martedì, dicembre 26, 2006

MESSAGGIO NATALIZIO

Un messaggio natalizio

da Stefano Benni

" Cara Meteorite,
gli scienziati hanno detto che distruggerai la terra entro il 2017. Io non so se è vero. So che sul nostro pianeta gli scienziati seri non sono quasi mai ascoltati, e poi si scopre che hanno ragione. Si ascoltano solo gli scienziati che dicono che questa economia e questa scienza sono le migliori possibili, e chi non è d’accordo conloro è un catastrofista e un ecoterrorista.
In effetti il 2017 è un po’ presto, io contavo che la terra finisse nel 2046, come sostengono gli scienziati del riscaldamento globale.
Quindi a Natale regalerò solo dolci e cotechini, che vanno bene nel breve periodo.
Ora, cara Meteoritona, vorrei farti una richiesta. Io so che lassù nell’universo avvengono grandi trasformazioni e ribaltoni, miliardi di mondi che nascono e muoiono, stelle che scompaiono come i processi a Previti e buchi neri come i bilanci Tim. Perciò forse, in quel frastuono, non vi giunge la voce di grandi protagonisti cosmici come Mastella, Casini, Calderoli o Scaramella.
Quindi, se avete deciso di farci fuori come un birillo da bowling fate pure.
Forse il nostro paese se lo merita. Se lo merita il popolo dei no-fiscal che piange miseria, e poi si scopre che le vacanze natalizie alle Maldive e ai Tropici sono aumentate del trenta per cento. Se lo merita questa destra che appena ha perso il potere è impazzita di rabbia, neanche sa cos’è la dignità dell’opposizione. Se lo merita questa sinistra molliccia che prende gli schiaffi senza reagire, patteggia e costruisce della finanziarie arroganti che poi deve smontare pezzo per pezzo. Se lo meritano i cosiddetti indecisi che solo perché gli mettono una tassa in più si pentono di aver votato e dimenticano in un giorno cinque anni di governo di centro-destra corrotto, incapace e succube dei super-ricchi.
Un paese che insulta i partigiani, gli omosessuali, gli immigrati, e si inchina a qualsiasi grande ladrone. Un paese intriso di mafia non solo in una regione, ma in ogni dove, dalla grande economia al piccolo cantiere, dalle spartizioni televisive al campionato di calcio. Un paese che, proprio nel momento che l’ha mandato all’opposizione, dimostra di meritarsi Berlusconi e i suoi ispiratori.
Ma anche se non ci credi, cara Meteorite, in questo paese ci sono tante persone che si prendono delle responsabilità, che aiutano gli altri , che lavorano e che pensano di essere cittadini con diritti e (orrore!) anche con doveri. Tante persone (ahimè non la maggioranza, e forse mai lo saranno) che non pensano che destra o sinistra siano la stessa cosa. E neanche che sia uguale scegliere onesto o ladro, aria o smog, guerra o diplomazia, progresso e sfruttamento.
Non chiedo una chance per loro: per scegliere quelli da salvare nascerebbero tremila commissioni e sotto-commissioni, ci sarebbero ribaltoni e alla fine arriveresti tu a risolvere la questione (…ma…) credo che questo mondo sia il migliore di tutti, perché non ne ho mai visto un altro.
Ti ringrazio, cara Meteorite, e ti auguro un buon viaggio, stai attenta perché quando arriverai nell’atmosfera terrestre troverai centomila rottami di satelliti, tonnellate di spazzatura intergalattica radioattiva, cessi orbitanti, schizzi di polonio in libertà, e Montezemolo e Silvio che cercano di svignarsela col loro jet personale.
Comunque buon Natale anche a te, cara Meteorite, e se sei stanca, fermati pure a riposare".
Stefano Benni

mercoledì, dicembre 20, 2006

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 20/12/06

APRILEONLINE 20-12
Berlusconi, leggermente sfrattato, tuttavia incombente…
Stefano Olivieri
Tra un veleno e l'altro, fra speranze deluse e piazzate in tv finisce il 2006. Ha regalato ai democratici italiani la soddisfazione di aver sconfitto Berlusconi, ma anche l'amara consapevolezza di non aver per niente distrutto il berlusconismo
Noi abbiamo una banca. Le cooperative e le toghe rosse. Berlusconi ovunque in tv, anche su Isoradio, fino alla nuova parcondicio. Il tridente spuntato a una punta sola nella CdL e i maldipancia dell'Unione per TAV e PACS. E il partito democratico che non c'è, tutti lo vogliono ma nessuno lo piglia. E poi la legge Calderoli, tutti nominati dai due poli. E il faccia a faccia nei porta a porta… Se quella trasmissione fosse durata un altro quarto d'ora avremmo perso le elezioni, probabilmente.
E il premier trombato che non ci sta e tira in ballo Ciampi, grida ai brogli e ingolfa ancora di più la strettoia istituzionale… e il rosso che più rosso non si può Fausto Bertinotti alla Camera, quando arriva Napolitano al Quirinale Bondi già urla agli orsi bolscevichi in piazza San Pietro.
Bersani inizia a parlare di libero mercato e la destra si dimentica di essere liberista e porta in piazza tassisti, farmacisti e avvocati, e chi più ne ha più ne metta, è tornato il paese delle corporazioni.
Infine la finanziaria toccata, ritoccata, ritaroccata. Che esemplifica lo status quo, i futuri riformisti unificati hanno già deciso tutto: alla sinistra radicale che ha dato una mano alle elezioni insieme alla presidenza della Camera gli diamo una boccata di ossigeno per i precari, qualcosa per gli incapienti, e a buon peso ci mettiamo dentro anche i carcerati liberi. Solo che poi nell'indulto ci inzuppano il pane tutti, da Previti a Consorte. Per tutto il resto, grande occhio di riguardo alle imprese, che non si dica che le difende soltanto Berlusconi, per carità. Operai e dipendenti possono aspettare la redistribuzione del fiscal drag, per quest'anno non c'è trippa, magari ci penserà il sindacato a fare un po' da pompiere. Così l'annunciata riforma fiscale che doveva restituire al ceto medio basso non restituisce, e finisce che invece del suv nuovo di zecca dei furbetti viene tassata la vecchia mercedes a gasolio dell'imbianchino. Le rendite saranno pure nel mirino del fisco, ma il lavoro dipendente è stato già colpito e affondato. E ancora si deve parlare di welfare, figuriamoci. Eppure l'ex premier scende in piazza lo stesso e invita i suoi a mostrare le mutande, e poi rivendica i buoni risultati della raccolta fiscale di quest'anno come frutto della sua politica avveduta. Dimenticando i mille condoni, i falsi in bilancio, i regali agli amici e gli amici degli amici, Coglioni sì caro Silvio, ma mica fino a questo punto, dai...
Così, tra un veleno e l'altro, fra speranze deluse e piazzate in tv finisce un anno vissuto pericolosamente. Che ha regalato ai democratici italiani la soddisfazione di aver sconfitto Berlusconi, ma anche l'amara consapevolezza di non aver per niente distrutto il berlusconismo che invece affiora, riciccia come la gramigna anche dalle parti nostre…
Siamo entrati nella settimana di Natale e nell'ultima decade dell'anno. Ci resta il panettone, lo spumante e i botti per festeggiare l'anno nuovo e dare un calcio a quello che se ne va. Ci perdoni Schifani se non abbiamo fatto il presepe, eravamo giù di corda perchè almeno dal governo Prodi speravamo di trovare sotto l'albero qualcosa di più. Ma Babbo Natale non esiste purtroppo, sopratutto per la povera gente. Diciamoci la verità, c'è rimasto più di un sassolino nelle scarpe…

(VERSIONE RIDOTTA)

martedì, dicembre 19, 2006

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 19/12/06

LIBERAZIONE 19-12
EDITORIALE
Montezemolo copia Berlusconi
Il presidente di Confindustria e Fiat non nasconde il suo disegno di potere e il sogno centrista. Chiede obbedienza dai Palazzi
Nei partiti ha vari sponsor pronti ad accettare la sua leadership, nel centrodestra e nel centroisinistra, da Casini, a Rutelli a Fassino

«Mai dire mai». Luca Cordero di Montezemolo, bontà sua, non chiude tutte le porte, lascia uno spiraglio di speranza, non esclude la possibilità di un futuro impegno in politica. Perché mai, del resto, dovrebbe precludersi la strada? E’ giovane, è piacente ed elegante. Soprattutto sa di cavalcare un’onda lunga, di quelle che vengono da lontano e sembrano destinate ad arrivare anche più lontano.
Non è l’onda del berlusconismo. Il Cavaliere, è vero, ha aperto una pista, ha violato il tabù del conflitto di interessi tanto brutalmente che chiunque arriverà dopo di lui sembrerà una mammoletta, è stato il primo a capire che nei radiosi tempi della seconda repubblica il modo migliore per fare difendere dalla politica i propri interessi era trasformarsi direttamente in leader politico, e far partorire dall’azienda un partito-clone.
Ma a Berlusconi, per quanti soldi e per quanti voti possa incassare, nessuno toglierà mai di dosso quell’aura da avventuriero dell’“intrapresa” e della politica che i salotti buoni del capitalismo italiano detestano e mai l’hanno nascosto. E’ un tipo che può fare il pieno di voti, questo sì, ma scivolando a getto continuo nel plebiscitarismo, titillando in permanenza gli umori regressivi di una parte del paese, stringendo alleanze con forze politiche ed aree sociali che poi inevitabilmente presentano il conto, e lo si è visto nei cinque anni di governo polista. Si è visto anche quanto poco i “colleghi” del proprietario di Mediaset gradissero la mediazione.
La “discesa in campo” del Cavaliere poteva garantire solo lui. Non poteva invece rappresentare, se non come interessante indicazione, quel superamento della mediazione politica a cui l’azienda tira, conquistando progressivamente terreno, da anni. Da questo punto di vista il senso del passaggio alla seconda repubblica, per quanto riguarda i vari salotti sempre meno buoni del capitalismo italiano, è semplice. Mettere nel ripostiglio delle cose finite e non rimpiante i lunghi anni nei quali le aziende avevano dovuto accettare la mediazione tra i propri interessi e quelli delle forze politiche, a partire da una Dc che trovava uno dei suoi principali punti di forza proprio nella capacità di adeguarsi ai desiderata del capitalismo, senza però perdere di vista quelli delle altre fasce sociali rappresentate dal partitone cattolico.
Altri tempi. Altre necessità, in particolare quella di fare i conti con un movimento operaio troppo forte per essere ignorato. Già a partire dagli anni ’80, dalla sconfitta subita in tutto l’occidente dal movimento operaio, la parola d’ordine è tutt’altra: autonomia dell’azienda, fine della disponibilità a trattare, progressiva tendenza a imporre i propri tempi e il proprio calendario direttamente, senza bisogno di passare per la costosa intermediazione dei partiti.
E’ un passaggio già largamente compiuto. L’obiettivo non è a portata di mano: è stato silenziosamente ma inesorabilmente occupato in un decennio di egemonia politico-culturale dell’azienda stessa. E’ da manuale il comportamento del biondo Luca nel corso dell’ultima finanziaria. E’ sceso in campo in prima persona. Ha dettato le condizioni. Ha ottenuto quasi tutto quel che chiedeva. Non si è accontentato. L’azienda non sarà paga sino a che non sarà certa di poter dettare nei particolari le leggi, sino a che non le verrà riconosciuto, nella sostanza se non nella forma, il ruolo di “regia” nelle famose “grandi riforme”.
I sussulti di Casini, le intemperanze di Fassino, le bordate di Rutelli: tutto tira in quella direzione. Al centro e a sinistra sgomitano per assicurarsi il ruolo di referente privilegiato dell’azienda, si sgambettano per provare che nessuno li supera per disponibilità a sposare le esigenze di autonomia e comando diretto dell’azienda stessa. La destra di Berlusconi e Bossi non può farlo. E dunque sotto.
Perché stupirsi se il presidente di Confindustria non se la sente di escludere che prima o poi tocchi proprio a lui sancire, da palazzo Chigi, la fine della triste epoca in cui si doveva tener conto di altri fattori oltre che dell’interesse sovrano di imprenditori e finanzieri? Di sfuggita, sarebbe la fine anche della democrazia reale. Ma tanto già naviga in cattivissime acque.
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MANIFESTO
Corsivo
D'Alema ha sorriso
Ho fatto un mio personale sondaggio e ho scoperto che c'è solo una cosa che interessa alla gente comune meno del cricket e della vita dei lamellibranchi: il partito democratico. Eppure non mancano piccoli segnali, noterelle di costume, indizi che l'appassionante argomento sta prendendo piede nei cuori del popolo. Ecco degli esempi.
Un ragioniere di Modena è stato il primo italiano a risolvere il difficile rompicapo «Sudoku del Partito Democratico». E' riuscito a infilare tutti in un quadratino di nove caselle senza mettere sulla stessa riga la Binetti e Livia Turco. Ha ricevuto le felicitazioni di Palazzo Chigi e una telefonata di Rutelli. D'Alema ha sorriso.
Ancora misterioso il possessore del biglietto vincente della Lotteria Italia, quest'anno abbinato ai grandi leader del Partito Democratico. Il biglietto è stato venduto all'Autogrill La Macchia Est (Frosinone). Il tagliando vincente, F264294, abbinato ad Arturo Parisi, è probabilmente finito nelle mani di un automobilista di passaggio.
I ragazzi della 4° B dell'istituto tecnico Volta di Pescara hanno realizzato il Partito Democratico in laboratorio. «E' bastato capire a che temperatura si scioglieva la Margherita e a che temperatura i Ds. Poi li abbiamo mischiati allo stato gassoso». Unico incidente: Mussi non voleva sciogliersi ed è stato abbattuto a badilate. Congratulazioni dalle autorità scolastiche. D'Alema ha sorriso.
Al via il concorso di architettura per progettare il grande palasport dove si terrà il primo congresso del Partito Democratico. Alcune proposte innovative: le poltrone della dirigenza orientate verso il Vaticano, o le seicento stanzette singole per i 600 delegati al congresso, per simboleggiare l'unità e la coesione della nuova forza politica. Visti i progetti, D'Alema ha sorriso.
Esaurito in tutti i negozi (e introvabile fino a dopo Natale, lo dico per i genitori) il Partito democratico della Barbie. Il giocattolo più fortunato dell'anno è letteralmente andato a ruba, soprattutto per l'effetto sorpresa. Tolta la carta da regalo e i fiocchi, aperta la scatola, dentro non c'è niente. D'Alema ha sorriso.


giovedì, dicembre 07, 2006

MEDITAZIONE - 7/12/06

L’UNITA’ scopre la nostra metafora dei “polli di Renzo”
“Che cosa può capire il cittadino che sta in mezzo a quelle due piazze, quella di destra e quella di sinistra? Può solo arguire che la piazza di Berlusconi appare magari demagogica, magari populista, magari sedotta dal mito dell´uomo solo al comando. Ma certo più omogenea della piazza di Prodi. Perché invece in questa seconda tutti da mane a sera stanno intenti a coltivare il proprio orticello, il proprio slogan, le proprie passioni, le proprie richieste. E così coltivano il proprio suicidio.”
(Bruno Ugolini, L’Unità 7-12)
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A destra, invece, solo papere e…
“…i problemi di rappresentatività che la Casa delle Libertà continua ad avere con la società italiana, e che la stessa manifestazione di San Giovanni ha messo in luce. Sabato, infatti, nella piazza romana c'era il popolo della destra così come naturalmente c'erano i suoi capi. Ma tra l'uno e gli altri sembrava esserci il nulla. Sul palco o nelle sue vicinanze era assente qualunque rappresentanza significativa di questo o quel pezzo di società italiana.”
(Ernesto Galli della Loggia, Corsera 5-12)
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…e infatti…
“Galli della Loggia deplora sul «Corriere della Sera» che la piazza berlusconiana di sabato si sia risolta in un incontro fra leader e popolo: «Non solo non c’erano gli attori, i cantanti o gli intellettuali, ma neppure esponenti dell’industria, della finanza, delle professioni: nulla, nessun nome». Per quanto riguarda gli artisti e i pensatori, il centrodestra non ne ha mai avuti troppi da esibire neppure ai tempi della Dc, se si esclude Mino Reitano. L’egemonismo culturale dei rossi, certo. Ma anche l’ovvia considerazione che un creativo si senta più ispirato da ideali di solidarietà e giustizia sociale che dall’individualismo dei moderati. Mai visto un rocker dedicare un album ai tagli delle tasse, o un regista entusiasmarsi per l’epopea della piccola impresa.”
(Massimo Gramellini, Stampa 6-12)
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Ma ecco chi mancava sul podio del Cav.
“Nella primavera del 1946, mentre infuriava la campagna elettorale referendaria “Repubblica o Monarchia” a Palermo una folla enorme si era radunata nella piazza dove campeggia il Palazzo dei Normanni (residenza dei Savoia e oggi sede dell'Assemblea regionale). Dal balcone si affacciarono Umberto II e il cardinale Ruffini… e mi colpì vedere, tra quella gente, l'aristocrazia palermitana… La Monarchia vinse a Palermo con percentuali bulgare.”
(Emanuele Macaluso, Il Riformista 5-12)
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Comunque...
Berlusconi ha saputo convogliare le aspettative di molti di un sogno ipersemplificato che a conti fatti fa a pugni con la logica e con i fatti. ma sabato ha perso una grossa occasione e non è riuscito a proporre alcunché di alternativo e presentabile all’attuale centrosinistra. Si aspettava meno gente, quando si è trovato una massa di persone non ha avuto la prontezza di cambiare il discorso estremista che aveva in mente e di tentare, nemmeno lontanamente, di sembrare un moderato e di fare un discorso da statista: sarebbe stato un colpaccio, invece è stata la involontaria pubblica ammissione di essere ormai un leader decotto.
(Aprileonline 7-12)


martedì, dicembre 05, 2006

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 5/12/06

APRILEONLINE 5-12
La festa d'addio del Cavaliere
A tredici anni dal debutto con Forza Italia, e dopo mesi di assenza o quasi dalla scena politica, Berlusconi riappare per il momento della piazza, come nel 1996, ma per l'ultimo atto della sua carriera azzurra
Gli imperterriti innamorati del Cavaliere esaltano il ritorno del "leone della libertà" dopo il mancamento di Montecatini. A Roma è stato di scena il "Silvio Day", come ai vecchi tempi, anche se oggi, sfumati gli entusiasmi di un tempo, la festa ha piuttosto il gusto amaro di un addio. L'addio a Berlusconi e alla sua colorita parabola politica.
Sono passati del resto tredici anni da quando Silvio è sceso in campo. Un fulmine a ciel sereno che squarciò il panorama politico italiano, erano i tempi del tornado tangentopoli. Il potere in tre mesi, e subito il tonfo per quel matto di Bossi. Qualche anno di opposizione, e poi il trionfo del 2001 quando Berlusconi salì in sella con la più ampia maggioranza parlamentare della storia repubblicana. Un colpaccio, le porte del paradiso politico, e una valanga di sogni da realizzare.
Passano i cinque anni di governo, e con loro una miriade di leggi ad personam, le promesse invece rimangono tali. Ma il marketing non basta, e le elezioni dello scorso aprile spodestano il Cavaliere per un pugno di voti. Una sconfitta amara e misteriosa, se non altro per la sua lievità.
Siamo ai mesi scorsi, Berlusconi appare poco, c'è chi dice sia depresso, altri che sta preparando la spallata. E in effetti riappare, ma la spallata non avviene. Il Cavaliere medita l'addio? No, non è il momento giusto, anche perché la Finanziaria di Prodi è un assist troppo ghiotto. Le tasse sono il cardine dell'impianto ideologico del berlusconismo, il totem della libertà, di non pagarle, dicono i maligni. Ma sta di fatto che, come nel novembre del 1996, arriva il momento della piazza, tutti appassionatamente insieme.
La piazza, gli elettori di centrodestra che sembrava credessero in Berlusconi perché alfiere della modernizzazione. Ma che alla prova dei fatti, toccati i loro privilegi, si sono rivelati dei conservatori. Ed è questo il punto. La via liberale indicata da Berlusconi, in Italia, non la vuole nessuno, nemmeno il centrodestra. Il populismo, poi, che parla allo stomaco di chi quelle riforme liberali in realtà non le vuole, ha ancora meno probabilità di portarle avanti.
Anche per questo, oggi più che mai, il progetto di Berlusconi appare privo di senso politico.


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MEDITAZIONE 5/12/06


APRILEONLINE 5-12

La balena bianca

Vogliono rifare la DC. No, non è uno scherzo di cattivo gusto. Non sono nemmeno fantasie giornalistiche. Oggi, nel 2006, noti esponenti politici nazionali vogliono ricostruire la Democrazia Cristiana camuffata da "Grande Centro". Una sorte di monolite di ispirazione cattolica che ciondolerà a destra e a sinistra a seconda delle convenienze politiche del momento. Un progetto agghiacciante che riporterebbe la politica italiana indietro di decenni.
Ma stiamo ai fatti. Casini e gli altri del gruppetto UDC, dopo aver disertato Piazza San Giovanni, sembrano intenzionati a declinare l'invito di Berlusconi a tornare. Per loro l'esperienza della Cdl è defunta, e vogliono riesumare la balena bianca. Casini sostiene che è venuto il tempo delle cose serie, basta con gli estremismi, basta con il populismo. Ottimi propositi.
Ci si chiede però dove sia stato Casini negli ultimi cinque anni quando Berlusconi approvava vergognose leggi ad personam, e quando perfino il decoro istituzionale è stato piegato alle esigenze del suo ex capo. I maligni sostengono che Casini e il suo partito, per cinque lunghi anni, hanno anteposto la propria poltrona agli interessi del paese. E oggi, perse le elezioni, e preso atto che i numeri gli impediscono di ambire alla leadership del centrodestra, mandano tutto all'aria. Una dimostrazione di incoerenza ed opportunismo in linea con la vicenda Follini, l'ex segretario UDC, che ha dovuto fare le valige per le sue posizioni anti populiste, e che oggi ammira Casini fargli da controfigura. Scherzi della partitocrazia e dei suoi baronetti, come quel Pierfurbi, ex enfant prodige della politica amato dalle donne, che oggi si scopre per quello che è: la facciata di schiere di anziani politici orfani della DC e dei bei tempi che furono. Scherzi della gerontocrazia. L'unico che non scherza è Mastella, nostalgico leader di un'altra costola della balena, che a poche ore dalla congiura di Palermo, è uscito allo scoperto con un appello brutalmente esplicito "a tutti quelli che hanno una fede democristiana, per presentarsi assieme alle elezioni". (V. nota in calce – NdR)
Insomma hanno già fissato il primo appuntamento. Alla faccia delle coalizioni, alla faccia della volontà popolare, alla faccia della storia politica degli ultimi anni, la nuova Democrazia Cristiana risorgerà. Già, ma per fare che cosa? Quale idea d'Italia hanno in mente? Beh, questi sono dettagli. Loro faranno come tutti i moderati che si rispettino: amministrazione ordinaria con un occhio ai sondaggi e l'altro alle poltrone. Loro però lo faranno alla vecchia maniera, senza volgarità e senza la piazza. Grazie a loro, la politica tornerà nelle mani di un sobrio conclave tecnocratico che ridarà una missione di alto profilo al paese. Che si dia dunque inizio al valzer dei corridoi e delle segreterie, che si compiano ribaltoni e manovre di palazzo. Sta nascendo la nuova DC, un progetto politico innovativo e rivolto al futuro. Un progetto politico fatto con, e per, il popolo. Altro che i soliti casini.
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CHIOSA
Piccola dimenticanza: e il Rutelli che fa lingua in bocca con la Binetti dell’Opus Dei? Non sarà anche lui della partita?
Luciano Seno

domenica, dicembre 03, 2006

RESISTENZA - 3/12/06

BERLUSCONI E’ DI SCENA – 3
URCA!!! La madre di tutte le televendite di tappeti!
Ovviamente non erano i due milioni smargiassati dal Cavaliere, ma anche i 700.000 della Questura non sono mica pochi…
Beh, datemi la grana del Nostro, il suo poderoso blocco mediatico, la rete di venditori di Publitalia e l’audience dei reality show… e io vi riempio Piazza San Giovanni per conto del vescovo Milingo…
Ma anche la televendita ha una sua utilità – i “polli di Renzo” sono avvertiti: o si danno una regolata o i farabutti e i pagliacci tornano al governo e stavolta per cacciarli ci vorrà un’altra guerra perduta o catastrofe equivalente.
Luciano Seno
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FLORILEGIO DI BREVI CITAZIONI
REPUBBLICA on-line 3-12
L'Asso pigliatutto in piazza San Giovanni
di EUGENIO SCALFARI
…Berlusconi sconvolge il modello della democrazia rappresentativa, scardina i partiti, inclina verso l'unanimismo plebiscitario… emergono gli errori, le debolezze, le bugie… le bugie diventavano verità, gli errori e i vizi si trasformavano in virtù.
Questo è il modello che dal 1994 configura lo scontro politico in Italia… dopo dodici anni da quell'ormai lontano 1994 il consuntivo del berlusconismo è una pagina bianca. Non ha diminuito il debito, non ha diminuito le tasse, non ha aumentato la competitività, non ha regolato l'immigrazione, non ha migliorato i servizi pubblici, non ha realizzato la sicurezza, non ha arricchito il patrimonio delle infrastrutture, non ha liberalizzato i mercati. Anzi ha decisamente peggiorato quasi tutti questi capitoli dalla politica interna, dell'economia, della politica estera.
Il discorso del Capo non poteva essere più chiaro, più demagogico, più gremito di slogan, più fitto di bugie di quello che abbiamo ascoltato ieri… L’Arcangelo vuole uccidere il drago in nome della Patria, della famiglia, del cristianesimo.
Programmi? Nessuno. Declamazioni? Moltissime..
La buona politica si fa governando o opponendosi a chi governa, in mezzo al guado non si può stare.
Il centrosinistra ci sta da sei mesi. Ha già superato la soglia del tollerabile. Per grottesco e per certi aspetti terrificante che sia apparso il comizio di Berlusconi, il centrosinistra non ha più nemmeno un giorno a sua disposizione. Dietro l'angolo, se continua sulla strada del Brancaleone, c'è un naufragio che sarebbe drammatico non solo per il centrosinistra ma per la democrazia italiana.
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L'UNITA' on-line 3-12
Berlusconi e la piazza
Furio Colombo
Numerosi, nella folla, gli indignati all´idea di pagare le tasse. Cinque anni di non governo basato sul motto con Biscione rampante «Ciascuno si faccia gli affari suoi. Il vero patriottismo è nelle mie tasche». Ma l´importante è sventolare la bandiera. Più è lunga, più sono patriottico. Più sono patriottico più posso accusare «il nemico» (non il nemico in guerra, ma il nemico politico) di essere contro i soldati e di averli «abbandonati». Più è lunga la bandiera e meno devo spiegare per che cosa esattamente sono morti i trentanove giovani italiani che non sono mai più tornati a casa, lasciando soli famiglie e bambini di cui nessuno di loro (lo dicono le madri e le mogli) si è mai più occupato. Più è lunga la bandiera più copre le tasse.
Lo hanno fatto per cinque anni. Infatti sono qui per questo. Sono in piazza perché non è facile svegliarsi di soprassalto per scoprire che non era vero niente, che tutti i telegiornali e gran parte dei giornali avevano scherzato, che non ci sono grandi opere, non esiste e non può esistere il ponte di Messina, che la trovata della Moratti di annunciare decine di nuovi licei, con varie specialità, costa la carta e le fotocopie del ministero della Pubblica Istruzione, che la crescita della occupazione era dovuta alla parziale messa in regola di centinaia di migliaia di immigrati, che le «36 grandi riforme» sono difficili persino da ricordare a memoria, per non dire della realtà, in cui nulla resta perché nulla è accaduto. E che persino le peggiori ferite, come la cosiddetta «riforma costituzionale» sono state cancellate dal voto popolare. E che tutte le altre leggi erano solo parte della grande offensiva del premier di allora contro i suoi processi.
Certo l´alleanza fra chi non ha mai pagato le tasse, chi non intende pagarle e chi crede in buona fede (sotto la dittatura dei media del padrone, che ha spavaldamente controllato tutto il pubblico e tutto il privato delle comunicazioni) che il niente pieno di spettacolo messo in scena da Berlusconi fosse qualcosa che accadeva davvero, produce una bella folla. Una rabbia sincera per l´idea, anche solo l´idea di pagare le tasse, una volta che si allea col vero stupore di trovarsi in un mondo reale con debiti veri, buchi veri, vuoti di cassa veri, evasione vera e nessuna (nessuna) riforma, non può che dare luogo a un grande spettacolo.
Lo spettacolo ha le sue regole, e chi le conosce meglio del grande impresario che per cinque anni si è travestito da statista? Una delle regole è la volgarità. Ma l´altra regola è impossessarsi dello spettacolo in modo da occuparlo tutto. Con un discorso vagamente funebre, vagamente mussoliniano e, in modo più netto, sudamericano dell´altro secolo, Berlusconi ha occupato la piazza ed esaltato la folla con i seguenti argomenti: il sequestro delle risorse; una società prospera e autonoma (ovvero libera dalle tasse); governo contro la proprietà; oppressione fiscale; oppressione giudiziaria; oppressione ideologica (dei comunisti, da Prodi a Parisi); l´invidia sociale; l´odio sociale; la difesa del patrimonio.
Si è spinto a invitare alla ribellione. Ha rassicurato Chiesa e Forze armate, come si fa prima di ogni bene organizzata rivolta. Ha confermato che, sotto la guida del suo ministro dell´Interno, ci sono stati brogli gravi e sistematici alle elezioni (ma s´intende, dei comunisti). E ha fondato il partito della Libertà.
La sola libertà che ha definito con chiarezza è quella del profitto e del patrimonio.
Berlusconi ha fatto un poderoso discorso nel vuoto. Sommate tutte le cose dette, di Berlusconi non resta niente.

domenica, novembre 26, 2006

RESISTENZA - 26/11/06

BERLUSCONI E’ DI SCENA / 2


Coccolone? Magari!
E’ da un paio di lustri che ci speriamo…
Purtroppo è solo televendita – perfetta televendita: qualsiasi cosa si possa, anzi si debba, dire del Cavaliere, come venditore di tappeti ha il primato mondiale.
Per l’occasione, in diretta TV, ha rispolverato i canoni della retorica antica:

SALUTATIO

Ah, noi vecchietti… l’emozione… il cuore…
(Chiaro preavviso della PERORATIO – forse un eccessio di furberia)

PARS DESTRUENS

La solita lunga tiritera a proposito dei comunisti che mangiano i bambini.

PARS CONSTRUENS

Berluscones di tutta Italia unitevi!

PERORATIO

Tempestivo coccolone ad orologeria.

Dall’imperiale solitudine del podio emergono miracolosamente, in una frazione di secondo, le preordinate braccia di sostegno del gorilla. Indossata la rigida faccia di circostanza, da mummia eccellente, lungamente studiata allo specchio, si fa portare via senza muovere un muscolo. Pochi minuti dopo raccontava barzellette e faceva battute.

Luciano Seno

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CORSERA 26-11
Sommario di I pag.
Berlusconi colto da malore sul palco
Svenimento a Montecatini «Sto bene, mi terranno sotto controllo 24 ore»
Un mancamento durante il discorso ai ragazzi dei Circoli della libertà
Al medico che lo soccorre: «Lei chi è, Bin Laden?»
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REPUBBLICA on-line 26-11
Sommario di I pag.
Berlusconi si accascia sul palco
'Tutto bene, nulla di grave"

Si è sentito male parlando al convegno dei Circoli della Libertà. Portato via a braccia, si è ripreso: "Solo un collasso, dovuto alla stanchezza". Ora è al San Raffaele, sotto osservazione per 24 ore. Nel suo intervento il rilancio del partito unico. E sul voto: "Brogli della sinistra"
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L'UNITA' on-line 26-11
Sommario di I pag.
Berlusconi, malore al comizio
Bonaiuti: «Ora sta meglio»

Per il caldo e l'emozione, dicono i suoi, Silvio Berlusconi si sente male durante l'intervento al convegno dei Circoli della Libertà. Pochi minuti dopo si è ripreso ed è uscito da solo, senza sostegni. «Era sotto antibiotici e appena è arrivato aveva detto di sentire caldo e di avere sete. Ora però sta meglio», ha spiegato Paolo Bonaiuti.
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STAMPA 26-11
Sommario di I pag.
Berlusconi colto da malore si accascia sul palco
MONTECATINI TERME
Silvio Berlusconi ha accusato un malore mentre parlava dal palco concludendo la tre giorni dei Circoli dei giovani di Dell'Utri a Montecatini. Berlusconi si è accasciato lentamente ed è stato soccorso. Secondo Irene Pivetti è stato un malore «per la tensione».

mercoledì, novembre 22, 2006

RESISTENZA - 22/11/06

BERLUSCONI E’ DI SCENA
Con la complicità dei media suoi e di quelli contigui e/o asserviti, nonostante il casino che impera in Italia e nel mondo, il Cavaliere domina da due giorni la scena mediatica italiana. Quali che siano le sue tante e conclamate magagne, non si può negare che di vendita di tappeti se ne intenda: ci ha fatto tanta di quella grana da comprarsi un Paese. E la nostra cosiddetta classe politica ha dovuto fare cinque anni di guerra dura per scansarlo un po’ in là, senza peraltro eliminarlo come si dovrebbe per motivi d’igiene e d’estetica.
Luciano Seno
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APRILEONLINE 22-11
Berlusconi lascia. Anzi no
"Libero" in un articolo riporta una frase pronunciata dall'ex premier: "Mi ritiro dalla politica operativa", lui smentisce.
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MANIFESTO 22-11
Berlusconi a Libero: «Lascio». Poi smentisce
L'ex premier: «In qualunque caso non sarò io a rientrare a Palazzo Chigi». In giornata la smentita: «Non mollo, hanno frainteso». Bonaiuti: «Panzane». Libero lo querela e conferma l'intervista.
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REPUBBLICA on-line 22-11
"Il Cavaliere non si ritira"
ll direttore di "Libero" conferma i contenuti dello "scoop" ma precisa che il leader Cdl è solo indisponibile alle "larghe intese"
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L'UNITA' on-line 22-11
Berlusconi su Libero : mai più premier.
«Non farò più il premier e non andrò mai al Quirinale».

Silvio Berlusconi annuncia per la prima volta e lasciando un po´ tutti di stucco che non si candiderà più a Palazzo Chigi. Ma non solo. L´ex premier ne ha un po´ per tutti. Avverte Prodi che anche se resterà in sella è solo perché manca un «killer» (ovviamente politico) per farlo fuori. Poi annuncia: «Di Palazzo Chigi ne ho abbastanza, ho già il nome di chi mi sostituirà ma non lo dico. Per il Colle, invece, non ho dubbi: l'uomo giusto è Gianni Letta.»
Alta tensione nel centrodestra. Le dichiarazioni vengono quasi subito smentite dal portavoce del numero uno di Forza Italia Paolo Bonaiuti: «Il Presidente Berlusconi non ha rilasciato alcuna intervista ad alcun giornalista», e poi direttamente da Berlusconi. La direzione di Libero non solo conferma ma decide anche di querelare Bonaiuti.
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REPUBBLICA on-line 22-11
Cronaca e sviluppi
ROMA - Una telefonata "chiarificatrice" tra Vittorio Feltri e Silvio Berlusconi, una "seconda puntata", più di curiosità che di sostanza politica. Si conclude così la "querelle" tra "Libero" e il Cavaliere nata dallo "scoop" di ieri del quotidiano.
La giornata politica di ieri era girata intorno a questa storia con smentite pesanti degli uomini del Polo ("panzane" ha detto Bonaiuti) e meno pesanti dello stesso Cavaliere. Feltri aveva promesso querela a Bonaiuti e annunciato la seconda parte dello "scoop" per oggi.
Su "Libero" di questa mattina, lo stesso direttore (Feltri) racconta di aver ricevuto una telefonata "tra gentiluomini" da Berlusconi nella quale il leader Cdl si sarebbe limitato a tre precisazioni. Eccole: 1) Il Cavaliere non intende ritirarsi dalla politica attiva, solo non sarebbe interessato a far parte di un eventuale governo di larghe intese; 2) Non è Berlusconi ad avere bisogno di un killer "ma è la situazione che lo richiederebbe"; 3) Il Cavaliere non sta scrivendo un'autobiografia, ma un saggio.
Feltri prende atto, ringrazia, e conferma le risposte dure ai "collaboratori troppo zelanti" di Berlusconi.
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COMMENTO
La guerra di successione
di CURZIO MALTESE
LA LITE a destra sul presunto ritiro di Berlusconi dalla politica, strillato da Libero, ha almeno il pregio di distrarre dalla noia provocata da sei mesi di polemiche a sinistra. Nasce tutto da un'intervista rubata dal direttore responsabile Sallusti a una cena nel salotto di Daniela Santanché per la presentazione di un libro di Emilio Fede, e qui già si sorride. Nello sfogo con i commensali il Cavaliere ne dice di tutti i colori ma soprattutto minaccia o promette di non candidarsi mai più a Palazzo Chigi e tantomeno al Quirinale, neppure in caso di caduta del governo Prodi. L'annuncio di un'abdicazione, un vero scoop. La silenziosa "ola" da stadio che si solleva subito in mezzo Paese, abbracciando nella gioia Casini e i centri sociali, viene interrotta quasi subito dalla smentita ufficiale.
La prima del portavoce Bonaiuti, poi di Berlusconi stesso: "Panzane". Dovendo scegliere fra i due, Libero preferisce querelare il portavoce, sbandiera platee intere di testimoni e annuncia un seconda puntata di rivelazioni dell'infiltrato speciale alla cena per Emilio.
E magari una terza, una quarta. In Italia la serialità è un obbligo. E' in ogni caso improbabile che un giornale vicino, anzi quasi intimo a Berlusconi, dopo avergli dedicato per anni interviste adoranti dell'agente Farina, si sia addirittura inventato un complotto contro il suo signore. Nello stesso articolo ribattezzato da Sallusti, senza la benché minima ironia, "il Gesù di Arcore". Quindi la questione o le questioni sono altre.
Una è antica e riguarda un mistero irrisolto da decenni, riassumibile nella domanda: quando e a chi dice la verità Berlusconi? Nel caso specifico, agli ospiti della cena o ai suoi portavoce? A fin di bene, si capisce, per far contenti gli uni e gli altri. Gli amici della Santanché che sono quasi tutti di An e tifano per la leadership di Fini; i portavoce che dovrebbero cercarsi un altro mestiere e per alcuni non sarebbe semplice. Una terza ipotesi è che Berlusconi menta a tutti e anche a sé stesso, nel senso che non ha ancora deciso. Ma l'annuncio del ritiro, nella lunga intervista, non è una frase sfuggita. Semmai la logica conclusione di un lucido ragionamento. Il capo dell'opposizione considera fallita la "spallata" al governo Prodi. "Durerà perché non manca un killer nel centrosinistra che abbia il coraggio di dargli il colpo finale, perché tutti i senatori, compresi i miei, sono attaccati alla poltrona e perché il centrosinistra sa che verrebbe travolto in caso di elezioni anticipate". Ora, la spallata al governo in carica era l'unica possibilità per il Cavaliere di rimontare in sella e tornare alla guida del Paese in prima persona. Se Prodi supera il gran premio della montagna di questa finanziaria, poi comincia la discesa e può pedalare fino al 2011. Ha un senso allora un Berlusconi quasi ottuagenario ancora candidato, diciassette anni dopo la prima volta?
Lo scoop vero o falso di Libero anticipa con modi pittoreschi il tema che fra pochi giorni, archiviata la finanziaria, sarà al centro della politica italiana: la successione a Berlusconi. Con un pericolo d'implosione nel centrodestra che già s'intravede nei commenti alla vicenda di giornata. Ignazio La Russa, amico della Santanché, premette di credere alla smentita ma aggiunge di passaggio che in caso di reale rinuncia "il primo della lista sarebbe il più popolare, Fini".
Casini che ha sollevato da mesi e anni la questione, proprio ora tace, nello stile classico delle grandi vigilie democristiane. La Lega alza il fuoco di sbarramento sia contro Fini che contro gli odiati centristi, mentre si dichiara disposta anche a trattare con Prodi nel sacro nome della Padania. Al di là delle piccole o grandi manovre, appare chiaro che dopo Berlusconi la destra rischia il diluvio. In fondo, nel bene o nel male, è stato l'unico leader capace di dare alla destra una visione della società italiana, cinica ma realistica. Così come nel centrosinistra il solo è stato Romano Prodi. Due visioni entrambe invecchiate ma ancora solide, ciascuna in grado di rispecchiare, convincere e trascinare mezza Italia, la propria metà. Oltre i duellanti si scorgono solo guerre personali tutte interne ai palazzi e a uno stile novecentesco di lotta politica, tante ottime seconde scelte ma nessun trentenne rivoluzionario all'orizzonte, come il primo Blair, Zapatero o il tory Cameron. Nell'intervista vera o falsa almeno un passaggio è di sicuro bugiardo. Non mancano affatto i killer, al contrario abbondano. Sono le idee che non si trovano.


venerdì, novembre 17, 2006

MEDITAZIONE - 17/11/06

Ah, la filosofia…
APRILEONLINE 17-11
Le guerre scaturiscono da ragioni d'ordine economico e politico, ma la logica stessa di queste ragioni richiede che esse vengano accuratamente dissimulate. Oggi, esattamente come ieri (anche se in forme specifiche), la religione e le ideologie sono potenti strumenti al servizio della politica, finalizzati a dipingere il nemico come un'incarnazione del male e presentare la propria causa come oggettivamente giusta, in modo da ottenere il consenso necessario per legittimare le proprie azioni.
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Commenti
#1 · Luciano Seno

17 novembre 2006, 10:49
Il mio avo anarco-sindacalista cent’anni fa, all’incendio del Duomo di Senigallia, cantava: “Con le budella dell’ultimo prete / impiccheremo l’ultimo padron!” Francamente, non vedo altra soluzione: o partiamo da quella catarsi, o addio pianeta…

martedì, novembre 14, 2006

RESISTENZA-MEDITAZIONE - 14/11/06

Ah, se non ci fossero


GLI “APOTI”…


…cioè quelli che “non la bevono”…
…bisognerebbe inventarli!

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MALATEMPORA MAGAZINE # 137
I DUE "B" IN DISARMO
Bush, il terrorista global e Berlusconi, il magliaro di casa, sembrano avere un karma simile.
E si può capire, visto che entrambi hanno conquistato il potere con il mediatico TV ed ora (chi di spada ferisce di spada perisce) sono entrambi sotto schiaffo.
Per Bush, che ha portato l'Iraq alla guerra civile, si tratta di resistere per due anni, tutti in difesa. L'uomo è sconfitto ma non domo, e sta molto rapidamente trescando con i democratici più soft per salvarsi sui molti fronti su cui è espostissimo.
Il nostro B. casereccio è più domo che sconfitto.
La perfida ironia che gli ha tolto lo scettro per qualche migliaio di voti, e proprio quelli all'estero che la destra coltivava, lo ha visto furioso, incredulo, strafottente, sicuro della impunità totale (solo in Spagna lo stanno processando) ma psicologicamente a pezzi.
Bossi con la faccia da bulletto da bar addirittura si offre alla sinistra, Casini si defila, Fini si smarca e gioca a prendere il posto del boss.
Che sembra stanco, spento, rassegnato, dopo i primi mesi da gasato si è messo a fare il riccastro demenziale niente male.
Perché non è attaccato per quel che merita, come fanno e faranno con Bush? Perché i nostri politici sono tutti consociati (se togliete quella mezza dozzina di movimentisti gli altri tutti hanno paura di perdere il posto se salta tutto, vogliono arrivare alla pensione regale che prendono dopo due anni sei mesi e un giorno di parlamento.
Quanto a consociativismo, nonostante i proclami ideologici, destra e sinistra italiane sono più inciuciate dei repubblicani con i democratici, dove lo scontro è vero.
I viali del tramonto non sono ancora così global e per i due B, non sono uguali.
UN PO' DI CONTROECONOMIA
Un po’ di controeconomia facile facile, perché possiate vedere per quel che sono le istituzioni comunitarie (una manica di neoliberisti, burocrati al soldo delle multinazionali nostre ed americane) ed anche le istituzioni nostre, da quel parruccone inamidato di Padoa Schioppa a quel tecnocrate di Draghi, giù giù per li rami...
Cosa fanno? Stanno tentando, come se non peggio della orrenda destra, di privatizzare tutto, e dirgli grazie se lasciano fuori l'acqua.
Ora, privatizzare vuol dire, come ha fatto la Tatcher, dare, che so, le ferrovie ai privati, che per fare soldi non fanno manutenzione, e dopo pochi anni è il disastro, gli incidenti, i morti.
Privatizzare vuol dire manager (Parmalat e Cirio insegnano). Si stanno svendendo tutto, perchè più che privatizzare, svendono all'italiano...
Ora vogliono privatizzare poste, ferrovie etc. Per le poste, vi chiudono i piccoli uffici postali, che sono la vita di molte piccole comunità. Per la sanità, è da un decennio e più che chiudono i piccoli ospedali, invece di rafforzare i pronti soccorsi.
Insomma, ci rubano il pubblico, che è nostro, e che andrebbe soltanto gestito bene, per darlo al privato, che lo gestisce rapinando, per fare il massimo profitto, fottendosene di voi/noi e fottendosene dell'inquinamento, dei disastri ambientali e del degrado bla bla. Il vero scontro è tra il pubblico, e il mantenere pubblico, cioè nostro e la svendita al privato che significa berlusconizzazione d'Italia. (E allora, che l'avremmo cacciato a fare?)
E' per questo che diciamo che questo governo, di sinistra vera non ha niente, è solo un po’ più a sinistra del Berlusconi Attila della TV.
IL DITO E LA LUNA
Ancora e sempre il cretino che guarda il dito quando il dito indica la luna.
Vale anche come metafora di questa grotesquerie annuale che è la finanziaria.
Quanto sarà cretino, comunque, per quella masnada Prodiana di pasticcioni, mettere un ticket per la povera gente che va al pronto soccorso? E quanto sarà cretino non dare due soldi alla ricerca, alle borse di studio, alle università e via discorrendo?
Perché, perché sono così cretini?
Ma la luna, che il povero pubblico TV non vede, sono i costi militari, i costi della mafia, i costi dell'evasione e dei paradisi fiscali…
E non vede, infine, che mai vengono presi di petto quel milione di politici, baroni e boss che fanno dai 200mila euro in su, e hanno cinquantamila commercialisti lì pronti a non fargli pagare niente, come non pagano niente, anzi, incassano spudoratamente, i nostri industriali incapaci e spesso furbetti e ladri.
Questo in estrema sintesi, uno spicchio di luna calante, in un cosiddetto centrosinistra che non ha nemmeno il coraggio di rifarsi al socialismo, e che ci mostra il dito, sporco di marmellata, per non dir peggio.

lunedì, novembre 13, 2006

MEDITAZIONE - 13/11/06

ATTO UNICO
SCENA: Sec. XVIII – Chiesa Borbonica
Beghina (prega) – Dio salvi il nostro Re…
Liberale – Ma come, questo tiranno?
Beghina – Ma se muore ne viene uno peggio…
© Pompilio Seno (mio nonno), anarco-sindacalista e filosofo naturale, assiduo frequentatore delle galere di Mussolini.
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Ogni riferimento a personaggi attuali non è affatto casuale – e tante scuse ad Achille Campanile.
Luciano Seno

venerdì, novembre 10, 2006

MEDITAZIONE - 10/11/06

ULTIME DAGLI “APOTI”
(Quelli che “non la bevono”)
MALATEMPORA MAGAZINE # 137
Bush ha perso, gli americani si sono svegliati dall'incubo guerresco e ipocrita, bigotto e meschino, liberticida e cretino, dove i ricchi rubano ai poveri. Noi cominceremmo a buttar via il libro delle barzellette su Bush. Chi lo vuole ce lo chieda in regalo quando compra un altro libro, così se lo tiene per ricordo, come vi possiamo regalare, sempre per ricordo, il libro COME E PERCHE' PRESTO BERLUSCONI CADRA'. C'è più di una colleganza, più di una somiglianza, tra i due arroganti tiranni mediatici, entrambi nefasti, uno per il mondo intero e l'altro per la sua italietta.
Entrambi hanno imbarbarito il loro paese, hanno approfondito il solco tra ricchi e poveri, hanno scatenato gli istinti più bestiali, più schifosi di un tardo capitalismo scatenato verso la sua dissoluzione.
Entrambi, ahimé, non cadono, non sono ancora propriamente caduti, sono solo feriti a morte, ma pericolosi come è pericolosa la belva ferita.
Entrambi hanno portato a galla il lato oscuro della ignoranza, del razzismo, del bigottismo religioso che si ammanta di puritanesimo patriottardo.
Berlusconi è out, speriamo per sempre, ma i venti milioni di Berlusconidi sono tra noi.
Bush ormai si trascinerà per due anni, cercando di difendere le sue basi (dodici, di cui nessuno parla mai) che ha fatto in Iraq, e dentro le quali probabilmente si chiuderanno i suoi, mentre cercano di rubare il petrolio iracheno, per salvarsi da un disastro anche economico, oltre allo spaventoso disastro della guerra civile fomentata...
Forse adesso stiamo tutti un po’ meglio, sempre in un mondo ingiusto, inquinato, grottesco ma un pochino meglio, con i due fantocci sul trono finalmente nella polvere.
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APRILEONLINE 10-11
Possiamo morire democristiani?
Una forza unitaria della sinistra italiana come alternativa al Partito Democratico
I DS sono giunti a mettere in discussione la loro natura socialista per assumere essi stessi una connotazione riformista e liberaldemocratica palesemente non in linea con le idee ed i principi a cui la base continua ad ispirarsi. Serve una forza unitaria della sinistra italiana come alternativa al Partito Democratico
La creazione di una sinistra forte ed unita, imperniata su un forte consenso popolare ed immune alle tendenze al trasversalismo che talvolta pervadono alcune forze dell'attuale maggioranza di governo, non solo sarebbe utile per attribuire incisività e chiarezza all'azione politica dell'Unione, ma garantirebbe anche la sussistenza a livello istituzionale di una realtà in grado di contrapporsi all'incedere del Caimano con la stessa passione che ha caratterizzato, negli ultimi cinque anni, l'attività dei movimenti operanti nell'ambito della società civile.

venerdì, novembre 03, 2006

RESISTENZA - 3/11/06

REPUBBLICA on-line 3-11
Prodi: "Berlusconi è un prepotente fuori dalla legge"
ROMA - E' scontro tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi. Per il Professore il suo predecessore "è un prepotente. E alla prepotenza si risponde con la democrazia". La frase è contenuta nell'ultimo libro di Bruno Vespa, "L'Italia spezzata", di cui sono state fornite anticipazioni. "Berlusconi - prosegue Prodi - ha una quantità di risorse illimitate per violare costantemente la legge. Sono completamente fuori legge, ma a loro della legge non interessa nulla".
Il presidente del Consiglio ricorre ad un aneddoto per sottolineare che Berlusconi "è come il signor Enea che andava a rubare l'uva. Il contadino protestò e lui non solo picchiava il contadino, ma ogni volta che passava lo obbligava a dire: signor Enea, vuole dell'uva? Lui è così. Semplicemente un prepotente".
Immediata la replica del coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi: "Prodi è la vergogna d'Italia”.
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Ma il “prepotente” non demorde
Berlusconi attacca Santoro: non mi ha fatto parlare (al telefono)

Santoro: "Per l'ex premier stesso trattamento degli altri: venga in trasmissione"
ROMA - Silvio Berlusconi non gradisce la trasmissione 'Annozero' di Michele Santoro - dedicata alla vicenda Mills - e chiama il presidente della Rai per criticare il fatto che il programma ha rifiutato di mandare in onda una sua chiamata in diretta.
Un 'no' che Santoro spiega: "La trasmissione 'Annozero' non prevede telefonate in diretta. Già nelle scorse settimane avevamo negato l'intervento al presidente della regione Calabria Agazio Loiero [Centro-Sinistra - NdR]. Lo stesso abbiamo fatto con il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi".
Aggiunge il giornalista-conduttore: "Al presidente Berlusconi è stato rinnovato l'invito a partecipare alla trasmissione offrendo la più ampia disponibilità. Ribadiamo che i soggetti esterni non possono deformare a loro piacimento un programma”.
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CORSERA 3-11
Rai, è bufera su Santoro
Petruccioli riferisce: «Berlusconi mi ha chiamato per lamentarsi della puntata su Mills».
Il giornalista: «Venga in studio»

ROMA - Silvio Berlusconi avrebbe chiamato il presidente della Rai Claudio Petruccioli lamentandosi della puntata di giovedì di «Annozero», dedicata da Michele Santoro alla vicenda Mills. Motivo dell'insofferenza del capo dell'opposizione, la decisione del conduttore di non accettare di mandare in onda un suo intervento telefonico. In buona sostanza: il Cavaliere voleva parlare in diretta ma il conduttore avrebbe detto no.
POLEMICHE - E sulla vicenda Santoro ecco la presa di posizione dell'associazione Articolo21, con una nota del portavoce Giuseppe Giulietti, componente della commissione di Vigilanza Rai, il quale sostiene che «nuovamente alcuni dei consiglieri della destra hanno tentato di trasformare il consiglio di amministrazione della Rai in un tribunale dell'inquisizione».
SANTORO REPLICA - «La trasmissione Annozera non prevede telefonate in diretta».
«Ci è sembrato giusto - osserva Santoro - che una trasmissione d'informazione si occupasse di questa notizia e pensiamo di averlo fatto con grande equilibrio». «Al presidente Berlusconi - conclude il giornalista - è stato rinnovato l'invito a partecipare alla trasmissione offrendo la più ampia disponibilità ad accogliere le richieste di rettifica correttamente formulate».
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CITAZIONE
Il Padre della Patria
Subito dopo le elezioni, dissi a Berlusconi che aveva 19 milioni di orfani. La sua risposta fu bruciante: «In questo momento, questo mio sentimento di paternità si è molto affievolito». Sei mesi dopo, il clima è completamente mutato. «Ho visto via via crescere negli elettori della Casa delle Libertà un sentimento di solidarietà e di stimolo che ha avuto aspetti commoventi. In Sardegna, per esempio, non potevo farmi vedere in mare senza che dalle barche intorno non partisse un concerto di sirene con tutti in piedi a salutarmi e a gridarmi di non mollare».
(Bruno Vespa, Libero 3-11)

mercoledì, novembre 01, 2006

MEDITAZIONE - 1/11/06

Postato in ritardo per disfunzione BLOGGER


FATECI CAPIRE: A che gioco giocate?
A leggere i giornali ed a sentire i telegiornali, sarebbe in vista un bel mercato delle vacche con l’apparente intento di far cadere il Governo Prodi.
Ma è solo Berlusconi che vuole far cadere il Governo Prodi per realizzare la sua vecchia idea di Grosse Koalition?
Ma fra i “polli di Renzo” si è già dimenticato di chi ci governava fino a soli cinque mesi fa e soprattutto di come governava?
Ma ce lo vogliamo ricordare in che mani eravamo?

Luciano Seno
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MANIFESTO
EDITORIALE

Prodi, un governo né vivo né morto

Giovanna Pajetta
Tenetevi forte, il tormentone andrà avanti almeno fino a gennaio. E di qui ad allora ne sentirete, e leggerete, di tutte. Lo sapevate ad esempio che già un mese fa c'era chi ipotizzava di rifare il governo tenendosi stretti Rifondazione, ma con l'Udc di Casini al posto di Diliberto e dei Verdi? Ipotesi irrealistica quanto mai, ma che dire allora delle discussioni di questi giorni nei palazzi di centrosinistra su un Prodi bis o, ancor meglio, su uno scioglimento anticipato (seguito da relative elezioni) del solo senato? C'è chi giura che non sono solo chiacchiere da bar, anche se in realtà chi le favoleggia non sa poi come rispondere al fatto che la prima non risolverebbe nulla, visto che il cuore del problema è proprio la pessima leadership di Romano Prodi, mentre la seconda, pur prevista dalla Costituzione, non è mai stata (saggiamente) nemmeno tentata. Ma in fondo ognuno può dire la sua, perché anche le due soluzioni che vanno per la maggiore, il governo tecnico o le larghe intese che riempiono pagine e pagine di giornale, sono per ora, come dice Massimo D'Alema, «una sciocchezza». Nè l'una né l'altra ha infatti gambe politiche, ovvero maggioranze possibili e voti in parlamento, su cui reggersi. Tanto rumore per nulla, allora? Purtroppo no, visto che c'è una verità dietro tanto agitarsi dei palazzi romani: la crisi pressoché inarrestabile del primo governo dell'Unione.
Dopo aver vinto per un soffio le elezioni di aprile, Romano Prodi è riuscito infatti a farsi malvolere da tutti. Dopo le proteste, scontate, del centrodestra, la sua finanziaria è riuscita a portare in piazza i pensionati, ha costretto Massimo Cacciari a sfilare con i fan dell'odiato Galan, ha spinto diessini doc come Leonardo Domenici, o meno allineati come Sergio Cofferati, a capeggiare la rivolta dei sindaci. Né gli è andata meglio con gli alleati, visto che le trovate di Tommaso Padoa Schioppa hanno fatto venire il sangue agli occhi ai riformisti moderati prima e poi, dopo le correzioni, persino alla fedelissima Rifondazione comunista. Domenica prossima potrebbe esserci persino un verdetto elettorale. Perché anche se Casini esagera quando parla di «un test nazionale sul gradimento del governo» è evidente che il voto del Molise peserà.
Se nonostante tutto Romano Prodi rimane in piedi insomma, non è certo per la sua forza. Se la sua fine, così tanto annunciata, non ci sarà è solo per la debolezza di tutti gli attori della politica italiana. Nel centrosinistra, al di là delle dichiarazioni di bandiera di Piero Fassino o di Antonio Di Pietro, nessuno può rischiare la carta delle elezioni anticipate. Ma anche a destra non ci sono poi uomini tanto arditi. Anzi, se andiamo a vedere più da vicno le mosse di questi giorni scopriamo che più che a progetti politici corrispondono a interessi personali. Si può capire ad esempio che Lamberto Dini, già piccato per non essere diventato ministro, si candidi a uomo per tutte le stagioni. Ovvero a diventare, come nel 1995, il premier di un governo tecnico che in questo caso salverebbe il paese non da Silvio Berlusconi ma da Romano Prodi. Così come dietro il pubblico appoggio del cavaliere alle larghe intese c'è la fretta di chi sente sbriciolarsi la sua leadership e, consapevole dell'impossibilità di nuove elezioni, cerca un gioco di cui poter essere comunque grande protagonista. Ma anche lui ha le gambe corte, perché il tempo che Berlusconi vuole guadagnare è proprio quello che Fini e Casini hanno tutto l'interesse a perdere. Anche se il leader dell'Udc dichiara che le grandi intese sono alle porte («la soluzione del problema», ha ripetuto ieri), Casini non ha affatto rinunciato al sogno di ereditare la guida del centrodestra. Anzi, c'è chi è convinto che tra lui e Gianfranco Fini ci sia già l'accordo, il primo sarà il futuro candidato premier del centrodestra, mentre il secondo ne sarà il leader politico. Ma per questo è ovvio che bisogna aspettare che re Silvio, magari anche per ragioni di età, passi la mano.
Se le cose stanno così, l'unica cosa ci aspetta è assistere più o meno inermi al lento logoramento del governo di Romano Prodi. Con la conseguenza, non piccola, che a questo si accompagni anche un logoramento della base elettorale del centro-sinistra.
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CITAZIONE
Dopo l’assise dell’Unione a villa Pamphili, Romano Prodi: «Ora tutti dicono di no. ma semmai ci fosse la crisi di governo sia la Margherita, sia i Ds aprirebbero le porte ad un governo di larghe intese».
(Augusto Minzolini, Stampa 1-11)
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LIBERAZIONE 1-11
Titolo di I pag.
«Con la minaccia della Grande Coalizione, Confindustria vuole spingere a destra il governo»

martedì, ottobre 31, 2006

RESISTENZA - 31/10/06

APRILEONLINE 31-10
Berlusconi rinviato a giudizio
Il Cavaliere e il suo avvocato inglese accusati di corruzione in atti giudiziari
Matilde Giovenale
Concorso in corruzione in atti giudiziari. Questa l'accusa con cui il giudice per l'udienza preliminare Fabio Paparella ha deciso di rinviare a giudizio l'ex premier Silvio Berlusconi e l'avvocato inglese David Mills. I due imputati saranno processati a partire dal 13 marzo prossimo dai giudici della Decima sezione penale del Tribunale di Milano.
Secondo l'accusa Berlusconi avrebbe "comprato", pagando la cifra di 600 mila dollari, la falsa testimonianza del legale inglese per essere favorito in due distinti processi, quello noto come All Iberian e quello invece relativo alle presunte tangenti versate alla Guardia di Finanza.
Come prevedibile, Nicolò Ghedini, legale di Berlusconi, ha commentato sarcasticamente il rinvio a giudizio del Cavaliere sottolineando come la scelta del gup Paparella sia avvenuta secondo "copione", e rappresenti "una decisione annunciata".
L'avvocato storico dell'ex premier contesta il fatto che il Paparella non abbia aspettato la decisione della Corte di Cassazione su un ricorso relativo a un'istanza presentata dalle difese nella quale si chiedeva la ricusazione del giudice perché si era già espresso in altri procedimenti che riguardavano sempre il leader di Forza Italia. Per questo, durante l'udienza preliminare di oggi la difesa di Berlusconi ha provveduto a presentare una seconda, nuova, ricusazione.
Ancora una volta gli avvocati del “martire” giocano la carta dell’intralcio al fine di far trascorrere più tempo possibile ed arrivare alla prescrizione nel 2008. La situazione tragicomica è che sono tutti i contribuenti a pagare l’avvocato al “martire”. Infatti Ghedini, deputato, fa l’avvocato difensore di Berlusconi a tempo pieno.
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MONITO per i “polli di Renzo”
Catena di San Libero # 343
"Es un gobierno de mierda, pero es mi gobierno"
(cartello a una manifestazione popolare, Santiago del Cile, estate '72).
Cioè, per chi facesse finta di non capire, il clerico-fascista col quale il povero Allende avrebbe dovuto fare le “larghe intese” si chiamava Pinochet…
Luciano Seno
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L'UNITA' on-line 31-10
Le riforme "largamente intese"
Bruno Ugolini
Sta succedendo una cosa incredibile. I fautori delle riforme sociali che in tutto il mondo stanno nel centrosinistra, oggi stanno tutti annidati nella destra. Ed ogni giorno invocano interventi riformatori a favore del popolo. La coppia massimalista Romano Prodi-Tommaso Padoa Schioppa, noti bolscevichi in incognito, hanno finalmente deciso di aprire le porte. Ecco dunque l´agenda Schioppa (altro che l´agenda Gavazzi), proposta ad un supertavolo di volonterosi allestito in piazza del Popolo, a Roma.
FISCO. Le tasse saranno affidate all'autocertificazione, con l´invito "Scegli la tua aliquota". Aboliti definitivamente gli odiosi scontrini fiscali. Ciascuno venderà come vuole la propria merce o il proprio servizio, sotto lo slogan liberale "Liberi prezzi in libero mercato". Un deciso colpo alla mentalità statalista e assistenziale.
PENSIONI. Saranno assegnate solo dopo visita medica. L´individuo o individua sani torneranno al lavoro, fino a che la speranza di vita non sia pressoché estinta.
SALARI. Saranno totalmente legati alla produttività e l´ammontare conteggiato in base al lavoro fatto. Tutti, insomma, avranno contratti a progetto. Compresi i giornalisti e i vigili urbani, Non ci sarà più bisogno di contratti nazionali, sinonimo di una vecchia impostazione vetero-rivoluzionaria, affezionata alla teoria del salario come "variabile indipendente".
SANITÀ. Le mutue e le Asl, considerate luoghi di potere e clientela a disposizione dei partiti, saranno abolite. Basterà la carta di credito.
SCUOLA. Entrerà in vigore una gestione comune tra privati e pubblici, senza distinzione di compiti, come nelle company moderne. Obbligatoria "l´ora di Pansa" affinché fin da piccoli gli italiani sappiano la verità sui banditi partigiani.
RAI TV. Vedremo un girotondo di personaggi nelle sei reti unificate e affidate a Mediaset, sinonimo di pluralismo. Santoro potrà andare a Rete Quattro ma dovrà fare servizi solo su regioni in mano al centrosinistra come la Campania e la Calabria, descrivendone le nefandezze. Emilio Fede sarà al Tg1, incaricato delle previsioni del tempo e anche di quelle politiche.
GIUSTIZIA. I processi saranno tutti molto abbreviati e basati su precise caratteristiche. Le teorie di Cesare Lombroso ispireranno le sentenze. Non occorrerà alcuna perdita di tempo dibattimentale nel caso d´imputati dal colore di pelle non perfettamente bianco o comunque con accento straniero. Esentati da questa norma solo i detentori di suoni gutturali tipici del lombardo-veneto.
LAVORO. Anche qui una radicale riforma delle flessibilità. Gli attuali lavoratori passeranno tutti ad un ruolo interinale, cioè in affitto. Un giorno in un call center e l´altro alla guida di una locomotiva. Basta con la vetusta consuetudine del posto fisso, triste eredità del fordismo-stalinismo.
GOVERNO. L´intervento si propone un rimpasto profondo. Entrano Udc, Forza Italia e un pezzo moderato di An. Escono un po´ di Ds, Rifondazione e Pcdi, massimalisti radicali contrari alle riforme. Escono anche Prodi e Padoa Schioppa. Il capo del governo sarà, a turno, uno di centrodestra e uno di centrosinistra. Una staffetta mensile capace di dar luogo ad una finalmente raggiunta serenità nazionale. Non ci sarà bisogno d´altre elezioni, con enormi vantaggi per i conti pubblici.

domenica, ottobre 29, 2006

MEDITAZIONE - 29/10/06

"LARGHE INTESE" CON CHI?!
Ma la mi facci il piacere, diceva Totò...
Luciano Seno
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L'UNITA' on-line 29-10
EDITORIALE

BERLUSCONI -- L'altra faccia della destra

Furio Colombo
Un´ombra copre le vicende italiane da quando Silvio Berlusconi, inviando una cassetta pre-registrata alle reti televisive (una cassetta, non la persona, come si fa con gli ostaggi) è «sceso in campo», ovvero ha iniziato la sua carriera politica. È scattata in quel momento per l´Italia la grande trappola del conflitto di interessi, che funziona così: io controllo tutti, persino me stesso, dal momento che sono io ad autorizzare ciò che mi riguarda e che mi interessa (per esempio la concessione di frequenze pubbliche per le mie televisioni private, e la approvazione di una legge a beneficio esclusivo delle mie televisioni private). Ma nessuno controlla me. Perché, da privato immensamente ricco so come vivere blindato nelle scatole cinesi. E da Capo del governo e di una vasta coalizione di maggioranza che guido di persona fino all´ultimo deputato e fino all´ultimo burocrate, posso controllare chi voglio, come voglio. E poiché il mio particolare conflitto di interessi mi consente di governare in persona tutto il mondo della comunicazione italiana, pubblico e privato, i risultati dei controlli (dello spiare) ordinati da me o da interposto dipendente, potranno essere pubblicati come «notizia», anzi come «scoop», dove e quando voglio. Per esempio nel corso di una campagna elettorale. Per esempio quando quella campagna elettorale sta per concludersi e io sono in svantaggio.
È ciò che è accaduto, durante il governo Berlusconi, contro il leader della opposizione Romano Prodi e la sua famiglia. È ciò che è accaduto con il progetto di «disarticolare e colpire» giudici e pubblici ministeri che si ostinano a dichiarare la propria indipendenza e mostrano di non avere capito. È ciò che era accaduto, con la montatura della falsa indagine Telekom Serbia.
Come dimostrano le notizie di questi giorni, Berlusconi ha perso le elezioni, ma l´ombra della sua interferenza privata in tanti settori, compresi i più delicati, della vita pubblica italiana c´è ancora.
La domanda tormenta gli analisti internazionali da quando Berlusconi è «entrato in campo». Che destra è la destra italiana?
Non una destra liberale, dal momento che Berlusconi è inventore, fondatore, proprietario e capo di un partito nel quale non vi sono neppure spunti apparenti o marginali di democrazia. Si può solo piacere o dispiacere al capo.
Non una destra liberista, visto che Berlusconi, da solo, controlla prezzi e distribuzione di buona parte della pubblicità italiana.
Non una destra competitiva, dal momento che Berlusconi occupa le frequenze già assegnate a un altro impresario di televisione e muove e promuove solo coloro che appartengono alla sua corte.
E non è una destra tollerante, e infatti tutti ricordano la lista delle persone da lui personalmente licenziate, nonostante il prestigio, il valore, la fama.
È bastato monitorare fin dall´inizio il governo di Berlusconi per poter usare la parola regime. Ogni successo di Berlusconi era falso o radicalmente inventato, ogni esercizio di potere era arbitrario, un esercizio abusivo di potere inspiegato, con totale esclusione di rendiconto o spiegazioni all´opinione pubblica.
Lo spionaggio sistematico organizzato attraverso strutture dello Stato contro personaggi politici di rilievo di questo Paese, tra cui il leader della opposizione Romano Prodi, sua moglie, i suoi figli - un fatto grave che è diventato notizia in questi giorni - mette in evidenza le condizioni di sbandamento, illegalità e disponibilità agli abusi che ha contraddistinto il governo di Berlusconi… Quando strutture dei Servizi di governo si dedicano allo spionaggio dettagliato e minuto della vita privata di persone e famiglie già listate ad alta voce come «nemici», come «avversari pericolosi», come «una minaccia per l´Italia» dalla propaganda politica del suo blocco politico e di governo.
Torniamo perciò al punto di partenza di questa riflessione: la distanza fra la legalità e il governo nei cinque anni dominati da Berlusconi. Quella distanza, nell´era di Berlusconi, è andata allargandosi. A dimostrarlo, in modo addirittura imbarazzante, è il caso Telekom Serbia. Una intera commissione parlamentare con poteri giudiziari è stata istituita e ha funzionato partendo da eventi mai accaduti e con falsi testimoni, false prove. E soltanto il ferreo controllo del sistema mediatico ha consentito di limitare al massimo l´umiliante sbugiardamento che quella commissione ha subito quando la magistratura ha posto fine - con l´arresto dei testimoni - all´incredibile farsa politicamente organizzata.
Ma lo strano percorso della legalità secondo Berlusconi ci porta allo spionaggio di Telecom-Tim, evento tuttora privo di ragionevoli spiegazioni. Anche in questo caso il controllo dei media ha fatto barriera. L´ordine è stato di spostare tutta l´attenzione sull´eventuale tentativo di Prodi di mettere le mani su Telecom mentre la questione rovente delle intercettazioni telefoniche subite dal capo del Governo, ad opera di un privato, per ragioni sconosciute, veniva oscurata e opportunamente dimenticata.
È a questo punto torna in scena il conflitto di interessi. Nessuno che non controlli, attraverso il conflitto di interessi, un vasto settore di potere sovrapposto, pubblico e privato, può recare tanto danno a un Paese e condurre una lotta così profondamente e apertamente illegale contro i suoi oppositori e allo stesso tempo restare sulla scena come il rispettato capo della opposizione.
La battaglia democratica per garantire il Paese dall´incubo del ritorno della illegalità di governo comincia con una legge seria e precisa sul conflitto di interessi. Il male italiano di questa fase non felice della nostra storia comincia da lì. E da lì, se mancasse la barriera di una legge, potrebbe ancora continuare.
(versione ridotta)

sabato, ottobre 28, 2006

RESISTENZA/MEDITAZIONE - 28/10/06

LE “NUOVE” IDEE…
(Vedi alla voce PARTITO DEMOCRATICO)

“.. Usare gli strumenti finanziari per l'immediata nascita di due movimenti: l'uno, sulla sinistra (a cavallo fra PSI-PSDI-PRI-Liberali di sinistra e DC di sinistra), e l'altro sulla destra (a cavallo fra DC conservatori, liberali, e democratici della Destra Nazionale). Tali movimenti dovrebbero essere fondati da altrettanti clubs promotori composti da uomini politici ed esponenti della società civile in proporzione reciproca da 1 a 3 ove i primi rappresentino l'anello di congiunzione con le attuali parti ed i secondi quello di collegamento con il mondo reale...”
(dal testo del "Piano di rinascita democratica", della loggia P2, sequestrato a Maria Grazia Gelli nel luglio 1982)
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Nemmeno la P2 immaginava la conversione in massa del PCI all'atlantismo e al liberismo…
Citazioni da NOBERLUSKA – 28-10
http://it.groups.yahoo.com/group/noberluska

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MANIFESTO 28-10
Sommario di I pag.
La prova dei 9
Berlusconi ci ripensa e propone «larghe intese» per il dopo Prodi. L'Unione si ritrova unita e dice no. In campo Napolitano: «Forze inconciliabili». Rutelli e Fassino per una «fase due» riformista, il resto della coalizione non è d'accordo. A cominciare dal presidente del Consiglio. Che stringe solo «i bulloni della Finanziaria».
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IL SOLE 24 ORE 28-10
IL PUNTO
Perché Berlusconi crede (a intermittenza) alle larghe intese
Stefano Folli
Quanto è davvero convinto SilvioBerlusconi delle ipotesi di Grande coalizione o di governo delle larghe intese? Non è dato sapere con certezza.
Ma a intermittenza l'ex premier le adombra, ne parla o lascia che se ne parli. L'impressione tuttavia è che siano altre le sue priorità. In primo luogo le elezioni anticipate, se mai riuscisse ad ottenerle (ma Berlusconi sa bene che non sono all'orizzonte). In seconda battuta, il leader di Forza Italia non disdegna l'idea di lasciare al suo posto Romano Prodi. Un governo in difficoltà, condizionato dall'estrema sinistra e in caduta di consenso è quanto di meglio per gli interessi dell'opposizione.
Ciò nondimeno Berlusconi ha riproposto di nuovo la Grande coalizione e si è conquistato i titoli dei giornali. Già nei giorni scorsi aveva lasciato trapelare la sua preferenza per un esecutivo guidato da Franco Marini e financo da Lamberto Dini. Ma non bisogna prendere troppo sul serio queste affermazioni. Berlusconi è mosso da una sola preoccupazione: tenere il più possibile a freno le spinte divergenti che agitano la Casa delle libertà. Il che significa, tra l'altro, evitare quelle che Diliberto chiama «le manovre neocentriste ».È l'autonomia di Casini che preoccupa l'ex presidente del Consiglio. È l'idea di un «fronte dei moderati» che possa un giorno fare a meno di lui. È la prospettiva che Prodi cada e la maggioranza cambi il suo baricentro (in senso centrista), senza che lui, Berlusconi, abbia parte nel gioco.
Di qui le improvvise infatuazioni per le larghe intese. È come se il capo della Casa delle libertà volesse mettere il cappello anche su questa sedia. Un modo per dire:«Sappiate che se volete incamminarvi lungo tale strada,ci sono anch'io.Non solo Casini.Anzi, per recuperare l'Udc alla logica di coalizione sono disposto a promettere che io non entrerò nell'eventuale governo di super coalizione tecnicopolitica. E lascerò spazio ai miei alleati».
Mosse tattiche. Che tuttavia non vanno sottovalutate.Per un semplice motivo:la crescente fragilità del governo di centrosinistra. Non solo per i numeri del Senato,ma soprattutto per le profonde divergenze che continuano a segnare il rapporto tra i partiti dell'alleanza. Non c'è un'alternativa a Prodi, ma nessuno può escludere un incidente di percorso, una scivolata in Parlamento. Il che aprirebbe subito nuovi scenari.
La riedizione dell'attuale maggioranza sarebbe solo una delle ipotesi sul tappeto. Senza dubbio la più gradita a una parte del centro sinistra,in particolare alla sinistra radicale. Ma le contraddizioni ci sono, come pure i dubbi su di una coalizione che appare squilibrata. Quindi ha senz'altro ragione D'Alema, quando dice«mangeremo il panettone a Natale ». Ma non è detto che questo governo mangi l'uovo pasquale. Vedremo…
Quel che è certo, Berlusconi ha colto un punto. Se il governo dovesse scivolare e cadere, ben pochi avrebbero voglia di correre alle urne. La minaccia di elezioni anticipate serve oggi come spauracchio e deterrente. Ma alla prova dei fatti, tutti — a cominciare dal capo delloStato — procederebbero con i piedi di piombo. E si sforzerebbero di dare una soluzione alla crisi.
Sarebbe il terreno ideale per «le manovre neocentriste ».Volte a immaginare nuovi sbocchi, compresi quelli tecnico-istituzionali che a Berlusconi piacciono poco. Ma quel che conta è di non farsi escludere dai giochi. Quali che siano.
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LIBERAZIONE 28-10
EDITORIALE
Grande Coalizione – Berlusconi fa sul serio
A nome di chi?

Piero Sansonetti
Silvio Berlusconi ha proposto la Grande Coalizione - cioè un governo centrista, a maggioranza molto larga, che escluda dal potere solo la sinistra radicale - e ha ottenuto un forte consenso dai suoi alleati. Pierferdinando Casini è entusiasta, dopo tanti mesi si è fatto sfuggire una frase gentile verso il leader di Forza Italia: «Ho sempre pensato - ha detto - che sia un tipo intelligente...». Anche Fini è contento. La Lega no, forse perché sospetta che il disegno della grande coalizione potrebbe costringere Berlusconi a lasciare Bossi all’opposizione, unica opposizione di destra. Si sentono un po’ abbandonati. Dal centrosinistra le risposte sono state tutte negative. A partire da quella di Massimo D’Alema - che è il vicepresidente del Consiglio, nonché il ministro degli esteri, nonché, e soprattutto, il vero leader di tutto lo schieramento riformista - il quale, con gran freddezza, ha dichiarato che non vede la necessità di cambiare governo e ha scommesso sul fatto che questo governo, a natale, mangerà il panettone. E’ un modo di dire per dare assicurazioni sulla durata del governo “oltre l’inverno”. Come modo di dire, però, non è che sia molto incoraggiante per Prodi, il quale, a lume di logica, spererebbe di poter andare un po’ oltre natale (che viene tra due mesi, solo tra due mesi).
Discorso chiuso? Cioè il no di D’Alema e di altri leader dell’Unione manda a vuoto l’affondo del leader della destra? Bisogna essere realisti in politica. Discorso chiuso, no. E’ vero però che l’operazione “Grande Coalizione” è spericolata e difficilissima. Vediamo perché. Per un motivo semplice e banale: i numeri non aiutano. Ci sono naturalmente molte variabili in uno scenario di ritorno al potere dei centristi. Il primo scenario - il più spostato a sinistra: e non c’entra niente con la proposta di Berlusconi - è la semplice aggiunta dei voti dell’Udc di Casini all’attuale maggioranza di centrosinistra. Ma questo potrebbe avvenire solo in una ipotesi di pura “donazione”. E Casini non intende donare niente a nessuno (a lui, da sempre, i doni piace riceverli, mai farli...). Se Casini invece ponesse come condizione per il suo spostamento a sinistra la sostituzione di Prodi e la modifica del programma di governo, questo comporterebbe - sicuramente - la rottura con Rifondazione comunista, e forse anche con altri partiti o pezzi di partiti. E i voti di Casini non basterebbero più, visto che l’Udc ha meno seggi in Parlamento rispetto a Rifondazione.
L’altra ipotesi - più robusta - è quella berlusconiana di un ingresso nel governo anche di Forza Italia (con o senza Alleanza nazionale). Quale sarebbe il contraccolpo a sinistra? L’uscita dalla maggioranza di tutta la sinistra radicale, probabilmente di una metà dei Ds, del gruppetto di Di Pietro e in aggiunta l’ira di Prodi e di conseguenza, forse, una rottura e una scissione della Margherita. Cosa resterebbe nella grande coalizione? Un pezzo della Margherita, un pezzo dei Ds, la Rosa nel Pugno, Mastella. Seggi in parlamento? Circa 200 alla Camera e un ottantina al Senato (dove non c’è la Rosa nel Pugno). Sommati solo ai voti di Forza Italia e Udc non bastano a fare maggioranza, o comunque formano una maggioranza esile esile, un po’ come quella attuale. Sommati anche ai voti di An bastano. Ma quale sarebbe la conseguenza politica di una operazione di questo genere? La fine del più storico, robusto e strutturato tra tutti i partiti italiani, e cioè i Ds, lo stravolgimento dell’intera geografia politica della pattuglia riformista, probabilmente anche la fine di Forza Italia e la nascita di nuove aggregazioni. Un terremoto. La conclusione violenta e improvvisa della seconda repubblica, lo spostamento dell’asse della politica italiana e - ragionevolmente - anche la fine della leadership di Berlusconi.
Ma allora, viene da chiedersi, se siamo così dentro all'Assurdo, perché Berlusconi si è mosso? Solo per propaganda? Solo per tenere un po’ la scena? O forse solo perché non si rende conto delle conseguenze troppo grandi della sua proposta?
No, Berlusconi si rende conto benissimo. Tanto è vero che ha dettagliato la sua idea mettendo sul piatto la propria disponibilità a fare un passo indietro (ha citato varie volte Shroeder, l’ex cancelliere tedesco sacrificato alla grande coalizione della Merkel), e ipotizzando un governo tecnico, che faccia alcune riforme e poi riporti, tra un paio d’anni, l’Italia (ma l’Italia con un volto politico del tutto cambiato) alle urne.
Quali riforme dovrebbe fare questo governo? Innanzitutto le riforme economiche volute da Confindustria (dalla borghesia italiana) e che il governo Prodi - con Rifondazione - non farà mai, perchè comportano uno spostamento di ricchezze dai poveri ai ricchi. In secondo luogo le riforme elettorali necessarie per porre fine al bipolarismo e ricostruire il vecchio centrismo. Berlusconi pensa di rimettere in piedi la vecchia Democrazia cristiana. Come? Con le sue forze, con la benedizione di una borghesia riunificata (e che riveda insieme lui e la Fiat di Montezemolo, Bankitalia e tutto il resto), e con l’aiuto di un pezzo del vecchio partito dei Ds (si, questo è il paradosso: gli eredi del vecchio Pci...) che considera l’unica garanzia per l’autonomia del politico.
E’ un disegno spericolato, ma risponde perfettamente agli interessi dei principali poteri forti. La borghesia italiana (ma anche la Chiesa e anche le “potenze” legate agli americani) non sono affatto contenti di avere i comunisti al governo, e per di più in una una posizione così forte. Faranno di tutto per trovare una via d’uscita. Bisogna vedere come saprà rispondere a questa offensiva il riformismo italiano. Se sceglierà quella parte del suo Dn che è di sinistra o quella parte che è poterista.
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REPUBBLICA on-line 28-10
Prodi: "Non cambio, duro 5 anni"
ROMA - "La coalizione è questa, non cambia, dura per l'intera legislatura". Romano Prodi, nella conferenza stampa dopo il vertice di maggioranza di Villa Phampilj, replica così a chi gli pone il tema delle larghe intese. Il premier assicura che nel vertice su questo c'è stata una visione unanime. "Questa riunione non è stata voluta per un emergenza o un cambiamento di rotta -- aveva detto al suo arrivo -- E' il proseguimento di un nostro metodo di lavoro". Dunque porte chiuse all'ipotesi rilanciata da Silvio Berlusconi.
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STAMPA 28-10
Corsivo
Alleati
Jena
Prodi ha avvertito gli alleati: se non vi vado bene cercatevene un altro. Ma gli alleati lo hanno subito tranquillizzato: un attimo di pazienza, lo stiamo cercando.
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CITAZIONE
Che il problema sia Prodi, che l´uomo da distruggere sia lui, adesso lo si capisce molto meglio. È’ l’unico che ha battuto due volte Berlusconi. E vuole approvare leggi esplosive: una per regolare lo scandaloso conflitto d´interessi e l´altra per contenere lo strapotere pubblicitario di Mediaset. Per le casse del cavaliere un danno non quantificabile. Prodi è avvertito. Non gli hanno trovato scheletri nell´armadio. Cercheranno di farlo cadere comunque.
(Antonio Padellaro, l’Unità 28-10)
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LA COMICA FINALE
Tremonti: «Io i condoni non li volevo fare -- ha detto con voce lagnosa -- ho dovuto farli per dare soldi ai pensionati e alla sanità». Insomma, Tremonti ha favorito evasori e mafiosi per curare i malati e dar da mangiare agli affamati. Così, evangelicamente, chi aveva già derubato i poveri, si è arricchito ancora di più, in obbedienza al precetto berlusconiano: ama il ricco tuo come me stesso.
(Maria Novella Oppo, l’Unità 28-10)

martedì, ottobre 24, 2006

MEDITAZIONE - 24/10/06

LA SITUAZIONE VISTA DAGLI “APOTI” – quelli che “non la bevono”

MALATEMPORA MAGAZINE # 135

PERCHE' LA FINANZIARIA E' UNA BUFFONATA…
…e pure Bush è una vittima del sistema
Che i conti italiani siano truccati, e la finanziaria una buffonata concettuale, che cincischia sull'irrilevante lasciando intatto un impianto che rende i ricchi più ricchi e i poveri più miserabili, i nostri lettori già lo sanno.
Siamo nella condizione della favola, nella quale il re è nudo, e tutti tacciono.
In asciuttissima sostanza, siamo nelle grinfie di una economia del finanziario, che ha spodestato anche il produttivo, e che sta riducendo tutto a merce, e in nome del profitto senza più freni (è una rapina che chiamano liberalismo) impoverisce tutti.
Ha fatto a pezzi quel poco di ceto medio e di borghesietta che aveva l'Italietta, e lascia milioni di giovani in una precarietà umiliante.
I veri capitali, ovviamente, vanno nei paradisi fiscali, e qualche milione di politici, e di mafiosi, succhiano quel che resta di uno stato miserabile che siamo noi.
Bruxelles, cioè l'Europa al soldo delle multinazionali e degli USA, ci dice che dobbiamo risparmiare su salute (soldi rubati dalle multinazionali dei farmaci) scuola e servizi (e diamo soldi ai preti per le scuole e treni e mezzi pubblici sono ormai ridotti peggio che in India).
La vox populi che dice che sono tutti uguali non ha torto, anche se, lo ripeteremo sino alla noia, gli uni sono delinquenti e gli altri solo pasticcioni: si può ragionevolmente ipotizzare che rubano ai poveri per dare a loro stessi, cioè a chi sta oltre i 200/300mila all'anno, ed ha proprietà, e non vuole mollare niente.
Ma sono gli stessi che decidono: guardate le cose sensate che dice Ferrero, l'unico che è stato un cassintegrato ed ora è sottoministro.
Pagassimo a tutti i politici lo stesso stipendio che pigliano i metalmeccanici, avremmo al governo gente più decente, meno ignorante, meno arrogante, e una finanziaria più onesta, pulita e funzionante.
Giorno verrà?
Domanda: ha fatto più male Berlusconi all'Italia o Bush all'America e al mondo? Non saprei cosa rispondere.
Resta la paura degli imbrogli elettorali con le macchinette elettroniche fatte da ditte di suoi amici (e per favore ricordiamoci che potrebbe succedere anche a noi, l'imbroglio elettronico, e rifiutiamolo dunque).
Ma sull'Iraq, suo arrogante disastro, se ne dovrà andare, e se ne andrà, probabilmente come i suoi predecessori se ne sono andati dal Vietnam, dopo massacri, morti, infamie e inquinamenti terribili, fuggendo, l'ultimo uomo, dal tetto dell'ambasciata di Saigon.
Vedrete che anche questa volta andrà più o meno così, con il Vietnam ci misero dieci anni, con l'Iraq, speriamo meno.
A noi viene il dubbio che quando parliamo di impero americano non parliamo del chief, dei suoi militari e dei suoi teocon, che sembrano un branco di esagitati minus habentes, stiamo parlando delle multinazionali che, loro si, comandano sul mondo tutto, cinesi compresi ormai.
Ma quella è un'altra storia.
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Come sempre, non avallo niente e condivido qua e là… ma se certi discorsi non ve li racconto io, dove li trovate sulla stampa di tutti i colori?
Luciano Seno