangherata barca del Merda, è tanto solida che più tosta non si può. Fini, premesso che è d’accordo con Berlusconi, sbraita a proposito di “pace”, perfino “retroattiva”. Il Cavaliere se ne fotte della premessa finiana e strilla che questa roba del Libano non gli garba perché per i suoi gusti non è abbastanza bellicosa. Casini ha già detto in tutto le salse che lui la vota.
Paradossalmente, per il fronte delle persone per bene sarebbe meglio che la barca berlusconiana si raddrizzasse un po’, perché altrimenti sull’altra barca continueranno a litigare tranquilli, tanto non c’è pericolo…
Luciano Seno
sabato, settembre 09, 2006
RESISTENZA - 9/9/06
AUTOCITAZIONE
RESISTERE A BERLUSCA 11-11-2003
Quelli di Nassirya
SONO CADUTI
al servizio di Publitalia, parte di un ingrippo mediatico inteso a promuovere la megalomania del Merda e la sua cupidigia di servilismo nei riguardi di Bush.
Ma temo che questa verità dolorosa, in quest'Italia ipocrita e "politicamente corretta", la sentirete solo da me e da un paio di amici miei...
LUCIANO SENO
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Oggi gli eventuali morti non gli servono a niente e il Merda vota No sul Libano.
Luciano Seno, 9-9-2006
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REPUBBLICA on-line 9-9
Berlusconi: "Non credo voteremo sì sul Libano"
Fini applaude: "Ha colto nel segno". "
Casini: "Non vedo le ragioni per votare no. Noi rimaniamo coerenti"
GUBBIO - Berlusconi torna dalle ferie e al seminario di Gubbio di Forza Italia spara a zero sul governo, ma soprattutto dice: "Io non credo che noi potremo votare sì alla missione in Libano, certo tuteleremo i nostri soldati, ma attenzione perché le regole di ingaggio non rispettano più la nostra visione". "L'opposizione - ha poi aggiunto - la faremo certamente in Parlamento e certamente con manifestazioni nelle piazze". L'ex premier promette "un'opposizione inflessibile nel Parlamento e nel Paese, ma a differenza della sinistra quando noi diremo no lo accompagneremo sempre con proposte costruttive".
La replica di Pier Ferdinando Casini arriva in serata. L'ex presidente della Camera dice di "non vedere le ragioni" per le quali il centrodestra dovrebbe cambiare idea sulla missione in Libano. E si dice "d'accordo" con il segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa, che annuncia che proporrà a deputati e senatori del partito di votare a favore della partecipazione alla missione Onu.
I propositi combattivi del Cavaliere trovano subito l'apprezzamento di Gianfranco Fini. "Berlusconi a Gubbio ha colto nel segno, indicando in una opposizione inflessibile, non pregiudiziale, da svolgersi nel confronto con le categorie e se necessario nelle piazze, la via per contrastare il governo Prodi", ha commentato il presidente di An.
Non sembra invece intenzionato a seguire la svolta di Berlusconi l'Udc. "In qualità di segretario nazionale dell'Udc - ribadisce Cesa - per quanto riguarda la missione in Libano, proporrò ai gruppi parlamentari di Camera e Senato, un voto coerente e conseguente a quello già espresso, insieme agli altri alleati del centrodestra, in Commissione".
Al primo punto nella nuova agenda di Berlusconi, la situazione alla Rai che il leader di Fi definisce "una grande emergenza democratica": "Si apprestano a fare qualcosa che è veramente un'emergenza, vogliono mettere le mani sulla Rai. Non dobbiamo permetterlo. Dobbiamo farci sentire e su questo mi sento di far scendere in campo l'indignazione dei nostri elettori". Poi, un giudizio sui media italiani: "I telegiornali sono inguardabili e i giornali sono illeggibili, c'è una distorsione della realtà".
Quanto al conflitto di interessi, il Cavaliere annuncia una "grande battaglia" su quello che considera "l'unico grande e macroscopico conflitto di interessi" e cioè quello tra le cooperative rosse e le giunte rosse. La proposta di Berlusconi è quella di "vietare ogni tipo di contratto fra le giunte rosse e le cooperative rosse", aggiungendo di voler "vedere se i senatori a vita si tireranno indietro anche su questa proposta".
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CORSERA 9-9
Sommario di I pag.
Missione in Libano, l'alt di Berlusconi
«Conflitto d'interessi, sarà battaglia. Vogliono mettere le mani sulla Rai». Unione insorge, la Cdl si spacca
Intervento al meeting di Fi a Gubbio: «Non credo potremo più votare sì
alla missione». No comment su Casini
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STAMPA 9-9
Berlusconi su Libano: potremmo non votare sì
Il leader della Cdl afferma che la missione sta cambiando rispetto a quella approvata
«Noi tuteleremo i nostri soldati ma attenzione perchè le regole di ingaggio non rispettano più le nostre visioni. Io non credo che noi potremo essere più d'accordo». Così Silvio Berlusconi, dal palco del seminario della scuola politica di Fi a Gubbio, critica il governo sulla missione in Libano.
«Questa missione - ha sottolineato il leader della Cdl - sta cambiando rispetto a quando abbiamo dato la nostra approvazione. Adesso sembra che la nostra missione tutto farà tranne che disarmare Hezbollah».
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Corsivo
Sorrisi e copioni
E’ il berlusconismo senza Berlusconi, bellezza
Massimo Gramellini
RIVALUTAZIONE postuma di Silvio B (primo episodio). Agli inizi, quando scrissero che il fard faceva assomigliare la sua faccia a un marron glacé, dichiarò stizzito: «Mi hanno toccato in ciò che più mi sta a cuore: l’immagine». Molti pensarono che fosse un originale. Qualcuno che fosse un matto. Invece era soltanto un precursore. Non avrà inventato la politica moderna, dove il colore della camicia che indossi conta almeno quanto le parole che dici. Ma di sicuro è stato uno dei primi a capirla. E a sfruttarla. Ai tempi della «discesa in campo», il lifting era ancora un’esclusiva di Liz Taylor. Dopo, un’ammucchiata di vanesi insospettabili o, più spesso, inconfessabili.
Intendiamoci. Il bisturi si usava anche prima. Ma averlo trasformato in un’arma politica è caratteristico di un’epoca che chiede ai leader di vendere più suggestioni che idee. E’ il berlusconismo senza Berlusconi, bellezza.
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L'UNITA' on-line 9-9
Sommario di I pag.
Libano, il no di Berlusconi e Fini
Fassino: non hanno senso dello Stato
Cdl spaccata, l'Udc vota a favore
No alla missione in Libano, poi in piazza contro il governo. Così Berlusconi e Fini dicono addio all´«opposizione responsabile» e pronta a «salvare l´onore dell´Italia». Fassino: «La Cdl non ha senso dello Stato. Ma Casini non li seguirà». E infatti il segretario Udc Cesa conferma il voto favorevole. Prodi: «Berlusconi si assume la responsabilità delle sue parole».
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Corsivo
L´anticasinismo
Maria Novella Oppo
Viva la radio, che arriva anche dove la tv non arriva. Per esempio al seminario di Forza Italia a Gubbio, che abbiamo potuto seguire, in diretta su GR Parlamento, con enorme interesse. Scoprendo così che gli italiani implorano di essere liberati dalla dittatura comunista. Anche se, per la verità, il vero nemico pubblico numero uno, stavolta non era il comunismo, ma il casinismo, ovvero la voglia sacrilega di fare a meno di Berlusconi. In risposta alla quale citiamo, per tutte, una sola dichiarazione: «La leadership di Berlusconi sana tutte le piaghe». Mentre Adornato, il vero teorico di Forza Italia (tra i ciechi anche un orbo è re), ha decretato che: «La sinistra non esiste più». E allora, chiediamo, di che cosa si preoccupano lorsignori? Perché non fanno come il loro boss, che continua a divertirsi in vacanza, incurante dell´oppressione prodiana? D´altra parte, Adornato ha avuto l´onestà di ammettere che «Forza Italia è una monarchia» e perfino che «per il voto serve la tv». Senza però chiarire a che cosa serva Sandro Bondi.
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IL RIFORMISTA 9-9
Corsivo
BERLUSCONI SARÀ SEMPRE SÉ STESSO
Em.ma
Chiedo scusa ai miei pochi lettori se mi sono appassionato al dibattito sul futuro di Forza Italia e ne parlo ancora. Paolo Guzzanti, che è uno degli animatori del confronto, dice di appartenere all'ala «rivoluzionaria» del partito, gli fa schifo la parola «moderato» e chiama in causa Berlusconi. Il quale «non è Kim Il Sung, è un grande patriota che ha bisogno di essere circondato da gente di cervello e di fegato, non di modesti carrieristi», cioè Bondi e Cicchitto. Il patriota intanto come un emiro se ne sta nel villone sardo, passa le notti al Billionaire ed è circondato da odalische, servi, guitti, giocolieri, affaristi e riceve gli uomini politici, suoi alleati, come il padrone della “Casa” (delle libertà). La contraddizione in cui si trovano i “moderati” e i “rivoluzionari” è irresolubile perché è vero che un partito non-partito, come Forza Italia, non regge senza Berlusconi, ma è anche vero che non è riformabile con Berlusconi che dovrebbe riformare sé stesso. E il dibattito si riduce a un interrogativo: il Cavaliere in questa fase sarà “moderato” o “rivoluzionario”? Interrogativo inutile: sarà tutto e il contrario di tutto, perché sarà sempre e solo con sé stesso e per sé stesso. Il dibattito continua.
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E-Mail
Caro direttore,
sull'assenza di Berlusconi ho qualche gubbio.
e.colombo@ilriformista.it
giovedì, settembre 07, 2006
RESISTENZA/MEDITAZIONE - 7/9/06
CORSERA 7-9
Casini: «Non voglio morire con Berlusconi»
«Dobbiamo andare oltre Silvio»
PESARO - «Io non voglio sotterrare il centrodestra, dico che merita di vincere e di essere guidato diversamente: dobbiamo dare speranza ai moderati, non dobbiamo mandarli a casa». Insomma, «non accetto l’idea che il centrodestra viva e muoia con Berlusconi. Il nostro partito, se vuole andare avanti, deve andare oltre Berlusconi». Anche perché «noi non possiamo pensare di ricandidarci con chi è stato candidato quindici anni fa».
Il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini riunisce a Pesaro i dirigenti locali del suo partito. E’ presente un cronista dell'agenzia Apcom. Di seguito il resto del resoconto di Francesco Rosano.
Casini dice senza mezzi termini come la pensa sul futuro della Cdl e sul suo attuale leader. «Berlusconi è stata una grande calamita elettorale che ora, però, è scesa dal 30% al 24%, mentre noi siamo cresciuti dal 3% al 7%». «Sono l’unico - dice ancora Casini - che questo discorso lo ha fatto con chiarezza allo stesso Berlusconi: lo faccio e continuerò a farlo». Anche perché, non manca di sottolineare ai suoi compagni di partito l’ex presidente della Camera, «lui utilizza il potere mediatico che ha non tanto per dare contro il centrosinistra, ma per tenere l’egemonia del centrodestra».
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IL RIFORMISTA 7-9
Corsivo
FORZA ITALIA RIPARTE DA BERLUSCONI
E’ l’Uomo della Provvidenza… o no?
Em.ma
Più va avanti il dibattito interno a Forza Italia sul futuro del partito più cresce la confusione. C’è chi pensa che Berlusconi ha esaurito la sua spinta e occorre cambiare la leadership (Socci); c’è chi vorrebbe che il Cavaliere si occupasse di cultura (Ferrara); c’è chi lo vuole veramente liberale e a sostegno dei Pacs e della ricerca sulle staminali (Giordano Bruno Guerri); c’è chi lo vuole sulle barricate (Guzzanti). Bondi, che ha aperto sul «Giornale» il dibattito, ieri ha scritto ancora per chiarire che Forza Italia è un partito che «ha fondato e fonda il suo successo sulla leadership, ma è entrato in una fase in cui alla centralità del leader occorre affiancare una strutturazione organizzativa di partito, in modo che il carisma democratico di Berlusconi attivi, tuteli e garantisca un processo di riforma interno a Forza Italia». Una grande novità! E per essere ancora più chiari: «solo Berlusconi può rappresentare l’intero popolo di centro-destra, coalizzare tutte le forze politiche dell’opposizione, allargare l’opposizione... creare le condizioni per un soggetto politico nuovo». Manca solo ricordare che il Cavaliere è l’uomo della provvidenza, ma sarà richiamato nell’articolo 1 dello statuto. Nuovo.
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L'UNITA' on-line 7-9
BANNER
Ragionier Stranamore. «Non so quando Ahmadinejad compie gli anni ma se è così appassionato del nucleare perché gli Stati Uniti non gli mandano un´atomica per il suo compleanno? Magari innescata per posta aerea? Allah sarà grande, avrà le fatwe a disposizione, ma l´atomica non ce l´ha, mentre Bush l´atomica ce l´ha».
Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato (Adnkronos 6/9/06)
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IL RIFORMISTA 7-9
E-Mail
Caro direttore,
Bush non è nulla al cospetto di Allah, ma anche Ahmadinejad non è nulla al cospetto di Calderoli.
www.francesconardi.it
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L'UNITA' on-line 7-9
Corsivo
Berlusconi dice di avere la tracheite?
Per Borghezio, basterebbe eliminare quelli che si ammalano di tracheite
Maria Novella Oppo
Le ultime (magari fosse!) parole famose di Borghezio, pronunciate ieri mattina su La7: «Per eliminare il lavoro clandestino, basta eliminare i clandestini». Semplice e chiaro, nonché applicabile ad altri campi. Esempio: per eliminare la stupidità, basta eliminare gli stupidi, o per lo meno Maurizio Gasparri. Il che sarebbe del tutto ingiusto, perché Gasparri, oltre a essere un caso umano che ci preme moltissimo, è una pietra di paragone ineliminabile. Infatti, finché Gasparri c´è, e parla, è facile capire come non stanno le cose. Mentre invece, quando Berlusconi tace, insomma, quando il grande comunicatore non comunica, ecco che si scatenano le ipotesi più azzardate. Berlusconi dice di avere la tracheite? Ovviamente nessuno, neppure tra i suoi, ci crede. Ed Enrico Mentana, sempre spiritoso, commenta che la tracheite è una cosa grave, per un cantante. Mentre per fortuna Borghezio tace, perché è chiaro che, secondo la sua teoria, per eliminare la tracheite, basterebbe eliminare quelli che si ammalano di tracheite.
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MEDITAZIONE 7/9/06
MANIFESTO
Corsivo
Una testa, un vuoto
Roberto Zanini
«Sembra incredibile, ma gli stati non hanno ancora imparato l'arte di contare i voti con precisione». Lo scrive il New York Times in un editoriale. Il sistema non funziona, sgarra, sbaglia, premia e punisce secondo un principio diverso dall'unico principio possibile nelle democrazie, cioè una testa un voto. Gli americani voteranno tra poco per un nuovo congresso.
Forse è il caso di preoccuparsi. Il principale giornale del principale paese del pianeta afferma in sostanza che il fondamento del suo sistema democratico - l'arte di contare i voti - è bacato. Dovrebbe saltare in aria tutto, e pece e zolfo piovere sulla città. Non accade nulla.
L'esempio citato dal Times è illuminante. Nella più grande contea dell'Ohio, lo stato che diede un rocambolesco e contestato secondo mandato a George W. Bush sovvertendo sondaggi, pronostici, exit poll e prime proiezioni, le autorità elettorali hanno dotato di una stampante le diaboliche macchinette contavoti usate per le ultime primarie. Poi hanno messo a confronto il risultato elettronico delle macchinette con quello cartaceo dei tradizionali scrutatori. Sono emerse «ampie e inspiegabili discrepanze», un 10% (dieci per cento!) di schede rese inservibili e un assortimento di fastidi accessori come il fatto che al 31% dei neri viene chiesto un documento contro il 18% dei bianchi. Nel 2004 quelle stesse fallaci macchinette assegnarono lo stato - e la presidenza - a Bush.
Di elezioni sospette è piena la storia, anche quella di paesi di discreta reputazione. La Florida nel 2000 e l'Ohio nel 2004 sono due capolavori del settore, ma anche il Messico assegnato ieri alla destra per 240mila sospettissimi suffragi (su 40 milioni) ci spiega che l'«arte di contare i voti» ormai confina da una parte con i tribunali e dall'altra con una cosa peggiore: la delegittimazione del risultato.
Non stiamo parlando di inquinamenti preventivi - che so, possedere tutte le televisioni del paese di cui vuoi essere presidente. Stiamo parlando di cari vecchi voti, inestimabili pezzi di carta con cui si compie il diritto di ciascuno a esercitare un potere. L'unico che, volendo, abbiamo tutti
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Bah, hai voglia a sgolarti in campagna elettorale e poi votare e far votare… la liberal-democrazia di Lorsignori è sempre quella e chi vince vince, per i poveri cristi non fa molta differenza – come stiamo vedendo anche noi da un centinaio di giorni – in nessuna parte del mondo.
Luciano Seno
mercoledì, settembre 06, 2006
RESISTENZA - 6/9/06
APRILEONLINE 6-9
Berlusconi, tra tracheite e silenzio
Il cavaliere rinuncia al dibattito con Rutelli
Perchè l'ex premier continua a tacere?
Una cosa è certa: l'uomo è pericoloso e non andrebbe mai sottovalutato. Soprattutto quando non parla.
Angelo Notarnicola
Silvio Berlusconi ha la tracheite. E rispedisce a Francesco Rutelli l’invito per partecipare alla festa della Margherita di Caorle. Lo hanno aspettato in tanti. Dopotutto, fin dall'inizio, il dibattito con il leader diellino è pensato perchè, politicamente, servirebbe ad entrambi. Al cavaliere per accreditarsi come interlocutore credibile di un eventuale governo di grande coalizione e per ricordare i punti di contatto esistenti tra la Margherita e Forza Italia. A Rutelli per iniziare un dialogo a destra che vada oltre l’Udc e abbracci tutto il "cattolicesimo operante" in politica, legato a doppio filo con una parte significativa della curia vaticana.
E’ da tempo che l'ex sindaco di Roma gioca su due tavoli: partito democratico da una parte e grande centro dall'altra. Le possibilità che, con l’Udeur, l’Udc e l’intermediazione della Cisl di Raffaele Bonanni, si possa formare una forza di centro neo-democristiana non è fantapolitica. E’ un’ipotesi concreta a cui in molti stanno lavorando. Il rischio di perdere tutto in un colpo solo – con un’eventuale caduta del governo e la fine del progetto democratico-riformista - è troppo alto per uno abituato a navigare a vista come il leader della Margherita. Rutelli sa indossare abiti diversi con estrema disinvoltura. Anche se, ad onor del vero, qualora fosse "libero" di scegliere tra i due progetti, il vicepremier preferirebbe - senza alcun dubbio - la nascita del partito democratico, fuori dal Pse, e una lunga vita per il governo guidato da Romano Prodi.
L’invito a Berlusconi si colloca in un momento in cui la tensione verso il nuovo soggetto politico sembra diminuire soprattutto in Romano Prodi, che con i giornalisti preferisce glissare sull'argomento. Sono i giorni in cui Massimo D'Alema dà lezioni di multilateralismo sulla scenario internazionale conquistando anche i più scettici della sinistra antagonista. A quel punto, l’ex sindaco di Roma, preoccupato di un rinvio sine die per il nuovo soggetto politico, pensa che sia arrivato il momento di forzare. E i risultati della sua mossa non tardano ad arrivare. Il primo colpo lo batte Valter Veltroni con il suo intervento pubblicato da "la Repubblica" e da "L'Unità". Subito dopo è la volta di Arturo Parisi. E infine lo stesso Prodi, negli ultimi giorni, torna a lanciare messaggi rassicuranti al leader diellino sulla nascita del partito democratico e probabilmente - questa è solo una supposizione non supportata da alcuna dichiarazione pubblica - sulla collocazione internazionale del nuovo soggetto politico fuori dal Pse.
Rutelli si acquieta. Gli ritorna il sorriso. E torna ad attaccare, seppure moderatamente, Berlusconi, per interposta persona, sul conflitto di interessi. L’intervista rilasciata, alcuni giorni fa, a "la Repubblica" dal rutelliano Paolo Gentiloni, lo testimonia. A rincarare la dose, dopo le conseguenti e vibranti esternazioni di protesta del deus ex machina di Mediaset, Fedele Confalonieri, ci pensa il fedele scudiero di Rutelli, Renzo Lusetti. Non più di tre giorni fa, così l’organizzatore della festa di Caorle si rivolge all’uomo più fidato del cavaliere: "Sono stupito dai toni forti e perentori dell'intervista di Fedele Confalonieri. Sono certo che il ministro Gentiloni non si farà intimidire da un'aggressività che non ha nulla a che fare con il merito dei progetti del governo, ma è solo una sorta di interdizione preventiva". A tutto questo, nelle ultime ore, si aggiungono le indiscrezioni sulle nomine Rai. Non c’è quindi da stupirsi se, poche ore prima dell’incontro-dibattito di Caorle, Berlusconi venga meno a causa di una tracheite.
Il cavaliere continua così a restare in silenzio. Negli ultimi giorni, "Libero" e "Il Foglio" dalle loro pagine cercano in tutti i modi di scuoterlo. I direttori delle due testate vogliono che Berlusconi rientri al più presto da protagonista nell’agone politico. Ma quest'ultimo non si lascia persuadere. Il suo restare in disparte, proprio mentre L'Unione è attraversata da un aspro dibattito interno sulla Finanziaria, lascia perplessi.
Alcuni sostengono che sia scarico, svuotato, depresso. Dalle immagini pubblicate sui quotidiani, che lo ritraggono sorridente mentre canta, balla o intrattiene i suoi ospiti, non si direbbe. E allora perchè il cavaliere tace? Una spiegazione politica ci sarebbe. La visibilità di Berlusconi è direttamente proporzionale al grado di compattezza dell’Unione. Più la minaccia di un suo ritorno alla guida del paese diventa tangibile, più velocemente i partiti che compongono il centrosinistra riescono a trovare un accordo. In questo momento Romano Prodi, impegnato nel difficile passaggio della Finanziaria, avrebbe bisogno di un nemico esterno: forte, visibile, minaccioso per tenere compatti i suoi intorno a sè. Tirare fuori, in un momento di intensa attività parlamentare come questo, lo spauracchio di riforma della legge sul conflitto di interessi - tatticamente - potrebbe servire a stanarlo, a farlo urlare contro i comunisti, le sinistre. Ma Berlusconi nicchia, fa finta di niente, manda avanti Confalonieri, Tremonti, Bondi. Per il momento, sembra volersi limitare solo ad osservare. Che il suo silenzio sia più efficace di mille invettive? Questo lo dirà il tempo. Una cosa è certa: l'uomo è pericoloso e non andrebbe mai sottovalutato. Soprattutto quando non parla.
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REPUBBLICA on-line 6-9
L'afasia politica del Cavaliere
"All'opposizione ci si ammala"
Solo poche settimane fa il Cavaliere si è detto stanco di pagare da solo il prezzo delle sconfitte
dal nostro inviato FILIPPO CECCARELLI
CAORLE – Patologica o diplomatica che sia, la tracheite che ieri ha tenuto lontano Berlusconi dal festival della Margherita rivela come meglio non si potrebbe l'afasia della politica del Cavaliere.
La sua rinuncia, il suo silenzio, il suo imbarazzo. E magari perfino la sua paura è stata messa a nudo da quella sua presunta indisposizione bronchiale. Non si è perso moltissimo, è vero.
Ma poi, soprattutto: cosa mai avrebbe potuto dire di convincente Berlusconi? E più in generale: cosa trattiene "nonno Silvio" dal sentirsi di colpo irrilevante, se non addirittura superfluo?
Nessuno gli chiede nemmeno un consiglio sulle pensioni. Gli industriali guardano da un'altra parte. Le gerarchie ecclesiastiche alzano gli occhi al cielo. Per quanto riguarda Forza Italia, ancora poche settimane orsono Berlusconi s'è detto "stanco" - ed era un eufemismo - di pagare tutto sempre solo lui. Come risposta, qualche ingrato ha proposto la rivoluzione. Nel frattempo diverse fazioni di parassiti si guardano in cagnesco.
In tali condizioni, si capisce, è normale - per non dire umano - perdere la voce e dare forfait. Ma qualcosa di significativo filtra lo stesso dalla cortina di silenzio. Una frase che qui si riporta di seconda mano, quasi di contrabbando, e che il Cavaliere ha forse pronunciato: "Sai - ha dunque detto Berlusconi al suo perplesso interlocutore - ritrovarsi all'opposizione fa ammalare". Per una volta ha anche il pregio di suonare sincero. Perdere il comando fa venire fuori un sacco di acciacchi.
Eppure, se si ripensa alla radiosa estate berlusconiana, c'è qualcosa che non torna. Non si capisce se il Cavaliere si sente ancora in vacanza o già all'Elba, in attesa di finire a Sant'Elena.
(versione ridotta)
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STAMPA 6-9
Dalla Spagna inchiesta su Berlusconi
Il magistrato Garzon riapre un procedimento congelato quando il leader di Fi era alla testa del Governo
Il magistrato spagnolo Baltasar Garzon ha deciso oggi di rilanciare un'inchiesta contro l'ex primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, in relazione a frodi fiscali collegate con la rete tv Telecinco.Lo hanno annunciato fonti giudiziarie della capitale spagnola.
Il procedimento era stato congelato per tutto il tempo che Berlusconi era rimasto alla testa del governo italiano.
Il 28 luglio scorso, il tribunale costituzionale spagnolo aveva autoritzzato il riavvio del procedimento.
Secondo l'accusa, Berlusconi avrebbe coperto una frode fiscale di un valore pari a 108 milioni di euro tra il 1990 e il 1993, allorchè era vice presidente della società Gestavision Telecinco, che controlla la rete tv privata spagnola Telecinco, tutte società che fanno capo a Fininvest.
Il giudice Garzon aveva aperto l'inchiesta su Telecinco nel 1997, quando la giustizia italiana aveva scoperto, nel corso di una perquisizione nella sede milanese della Fininvest, documenti secondo i quali Berlusconi controllerebbe oltre l'80 per cento di Telecinco, mentre il «tetto» stabilito dalla legge spagnola per le tv private era, allora, del 25 per cento.
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IL RIFORMISTA 6-9
Corsivo
IL FUTURO PROSSIMO DELLA CDL
Berlusconi compie settant’anni e Giuliano Ferrara gli augura di chiudere con la politica
Em.ma
Nella Casa berlusconiana la confusione è l’unica cosa percepibile ogni giorno. Casini se ne è andato per conto suo ma non c’è un atto di separazione consensuale. Il Cavaliere lo considera un traditore ma non dice che la casa ha perduto un inquilino. Fini cerca una collocazione nella destra europea ma ha bisogno di allentare i vincoli che lo condizionano: vuole ma non può. Anche Bossi cerca una nuova strategia. Ma il casino è soprattutto in Forza Italia. Cosa sia e cosa voglia non si capisce più. Tremonti accusa il governo di volere la rovina dei pensionati, la distruzione del Welfare e parla di macelleria sociale. Sembra Bertinotti del 2001. Altri invece alzano la bandiera del rigore e dell’Europa. Sì, dell’Europa di Maastricht. Intanto Pera lancia un manifesto per fare del centrodestra «un’aggregazione conservatrice» come se fino ad oggi fosse stata rivoluzionaria. E si candida come successore del Cavaliere. Guzzanti chiama alla mobilitazione di piazza e il “Giornale” ospita lettere di guerra dei militanti: non si capisce però se contro la sinistra o il panciafichismo dei leader della destra. Berlusconi compie settant’anni e Giuliano Ferrara gli augura di chiudere con la politica. Domani è un altro giorno.
martedì, settembre 05, 2006
RESISTENZA - 5/9/06
IL CAVALIERE MARCA VISITA
REPUBBLICA on-line 5-9
Festa Dl, forfait di Berlusconi: "Tracheite"
Mentana: "Un guaio per un cantante..."
Rutelli incita la piazza ad un applauso al Cavaliere assente
CAORLE - ''La tracheite e' proprio un disturbo serio, soprattutto per un cantante", esordisce Mentana al mancato faccia a faccia tra Berlusconi e Rutelli a Caorle.Dopo il silenzio estivo quello di oggi pomeriggio alla festa della Margherita sarebbe stato, infatti, il primo confronto con l'opposizione. Ma purtroppo una brutta tracheite ha reso il Cavaliere del tutto afono.
Una bella occasione perduta, visto che l'intervento al meeting di Comunione e liberazione di dieci giorni fa a Rimini era stato solo un monologo senza dibattito.
Al momento dell'apertura dell'incontro mancato Rutelli non si fa, però, scoraggiare dall'assenza dell'avversario e sfodera una certa urbana ironia:"Non sono fortunatissimo con Berlusconi. E' la terza volta che mi succede di saltare un incontro con lui". Una prima volta il Cavaliere non c'era per i cinquanta anni dalla Liberazione di Roma, alla presenza di Bill Clinton: "Forse la piazza non era under control", dice il presidente della Margherita, ricordando che anche nel 2001 Berlusconi non si era presentato: "Speriamo che visto che non c'è due senza tre la prossima volta io sia più fortunato".
Poco dopo, Rutelli si appresta a condurre la piazza di Caorle in una finta accoglienza al Cavaliere. "Ecco - esordisce- dimostriamo a Berlusconi che avrebbe avuto un'accoglienza civile: fate un bell'applauso a Berlusconi". La piazza lo segue, tra molte risate e qualche fischio. "Vedete, non avrebbe avuto motivo di temere questa piazza".
A far sorridere l'uditorio non è, però, solo il savoir faire del vicepremier. Anche Enrico Mentana, il conduttore del testa a testa 'mozzato', tenta di tirar su il morale alla piazza delusa. E si rivolge a Rutelli: ''Certo, anche se siete al governo non contate ancora molto visto che Berlusconi questa estate e' andato ogni tipo di festa e non è venuto solo a quella della Margherita".
Le battute non si arrestano nemmeno quando Rutelli conferma che, in effetti, Berlusconi aveva proprio la voce roca durante la telefonata della sera precedente quando il leader della Margherita si trovava alla Mostra del cinema di Venezia con Romano Prodi, mentre la piazza sottolinea il racconto con qualche risata. Mentana, allora, chiede: "Ma aveva la voce roca?". "Non mi pareva - è la replica di Rutelli - di buonissimo umore...".
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CITAZIONI
Non tutti sembrano convinti della giustificazione «per motivi di salute» dell'ex premier. Fioroni si limita ad annotare che Berlusconi è diventato «cagionevole». «Andreotti - spiega Fioroni - diceva che il potere logora chi non ce l'ha. Nel caso di Berlusconi possiamo dire che la caduta dello stress gli ha fatto abbassare le difese immunitarie».
(Corsera 5-9)
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Un pensiero osé si aggira ai piani alti di Forza Italia: forse, dopo tutto, per tornare ad esser maggioranza sul serio nel paese, gli spot non bastano più. Non bastano i rutilanti show del Cavaliere, le feste in villa con tanto di vulcani artificiali, le gare di pizze o i duetti alla chitarra. In realtà, non bastano nemmeno i girotondi di destra suggeriti l’altro giorno da Paolo Guzzanti sulla prima pagina del Giornale di famiglia per scuotere il Capo. Forse quel che è mancato fin’ora ai conservatori italiani sono le idee, i contenuti, i programmi, ecco.
(Barbara Jerkiv, Messaggero 5-9)
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"Che fa e che dice Berlusconi?" La risposta è arrivata a tamburo battente da un sito di gossip: è al telefono. Con chi? Con Putin? Con Bush? No, molto più in alto. E' al telefono c'informano i ben informati con tal Lucio Presta, manager di Elisabetta Gregoraci che ora "sarà nel cast di Buona Domenica". Se la notizia è vera complimenti. Salvare le fanciulle indigenti dalla povertà è un'opera da buon samaritano. Ma qualche domanda sul "buon politico" si pone. A parte la storia della "mera proprietà" che dovrebbe tener lontano il Cavaliere dalle sue tv, non è sicuro che il 50 per cento degli italiani che hanno votato centrodestra oggi gli chieda esattamente di occuparsi delle sorti lavorative della Gregoraci o di organizzare feste sulla Costa Smeralda. Ha ragione Alba Parietti che l'ha conosciuto come demiurgo dell'estate sarda: «Berlusconi è simpaticissimo ». Ma anche perché è l'unico italiano che non parla di politica. Milioni di elettori lo preferivano come protagonista del villaggio globale anziché animatore del villaggio vacanze: le mirabolanti cronache delle sue feste pirotecniche, con i vulcani in eruzione, i duetti con Apicella e quelli con la stessa Parietti, hanno riempito le pagine dei quotidiani (come la performance marocchina in costume a Marrakech). Ho già scritto che c'è il rischio di confondere don Sturzo con don Lurio. Abbiamo invocato qualcuno che facesse come Nanni Moretti in piazza Navona: strapazzare i capi supremi a cominciare dal Cavaliere che ha perso la guerra elettorale e ora sta a Porto Rotondo a cantare "Que reste-t-il de nos amours/ Que reste-t-il de ces beaux jours". Un uomo solo al comando?
(Antonio Socci, Libero 5-9)
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L'UNITA' on-line 5-9
BANNER
Larghe intese. «Siamo alla frutta, possibile che il 50% e passa degli italiani assista impassibile all´instaurazione silenziosa del regime rosso? Possibile che Berlusconi non abbia capito che bisogna scendere in piazza e fare più casino possibile? Siamo alla mercé di un´invasione islamica e nessuno alza un dito per dire basta».
Lettere a Il Giornale, 4 settembre
lunedì, settembre 04, 2006
MEDITAZIONE - 4/9/06
IL SOCIALISMO DI LORSIGNORI
Alla disperata ricerca di qualcuno, purchessia, che addrizzi i conti del Paese, purché non a spese loro, Lorsignori hanno scoperto il “Socialismo”. L’odierna razione che ci viene proposta con l’autorevole firma di Strauss-Kahn non è male: diagnosi e prognosi ineccepibili, la terapia che manca ve la dico io – o ci inventiamo un sistema alternativo alla liberal-democrazia di Lorsignori, o addio pianeta.
Luciano Seno
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REPUBBLICA on-line 4-9
Le nuove sfide del socialismo
Un pianeta da riorganizzare
di DOMINIQUE STRAUSS KAHN
ESSERE di sinistra nasce da un rifiuto, da un grido, da una rabbia davanti all'ingiustizia sociale o politica. È un riflesso salutare. Ma non basta. Molti socialisti vogliono trasformare il mondo senza capire com'è. Altri travestono la realtà per convincere meglio che non la si può trasformare. Per me, un socialista ha il dovere di comprendere il mondo, di interpretarlo per trasformarlo - e nello stadio attuale del capitalismo ci sono contemporaneamente un progresso considerevole e un'ingiustizia incommensurabile. La rivoluzione dell'immateriale ha unificato il mercato mondiale. La caduta del comunismo in Unione Sovietica e nell'Europa dell'est, l'apertura del mercato in Cina e in India e l'emergenza dei paesi dell'America Latina hanno reso il capitale più raro del lavoro. I mercati finanziari e i loro predatori vanno a caccia di rendita e profitto.
Ne consegue - e presumibilmente sarà così per molto tempo - un nuovo rapporto tra le forze di lavoro e capitale. D'altro canto, il mercato ha portato progressi nel settore sanitario, del consumo e della comunicazione, se non dell'estensione del controllo democratico dell'umanità. Ma nel contempo ha comportato disuguaglianze senza precedenti, il saccheggio delle risorse naturali, lo sfruttamento sfrenato della manodopera e soprattutto nuove alienazioni imponendo degli standard di vita culturali e alimentari.
Non si può quindi operare per la giustizia con le stesse armi di ieri e le riflessioni dell'altro ieri. E non si può nemmeno rinunciare alla giustizia sociale, a meno di rinunciare al socialismo, e io non rinuncio! Ecco perché bisogna ripensare le sfide del mondo attuale per trovare il cammino dell'uguaglianza reale.
La prima di queste sfide riguarda il nostro approvvigionamento di energia. L'arrivo della Cina e dell'India sul mercato del petrolio fa infuocare le quotazioni e la dipendenza del mondo dal Medio Oriente ne risulta aumentata. Ora, la geopolitica del petrolio è instabile e non possiamo accettare che il nostro avvenire dipenda da un'alternanza omicida tra gli atti terroristi e la repressione di Stato.
E quel che è peggio è che il consumo massiccio di energie fossili ha conseguenze ambientali disastrose. Oggi, quindi, siamo costretti a rimettere in discussione una concezione dell'energia che abbiamo ereditato dal secolo scorso.
In senso più ampio, è tutto il nostro modello di sviluppo a essere in discussione. Big Oil, Big Three: per molto tempo questo è stato il mantra della crescita americana. Del Big Oil ho appena parlato, quanto al Big Three, i tre principali costruttori di automobili, anch'essi fanno parte di uno schema obsolescente, mentre il modello imminente si basa principalmente sui servizi alla persona e i problemi della sanità saranno uno dei punti cruciali. Questo modello porta con sé la biologia come scienza dominante, le preoccupazioni ambientali come principio della gestione pubblica, la qualità della vita come scelta collettiva.
Ma in più c'è la durata della vita! Ecco il punto nodale. La nostra società non ha mai affrontato un cambiamento simile in un tempo così breve. Questo stravolgimento affonda le radici nei progressi della biologia, rimodella i rapporti tra le generazioni, minaccia di portare al collasso il sistema previdenziale. Inoltre ripropone in termini nuovi la questione della demografia e, di conseguenza, quella dell'immigrazione.
Un'Europa che invecchia è, a lungo termine, un'Europa che muore. Incoraggiare la natalità non basterà a frenare il movimento: quando la fiducia nel futuro è scarsa, la ripresa è lenta. Se può essere utile favorire l'adozione, la soluzione principale resta comunque l'immigrazione. Dobbiamo perciò spazzar via i vecchi timori e concepire una politica dell'immigrazione positiva.
Perché la pressione migratoria resti sopportabile, bisogna però che lo sviluppo del Sud smetta di essere soltanto l'argomento di tanti bei discorsi. Oggi sappiamo che il sostegno monetario, spesso mal utilizzato, è meno efficace degli incoraggiamenti allo sviluppo dell'educazione e al miglioramento delle condizioni sanitarie. Per questa ragione le discussioni interminabili sull'accesso delle popolazioni del Sud ai farmaci generici devono finire. L'urgenza coinvolge l'intero pianeta e implica necessariamente una revisione del concetto di proprietà intellettuale, peraltro già messo in crisi dalla civiltà informatica.
La nostra democrazia è malata. Non solo perché i nostri popoli faticano a farsi ascoltare ma soprattutto perché i politici tergiversano davanti alla necessità di prendere provvedimenti risolutivi. Ecco perché il socialismo contemporaneo è anche una rottura col passato. Questa rottura non dovrebbe essere un rinnegamento ma un ritorno alle origini.
Prepararci a uscire da secoli di energia fossile e trarne le conseguenze geopolitiche, ridefinire il nostro modello di sviluppo incentrandolo sulla vita degli uomini, concentrare gli sforzi sulla conoscenza e riconsiderare le età della vita, aprirci ai popoli del Sud sgombrando il campo dagli ostacoli che ne ostacolano la sopravvivenza, riformulare il contratto democratico globale e locale: ecco quali sono i compiti del socialismo contemporaneo.
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MA INTANTO?
Come se la passa nel frattempo il Bel Paese ce lo dice l’organo dei prezzoliniani apoti (quelli che non la bevono).
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MALATEMPORA MAGAZINE # 128
PRIMI CENTO GIORNI
Come è ormai abitudine, prassi, il mediatico tira le somme del nuovo governo che si propone, sempre, in cento giorni di...
Sappiamo anche noi il nostro Prodino al quale, con un po' di ironia potremmo dare un sei meno meno, sulla pagella che è sua, su quella nostra, ovviamente, è poco più di zero, e il poco più è per averci liberato (poco e male) da Berlusconi.
Ma non dal Berlusconismo ancora pimpante ahinoi, e dai venti ed oltre milioni di Berlusconidi non pentiti.
Gli è che il nostro Prodino è perfetto democristiano all'antica, mediator sottile per il plus ça change plus ça c'est egal.
Ha liberato diecimila disgraziati e ha graziato insieme a loro qualche dozzina, centinaio di veri mascalzoni, in specie quelli che per profitto ammazzano la gente a Marghera, sui cantieri etc.
Ora, protetto dal rettorato di Bruxelles, si presta ad applicare il lacrime e sangue di sempre, in versione un po’ riveduta e corretta (ahi, povero Paolo Cento sottosegretario all'economia che spera non taglino welfare, sanità e scuole).
Bisogna esser contenti d'esser ritornati democristiani e di esserci lasciati alle spalle un beffardo fascismo mediatico sfascista? Forse sì, e da lì il sei meno meno.
Sui nostri baldi soldati, che vanno a far la pace, armati, questa volta con il bollino di quel cretino di Annan, dell'Onu, han già detto bene Gino Strada e Alex Zanotelli.
Ora parton tutti insieme, tutti fieri, a fare i cagnolini di Bush e Israele.
Bush che vuole un po’ di pace per rivincere a Novembre alle elezioni di midterm che speriamo ardentissimamante perda, che se perde è finito (a lame duck è la bella espressione americana che speriamo di sentir risuonare presto).
Se questa non è la crociata d'Occidente, amici senzienti, che altro è?
Noi partecipiamo, ma come sempre, italietta un pò guitta, siamo solo un po’ incinta, pochino pochino, tremila uomini appena: Evviva D'Alema e alla prossima!
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POST-SCRIPTUM
Italieni 4-9
Un capo dell'opposizione abbronzato e sereno
A Marrakesh, vestito da danzatore berbero, per il cinquantesimo compleanno della moglie Veronica. Poi in Sardegna, in Costa Smeralda, a fare il giro dei locali alla moda fino all'alba. Il Cavaliere si diverte. Dopo aver tuonato, in primavera, contro le elezioni truccate e dopo aver reclamato a gran voce un nuovo conteggio dei voti accusando il governo di centrosinistra di illegittimità, Silvio Berlusconi si è concesso delle lunghe vacanze di lusso lontano mille miglia dalle beghe politiche.
Le Temps, Svizzera [in francese]
http://www.letemps.ch:80/template/
international.asp?page=4&article=188482