REPUBBLICA on-line 31-8
Berlusconi rientrato a Roma
Rinviata la resa dei conti con Follini e Casini
ROMA - "Sono ancora sotto l'effetto positivo della visita in Russia". Sono le prime parole pronunciate dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, al suo rientro a Roma dopo la vacanza in Crimea dove è stato anche ospite del premier russo Vladimir Putin. Il rientro nelle tensioni della politica italiana sarà comunque graduale.
Per il momento la resa dei conti con l'Udc è infatti rinviata. Ai cronisti che gli chiedevano se fosse già stato fissato un vertice di maggioranza Berlusconi ha risposto prima con una battuta ("C'è un'altra domanda?"), poi ha precisato: "No, per ora no. Sul tavolo c'è in programma solo il consiglio dei ministri di venerdì".
Il prossimo consiglio dei ministri non si annuncia affatto agevole per il premier visto che all'ordine del giorno ci sarà la relazione del ministro dell'Economia Domenico Siniscalco sulla vicenda del governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio e lo scandalo delle intercettazioni telefoniche sulle scalate bancarie. Per aggiornarsi su questo tema scottante Berlusconi oggi ha ricevuto il senatore di Forza Italia Luigi Grillo, ritenuto uno dei parlamentari più vicini a Fazio.
"Ho detto al presidente - ha riferito Grillo dopo il colloquio - che se vogliamo essere coerenti, e la coerenza è una virtù oltre che un valore, dobbiamo seguire la strada parlamentare per trovare una intesa su Bankitalia, che poi è la migliore, gli strumenti possono comunque essere diversi".
Ma l'incontro che il presidente del consiglio dovrà prima o dopo avere con i leader centristi Pierferdinando Casini e Marco Follini si annuncia se possibile ancor più delicato. Nelle ultime settimane i due esponenti dell'Udc hanno infatti ribadito a più riprese, in maniera quasi ossessiva, di essere contrari alla candidatura di Berlusconi a palazzo Chigi nelle prossime elezioni del 2006, invocando un ricambio nella leadership della Casa delle libertà.
Malgrado le reazioni negative raccolte da parte di numerosi esponenti del centrodestra, Casini e Follini hanno anche lasciato capire che nel caso il loro appello rimanesse inascoltato sono disposti a condurre l'Udc al voto da sola anche nei collegi uninominali, senza accordi con la Cdl.
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MANIFESTO 30-8
EDITORIALE
Soci – in vacanza ed in affari
FRANCESCO PATERNO'
Berlusconi torna dalle ferie, la politica resta in vacanza. Il presidente del consiglio rientra nel teatrino romano facendo questa volta il giro largo dal Mar Nero ma senza cambiare di una virgola la rotta. Perché sostiene che «con sacrificio» nel 2006 sarà ancora lui il candidato della maggioranza, che sono frutti dell'opposizione l'«Italietta» e «l'euro di Prodi», che le sue tv pubbliche e private non sono «mai» state usate «contro un avversario politico» e via di seguito. Se non fosse stato chiaro, è «insensato» - ribadisce - cambiare governo in Italia oggi. I messaggi sono così ripetitivi e anche un po' sguaiati (i primi a infuriarsi sono stati infatti i suoi alleati democristiani) che potevano essere esternati soltanto in un ambiente protetto e soffice, il lungomare di Soci casa vacanze dell'amico Putin.
Perché c'è sempre una regia, e il luogo conta. La Russia è il miglior paese dove oggi Berlusconi può andare rilassato e parlare senza far danni collaterali. Mica è la Germania, dove i democristiani inorridirebbero di fronte a una sua intrusione nella delicata campagna elettorale, mica è la Francia dove Chirac non l'ha mai sopportato. A Putin, cui giustamente non interessa nulla del prestigio di Bankitalia, di furbetti e di scalate editoriali, va bene tutto del Cavaliere.
«Grazie, lei è un ottimo avvocato», così il presidente russo ringraziò il capo del governo italiano nel 2003 - e per un semestre anche capo dell'Unione europea - quando questi difese pubblicamente e senza riserve l'operato delle truppe russe in Cecenia, cancellando di colpo accuse di violazioni di diritti umani provenienti da tutto il mondo. Alla faccia di proteste globali, Berlusconi era e si conferma - come è stato detto ieri sul Mar Nero - «un grande amico».
Per Putin, sembra essere anche un buon interlocutore in affari. Dietro le quinte di Soci i due hanno parlato dellle modalità di ingresso di Alenia nel capitale della Sukhoi con l'acquisizione del 25 per cento dell'azienda produttrice di piccoli jet civili, della vendita di Tetra, un sistema di comunicazioni criptato facente capo sempre al gruppo Finmeccanica, di non precisati «nuovi investimenti» nel settore dell'energia che coinvolgano in futuro non solo il partner storico dell'Eni. E a proposito di energia, non è chiaro se i due amici hanno discusso (o ridiscusso) anche di un accordo del 2003 con cui l'Italia si è impegnata a smantellare vecchi sottomarini nucleari russi, nel quadro di una intesa internazionale.
Uno strano accordo, se non altro perché il Corriere della Sera che ne ha scritto avanzando dubbi si è beccato una insolitamente lunga risposta di mezza pagina della presidenza del consiglio, a firma del sottosegretario Letta. Controrisposta immediata del giornale, con un corpo a corpo che prosegue. Lo strano accordo rischia di trasformarsi in sospetto.
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CITAZIONI
La sfida per la leadership lanciata dall'Udc contro Silvio Berlusconi paralizza il governo ma non sembra in grado di provocare un cambio della guardia al vertice della coalizione. Quando Berlusconi dichiara che solo lui è in grado di tenere unita la coalizione non ha poi tutti i torti e i dirigenti dell'Udc, da Casini a Follini, sono politici troppo accorti per non rendersene conto. Sembra che chi ha deciso di sfidare Berlusconi non abbia considerato che una sfida simile, per avere successo, richiedeva molto di più di una generica invocazione di «discontinuità ». Ma se non è così, se la sfida a Berlusconi è reale, allora occorre molto di più di ciò che l'Udc ha messo fino a oggi in campo. Occorrono idee intorno alle quali costruire il consenso della coalizione. Naturalmente, per mettere in circolazione idee bisogna prima averle.
(Angelo Panebianco, Corsera 31-8)
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Alleati
Churchill diceva che «è molto difficile avere degli alleati ma non c'è niente di peggio che non averli». Churchill però non conosceva Follini.
(Riccado Barenghi – Jena – Stampa 31-8)
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 31-8
Prodi: “anti-berlusconismo” e sacrifici
“Ma Berlusconi che politico è?”
"Mi sembra che l'antiberlusconismo sia il collante del centrodestra in questi giorni". Lo ha affermato oggi Romano Prodi, che ha così replicato a coloro che - nella Casa delle Libertà - continuano a ripetere che la coalizione di centrosinistra è unita solo nell'odio contro il capo del Governo.
"L'antiberlusconismo è il collante del centrosinistra? - ha chiesto l'ex presidente della Commissione Ue intervenendo alla festa del Campanile a Telese - noi veramente stiamo a guardare, fanno tutto loro. Io devo essere gentile con lui, perché fanno tutto loro. La tensione è ormai arrivata all'insulto personale".
Prodi ha quindi aggiunto che, sia tra i suoi alleati che tra l'elettorato, "è finita la presa emotiva di Berlusconi": "La fiducia nei suoi confronti è definitivamente tramontata - ha concluso - perché la realtà l'ha uccisa".
E poi, "Berlusconi si sacrifica? Ma che politico è?", chiede ancora Prodi – e spiega: "Io mica l'ho capita quella battuta di Berlusconi sul sacrificio. Non gliel'ha mica ordinato il medico di fare politica".
Questo il secco commento di Prodi a proposito delle deliranti dichiarazioni di Berlusconi, il quale alcuni giorni fa ha detto di essere costretto a candidarsi alle prossime elezioni politiche perché in Italia nessuno - tranne lui - è in grado di guidare un Governo.
"E comunque - ha aggiunto Prodi - se un politico non affronta con gioia la fatica, che politico è?".
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Sondaggio: il Cavaliere verso la disfatta
Dati decisamente diversi da quelli sbandierati da Berlusconi e Bondi
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il suo partito e la sua intera coalizione si stanno avviando verso il disastro. Non può che essere questa la lettura del sondaggio realizzato da Swg e pubblicato nell'ultimo numero del settimanale l'Espresso relativo alle intenzioni di voto degli elettori italiani in vista delle prossime Politiche.
I partiti dell'Unione, infatti, superano il 50% delle preferenze, staccando di quasi 10 punti percentuali la Casa delle Libertà. Sarà una disfatta totale in particolare per Forza Italia, che non andrà oltre il 17,5% (quasi dodici punti in meno rispetto alla tornata del 2001). E il Cavaliere, all'interno della sua coalizione, in delle ipotetiche Primarie, perderebbe con uno svantaggio di circa quattordici punti il confronto con il leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini.
Dati decisamente diversi da quelli sbandierati un giorno si e l'altro pure da Silvio Berlusconi e Sandro Bondi, i quali assicurano sempre che la Casa delle Libertà non è affatto in svantaggio rispetto agli avversari di centrosinistra.
"Qui non si parla di sondaggi ma di risultati elettorali - ha recentemente commentato a tal proposito il centrista Bruno Tabacci - nelle ultime tornate ci siamo abbonati alla sconfitta, il centrosinistra ha fatto cappotto. Le stesse persone che oggi citano i sondaggi dicevano che alle regionali avremmo pareggiato. Non servono i sondaggi, basta parlare con un barbiere o un tassista per capire che è mutato l'orientamento di fondo".
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MEDITAZIONE - 31/8/05
LIBERAZIONE 31-8
Perchè nel 2006 la destra non candida la Fallaci?
il consigliere regionale campano di An, Enzo Rivellini lancia la proposta di candidare con la destra Oriana Fallaci, ricevuta qualche giorno fa in udienza privata dal papa. «In un collegio in bilico si candidino le due signore, la Afef e la Fallaci, per capire quali sono le reali intenzioni degli italiani sugli scottanti problemi relativi all'integrazione culturale e religiosa».
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Afef candidata. L'idea piace anche a Chiti (ds)
La candidatura di Afef, la ex modella tunisina, moglie di Tronchetti Provera, lanciata da Mastella trova consensi. Ecco il coordinatore dei Ds, Vannino Chiiti: «Se la signora Afef sarà disponibile e se, come mi pare, condividerà il programma dell'Unione credo possa essere una candidatura importante e significativa».
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STAMPA 31-8
Corsivo
Oriana contro Afef
Massimo Gramellini
Vota Oriana. Vota Afef. Altro che quei due maschi attempati in lizza per Palazzo Chigi. Oriana Fallaci e Afef Jnifen sono la declinazione al femminile di un bipolarismo soltanto italiano. Fallaci è la nuovissima destra: quella che è stata a sinistra per tutta la vita, prima di rimanere fulminata sulla via di Manhattan, credersi la reincarnazione dei Templari e chiedere udienza privata al Papa. Ratzinger gliel'ha concessa senza farlo troppo sapere in giro, forse pensando che fosse il male minore: in caso di rifiuto, l'alternativa poteva essere una enciclica fallaciana di 200 pagine sulla sostanziale connivenza fra il vescovo di Roma e l'imam di Carmagnola.
Afef è la sinistra del brillante, quella dei ricchi ma belli con uso di mondo e idee progressiste nel campo dei diritti civili: cordialmente detestati dai borghesi piccoli e medi, che trovano incoerenti i miliardari animati da pensieri inconciliabili col loro portafogli. Afef non è stata dal Papa, ma da Mastella. E ha difeso la società multirazziale che Oriana e il suo vice Pera ritengono inattuabile in Europa. Le è stato proposto di sfidare il presidente del Senato nel collegio di Lucca, ma a destra hanno subito alzato la posta: perché non metterle contro la scrittrice che Rossella e Feltri già volevano senatrice a vita? Non succederà, statene certi. Gli uomini politici sono troppo gelosi e le politiche di professione troppo invidiose, nonostante la loro debolezza o forse proprio per questo. E mentre fra pochi giorni una donna ha ottime probabilità di entrare nella cancelleria di Berlino, da noi le cosiddette primarie dell'Unione e le esibizioni d'ego della Casa delle Libertà restano un affare per maschi, persino più del calcio.
mercoledì, agosto 31, 2005
martedì, agosto 30, 2005
RESISTENZA - 30/8/05
CORSERA 30-8
Follini: «Tante le alternative al Cavaliere»
Il segretario dell'Udc: «Il tema della leadership non è un tabù né un sacrificio».
TELESE TERME (BENEVENTO) - «Il tema della premiership non è né un tabù né un sacrificio, ma è un tema che esiste». Ieri, lunedì, aveva fatto parlare il capo della sua segreteria politica, Armando Dionisi, oggi scende in campo lui personalmente, il leader Udc, per chiedere un «grande, grande, grande cambiamento» nella Cdl. Risultato: oggi come ieri una nota che gronda indignazione vergata da Sandro Bondi, coordinatore di Forza Italia che chiede a Marco Follini di spiegarsi meglio o di piantarla con questo «confronto paradossale» che indebolisce la maggioranza.
DUELLO - Restano giorni tesi nella Cdl, ormai quotidianamente alle prese con il duello Fi-Udc sulla questione della premiership. Quel «sono insostituibile» di Berlusconi che si mostra rassegnato «all'enorme sacrificio di ricandidarsi» suscita irritazione in Follini che arrivando alla Festa dell'Udeur ribatte che, altro che insostituibile, c'è «un ampio campo di alternative a Berlusconi». Di nomi però non ne fa, anche se qualche ora prima ci aveva pensato un altro centrista, Bruno Tabacci, a tracciare l'identikit dei possibili sostituti del premier. Quattro le opzioni fatte da Tabacci: il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini; il ministro dell'Interno, Beppe Pisanu; il vicepremier Gianfranco Fini; e il presidente della giunta regionale lombarda Roberto Formigoni. E Follini? Se fosse proprio lui l'anti-Berlusconi? «No, per l'amor del cielo...», si schermisce il diretto interessato.
PATTO PER IL PROPORZIONALE - Dalla kermesse udeurrina Follini spinge per la riforma elettorale e lancia un appello a Margherita e Udeur affinché in Parlamento votino a favore del proporzionale insieme all'Udc. «Credo - ha spiegato il leader centrista - che il luogo giusto dove fare i patti sia il Parlamento, ma dato che si parla di patti, insisto con un argomento che mi sta molto a cuore e che è la legge elettorale, una legge elettorale proporzionale che dia una mano a recuperare rappresentatività e governabilità».Richiesta non accolta da Rutelli.
Sibilline, in questo senso le frasi di Rutelli, anch'egli presente a Telese. «Adesso, negli ultimi mesi di legislatura ci può essere un cambiamento: non chiedo che Follini cambi campo, ma chiedo che si faccia chiarezza su temi che interessano i cittadini», dichiara il presidente della Margherita. Che pone tre condizioni per il dialogo con l'Udc: bloccare la devolution, la legge ex Cirielli e dimettere il governatore della Banca d'Italia.
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REPUBBLICA on-line 30-8
Vacanze sul Mar Nero
Inutile cercare una logica nelle parole in libertà di Berlusconi
di CURZIO MALTESE
Bisogna chiedere scusa ai fratelli Vanzina. Per anni abbiamo creduto che sfornassero filmacci di serie B. Invece era neorealismo. Un ritratto fedele dei nuovi italiani. Il sospetto è nato con le intercettazioni di Fazio, mirabile specchio di una classe dirigente dove tutto si tiene e si mescola, Bankitalia e Anna Falchi, Briatore e la scalata al Corriere, l'alta finanza e il salottino di Simona Ventura. La certezza è arrivata con l'ultima e impagabile sortita del presidente del Consiglio sull'"enorme sacrificio" che lo (e ci) attende: ricandidarsi alla guida dell'Italia. La scena era già un set vanziniano, quasi un suggerimento: Vacanze sul Mar Nero. Dalla residenza estiva di Putin, che percorre da due giorni mascherato da Massimo Boldi quando recita l'industriale in barca, Berlusconi ha sparato una raffica da bei tempi.
Ancora la storia dell'"amaro calice", annata 1993, stavolta nella variazione "enorme sacrificio". Ancora la storia dei comunisti, davanti all'ex Kgb Putin per giunta. Ancora l'auto esaltazione di un ego smisurato e arroventato dall'estate, e poi rifatto, levigato, infoltito, infine lustrato dalle amorevoli cure di un Bondi o di altri addetti alla manutenzione del mito.
È difficile star dietro a tutte le battute di Berlusconi, decidere se faccia più sorridere quella sulla propria insostituibilità ai tavoli dei summit internazionali, oppure la paradossale vanteria sui crimini non commessi. "Non abbiamo rubato; non abbiamo fatto controllare esponenti dell'opposizione, pur avendo a disposizione i servizi segreti; non abbiamo organizzato trasmissioni della tv pubblica, e tantomeno privata, contro gli oppositori". A parte che sull'ultima affermazione ci sarebbe da discutere, non è un bilancio da grande statista. Oltre alle leggi su misura, alla recessione mai contrastata, alle grandi opere mai fatte, ci mancava soltanto che il più ricco governante del pianeta si mettesse a rubare e a far spiare Prodi e Fassino dagli agenti dei servizi.
Ma è inutile cercare una logica o peggio contrastare le parole in libertà del premier con un ostinato elenco di fatti. Questo show obbedisce appunto alle leggi dello spettacolo, al simbolismo della rappresentazione, come tutti i precedenti e gli attrezzi di scena, dai coturni ai piedi al ciuffo finto in capo. Non conta il senso di quel che dice ma l'effetto che ha sul pubblico.
Stavolta, a occhio e croce, l'effetto è stato terrificante. Tanto vero che gli ha risposto soltanto un certo Armando Dionisi, responsabile della segreteria politica dell'Udc. Non Prodi e neppure Casini o Follini. È bastata una frase di Dionisi: "Questo sacrificio non glielo sta chiedendo nessuno".
L'equivalente, a teatro, di un fischio isolato in una platea muta e distratta. Tutto qui, sipario. Si spera che dietro vi sia un ragionamento e non semplicemente l'occasione agostana, la vacanza della politica. Da qui alle elezioni Berlusconi proverà ogni settimana a scatenare la rissa con le vecchie formule magiche di una volta per mettersi al centro della scena. Non replicare è un buon esercizio zen e un'ottima strategia. Lasciare il campo alle risposte dei centristi, che dispongono di bravi battutisti. Parlar d'altro, magari di faccende serie, perché no. La campagna elettorale è già troppo lunga, non c'è ragione di renderla ancor più penosa. Dopotutto è difficile che gli italiani votino Berlusconi per non privarlo della compagnia di Putin, Bush e Koizumi.
Senza contare che può sempre andarli a trovare da privato cittadino, i mezzi non gli mancano e il barile di petrolio a 70 dollari non è un problema suo. Nelle sceneggiature dei Vanzina possono ben figurare le gite nel ranch, la visita alla dacia, la cena sushi dal cliente giapponese. Ogni epoca ha il neorealismo che si merita.
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CITAZIONE
Lo slancio sacrificale di Berlusconi, ancora una volta non adeguatamente apprezzato dal partito di Follini, è solo la più recente conferma della profondità dei contrasti nello schieramento di centrodestra. Del resto, l’autoelogio presidenziale, dalla dacia di Putin, dimostra come il premier italiano comprenda la necessità di una difesa dell’attività del governo e come avverta la latitanza dei suoi partner in questa operazione propagandistica. Con un rischio di isolamento molto preoccupante, soprattutto per chi ha sempre trovato sull’onda dell’entusiastico consenso di fans e di alleati la spinta irresistibile per il successo, anche elettorale.
(Luigi La Spina, Stampa 30-8)
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LIBERAZIONE 30-8
Corsivo
Il Cavaliere e la legge di Truman
Sacrifici e sacrifici
Dalla Russia con ardore, il Cavaliere sa. Sa comunicare, sa dire pane al pane. Il Cavaliere conosce il suo popolo e i suoi polli, sa che se non c'è il pane si può dare il circo. Sa che a volte, a volte, bisogna sacrificarsi. Lo dice al suo popolo, ma anche a se stesso. Questa è democrazia e, perché no, un caso limite di socialismo: ognuno si sacrifica in base alla proprie capacità. Se bisogna stringere la cinghia, gli italiani lo faranno e Berlusconi si sacrificherà con loro. Che sia rinunciare alle ferie o al lavoro, alla pensione o alle cure ospedaliere, alla scuola o alla presidenza del Consiglio (anche alla non presidenza del Consiglio), non fa differenza. Il Cavaliere sa che la condivisione è l'anima della complicità, sa che la simpatia fa vibrare i cuori più di ogni altra cosa. Anche uno sfogo così aiuta ad essere più umani, più veri. Sa che se riuscirà, ancora una volta, ad entrare nelle case degli italiani come uno di loro, potrà farcela. E non è facile, diciamo la verità, con una nazione sottoposta a grandi stress, dal ristagno dell'economia, alla precarità, alla flessibilità forzata, all'inflazione, alle truffe, alle scalate, alle cordate, agli accordi bipartisan, alle contumelie razziste.
Ma, come Wellington (?), Berlusconi ha preso la sua decisione: mi sacrifico. Sacrifico la mia multiforme personalità, le mie aspirazioni, sacrificherò il mio tempo e anche un po' della mia natura, così semplice, così lontana da discussioni e liti. Sacrificherò la mia pazienza - mai troppa - per sopportare gli alleati. Per voi la mia vita sarà ancora costellata di Putin, di Blair, di Bush, dovrò incontrare Bossi, Fini, Follini e voi non sapete quanto mi costa. In realtà lo possiamo immaginare, Cavaliere, e per questo ci colpiscono le sue parole. In un certo senso capiamo il suo sacrificio. Meno il nostro. Non sarà che anche lei conosce la "legge di Truman" sul potere: se non li puoi convincere, confondili?
Follini: «Tante le alternative al Cavaliere»
Il segretario dell'Udc: «Il tema della leadership non è un tabù né un sacrificio».
TELESE TERME (BENEVENTO) - «Il tema della premiership non è né un tabù né un sacrificio, ma è un tema che esiste». Ieri, lunedì, aveva fatto parlare il capo della sua segreteria politica, Armando Dionisi, oggi scende in campo lui personalmente, il leader Udc, per chiedere un «grande, grande, grande cambiamento» nella Cdl. Risultato: oggi come ieri una nota che gronda indignazione vergata da Sandro Bondi, coordinatore di Forza Italia che chiede a Marco Follini di spiegarsi meglio o di piantarla con questo «confronto paradossale» che indebolisce la maggioranza.
DUELLO - Restano giorni tesi nella Cdl, ormai quotidianamente alle prese con il duello Fi-Udc sulla questione della premiership. Quel «sono insostituibile» di Berlusconi che si mostra rassegnato «all'enorme sacrificio di ricandidarsi» suscita irritazione in Follini che arrivando alla Festa dell'Udeur ribatte che, altro che insostituibile, c'è «un ampio campo di alternative a Berlusconi». Di nomi però non ne fa, anche se qualche ora prima ci aveva pensato un altro centrista, Bruno Tabacci, a tracciare l'identikit dei possibili sostituti del premier. Quattro le opzioni fatte da Tabacci: il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini; il ministro dell'Interno, Beppe Pisanu; il vicepremier Gianfranco Fini; e il presidente della giunta regionale lombarda Roberto Formigoni. E Follini? Se fosse proprio lui l'anti-Berlusconi? «No, per l'amor del cielo...», si schermisce il diretto interessato.
PATTO PER IL PROPORZIONALE - Dalla kermesse udeurrina Follini spinge per la riforma elettorale e lancia un appello a Margherita e Udeur affinché in Parlamento votino a favore del proporzionale insieme all'Udc. «Credo - ha spiegato il leader centrista - che il luogo giusto dove fare i patti sia il Parlamento, ma dato che si parla di patti, insisto con un argomento che mi sta molto a cuore e che è la legge elettorale, una legge elettorale proporzionale che dia una mano a recuperare rappresentatività e governabilità».Richiesta non accolta da Rutelli.
Sibilline, in questo senso le frasi di Rutelli, anch'egli presente a Telese. «Adesso, negli ultimi mesi di legislatura ci può essere un cambiamento: non chiedo che Follini cambi campo, ma chiedo che si faccia chiarezza su temi che interessano i cittadini», dichiara il presidente della Margherita. Che pone tre condizioni per il dialogo con l'Udc: bloccare la devolution, la legge ex Cirielli e dimettere il governatore della Banca d'Italia.
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REPUBBLICA on-line 30-8
Vacanze sul Mar Nero
Inutile cercare una logica nelle parole in libertà di Berlusconi
di CURZIO MALTESE
Bisogna chiedere scusa ai fratelli Vanzina. Per anni abbiamo creduto che sfornassero filmacci di serie B. Invece era neorealismo. Un ritratto fedele dei nuovi italiani. Il sospetto è nato con le intercettazioni di Fazio, mirabile specchio di una classe dirigente dove tutto si tiene e si mescola, Bankitalia e Anna Falchi, Briatore e la scalata al Corriere, l'alta finanza e il salottino di Simona Ventura. La certezza è arrivata con l'ultima e impagabile sortita del presidente del Consiglio sull'"enorme sacrificio" che lo (e ci) attende: ricandidarsi alla guida dell'Italia. La scena era già un set vanziniano, quasi un suggerimento: Vacanze sul Mar Nero. Dalla residenza estiva di Putin, che percorre da due giorni mascherato da Massimo Boldi quando recita l'industriale in barca, Berlusconi ha sparato una raffica da bei tempi.
Ancora la storia dell'"amaro calice", annata 1993, stavolta nella variazione "enorme sacrificio". Ancora la storia dei comunisti, davanti all'ex Kgb Putin per giunta. Ancora l'auto esaltazione di un ego smisurato e arroventato dall'estate, e poi rifatto, levigato, infoltito, infine lustrato dalle amorevoli cure di un Bondi o di altri addetti alla manutenzione del mito.
È difficile star dietro a tutte le battute di Berlusconi, decidere se faccia più sorridere quella sulla propria insostituibilità ai tavoli dei summit internazionali, oppure la paradossale vanteria sui crimini non commessi. "Non abbiamo rubato; non abbiamo fatto controllare esponenti dell'opposizione, pur avendo a disposizione i servizi segreti; non abbiamo organizzato trasmissioni della tv pubblica, e tantomeno privata, contro gli oppositori". A parte che sull'ultima affermazione ci sarebbe da discutere, non è un bilancio da grande statista. Oltre alle leggi su misura, alla recessione mai contrastata, alle grandi opere mai fatte, ci mancava soltanto che il più ricco governante del pianeta si mettesse a rubare e a far spiare Prodi e Fassino dagli agenti dei servizi.
Ma è inutile cercare una logica o peggio contrastare le parole in libertà del premier con un ostinato elenco di fatti. Questo show obbedisce appunto alle leggi dello spettacolo, al simbolismo della rappresentazione, come tutti i precedenti e gli attrezzi di scena, dai coturni ai piedi al ciuffo finto in capo. Non conta il senso di quel che dice ma l'effetto che ha sul pubblico.
Stavolta, a occhio e croce, l'effetto è stato terrificante. Tanto vero che gli ha risposto soltanto un certo Armando Dionisi, responsabile della segreteria politica dell'Udc. Non Prodi e neppure Casini o Follini. È bastata una frase di Dionisi: "Questo sacrificio non glielo sta chiedendo nessuno".
L'equivalente, a teatro, di un fischio isolato in una platea muta e distratta. Tutto qui, sipario. Si spera che dietro vi sia un ragionamento e non semplicemente l'occasione agostana, la vacanza della politica. Da qui alle elezioni Berlusconi proverà ogni settimana a scatenare la rissa con le vecchie formule magiche di una volta per mettersi al centro della scena. Non replicare è un buon esercizio zen e un'ottima strategia. Lasciare il campo alle risposte dei centristi, che dispongono di bravi battutisti. Parlar d'altro, magari di faccende serie, perché no. La campagna elettorale è già troppo lunga, non c'è ragione di renderla ancor più penosa. Dopotutto è difficile che gli italiani votino Berlusconi per non privarlo della compagnia di Putin, Bush e Koizumi.
Senza contare che può sempre andarli a trovare da privato cittadino, i mezzi non gli mancano e il barile di petrolio a 70 dollari non è un problema suo. Nelle sceneggiature dei Vanzina possono ben figurare le gite nel ranch, la visita alla dacia, la cena sushi dal cliente giapponese. Ogni epoca ha il neorealismo che si merita.
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Lo slancio sacrificale di Berlusconi, ancora una volta non adeguatamente apprezzato dal partito di Follini, è solo la più recente conferma della profondità dei contrasti nello schieramento di centrodestra. Del resto, l’autoelogio presidenziale, dalla dacia di Putin, dimostra come il premier italiano comprenda la necessità di una difesa dell’attività del governo e come avverta la latitanza dei suoi partner in questa operazione propagandistica. Con un rischio di isolamento molto preoccupante, soprattutto per chi ha sempre trovato sull’onda dell’entusiastico consenso di fans e di alleati la spinta irresistibile per il successo, anche elettorale.
(Luigi La Spina, Stampa 30-8)
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LIBERAZIONE 30-8
Corsivo
Il Cavaliere e la legge di Truman
Sacrifici e sacrifici
Dalla Russia con ardore, il Cavaliere sa. Sa comunicare, sa dire pane al pane. Il Cavaliere conosce il suo popolo e i suoi polli, sa che se non c'è il pane si può dare il circo. Sa che a volte, a volte, bisogna sacrificarsi. Lo dice al suo popolo, ma anche a se stesso. Questa è democrazia e, perché no, un caso limite di socialismo: ognuno si sacrifica in base alla proprie capacità. Se bisogna stringere la cinghia, gli italiani lo faranno e Berlusconi si sacrificherà con loro. Che sia rinunciare alle ferie o al lavoro, alla pensione o alle cure ospedaliere, alla scuola o alla presidenza del Consiglio (anche alla non presidenza del Consiglio), non fa differenza. Il Cavaliere sa che la condivisione è l'anima della complicità, sa che la simpatia fa vibrare i cuori più di ogni altra cosa. Anche uno sfogo così aiuta ad essere più umani, più veri. Sa che se riuscirà, ancora una volta, ad entrare nelle case degli italiani come uno di loro, potrà farcela. E non è facile, diciamo la verità, con una nazione sottoposta a grandi stress, dal ristagno dell'economia, alla precarità, alla flessibilità forzata, all'inflazione, alle truffe, alle scalate, alle cordate, agli accordi bipartisan, alle contumelie razziste.
Ma, come Wellington (?), Berlusconi ha preso la sua decisione: mi sacrifico. Sacrifico la mia multiforme personalità, le mie aspirazioni, sacrificherò il mio tempo e anche un po' della mia natura, così semplice, così lontana da discussioni e liti. Sacrificherò la mia pazienza - mai troppa - per sopportare gli alleati. Per voi la mia vita sarà ancora costellata di Putin, di Blair, di Bush, dovrò incontrare Bossi, Fini, Follini e voi non sapete quanto mi costa. In realtà lo possiamo immaginare, Cavaliere, e per questo ci colpiscono le sue parole. In un certo senso capiamo il suo sacrificio. Meno il nostro. Non sarà che anche lei conosce la "legge di Truman" sul potere: se non li puoi convincere, confondili?
lunedì, agosto 29, 2005
RESISTENZA - 29/8/05
REPUBBLICA on-line 29-8
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Calderoli e il suo premier
''Fini e Berlusconi stanno assassinando l'economia italiana. La loro è un'azione di banditismo politico che sta procurando danni terribili a tutti, escluso naturalmente il re dei debiti della Fininvest, che in questo modo, con la nostra moneta ridotta a carta straccia per colpa sua, vede diminuire i quattromila miliardi di debiti delle sue aziende, mai così vicine come oggi al dissesto. Ecco il vero volto dei fascisti e degli uomini della P2. Vogliono portare l'Italia allo sfascio per poi presentarsi come salvatori, ma i responsabili del disastro finanziario in corso sono loro. Non pensano al bene dei cittadini, hanno in mente di distruggere la democrazia. Fermiamoli".
(Roberto Calderoli, Ansa, 3 marzo 1995).
"L'arresto di Marcello Dell'Utri conferma i pesanti coinvolgimenti giudiziari del vertice di Fininvest, degli uomini più vicini a Silvio Berlusconi. Non sono diffamatorie le accuse che la Lega ha rivolto pubblicamente a personaggi che con il loro operato si sono posti fuori dalla politica, fuori dalla morale e fuori dalla legge. L'arresto di Dell'Utri a Torino dimostra l'infondatezza della presunta persecuzione che subirebbe Silvio Berlusconi per colpa di certi giudici che agirebbero senza prove. Mani pulite non è finita, anzi per la Fininvest e per Berlusconi è appena iniziata".
(Roberto Calderoli, Ansa, 26 maggio 1995).
"E' semplicemente paradossale che Silvio Berlusconi, presidente della Fininvest all'epoca dei fatti oggi interesse dell'azione dell'autorità giudiziaria, fosse all'oscuro del versamento di ben 10 miliardi presi dalle casse della sua azienda e dati a Bettino Craxi. Dato che una somma simile ben difficilmente è stata data a Craxi dalla Fininvest nel 1991 senza che il proprietario stesso della Fininvest, Silvio Berlusconi, ne sapesse nulla, si pone un altro quesito: Silvio Berlusconi è anche uno spergiuro?"
(Roberto Calderoli, Ansa, 23 novembre 1995).
"A Milano non c'è posto per chi ha come scopo della 'politica' la distruzione del pool di Mani pulite. Se Silvio Berlusconi pensa di essere milanese, ha un modo per dimostrarlo: vada dai giudici e spieghi le sue ragioni. La Lega Nord-Lega Lombarda ha a cuore il destino di Milano, della società civile, dei valori di rinnovamento e di progresso che essa rappresenta oggi in Italia. Non a caso proprio a Milano ha avuto inizio il processo di pulizia della politica italiana, inquinata dalla corruzione e dalla criminalità organizzata, per opera dei giudici della Procura della Repubblica. Berlusconi, invece di far parlare i suoi impiegati del partito-azienda per rovesciare veleno sul sindaco di Milano Marco Formentini, farebbe bene a comportarsi da milanese, da cittadino che non teme le istituzioni e ha il coraggio delle proprie azioni''.
(Roberto Calderoli, Ansa, 29 novembre 1995).
"E' evidente che a Berlusconi i principi della democrazia siano insopportabili al punto da provocargli uno shock allergico. Sarebbe auspicabile - e lo dico da medico quale sono - che il dottor Berlusconi si facesse visitare da un buon internista. Sono a sua disposizione per consigliargliene qualcuno, anche gratuitamente".
(Roberto Calderoli, Ansa, 19 febbraio 1996).
"Inquietanti ombre si stagliano sulla politica italiana e sul cosiddetto rinnovamento. C'è chi si candida alla guida del Paese nonostante sia imputato di gravi reati. C'è chi ha fondato un partito giudicato appetibile ed utile, per quanto riferito nei processi di mafia in corso, agli interessi dei vertici del crimine organizzato di stampo mafioso. Sono segnali gravi che vanno a coincidere con la richiesta presentata al processo a Milano, richiesta paradossale quanto incredibile. Le alternative in questi casi sarebbero: addirittura accelerare il corso del processo prima che il popolo possa esprimere il voto perché abbia cognizione di chi si propone alla guida nel Paese non solo sotto l'aspetto politico, ammesso che ce ne sia uno, ma sotto l'aspetto giuridico; oppure anche solo una fantasia: rinviare le elezioni e non il processo per accertare prima e non dopo se ci si trovi di fronte a uno statista o a un tangentista".
(Roberto Calderoli, Ansa, 20 febbraio 1996).
"Apprendiamo che Berlusconi si lamenta con Dini accusandolo di aver 'copiato' il programma di Forza Italia del 1994. Strano, mi risultava che fosse Berlusconi ad aver copiato il 'programma' di qualcuno. Un tale che abita in Toscana, Licio Gelli. Vien da dire: chi la fa l'aspetti".
(Roberto Calderoli, Ansa, 28 febbraio 1996).
"Quello di Berlusconi che accosta la magistratura alla banda della Uno Bianca è un infelice paragone. Prescindendo dal fatto che Berlusconi sia imputato di corruzione in un processo attualmente in svolgimento proprio presso il Tribunale di Milano, è bene che mediti sul fatto che 'complici' di questo 'corpo deviato' dello Stato sono anche le centinaia di migliaia di milanesi che in questi anni hanno sostenuto moralmente l'attività dei magistrati di Mani Pulite contro gli attacchi del regime di Roma al quale Berlusconi era legato anche sentimentalmente, dato che Craxi è stato suo testimone di nozze. Vuole paragonare la Procura milanese alla banda della Uno Bianca? E' un'infamia che un sedicente candidato alla guida del Paese abbia in dispregio a tal punto le vittime della banda di criminali, tra le quali alcuni giovani carabinieri, da paragonare i suoi guai giudiziari e quelli degli 'amici' al sangue versato da chi ebbe l'unica colpa di fermare degli efferati assassini. Questi argomenti non sono campagna elettorale. Sono un insulto a tutti i cittadini".
(Roberto Calderoli, Ansa, 14 marzo 1996).
''Naturalmente, poiché Fini ha dichiarato alla stampa un anno fa che Benito Mussolini è stato il più grande statista che l'Italia abbia mai avuto e Berlusconi è stato l'unico presidente del Consiglio rinviato a giudizio per corruzione, credo che per la guida del nuovo governo gli elettori prima e il Presidente della Repubblica poi non abbiano che l'imbarazzo della scelta".
(Roberto Calderoli, 27 marzo 1996).
"Craxi è stato un affezionato fornitore della Fininvest, pagato profumatamente per dei servigi che tutti ci aspettiamo di conoscere nei dettagli. Infatti la vera domanda è: che cosa ha dato Craxi a Berlusconi in cambio di 15 miliardi di lire? Sembrerebbe provato, documenti alla mano, che Silvio e Bettino siano indissolubilmente legati da rapporti che vanno ben al di là dell'amicizia e ben al di fuori della legge che entrambi considerano 'inadatta' alla loro condotta politica prima ancora che professionale. Si sgretola la maschera televisiva di Berlusconi e appare l'inconfondibile ghigna dell'uomo di Hammamet".
(Roberto Calderoli 31 marzo 1996).
"Per esempio potremmo ricoprire i muri della Lombardia con manifesti che riproducano una delle prime pagine de 'La Padania' dove si chiedeva se Berlusconi era un mafioso o no".
(Roberto Calderoli, 27 agosto 1998).
-=oOo=-
Berlusconi: "Un sacrificio candidarmi"
L'Udc: "Nessuno glielo chiede"
Il premier a ruota libera a margine dell'incontro con Putin
SOCI (RUSSIA) - "Per me è un sacrificio ricandidarmi, ma lo farò perché un cambio di governo sarebbe insensato". A margine dell'incontro con Vladimir Putin a Soci, in Russia, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi interviene sulla situazione politica italiana, sull'imminente campagna elettorale e attacca il centro sinistra: "Se penso a qualcuno dell'altra parte seduto al tavolo, nei miei panni", ha aggiunto facendo riferimento ai suoi rapporti internazionali, "francamente mi sento male". Ma, riguardo al sacrificio, il capo della segreteria dell'Udc Armando Dionisi, replica secco: "Questo sacrificio non glielo sta chiedendo nessuno".
Il premier è poi entrato nel merito dell'azione del suo governo, rispolverando molte polemiche degli ultimi mesi con l'opposizione.
In riferimento ai temi dell'economia, Berlusconi è tornato ad attaccare Prodi sull'euro. "L'euro con quel cambio non l'ho approvato io ma Prodi, quindi è l'euro di Prodi, da questo punto di vista" ha detto. La sua valorizzazione, che ha messo in difficoltà le nostre esportazioni, non dipende minimamente da noi". Nessuna responsabilità, secondo il premier, nemmeno sul prezzo del petrolio e sulla prorompenza dei mercati cinesi: "Il prezzo del petrolio non dipende da noi, né dipende da noi l'espandersi dell' offerta di prodotti da Paesi orientali, dei prodotti cinesi sul mercato globale".
Ma l'Udc non segue il leader. "Noi - dice Dionisi - abbiamo posto un problema politico già al congresso e perfino da sotto l'ombrellone, ma non abbiamo ottenuto nessuna risposta". "Anzi - aggiunge - mi pare che arrivino risposte che tendono ad eludere i problemi. Non vediamo un cambio di marcia della Cdl né il segno di discontinuità che avevamo chiesto. Che Berlusconi stia facendo questo grande sacrificio è una scelta che fa lui senza che nessuno glielo chieda".
- - - - - -
MEDITAZIONE - 29/8/05
IL “GRANDE CENTRO”
Polverone estivo mica tanto futile spiegato al popolo
D’improvviso, nella politica italiana è esplosa la discussione sul centro: dalla Repubblica al Manifesto, dal Corriere della Sera al Riformista è tutto un discutere - e un polemizzare - sul centro, sull’attualità di una politica di centro, su una riconversione in termini centristi del bipolarismo. Sul Riformista si legge che «la fase suprema del bipolarismo è composta da due centri», i quali, proprio perché tagliano le ali, si configurano come effettive e credibili forze di governo.
I protagonisti di questa nuova stagione politica, sponsorizzata da un costituendo blocco di poteri forti (vedi anche il risiko bancario in corso) capeggiato da Montezemolo, sarebbero Rutelli e Casini: il primo «con eleganza» avrebbe messo nell'angolo Fassino «senza mai toccarlo»; il secondo avrebbe «portato allo scoperto Berlusconi senza mai chiedergli di farsi da parte».
Liberismo più socialdemocrazia, secondo la prolissa ricetta del Riformista, “perché è di questo che l’Italia ha bisogno”.
Rutelli & Casini non stanno per dar vita ad una nuova formazione politica, e non stanno neppure per varare una qualche forma di accordo tra l'ala centrista dell'Unione e l'ala centrista della Cdl.
Se va tutto secondo le previsioni, nel maggio 2006 ci sarà in Italia un nuovo governo, di centrosinistra: sarà cioè "definitivamente" archiviata la partita-Berlusconi.
Il problema che il “grande centro” dovrebbe risolvere, in soldoni, è il seguente: sbarazzarsi di Berlusconi senza disturbi e preoccupazioni per “lorsignori” e magari, perché no, a loro vantaggio.
Il progetto di Grande Centro, infatti, non sta fermo. Anzi, si muove molto e privilegia - intelligentemente - la sfera della società, della società aggregata e strutturata, quella che va ben oltre, comunque, gli astratti cieli del Politico.
E’ questa la vera notizia venuta dal meeting di Comunione e Liberazione: l’avanzare del progetto del cardinal Camillo Ruini e della sua “Retinopera”, che punta alla riorganizzazione del mondo cattolico, dalle Acli alla Cisl, dalla “Compagnia delle opere” alla Fuci, ringalluzzito (rivitalizzato?) dalla vittoria referendaria. Alla fine di quest’anno, la Rete terrà una convenzione nazionale con l’obiettivo dichiarato di “dettare l’agenda” sociale ai due Poli, ovvero le priorità e gli obiettivi dei cattolici italiani: un’operazione che, mimando la metodologia dei movimenti, va al cuore del progetto neo-centrista. Il presidente della Cei - che governa la chiesa, intesa come corpo dei credenti, ben più di Benedetto XVI - si candida ad essere uno dei soggetti portanti del “centro reale” in costruzione: ne dirige, com’è ovvio, la componente religiosa, che non può che esser diversa da quella rigorosamente tecnocratica e liberale di Mario Monti, o di Confindustria; ne prefigura una nuova, e diretta, capacità di intervento a tutto campo, sulla politica come sui soggetti sociali; ne traccia una fisionomia che non ha nulla a che fare con le idiozie neocon del presidente del Senato, ma anzi è socialmente e culturalmente aperta - per esempio in tema dell’immigrazione. Il Cardinale e il Professore, il Padrone “illuminato” e il Lavoratore (magari il ministeriale) “moderato”, il Giornale istituzionale e il Sindacato concertativo: vedete bene come la geografia sociale del possibile Grande Centro (quello reale) si arricchisce di soggetti, di
interessi, di forze? Non è ancora un disegno politico compiuto, ma certo può diventarlo in un futuro neppure troppo lontano. Il dinamismo di Francesco Rutelli e della Margherita – che sono divenuti, del resto, interlocutori privilegiati di Confindustria e della Cei – si spiega anche e soprattutto in questi processi reali, e trova nel suo omologo di centrodestra vocazioni analoghe: infatti, Rutelli e Formigoni, a Rimini, si sono intesi benissimo. In fondo, le leggi della politica (non della politologia) si confermano, una volta di
più, nella loro essenza. In un sistema che non funziona più, i centristi grandi e
piccoli fanno politica, i “riformisti” della sinistra moderata (i Ds) continuano a non offrire risposte – o peggio, le sostituiscono con un Monopoli nient’affatto divertente.
Ma quali sarebbero le componenti essenziali di questo Partito popolare di centro ancora tutto da costruire? A giudicare da quel che ha scritto Monti si può pensare che dovrebbero essere i partiti di centro delle due attuali coalizioni. A destra l’Unione di centro e in una parte assai limitata Alleanza nazionale e, a sinistra, l’Udeur, una parte della Margherita e in parte ancor minore i Democratici di sinistra.
Quale sarebbe il programma economico di un simile partito di centro? Cosa farebbe delle leggi-vergogna e ad personam del governo Berlusconi che Alleanza nazionale come l’Unione di centro hanno approvato e sostenuto fino a ieri? E quale sarebbe il suo rapporto con l’Europa e con la politica americana di George W. Bush? Sarebbe un partito atlantico che accantona i problemi posti dal nuovo disordine internazionale, dall’incapacità propria dell’intero Occidente di affrontare il divario Nord-Sud e la scelta drammatica tra la guerra e la pace?
(Montaggio di diversi articoli apparsi su L’Unità, Liberazione e Il Riformista)
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Calderoli e il suo premier
''Fini e Berlusconi stanno assassinando l'economia italiana. La loro è un'azione di banditismo politico che sta procurando danni terribili a tutti, escluso naturalmente il re dei debiti della Fininvest, che in questo modo, con la nostra moneta ridotta a carta straccia per colpa sua, vede diminuire i quattromila miliardi di debiti delle sue aziende, mai così vicine come oggi al dissesto. Ecco il vero volto dei fascisti e degli uomini della P2. Vogliono portare l'Italia allo sfascio per poi presentarsi come salvatori, ma i responsabili del disastro finanziario in corso sono loro. Non pensano al bene dei cittadini, hanno in mente di distruggere la democrazia. Fermiamoli".
(Roberto Calderoli, Ansa, 3 marzo 1995).
"L'arresto di Marcello Dell'Utri conferma i pesanti coinvolgimenti giudiziari del vertice di Fininvest, degli uomini più vicini a Silvio Berlusconi. Non sono diffamatorie le accuse che la Lega ha rivolto pubblicamente a personaggi che con il loro operato si sono posti fuori dalla politica, fuori dalla morale e fuori dalla legge. L'arresto di Dell'Utri a Torino dimostra l'infondatezza della presunta persecuzione che subirebbe Silvio Berlusconi per colpa di certi giudici che agirebbero senza prove. Mani pulite non è finita, anzi per la Fininvest e per Berlusconi è appena iniziata".
(Roberto Calderoli, Ansa, 26 maggio 1995).
"E' semplicemente paradossale che Silvio Berlusconi, presidente della Fininvest all'epoca dei fatti oggi interesse dell'azione dell'autorità giudiziaria, fosse all'oscuro del versamento di ben 10 miliardi presi dalle casse della sua azienda e dati a Bettino Craxi. Dato che una somma simile ben difficilmente è stata data a Craxi dalla Fininvest nel 1991 senza che il proprietario stesso della Fininvest, Silvio Berlusconi, ne sapesse nulla, si pone un altro quesito: Silvio Berlusconi è anche uno spergiuro?"
(Roberto Calderoli, Ansa, 23 novembre 1995).
"A Milano non c'è posto per chi ha come scopo della 'politica' la distruzione del pool di Mani pulite. Se Silvio Berlusconi pensa di essere milanese, ha un modo per dimostrarlo: vada dai giudici e spieghi le sue ragioni. La Lega Nord-Lega Lombarda ha a cuore il destino di Milano, della società civile, dei valori di rinnovamento e di progresso che essa rappresenta oggi in Italia. Non a caso proprio a Milano ha avuto inizio il processo di pulizia della politica italiana, inquinata dalla corruzione e dalla criminalità organizzata, per opera dei giudici della Procura della Repubblica. Berlusconi, invece di far parlare i suoi impiegati del partito-azienda per rovesciare veleno sul sindaco di Milano Marco Formentini, farebbe bene a comportarsi da milanese, da cittadino che non teme le istituzioni e ha il coraggio delle proprie azioni''.
(Roberto Calderoli, Ansa, 29 novembre 1995).
"E' evidente che a Berlusconi i principi della democrazia siano insopportabili al punto da provocargli uno shock allergico. Sarebbe auspicabile - e lo dico da medico quale sono - che il dottor Berlusconi si facesse visitare da un buon internista. Sono a sua disposizione per consigliargliene qualcuno, anche gratuitamente".
(Roberto Calderoli, Ansa, 19 febbraio 1996).
"Inquietanti ombre si stagliano sulla politica italiana e sul cosiddetto rinnovamento. C'è chi si candida alla guida del Paese nonostante sia imputato di gravi reati. C'è chi ha fondato un partito giudicato appetibile ed utile, per quanto riferito nei processi di mafia in corso, agli interessi dei vertici del crimine organizzato di stampo mafioso. Sono segnali gravi che vanno a coincidere con la richiesta presentata al processo a Milano, richiesta paradossale quanto incredibile. Le alternative in questi casi sarebbero: addirittura accelerare il corso del processo prima che il popolo possa esprimere il voto perché abbia cognizione di chi si propone alla guida nel Paese non solo sotto l'aspetto politico, ammesso che ce ne sia uno, ma sotto l'aspetto giuridico; oppure anche solo una fantasia: rinviare le elezioni e non il processo per accertare prima e non dopo se ci si trovi di fronte a uno statista o a un tangentista".
(Roberto Calderoli, Ansa, 20 febbraio 1996).
"Apprendiamo che Berlusconi si lamenta con Dini accusandolo di aver 'copiato' il programma di Forza Italia del 1994. Strano, mi risultava che fosse Berlusconi ad aver copiato il 'programma' di qualcuno. Un tale che abita in Toscana, Licio Gelli. Vien da dire: chi la fa l'aspetti".
(Roberto Calderoli, Ansa, 28 febbraio 1996).
"Quello di Berlusconi che accosta la magistratura alla banda della Uno Bianca è un infelice paragone. Prescindendo dal fatto che Berlusconi sia imputato di corruzione in un processo attualmente in svolgimento proprio presso il Tribunale di Milano, è bene che mediti sul fatto che 'complici' di questo 'corpo deviato' dello Stato sono anche le centinaia di migliaia di milanesi che in questi anni hanno sostenuto moralmente l'attività dei magistrati di Mani Pulite contro gli attacchi del regime di Roma al quale Berlusconi era legato anche sentimentalmente, dato che Craxi è stato suo testimone di nozze. Vuole paragonare la Procura milanese alla banda della Uno Bianca? E' un'infamia che un sedicente candidato alla guida del Paese abbia in dispregio a tal punto le vittime della banda di criminali, tra le quali alcuni giovani carabinieri, da paragonare i suoi guai giudiziari e quelli degli 'amici' al sangue versato da chi ebbe l'unica colpa di fermare degli efferati assassini. Questi argomenti non sono campagna elettorale. Sono un insulto a tutti i cittadini".
(Roberto Calderoli, Ansa, 14 marzo 1996).
''Naturalmente, poiché Fini ha dichiarato alla stampa un anno fa che Benito Mussolini è stato il più grande statista che l'Italia abbia mai avuto e Berlusconi è stato l'unico presidente del Consiglio rinviato a giudizio per corruzione, credo che per la guida del nuovo governo gli elettori prima e il Presidente della Repubblica poi non abbiano che l'imbarazzo della scelta".
(Roberto Calderoli, 27 marzo 1996).
"Craxi è stato un affezionato fornitore della Fininvest, pagato profumatamente per dei servigi che tutti ci aspettiamo di conoscere nei dettagli. Infatti la vera domanda è: che cosa ha dato Craxi a Berlusconi in cambio di 15 miliardi di lire? Sembrerebbe provato, documenti alla mano, che Silvio e Bettino siano indissolubilmente legati da rapporti che vanno ben al di là dell'amicizia e ben al di fuori della legge che entrambi considerano 'inadatta' alla loro condotta politica prima ancora che professionale. Si sgretola la maschera televisiva di Berlusconi e appare l'inconfondibile ghigna dell'uomo di Hammamet".
(Roberto Calderoli 31 marzo 1996).
"Per esempio potremmo ricoprire i muri della Lombardia con manifesti che riproducano una delle prime pagine de 'La Padania' dove si chiedeva se Berlusconi era un mafioso o no".
(Roberto Calderoli, 27 agosto 1998).
-=oOo=-
Berlusconi: "Un sacrificio candidarmi"
L'Udc: "Nessuno glielo chiede"
Il premier a ruota libera a margine dell'incontro con Putin
SOCI (RUSSIA) - "Per me è un sacrificio ricandidarmi, ma lo farò perché un cambio di governo sarebbe insensato". A margine dell'incontro con Vladimir Putin a Soci, in Russia, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi interviene sulla situazione politica italiana, sull'imminente campagna elettorale e attacca il centro sinistra: "Se penso a qualcuno dell'altra parte seduto al tavolo, nei miei panni", ha aggiunto facendo riferimento ai suoi rapporti internazionali, "francamente mi sento male". Ma, riguardo al sacrificio, il capo della segreteria dell'Udc Armando Dionisi, replica secco: "Questo sacrificio non glielo sta chiedendo nessuno".
Il premier è poi entrato nel merito dell'azione del suo governo, rispolverando molte polemiche degli ultimi mesi con l'opposizione.
In riferimento ai temi dell'economia, Berlusconi è tornato ad attaccare Prodi sull'euro. "L'euro con quel cambio non l'ho approvato io ma Prodi, quindi è l'euro di Prodi, da questo punto di vista" ha detto. La sua valorizzazione, che ha messo in difficoltà le nostre esportazioni, non dipende minimamente da noi". Nessuna responsabilità, secondo il premier, nemmeno sul prezzo del petrolio e sulla prorompenza dei mercati cinesi: "Il prezzo del petrolio non dipende da noi, né dipende da noi l'espandersi dell' offerta di prodotti da Paesi orientali, dei prodotti cinesi sul mercato globale".
Ma l'Udc non segue il leader. "Noi - dice Dionisi - abbiamo posto un problema politico già al congresso e perfino da sotto l'ombrellone, ma non abbiamo ottenuto nessuna risposta". "Anzi - aggiunge - mi pare che arrivino risposte che tendono ad eludere i problemi. Non vediamo un cambio di marcia della Cdl né il segno di discontinuità che avevamo chiesto. Che Berlusconi stia facendo questo grande sacrificio è una scelta che fa lui senza che nessuno glielo chieda".
- - - - - -
MEDITAZIONE - 29/8/05
IL “GRANDE CENTRO”
Polverone estivo mica tanto futile spiegato al popolo
D’improvviso, nella politica italiana è esplosa la discussione sul centro: dalla Repubblica al Manifesto, dal Corriere della Sera al Riformista è tutto un discutere - e un polemizzare - sul centro, sull’attualità di una politica di centro, su una riconversione in termini centristi del bipolarismo. Sul Riformista si legge che «la fase suprema del bipolarismo è composta da due centri», i quali, proprio perché tagliano le ali, si configurano come effettive e credibili forze di governo.
I protagonisti di questa nuova stagione politica, sponsorizzata da un costituendo blocco di poteri forti (vedi anche il risiko bancario in corso) capeggiato da Montezemolo, sarebbero Rutelli e Casini: il primo «con eleganza» avrebbe messo nell'angolo Fassino «senza mai toccarlo»; il secondo avrebbe «portato allo scoperto Berlusconi senza mai chiedergli di farsi da parte».
Liberismo più socialdemocrazia, secondo la prolissa ricetta del Riformista, “perché è di questo che l’Italia ha bisogno”.
Rutelli & Casini non stanno per dar vita ad una nuova formazione politica, e non stanno neppure per varare una qualche forma di accordo tra l'ala centrista dell'Unione e l'ala centrista della Cdl.
Se va tutto secondo le previsioni, nel maggio 2006 ci sarà in Italia un nuovo governo, di centrosinistra: sarà cioè "definitivamente" archiviata la partita-Berlusconi.
Il problema che il “grande centro” dovrebbe risolvere, in soldoni, è il seguente: sbarazzarsi di Berlusconi senza disturbi e preoccupazioni per “lorsignori” e magari, perché no, a loro vantaggio.
Il progetto di Grande Centro, infatti, non sta fermo. Anzi, si muove molto e privilegia - intelligentemente - la sfera della società, della società aggregata e strutturata, quella che va ben oltre, comunque, gli astratti cieli del Politico.
E’ questa la vera notizia venuta dal meeting di Comunione e Liberazione: l’avanzare del progetto del cardinal Camillo Ruini e della sua “Retinopera”, che punta alla riorganizzazione del mondo cattolico, dalle Acli alla Cisl, dalla “Compagnia delle opere” alla Fuci, ringalluzzito (rivitalizzato?) dalla vittoria referendaria. Alla fine di quest’anno, la Rete terrà una convenzione nazionale con l’obiettivo dichiarato di “dettare l’agenda” sociale ai due Poli, ovvero le priorità e gli obiettivi dei cattolici italiani: un’operazione che, mimando la metodologia dei movimenti, va al cuore del progetto neo-centrista. Il presidente della Cei - che governa la chiesa, intesa come corpo dei credenti, ben più di Benedetto XVI - si candida ad essere uno dei soggetti portanti del “centro reale” in costruzione: ne dirige, com’è ovvio, la componente religiosa, che non può che esser diversa da quella rigorosamente tecnocratica e liberale di Mario Monti, o di Confindustria; ne prefigura una nuova, e diretta, capacità di intervento a tutto campo, sulla politica come sui soggetti sociali; ne traccia una fisionomia che non ha nulla a che fare con le idiozie neocon del presidente del Senato, ma anzi è socialmente e culturalmente aperta - per esempio in tema dell’immigrazione. Il Cardinale e il Professore, il Padrone “illuminato” e il Lavoratore (magari il ministeriale) “moderato”, il Giornale istituzionale e il Sindacato concertativo: vedete bene come la geografia sociale del possibile Grande Centro (quello reale) si arricchisce di soggetti, di
interessi, di forze? Non è ancora un disegno politico compiuto, ma certo può diventarlo in un futuro neppure troppo lontano. Il dinamismo di Francesco Rutelli e della Margherita – che sono divenuti, del resto, interlocutori privilegiati di Confindustria e della Cei – si spiega anche e soprattutto in questi processi reali, e trova nel suo omologo di centrodestra vocazioni analoghe: infatti, Rutelli e Formigoni, a Rimini, si sono intesi benissimo. In fondo, le leggi della politica (non della politologia) si confermano, una volta di
più, nella loro essenza. In un sistema che non funziona più, i centristi grandi e
piccoli fanno politica, i “riformisti” della sinistra moderata (i Ds) continuano a non offrire risposte – o peggio, le sostituiscono con un Monopoli nient’affatto divertente.
Ma quali sarebbero le componenti essenziali di questo Partito popolare di centro ancora tutto da costruire? A giudicare da quel che ha scritto Monti si può pensare che dovrebbero essere i partiti di centro delle due attuali coalizioni. A destra l’Unione di centro e in una parte assai limitata Alleanza nazionale e, a sinistra, l’Udeur, una parte della Margherita e in parte ancor minore i Democratici di sinistra.
Quale sarebbe il programma economico di un simile partito di centro? Cosa farebbe delle leggi-vergogna e ad personam del governo Berlusconi che Alleanza nazionale come l’Unione di centro hanno approvato e sostenuto fino a ieri? E quale sarebbe il suo rapporto con l’Europa e con la politica americana di George W. Bush? Sarebbe un partito atlantico che accantona i problemi posti dal nuovo disordine internazionale, dall’incapacità propria dell’intero Occidente di affrontare il divario Nord-Sud e la scelta drammatica tra la guerra e la pace?
(Montaggio di diversi articoli apparsi su L’Unità, Liberazione e Il Riformista)
domenica, agosto 28, 2005
MEDITAZIONE - 28/8/05
L’UNITA’ on-line 28-8
EDITORIALE
Abolire la destra
di Furio Colombo
Non lo stanno chiedendo fanatici di sinistra. Lo stanno facendo loro. Anzi lo fanno già da un pezzo. Non c’è più destra, ve ne siete accorti? Ci sono i moderati, che comprendono persino Calderoli e Castelli. C’è il Centro che rigorosamente sostiene la guerra e denigra i pacifisti. Ci sono i liberali-liberisti, che, sia pure con un po’ di confusione di parole, vogliono sempre la stessa cosa: il mercato, invocato su tutto, Costa d’Avorio e Sudan inclusi, come la grande risposta, anzi il miracolo che non fallisce mai. Questa è la parte buona della bipartizione politica.
Poi c’è una sinistra colpevole di tutto. Se è cattolica, si tratta dei “cattolici adulti” cui dedica il suo umore sprezzante il presidente del Senato Pera. Se è moderata, ha due sole scelte. O non è abbastanza moderata da coincidere con una delle categorie “buone” descritte prima («Coraggio, un po’ più di innovazione, di modernità, di licenziamenti, di mercato») o si tratta di un camuffamento non riuscito, una striminzita pelle di pecora su un lupo così famelico da voler ancora difendere i sindacati.
Se qualcuno si azzarda a criticare in modo netto e deciso la “parte buona” della vita politica, per qualsiasi ragione (mettiamo clamorose illegalità, mettiamo vergognose leggi, mettiamo processi evitati e risolti attraverso la Commissione Giustizia del Parlamento che è anche il collegio di avvocati personali del Premier) allora è senza dubbio estremista.
Non riconoscete in questa descrizione l’immagine della politica italiana secondo la grande stampa e i più autorevoli talk show?
Guardate bene. In questo quadro la destra non esiste. Esiste solo la sinistra, che è infida, forse amica del terrorismo. Deve sempre pentirsi di qualcosa, e che abbia una buona volta il coraggio di farlo, forte e chiaro, davanti a tutti.
L’operazione è astuta perché conta sui mezzi di comunicazione di massa che stanno al gioco.
Funziona perché, una volta ridotto il quadro di ciò che si vede alle nuove dimensioni (o meglio: spostata la scena), la destra, che pure è rimasta più che mai rigorosamente destra e non ha rinunciato proprio a nulla dei suoi programmi più estremi, appare “moderata”. E la sinistra, per quanto si limiti, si autocontrolli, si comporti bene per farsi accettare, rivela, sempre, con qualche lapsus, di non avere abbandonato alcune follie, come l’idea fissa di uguaglianza, il mito della legalità, l’ossessione, che viene fatta apparire sempre più torva e sospetta, di difendere il lavoro come diritto fondamentale del cittadino.
Alla sinistra viene imposto uno stivaletto malese nel quale, se vuole un minimo di rispetto, deve restringere le sue aspirazioni e i suoi programmi.
Vengono anche assegnati dei leader. Se non apprezzate Tony Blair e il suo fanciullesco entusiasmo per la guerra fondata su carte false e corredata di centomila morti, a cui se ne aggiungono, da due anni, trenta al giorno, siete un poco di buono, certamente privo di cultura di governo.
Quanto agli ideali, ci viene detto di non far ridere la nostra austera controparte che è la parte buona, moderata e affidabile della società moderna. Vorrei ricordare un passaggio esemplare del tristemente memorabile discorso di Marcello Pera a Rimini. Per bollare l’iniquità morale di coloro che non stanno con lui ha detto che «si nascondono dietro gli ideali».
“Ideali” diventa una parola a luci rosse per coloro che dicono - con virile realismo - che la guerra è guerra, il mercato è mercato, il potere è potere. E se non capisci che ti conviene stare dalla parte giusta, sei sciocco o pericoloso.
Questo è il momento di rafforzare il recinto con la balaustra della religione. Se avete la vostra idea di verità, di libertà, di decenza, di giustizia, siete relativisti. Il relativismo, che secondo qualunque voce filosofica, in qualunque dizionario, è il legame che unisce la libertà alla democrazia, in questa nuova versione della vita politica diventa un pericolo mortale perché scardina l’identità (vi immaginate la mia identità insieme a quella di Borghezio?) e mette in pericolo la verità. È possibile che un solo ragazzo o ragazza credente del meeting di Comunione e Liberazione voglia vivere con la «fede fai da te» (citazione di Papa Ratzinger) di Marcello Pera, che era un laico arrabbiato poco prima della sua conversione politica, dunque predicatore di una verità raccolta per convenienza?
Da molti anni non mi invitano a Rimini, non so immaginare i cambiamenti. Eppure non credo che di Pera abbiano apprezzato l’invocazione alla guerra, da fare adesso, qui e subito, anche se non si sa contro chi. E l’appello alla caccia contro gli infedeli.
Ma il nuovo recinto rafforza l’altro, quello della finzione politica, che vuole i moderati da un lato (niente destra) e tutta la sinistra, più o meno “estremista”, dall’altro. E dunque se sei di “sinistra” e se per giunta insisti nell’essere relativista, nel senso che continui a rispettare l’identità e la verità degli altri, allora sei davvero un pericolo. E per fortuna che ci sono ancora dei bravi rivoluzionari di una volta che invece accettano il gioco dei talk show, contestano le “testate omicide” (lo ricordate? Lo dicevano, e lo lasciavano dire, de l’Unità senza alcun imbarazzo), conversano bonari con i “moderati” della grande mascherata di destra, e non si fanno trovare mai nel luogo o nell’atteggiamento sbagliato.
Ecco svelato il gioco. La nuova destra - da quella violenta della guerra dovunque, a quella del radere al suolo ogni residua difesa non solo del lavoro ma anche della decenza e della responsabilità delle imprese - si presenta come il centro ragionevole della modernità. Ogni spostamento, un passo più in là, è rivoluzione.
Opporsi a questo gioco vuol dire che «quelli di sinistra hanno perso il pelo ma non il vizio».
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CITAZIONI
Risiko bancario, politica degli ostaggi in Iraq: due fattispecie lontanissime per argomento l'una dall'altra, ma unificate da un effetto di grave caduta della credibilità del nostro Paese sul mercato finanziario e nella politica estera. Ho scritto più volte che siamo da quattro anni governati da un gruppo di dilettanti avventuristi. Purtroppo se ne ha ogni giorno la deprimente conferma.
(Eugenio Scalfari, Repubblica 28-8)
-=oOo=-
La figura che lungo gli anni è stata modello per tanti è Berlusconi. Egli è stato ed è esempio d'una classe dirigente liberata da orpelli, responsabilità. Il mezzo è la privatizzazione del pulpito, degli onori, dell'edificio stesso da cui si governa. L'interesse particolare e privato prevale su quello generale, nazionale. La critica a chi coltiva quest'autonomia privatizzata è considerata lesa maestà, demonizzazione dell'avversario: l'infamia, abbiamo visto, ben può accordarsi con la dignità del comando, simultaneamente sfruttata e negata. Ogni particulare, scheggia impazzita, adotta per sé il motto: «Muoia Sansone e tutti i filistei!». Ognuno fa leva più sul proprio potere di nuocere, che su quello di edificare.
(Barbara Spinelli, Stampa 28-8)
EDITORIALE
Abolire la destra
di Furio Colombo
Non lo stanno chiedendo fanatici di sinistra. Lo stanno facendo loro. Anzi lo fanno già da un pezzo. Non c’è più destra, ve ne siete accorti? Ci sono i moderati, che comprendono persino Calderoli e Castelli. C’è il Centro che rigorosamente sostiene la guerra e denigra i pacifisti. Ci sono i liberali-liberisti, che, sia pure con un po’ di confusione di parole, vogliono sempre la stessa cosa: il mercato, invocato su tutto, Costa d’Avorio e Sudan inclusi, come la grande risposta, anzi il miracolo che non fallisce mai. Questa è la parte buona della bipartizione politica.
Poi c’è una sinistra colpevole di tutto. Se è cattolica, si tratta dei “cattolici adulti” cui dedica il suo umore sprezzante il presidente del Senato Pera. Se è moderata, ha due sole scelte. O non è abbastanza moderata da coincidere con una delle categorie “buone” descritte prima («Coraggio, un po’ più di innovazione, di modernità, di licenziamenti, di mercato») o si tratta di un camuffamento non riuscito, una striminzita pelle di pecora su un lupo così famelico da voler ancora difendere i sindacati.
Se qualcuno si azzarda a criticare in modo netto e deciso la “parte buona” della vita politica, per qualsiasi ragione (mettiamo clamorose illegalità, mettiamo vergognose leggi, mettiamo processi evitati e risolti attraverso la Commissione Giustizia del Parlamento che è anche il collegio di avvocati personali del Premier) allora è senza dubbio estremista.
Non riconoscete in questa descrizione l’immagine della politica italiana secondo la grande stampa e i più autorevoli talk show?
Guardate bene. In questo quadro la destra non esiste. Esiste solo la sinistra, che è infida, forse amica del terrorismo. Deve sempre pentirsi di qualcosa, e che abbia una buona volta il coraggio di farlo, forte e chiaro, davanti a tutti.
L’operazione è astuta perché conta sui mezzi di comunicazione di massa che stanno al gioco.
Funziona perché, una volta ridotto il quadro di ciò che si vede alle nuove dimensioni (o meglio: spostata la scena), la destra, che pure è rimasta più che mai rigorosamente destra e non ha rinunciato proprio a nulla dei suoi programmi più estremi, appare “moderata”. E la sinistra, per quanto si limiti, si autocontrolli, si comporti bene per farsi accettare, rivela, sempre, con qualche lapsus, di non avere abbandonato alcune follie, come l’idea fissa di uguaglianza, il mito della legalità, l’ossessione, che viene fatta apparire sempre più torva e sospetta, di difendere il lavoro come diritto fondamentale del cittadino.
Alla sinistra viene imposto uno stivaletto malese nel quale, se vuole un minimo di rispetto, deve restringere le sue aspirazioni e i suoi programmi.
Vengono anche assegnati dei leader. Se non apprezzate Tony Blair e il suo fanciullesco entusiasmo per la guerra fondata su carte false e corredata di centomila morti, a cui se ne aggiungono, da due anni, trenta al giorno, siete un poco di buono, certamente privo di cultura di governo.
Quanto agli ideali, ci viene detto di non far ridere la nostra austera controparte che è la parte buona, moderata e affidabile della società moderna. Vorrei ricordare un passaggio esemplare del tristemente memorabile discorso di Marcello Pera a Rimini. Per bollare l’iniquità morale di coloro che non stanno con lui ha detto che «si nascondono dietro gli ideali».
“Ideali” diventa una parola a luci rosse per coloro che dicono - con virile realismo - che la guerra è guerra, il mercato è mercato, il potere è potere. E se non capisci che ti conviene stare dalla parte giusta, sei sciocco o pericoloso.
Questo è il momento di rafforzare il recinto con la balaustra della religione. Se avete la vostra idea di verità, di libertà, di decenza, di giustizia, siete relativisti. Il relativismo, che secondo qualunque voce filosofica, in qualunque dizionario, è il legame che unisce la libertà alla democrazia, in questa nuova versione della vita politica diventa un pericolo mortale perché scardina l’identità (vi immaginate la mia identità insieme a quella di Borghezio?) e mette in pericolo la verità. È possibile che un solo ragazzo o ragazza credente del meeting di Comunione e Liberazione voglia vivere con la «fede fai da te» (citazione di Papa Ratzinger) di Marcello Pera, che era un laico arrabbiato poco prima della sua conversione politica, dunque predicatore di una verità raccolta per convenienza?
Da molti anni non mi invitano a Rimini, non so immaginare i cambiamenti. Eppure non credo che di Pera abbiano apprezzato l’invocazione alla guerra, da fare adesso, qui e subito, anche se non si sa contro chi. E l’appello alla caccia contro gli infedeli.
Ma il nuovo recinto rafforza l’altro, quello della finzione politica, che vuole i moderati da un lato (niente destra) e tutta la sinistra, più o meno “estremista”, dall’altro. E dunque se sei di “sinistra” e se per giunta insisti nell’essere relativista, nel senso che continui a rispettare l’identità e la verità degli altri, allora sei davvero un pericolo. E per fortuna che ci sono ancora dei bravi rivoluzionari di una volta che invece accettano il gioco dei talk show, contestano le “testate omicide” (lo ricordate? Lo dicevano, e lo lasciavano dire, de l’Unità senza alcun imbarazzo), conversano bonari con i “moderati” della grande mascherata di destra, e non si fanno trovare mai nel luogo o nell’atteggiamento sbagliato.
Ecco svelato il gioco. La nuova destra - da quella violenta della guerra dovunque, a quella del radere al suolo ogni residua difesa non solo del lavoro ma anche della decenza e della responsabilità delle imprese - si presenta come il centro ragionevole della modernità. Ogni spostamento, un passo più in là, è rivoluzione.
Opporsi a questo gioco vuol dire che «quelli di sinistra hanno perso il pelo ma non il vizio».
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CITAZIONI
Risiko bancario, politica degli ostaggi in Iraq: due fattispecie lontanissime per argomento l'una dall'altra, ma unificate da un effetto di grave caduta della credibilità del nostro Paese sul mercato finanziario e nella politica estera. Ho scritto più volte che siamo da quattro anni governati da un gruppo di dilettanti avventuristi. Purtroppo se ne ha ogni giorno la deprimente conferma.
(Eugenio Scalfari, Repubblica 28-8)
-=oOo=-
La figura che lungo gli anni è stata modello per tanti è Berlusconi. Egli è stato ed è esempio d'una classe dirigente liberata da orpelli, responsabilità. Il mezzo è la privatizzazione del pulpito, degli onori, dell'edificio stesso da cui si governa. L'interesse particolare e privato prevale su quello generale, nazionale. La critica a chi coltiva quest'autonomia privatizzata è considerata lesa maestà, demonizzazione dell'avversario: l'infamia, abbiamo visto, ben può accordarsi con la dignità del comando, simultaneamente sfruttata e negata. Ogni particulare, scheggia impazzita, adotta per sé il motto: «Muoia Sansone e tutti i filistei!». Ognuno fa leva più sul proprio potere di nuocere, che su quello di edificare.
(Barbara Spinelli, Stampa 28-8)
sabato, agosto 27, 2005
MEDITAZIONE - 27/8/05
L’UNITA’ on-line 27-8
EDITORIALE
Fra Giuliano da Rimini
IL centrodestra ha fallito e non ha una sola possibilità di essere riconfermato al comando di questo paese – e Ferrara si ricicla
di Lidia Ravera
«Fa impressione vedere un ateo grande e grosso confessare in pubblico di essere diventato credente», scrive Renato Farina su Libero, dopo aver assistito, nel corso dell’adunata di Comunione e Liberazione, al miracolo annunciato del Nuovo Corso di Giuliano Ferrara, la sua terza primavera, quella dedicata al sostegno di Dio, essendo il comunismo da lunga pezza ripudiato e Berlusconi, di recente entrato in zona rischio, da ripudiare, o almeno da accoppiare a qualche leader storico meglio radicato nei precordi dei votanti. Lo spettacolo deve essere stato davvero commovente: «tremila persone dentro e altre cinquemila fuori» dal Palazzetto dello Sport e «tutti lo volevano baciare». Posso capirli.
Anch'io, fossi stata lì, un po’ di feste gliele avrei fatte. Ferrara è un uomo magnifico, gioca con i princìpi, con le idee, con le filosofie quasi che la scena (modesta) della politica italiana fosse una gigantesca nursery, dove costruire e disfare cosmogonie, come un bambino iperattivo con i mattoncini del lego. Ha detto, dal palco, che, osservando la realtà, «si scorge un disegno», il credulo Farina è salito sul podio a orazione conclusa e ha azzardato una domanda in privato: «Se c'è un disegno è ragionevole dire che c'è un disegnatore?». «Sì», ha risposto a bassa voce, il neocredente Ferrara, «è ragionevole dire che Dio c'è». Non lo ha nominato nel suo intervento urbi et orbi per «una specie di supremo pudore» (Farina: ironico?), ma ne ha decretato, cortesemente, l'esistenza. E da questa rivelazione, ovviamente, ha fatto discendere che i matrimoni tra omosessuali scardinano la società, che l'embrione è una persona, che Ratzinger è meglio di Vattimo, che Umberto Eco non è granché e così via in uno stravagante catechismo da salotto non privo di fascino mondano.
Le masse cielline fremevano, con ardore pari al peso specifico del figliol prodigo. Un laico convertito vale più di un cattolico di lunga data, come Renato Farina, coerente e lineare.
Si moltiplicheranno adesioni ed emozioni. Ancora una volta tocca riconoscere che quella della superiore intelligenza di Giuliano Ferrara non è una leggenda metropolitana, messa in giro da chi tende a sovrastimare un corretto uso dei congiuntivi, bensì una realtà con cui fare i conti. Io non me ne intendo di segreti disegni e Altissimi Disegnatori, ma il modesto schizzo che sottende le neo-con/versioni risalta - ahimè - chiarissimo: politicamente, economicamente, sul piano della qualità della vita, il centrodestra ha fallito, ha tradito la fiducia di chi l'ha votato e ha confermato le prevenzioni di chi l'ha ostacolato. Concretamente, nella polverosa verità delle condizioni materiali, non ha una sola possibilità di essere riconfermato al comando di questo paese prossimo al naufragio.
Meglio assurgere al cielo, allora. Provare a vestire i panni dell'agnello, riempirsi le fauci di parole rassicuranti, mostrare l'anima per far dimenticare la faccia, ancorarsi ad antiche certezze per gestire positivamente il senso di insicurezza e precarietà che attanaglia i cittadini. La religione cattolica, con i suoi codici, i suoi anatemi, i suoi decaloghi, le sue tavole delle leggi è perfetta per lo scopo. Con poca spesa si passa per buoni, basta decidere che cattivi sono gli altri. Si può recitare la parte dei difensori della famiglia, dei diritti del nascituro fin da quando è soltanto un'intenzione, della società dalla degenerazione laica narcisista e relativista.
Se nessuno si azzarda a ricordare l'elogio della competizione liberal (vinca il più forte, non proprio un principio evangelico), se si tace dei tagli al welfare (chi non ce la fa, sono cavoli suoi), se non si riflette sulle sanatorie, le leggi ad personam, la passione miliardaria circonfusa di frodi, il paese-azienda che licenzia la solidarietà come un cascame dell'ozio assistito di tradizione comunista e tutti gli altri piccoli grandi peccatucci del centrodestra, se si tace sulla guerra (contro la quale il povero Giovanni Paolo Secondo si è sgolato ininterrottamente negli ultimi dieci anni del suo Pontificato) si può anche entrare, in un solenne strepito di campane, nella nutrita schiera dei fedeli. È ridiventata una mossa lungimirante, in questi tempi di generale smarrimento, professarsi cattolici osservanti, soldati di cristo, crociati.
George W. Bush è riuscito a farsi riconfermare presidente degli Stati Uniti restando, eroicamente, per mesi, in posa nel Presepe Universale, a cincischiare paroline dolci come Patria, Princìpi, Famiglia, Amore e Chiesa. A che cosa aspira Giuliano Ferrara, con questa svolta mistica? Chi l'ha folgorato sulla via di Rimini?
Sono domande indegne, lo so, domande che non rispettano i misteriosi borborigmi di un'anima, ma io vorrei sapere quanto rischiamo se, in mancanza di personale politico qualificato, Ferrara consiglia al suo Assistito di presentare alle Primarie il Padreterno.
EDITORIALE
Fra Giuliano da Rimini
IL centrodestra ha fallito e non ha una sola possibilità di essere riconfermato al comando di questo paese – e Ferrara si ricicla
di Lidia Ravera
«Fa impressione vedere un ateo grande e grosso confessare in pubblico di essere diventato credente», scrive Renato Farina su Libero, dopo aver assistito, nel corso dell’adunata di Comunione e Liberazione, al miracolo annunciato del Nuovo Corso di Giuliano Ferrara, la sua terza primavera, quella dedicata al sostegno di Dio, essendo il comunismo da lunga pezza ripudiato e Berlusconi, di recente entrato in zona rischio, da ripudiare, o almeno da accoppiare a qualche leader storico meglio radicato nei precordi dei votanti. Lo spettacolo deve essere stato davvero commovente: «tremila persone dentro e altre cinquemila fuori» dal Palazzetto dello Sport e «tutti lo volevano baciare». Posso capirli.
Anch'io, fossi stata lì, un po’ di feste gliele avrei fatte. Ferrara è un uomo magnifico, gioca con i princìpi, con le idee, con le filosofie quasi che la scena (modesta) della politica italiana fosse una gigantesca nursery, dove costruire e disfare cosmogonie, come un bambino iperattivo con i mattoncini del lego. Ha detto, dal palco, che, osservando la realtà, «si scorge un disegno», il credulo Farina è salito sul podio a orazione conclusa e ha azzardato una domanda in privato: «Se c'è un disegno è ragionevole dire che c'è un disegnatore?». «Sì», ha risposto a bassa voce, il neocredente Ferrara, «è ragionevole dire che Dio c'è». Non lo ha nominato nel suo intervento urbi et orbi per «una specie di supremo pudore» (Farina: ironico?), ma ne ha decretato, cortesemente, l'esistenza. E da questa rivelazione, ovviamente, ha fatto discendere che i matrimoni tra omosessuali scardinano la società, che l'embrione è una persona, che Ratzinger è meglio di Vattimo, che Umberto Eco non è granché e così via in uno stravagante catechismo da salotto non privo di fascino mondano.
Le masse cielline fremevano, con ardore pari al peso specifico del figliol prodigo. Un laico convertito vale più di un cattolico di lunga data, come Renato Farina, coerente e lineare.
Si moltiplicheranno adesioni ed emozioni. Ancora una volta tocca riconoscere che quella della superiore intelligenza di Giuliano Ferrara non è una leggenda metropolitana, messa in giro da chi tende a sovrastimare un corretto uso dei congiuntivi, bensì una realtà con cui fare i conti. Io non me ne intendo di segreti disegni e Altissimi Disegnatori, ma il modesto schizzo che sottende le neo-con/versioni risalta - ahimè - chiarissimo: politicamente, economicamente, sul piano della qualità della vita, il centrodestra ha fallito, ha tradito la fiducia di chi l'ha votato e ha confermato le prevenzioni di chi l'ha ostacolato. Concretamente, nella polverosa verità delle condizioni materiali, non ha una sola possibilità di essere riconfermato al comando di questo paese prossimo al naufragio.
Meglio assurgere al cielo, allora. Provare a vestire i panni dell'agnello, riempirsi le fauci di parole rassicuranti, mostrare l'anima per far dimenticare la faccia, ancorarsi ad antiche certezze per gestire positivamente il senso di insicurezza e precarietà che attanaglia i cittadini. La religione cattolica, con i suoi codici, i suoi anatemi, i suoi decaloghi, le sue tavole delle leggi è perfetta per lo scopo. Con poca spesa si passa per buoni, basta decidere che cattivi sono gli altri. Si può recitare la parte dei difensori della famiglia, dei diritti del nascituro fin da quando è soltanto un'intenzione, della società dalla degenerazione laica narcisista e relativista.
Se nessuno si azzarda a ricordare l'elogio della competizione liberal (vinca il più forte, non proprio un principio evangelico), se si tace dei tagli al welfare (chi non ce la fa, sono cavoli suoi), se non si riflette sulle sanatorie, le leggi ad personam, la passione miliardaria circonfusa di frodi, il paese-azienda che licenzia la solidarietà come un cascame dell'ozio assistito di tradizione comunista e tutti gli altri piccoli grandi peccatucci del centrodestra, se si tace sulla guerra (contro la quale il povero Giovanni Paolo Secondo si è sgolato ininterrottamente negli ultimi dieci anni del suo Pontificato) si può anche entrare, in un solenne strepito di campane, nella nutrita schiera dei fedeli. È ridiventata una mossa lungimirante, in questi tempi di generale smarrimento, professarsi cattolici osservanti, soldati di cristo, crociati.
George W. Bush è riuscito a farsi riconfermare presidente degli Stati Uniti restando, eroicamente, per mesi, in posa nel Presepe Universale, a cincischiare paroline dolci come Patria, Princìpi, Famiglia, Amore e Chiesa. A che cosa aspira Giuliano Ferrara, con questa svolta mistica? Chi l'ha folgorato sulla via di Rimini?
Sono domande indegne, lo so, domande che non rispettano i misteriosi borborigmi di un'anima, ma io vorrei sapere quanto rischiamo se, in mancanza di personale politico qualificato, Ferrara consiglia al suo Assistito di presentare alle Primarie il Padreterno.
venerdì, agosto 26, 2005
RESISTENZA - 26/8/05
(NOTA -- Oggi tutto piatto e scolorito -- BLOGGER fa i capricci)
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REPUBBLICA on-line 26-8
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Sarà per il 2006
"Nell'ufficio del ministero dell'Economia c'è la scrivania di Quintino Sella: quella scrivania sarebbe da me liberata se il pareggio di bilancio non fosse raggiunto nel 2003".
(Giulio Tremonti, ministro dell'Economia, 11 luglio 2001).
"Nel 2005 il potere d'acquisto reale aumenterà del 2.2 per cento: un aumento spontaneo dello 0.7 per cento, più un altro 0.7 derivante dal blocco dei prezzi, più un altro 0.8 per cento derivante dalla riforma fiscale. Sarà questo il motore in grado di far aumentare la fiducia delle famiglie".
(Silvio Berlusconi, 17 settembre 2004).
"Il 2005 sarà sicuramente migliore del 2004. Sarà l'anno della svolta. Sono ottimista sulla crescita, sui consumi, sulla possibilità di diminuire ancora spese improduttive e tasse per i cittadini. Le tasse su cui può influire il governo non aumenteranno. E poi trasformeremo l'Italia in un grande cantiere".
(Silvio Berlusconi, 30 dicembre 2004).
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ESPRESSO on-line 26-8
“Arricchitevi!”
Parola di Berlusconi, e tra malaffare e sprechi l'Italia non va
Con le cartolarizzazioni è nata una generazione di milionari che ha comprato palazzi a prezzi stracciati per rivenderli a prezzi altissimi
Giorgio Bocca
Ai campionati mondiali di Helsinki lo sport italiano ha fatto una figura penosa, una medaglia e prestazioni indecenti, atleti che disertano le gare. È un caso? Nel calcio un marciume incontenibile assurdo. Presidenti di società, come quelli del Perugia, del Genova, del Torino, che pur essendo imprenditori di successo frodano il Fisco per decine di milioni, comperano le partite, anche se hanno le squadre più forti, gli allenatori migliori.
Giocatori pagatissimi fanno soldi con le scommesse clandestine, cioè ingannando le loro società, i tifosi e persino gli amici e i parenti. È notorio che i mercanti di giocatori di calcio hanno messo su delle organizzazioni schiavistiche e il giocatore che si rifiuta di entrare nella loro combine può giocare 'nel giardino di casa sua'. C'è una regola di gran moda fra gli imprenditori rampanti: 'Fare squadra'. In pratica vuol dire fare clan, fare cosca, fare compagnia a delinquere.
Sarà un caso, ma questo sport corrotto se ne torna dai campionati mondiali di Helsinki con la magra più umiliante della sua storia. A Napoli, ma anche a Milano, medici e farmacisti fanno a gara a chi ruba di più. Non medici di seconda fila, non farmacisti poveri, ma primari di fama, commercianti affermati.
Nel trasporto dei rifiuti industriali la differenza fra le imprese legali e quelle mafiose o camorriste è praticamente inesistente, dal Garigliano al Tevere rubano sui rifiuti nucleari, ufficiali di Stato maggiore, banchieri come capi bastone e pregiudicati di bassa leva. Da tutte le province del Meridione è in corso la fuga degli ammalati di cancro verso il Nord. I politici discutono di nuovo di questione morale dopo aver tentato di sotterrare Mani pulite. E si accorgono che la situazione è peggiorata, che la politica si è trasformata in lobby affaristica, non più corruttrice dell'imprenditoria e della finanza, ma parte integrante e motrice della corruzione. Sono i politici che moltiplicano le spese e le tangenti con un aumento continuo dei posti e delle retribuzioni.
Pare ormai dominante una concezione statale dell'economia: è la finanza pubblica che deve provvedere alla crescita continua delle prebende. Si vende lo Stato a pezzi con una operazione chiamata cartolarizzazione, ma buona parte degli incassi finisce nelle tasche degli immobiliaristi che hanno amici nella pubblica amministrazione.
È sorta una generazione di milionari che hanno acquistato palazzi e case a prezzi stracciati e li hanno subito rivenduti a prezzi altissimi. Nessuno ha capito perché mai la pubblica amministrazione abbia rinunciato a fare in proprio questi affari colossali e secondo quali criteri abbia scelto gli immobiliaristi.
È passata una legge truffa, la legge che progetta grandiose opere pubbliche senza avere i soldi per costruirle e ha coperto il suolo di cantieri che non si sa quando avranno compiuto le loro opere. Si è assistito in questi anni al più grande spreco di cemento armato, le opere per l'alta velocità ferroviaria, i raccordi, i ponti, le trincee hanno sventrato la pianura fra Torino e Novara. Tutti progettano nuove strade inutili, adesso è la volta dell'autostrada Parma-Mantova che risponderebbe a questa urgente necessità economica: convogliare i turisti tedeschi verso la Cisa, cioè verso la Riviera ligure di levante già affollatissima. Secondo il principio assurdo di investire dove la congestione è già massima. E con la Parma-Mantova dovrebbe arrivare anche la seconda autostrada del Nord, da Brescia a Novara, con altri fiumi di cemento.
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MEDITAZIONE - 26/8/05
SIAMO TUTTI METICCI
MESSAGGERO 26-8
Il ministro Pisanu risponde a Pera
L’Islam non è terrorismo
ROMA - Il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu corregge il presidente del Senato, Marcello Pera.
Le parole di Pisanu. «Siamo tutti meticci, l’Islam non è terrorismo, è sbagliato affermare che Islam e terrorismo siano la stessa cosa». Così il responsabile del Viminale si è espresso al Meeting di Comunione e Liberazione in svolgimento a Rimini.
Una replica a Pera. Una replica puntuta alle affermazioni di qualche giorno prima di Pera, secondo il quale l’Occidente deve difendere la propria identità altrimenti «arriva il meticciato».
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IL “discorso a Pera” spiegato al popolo
Il neoconservatorismo degli States sta facendo breccia in Europa
Secondo Pera i credenti cristiani - cioè, almeno in Italia, soprattutto cattolici - e i «laici» debbono unirsi per difendere la comune «civiltà occidentale».
Non scherziamo con queste pretese, non sottovalutiamole, non lasciamoci ingannare dalla loro intrinseca debolezza concettuale. Dopo il «pensiero debole», siamo al «pensiero vuoto» che però è fortissimo nella misura in cui pretende di fornire legittimità intellettuale alla forza del danaro, del mercato e delle armi manovrata dalle élites finanziarie e imprenditoriali che stanno occupando direttamente le leve di governo della superpotenza e di molti paesi dell’Occidente.
Siamo in altri termini di fronte alla costruzione sistematica di un nuovo totalitarismo, che demonizza come «relativistica» qualunque forma di vita e di pensiero diversa da quella che ha scelto e che pretende di monopolizzare la ricerca del bene su questa terra bollando come «barbara» o «tirannica» qualunque altra forma di pensiero o di proposta religiosa, civile e sociale.
La mistificazione tentata dal Pera a Rimini sta proprio qui.
(Da un saggio di Franco Cardini pubblicato su L’Unità)
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REPUBBLICA on-line 26-8
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Sarà per il 2006
"Nell'ufficio del ministero dell'Economia c'è la scrivania di Quintino Sella: quella scrivania sarebbe da me liberata se il pareggio di bilancio non fosse raggiunto nel 2003".
(Giulio Tremonti, ministro dell'Economia, 11 luglio 2001).
"Nel 2005 il potere d'acquisto reale aumenterà del 2.2 per cento: un aumento spontaneo dello 0.7 per cento, più un altro 0.7 derivante dal blocco dei prezzi, più un altro 0.8 per cento derivante dalla riforma fiscale. Sarà questo il motore in grado di far aumentare la fiducia delle famiglie".
(Silvio Berlusconi, 17 settembre 2004).
"Il 2005 sarà sicuramente migliore del 2004. Sarà l'anno della svolta. Sono ottimista sulla crescita, sui consumi, sulla possibilità di diminuire ancora spese improduttive e tasse per i cittadini. Le tasse su cui può influire il governo non aumenteranno. E poi trasformeremo l'Italia in un grande cantiere".
(Silvio Berlusconi, 30 dicembre 2004).
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ESPRESSO on-line 26-8
“Arricchitevi!”
Parola di Berlusconi, e tra malaffare e sprechi l'Italia non va
Con le cartolarizzazioni è nata una generazione di milionari che ha comprato palazzi a prezzi stracciati per rivenderli a prezzi altissimi
Giorgio Bocca
Ai campionati mondiali di Helsinki lo sport italiano ha fatto una figura penosa, una medaglia e prestazioni indecenti, atleti che disertano le gare. È un caso? Nel calcio un marciume incontenibile assurdo. Presidenti di società, come quelli del Perugia, del Genova, del Torino, che pur essendo imprenditori di successo frodano il Fisco per decine di milioni, comperano le partite, anche se hanno le squadre più forti, gli allenatori migliori.
Giocatori pagatissimi fanno soldi con le scommesse clandestine, cioè ingannando le loro società, i tifosi e persino gli amici e i parenti. È notorio che i mercanti di giocatori di calcio hanno messo su delle organizzazioni schiavistiche e il giocatore che si rifiuta di entrare nella loro combine può giocare 'nel giardino di casa sua'. C'è una regola di gran moda fra gli imprenditori rampanti: 'Fare squadra'. In pratica vuol dire fare clan, fare cosca, fare compagnia a delinquere.
Sarà un caso, ma questo sport corrotto se ne torna dai campionati mondiali di Helsinki con la magra più umiliante della sua storia. A Napoli, ma anche a Milano, medici e farmacisti fanno a gara a chi ruba di più. Non medici di seconda fila, non farmacisti poveri, ma primari di fama, commercianti affermati.
Nel trasporto dei rifiuti industriali la differenza fra le imprese legali e quelle mafiose o camorriste è praticamente inesistente, dal Garigliano al Tevere rubano sui rifiuti nucleari, ufficiali di Stato maggiore, banchieri come capi bastone e pregiudicati di bassa leva. Da tutte le province del Meridione è in corso la fuga degli ammalati di cancro verso il Nord. I politici discutono di nuovo di questione morale dopo aver tentato di sotterrare Mani pulite. E si accorgono che la situazione è peggiorata, che la politica si è trasformata in lobby affaristica, non più corruttrice dell'imprenditoria e della finanza, ma parte integrante e motrice della corruzione. Sono i politici che moltiplicano le spese e le tangenti con un aumento continuo dei posti e delle retribuzioni.
Pare ormai dominante una concezione statale dell'economia: è la finanza pubblica che deve provvedere alla crescita continua delle prebende. Si vende lo Stato a pezzi con una operazione chiamata cartolarizzazione, ma buona parte degli incassi finisce nelle tasche degli immobiliaristi che hanno amici nella pubblica amministrazione.
È sorta una generazione di milionari che hanno acquistato palazzi e case a prezzi stracciati e li hanno subito rivenduti a prezzi altissimi. Nessuno ha capito perché mai la pubblica amministrazione abbia rinunciato a fare in proprio questi affari colossali e secondo quali criteri abbia scelto gli immobiliaristi.
È passata una legge truffa, la legge che progetta grandiose opere pubbliche senza avere i soldi per costruirle e ha coperto il suolo di cantieri che non si sa quando avranno compiuto le loro opere. Si è assistito in questi anni al più grande spreco di cemento armato, le opere per l'alta velocità ferroviaria, i raccordi, i ponti, le trincee hanno sventrato la pianura fra Torino e Novara. Tutti progettano nuove strade inutili, adesso è la volta dell'autostrada Parma-Mantova che risponderebbe a questa urgente necessità economica: convogliare i turisti tedeschi verso la Cisa, cioè verso la Riviera ligure di levante già affollatissima. Secondo il principio assurdo di investire dove la congestione è già massima. E con la Parma-Mantova dovrebbe arrivare anche la seconda autostrada del Nord, da Brescia a Novara, con altri fiumi di cemento.
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MEDITAZIONE - 26/8/05
SIAMO TUTTI METICCI
MESSAGGERO 26-8
Il ministro Pisanu risponde a Pera
L’Islam non è terrorismo
ROMA - Il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu corregge il presidente del Senato, Marcello Pera.
Le parole di Pisanu. «Siamo tutti meticci, l’Islam non è terrorismo, è sbagliato affermare che Islam e terrorismo siano la stessa cosa». Così il responsabile del Viminale si è espresso al Meeting di Comunione e Liberazione in svolgimento a Rimini.
Una replica a Pera. Una replica puntuta alle affermazioni di qualche giorno prima di Pera, secondo il quale l’Occidente deve difendere la propria identità altrimenti «arriva il meticciato».
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IL “discorso a Pera” spiegato al popolo
Il neoconservatorismo degli States sta facendo breccia in Europa
Secondo Pera i credenti cristiani - cioè, almeno in Italia, soprattutto cattolici - e i «laici» debbono unirsi per difendere la comune «civiltà occidentale».
Non scherziamo con queste pretese, non sottovalutiamole, non lasciamoci ingannare dalla loro intrinseca debolezza concettuale. Dopo il «pensiero debole», siamo al «pensiero vuoto» che però è fortissimo nella misura in cui pretende di fornire legittimità intellettuale alla forza del danaro, del mercato e delle armi manovrata dalle élites finanziarie e imprenditoriali che stanno occupando direttamente le leve di governo della superpotenza e di molti paesi dell’Occidente.
Siamo in altri termini di fronte alla costruzione sistematica di un nuovo totalitarismo, che demonizza come «relativistica» qualunque forma di vita e di pensiero diversa da quella che ha scelto e che pretende di monopolizzare la ricerca del bene su questa terra bollando come «barbara» o «tirannica» qualunque altra forma di pensiero o di proposta religiosa, civile e sociale.
La mistificazione tentata dal Pera a Rimini sta proprio qui.
(Da un saggio di Franco Cardini pubblicato su L’Unità)
giovedì, agosto 25, 2005
RESISTENZA - 25/8/05
L’UNITA’ on-line 25-8
BANNER
Programma di governo. «Effetto ricrescita: Silvio Berlusconi conta di fare dei suoi capelli ricresciuti il primo testimonial a dimostrazione, in concreto, che si sono fatti passi avanti dal 2001 a oggi».
Libero, Dossier “Verso le elezioni”, 23 agosto
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STAMPA
EDITORIALE
Il voto anticipato aiuterebbe il cavaliere
di Riccardo Barenghi
E se si votasse in autunno? Eventualità improbabile ma a questo punto non impossibile vista anche una situazione politica che precipita in polemiche e risse giorno per giorno, a destra come a sinistra. Le elezioni anticipate dovrebbero favorire l’Unione di Prodi, così almeno dicono gli esperti (tanto che ormai vengono evocate non solo dalla sinistra radicale ma anche dal coordinatore dei Ds Vannino Chiti). Un’Unione favorita grazie al fatto che il governo Berlusconi non ha evidentemente soddisfatto gli italiani, colpa sua (di Berlusconi) o del terrorismo, della guerra o della crisi economica, colpa di quel che si vuole fatto sta che il premier non gode ormai di grande popolarità. Il centrosinistra partirebbe dunque in vantaggio (malgrado la questione morale), Berlusconi lo sa e infatti non sembra avere alcuna intenzione di anticipare il voto, la sua idea è di restare lì dove sta fino all’ultimo momento utile, nella speranza che qualcosa succeda, che la congiuntura si raddrizzi, che un colpo d’ala (o di fortuna) gli faccia ribaltare il pronostico.
Ma se il Cavaliere si fermasse un momento a riflettere, si accorgerebbe che forse non gli conviene tirarla in lungo. Gli basterebbe pensare a cosa sarà per lui il prossimo autunno-inverno. Una legge finanziaria che se la fa come dovrebbe, scontenta i suoi elettori; e se invece la fa come gli piacerebbe, gli viene bocciata dall’Europa; un perenne conflitto interno alla sua coalizione (oggi lo scontro con Follini, ieri quello con Casini, domani chissà), aggravato dall’incombere del voto primaverile: dove spendere i (pochi) soldi pubblici, quali collegi assegnare e a chi, richieste, promesse, ricatti. Per non parlare del tormentone sul leader, altrimenti detta «discontinuità», che andrà avanti a lungo. Probabile risultato: un Berlusconi che arriva alle elezioni sconfitto ancor prima di perderle ed esce di scena nel peggior modo possibile.
Potrebbe invece anticipare il gioco, costringendo i suoi alleati a stringersi a coorte, soffocando le polemiche interne, chiudendo il capitolo della leadership una volta per tutte, facendo svanire il sogno di un nuovo grande (o piccolo) Centro, prendendo in contropiede i suoi avversari concentrati sulle primarie ma ancora senza programma, e soprattutto impelagati nel paradosso di uno scontro interno esploso proprio su un tema monopolizzato da lui (affari e politica). Sfruttando insomma questo venticello favorevole e contemporaneamente evitando di farsi logorare per altri otto mesi, coi suoi sondaggi lì a segnalargli ora per ora il suo ineluttabile declino. Di cosa si sta discutendo ormai se non del dopo Berlusconi?
Il quale però non si sente affatto un «dopo». Solo che ha bisogno di dimostrarlo ad ogni passo, deve continuamente ribadire che lui è il leader, che Forza Italia è il primo (o secondo) partito, che senza la sua scesa in politica Fini non sarebbe Fini, Casini non farebbe il presidente della Camera, tizio non farebbe il ministro, il sottosegretario, il deputato, il direttore della Rai. Deve ricorrere alle minacce (chi non ci sta, si accomodi fuori), agli avvertimenti obliqui (gli ex Dc pronti a tradire), ad atteggiamenti tanto autoritari quanto deboli. Una fatica bestiale, per non parlare dell’umiliazione di un personaggio abituato a essere il capo indiscusso. Che si considera investito di una missione, se non proprio dal Signore quantomeno dalla «gente».
La gente appunto, la sua estrema risorsa. E’ lì che deve tornare, sono i suoi elettori che deve «trattenere» (come gli consiglia Casini) se vuole ancora sperare di restare in sella. Ma lo deve fare il più presto possibile, a ottobre, a novembre, deve tentare di fermare l’esodo mettendo in gioco se stesso e quel che ha costruito prima che gli si sfaldi sotto i piedi, inghiottendolo come le sabbie mobili. Forse perderebbe comunque, ma almeno perderebbe lui e non un suo simulacro.
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MEDITAZIONE - 25/8/05
LIBERAZIONE
EDITORIALE
Tutto il potere ai padroni
Il vangelo secondo Luca (di Montezemolo)
Rina Gagliardi
Succede di tutto, quest'estate. Succede perfino che il presidente di Confindustria chieda le dimissioni del governatore di Bankitalia: una cosa mai successa, a memoria d'uomo. Indizio estremo di quell'arroganza politica - per di più ammantata di toni moraleggianti - che contraddistingue, non da oggi, il capo degli imprenditori italiani. D'altra parte, viviamo un'epoca - una stagione - in cui tutto o quasi si rovescia nel suo opposto: non solo non c'è più uno straccio di regola che tenga, ma la politica tende progressivamente a svuotarsi e a farsi pura ancella dell'economia - a sua volta sempre più selvaggia, speculativa, improduttiva. Perché meravigliarsi del fatto che, in una crisi così profonda, Luca Cordero di Montezemolo si autoincoroni come novello pontefice laico o nuova Authority politico-morale della nazione?
Beh, noi non ci meravigliamo - ma un po' (parecchio) ci indigniamo. Quella specie di "Manifesto" per il riscatto d'Italia, pronunciato in quel di Cortina d'Ampezzo, ha un inconfondibile odor di padronato. E prima di ogni altra cosa tradisce un'intenzione totalizzante: fare del padronato la nuova fonte del diritto, o la nuova sede suprema dove si decide il funzionamento delle istituzioni. Sul Governatore di Bankitalia si possono avere opinioni o giudizi diversi, tutti a diverso titolo leciti - si può pensare, come molti di noi pensano, che non abbia più gran senso una carica a vita di questa portata, specie da quando il governo effettivo della moneta si è spostato in Europa. Ma il capo degli imprenditori non può permettersi, come infatti nella storia non si era mai permesso, di mettere bocca su ciò che deve fare o non deve fare il Governatore: per ragioni evidenti di conflitto di interessi, per il rispetto dovuto a quel che resta delle regole istituzionali. Insomma, per quel senso del limite e quel minimo di autoconsapevolezza critica che sono richiesti a chiunque occupi un ruolo dirigente di rilievo - anche a un manager dalla carriera fortunata come Montezemolo. Forse che la Confindustria - o la Fiat - possono esser considerati "innocenti" rispetto alle schifezze che stanno succedendo, ovvero rispetto alla crisi in cui è precipitato il capitalismo italiano? Invece, appunto, siamo arrivati alla Confindustria-pulpito. La Confindustria che vuole, addirittura, riformare la politica, stabilire la data delle elezioni e, in buona sostanza, governare il Paese in prima persona.
Da questo punto di vista, certo, l'aspirazione non è nuovissima. Il fatto è che Montezemolo, persona civile e colta tanto da apparire a molti "illuminata", ha puntato fin dall'inizio a trasformarla in un progetto politico e di potere relativamente organico. Non un nuovo partito, ma una prospettiva "neocentrista" o bipartisan: dove non si tratta di scegliere l'uno o l'altro Polo, ma di allargare il più possibile, all'interno di ciascuno dei due schieramenti, il "partito neocentrista" e confindustriale.
Insomma, non importa di quale colore sia il gatto purché acchiappi i topi, come recita un antico proverbio cinese: non importa se il governo è di centrodestra o di centrosinistra, purché segua i dettati del padronato. Purché, in politica economica e sociale, resti al servizio degli interessi diretti del padronato stesso, magari della sua parte più "avanzata" come si diceva una volta (chissà che cosa voleva dire). E purché, soprattutto, non si lasci trascinare dalle rivendicazioni salariali e sociali del mondo del lavoro, dall'idea di mettere in moto un processo di vera redistribuzione della ricchezza, dalla tentazione di mettere in discussione le politiche di flessibilità, precarizzazione, privatizzazione - e così via. Un programma, in verità, molto chiaro, che, non a caso, all'interno dell'Unione trova sponde politiche significative. E che, nella crisi di credibilità dei partiti, può apparire perfino "ragionevole". Non rischiano di apparire "ragionevoli", oltre che affascinanti, tutte le opzioni extra-partitiche, tutte le ipotesi che riescono a dotarsi di un'immagine super partes?
Siamo insomma al punto in cui Confindustria riesce - ci prova - a spacciarsi come una forza "nuova", non determinata dal proprio particulare, ma mossa, nientemeno, che dall'interesse generale. Grazie al suo leader che moraleggia sui gravi problemi di questo Paese - proprio come se lui non c'entrasse nulla - e rilancia - proprio come se fosse un maître-à-penser - la necessità di una nuova etica. Saremmo retro, o poco moderni: ma l'etica in bocca al boss di Confindustria ci fa impressione.
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Programma di governo. «Effetto ricrescita: Silvio Berlusconi conta di fare dei suoi capelli ricresciuti il primo testimonial a dimostrazione, in concreto, che si sono fatti passi avanti dal 2001 a oggi».
Libero, Dossier “Verso le elezioni”, 23 agosto
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STAMPA
EDITORIALE
Il voto anticipato aiuterebbe il cavaliere
di Riccardo Barenghi
E se si votasse in autunno? Eventualità improbabile ma a questo punto non impossibile vista anche una situazione politica che precipita in polemiche e risse giorno per giorno, a destra come a sinistra. Le elezioni anticipate dovrebbero favorire l’Unione di Prodi, così almeno dicono gli esperti (tanto che ormai vengono evocate non solo dalla sinistra radicale ma anche dal coordinatore dei Ds Vannino Chiti). Un’Unione favorita grazie al fatto che il governo Berlusconi non ha evidentemente soddisfatto gli italiani, colpa sua (di Berlusconi) o del terrorismo, della guerra o della crisi economica, colpa di quel che si vuole fatto sta che il premier non gode ormai di grande popolarità. Il centrosinistra partirebbe dunque in vantaggio (malgrado la questione morale), Berlusconi lo sa e infatti non sembra avere alcuna intenzione di anticipare il voto, la sua idea è di restare lì dove sta fino all’ultimo momento utile, nella speranza che qualcosa succeda, che la congiuntura si raddrizzi, che un colpo d’ala (o di fortuna) gli faccia ribaltare il pronostico.
Ma se il Cavaliere si fermasse un momento a riflettere, si accorgerebbe che forse non gli conviene tirarla in lungo. Gli basterebbe pensare a cosa sarà per lui il prossimo autunno-inverno. Una legge finanziaria che se la fa come dovrebbe, scontenta i suoi elettori; e se invece la fa come gli piacerebbe, gli viene bocciata dall’Europa; un perenne conflitto interno alla sua coalizione (oggi lo scontro con Follini, ieri quello con Casini, domani chissà), aggravato dall’incombere del voto primaverile: dove spendere i (pochi) soldi pubblici, quali collegi assegnare e a chi, richieste, promesse, ricatti. Per non parlare del tormentone sul leader, altrimenti detta «discontinuità», che andrà avanti a lungo. Probabile risultato: un Berlusconi che arriva alle elezioni sconfitto ancor prima di perderle ed esce di scena nel peggior modo possibile.
Potrebbe invece anticipare il gioco, costringendo i suoi alleati a stringersi a coorte, soffocando le polemiche interne, chiudendo il capitolo della leadership una volta per tutte, facendo svanire il sogno di un nuovo grande (o piccolo) Centro, prendendo in contropiede i suoi avversari concentrati sulle primarie ma ancora senza programma, e soprattutto impelagati nel paradosso di uno scontro interno esploso proprio su un tema monopolizzato da lui (affari e politica). Sfruttando insomma questo venticello favorevole e contemporaneamente evitando di farsi logorare per altri otto mesi, coi suoi sondaggi lì a segnalargli ora per ora il suo ineluttabile declino. Di cosa si sta discutendo ormai se non del dopo Berlusconi?
Il quale però non si sente affatto un «dopo». Solo che ha bisogno di dimostrarlo ad ogni passo, deve continuamente ribadire che lui è il leader, che Forza Italia è il primo (o secondo) partito, che senza la sua scesa in politica Fini non sarebbe Fini, Casini non farebbe il presidente della Camera, tizio non farebbe il ministro, il sottosegretario, il deputato, il direttore della Rai. Deve ricorrere alle minacce (chi non ci sta, si accomodi fuori), agli avvertimenti obliqui (gli ex Dc pronti a tradire), ad atteggiamenti tanto autoritari quanto deboli. Una fatica bestiale, per non parlare dell’umiliazione di un personaggio abituato a essere il capo indiscusso. Che si considera investito di una missione, se non proprio dal Signore quantomeno dalla «gente».
La gente appunto, la sua estrema risorsa. E’ lì che deve tornare, sono i suoi elettori che deve «trattenere» (come gli consiglia Casini) se vuole ancora sperare di restare in sella. Ma lo deve fare il più presto possibile, a ottobre, a novembre, deve tentare di fermare l’esodo mettendo in gioco se stesso e quel che ha costruito prima che gli si sfaldi sotto i piedi, inghiottendolo come le sabbie mobili. Forse perderebbe comunque, ma almeno perderebbe lui e non un suo simulacro.
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MEDITAZIONE - 25/8/05
LIBERAZIONE
EDITORIALE
Tutto il potere ai padroni
Il vangelo secondo Luca (di Montezemolo)
Rina Gagliardi
Succede di tutto, quest'estate. Succede perfino che il presidente di Confindustria chieda le dimissioni del governatore di Bankitalia: una cosa mai successa, a memoria d'uomo. Indizio estremo di quell'arroganza politica - per di più ammantata di toni moraleggianti - che contraddistingue, non da oggi, il capo degli imprenditori italiani. D'altra parte, viviamo un'epoca - una stagione - in cui tutto o quasi si rovescia nel suo opposto: non solo non c'è più uno straccio di regola che tenga, ma la politica tende progressivamente a svuotarsi e a farsi pura ancella dell'economia - a sua volta sempre più selvaggia, speculativa, improduttiva. Perché meravigliarsi del fatto che, in una crisi così profonda, Luca Cordero di Montezemolo si autoincoroni come novello pontefice laico o nuova Authority politico-morale della nazione?
Beh, noi non ci meravigliamo - ma un po' (parecchio) ci indigniamo. Quella specie di "Manifesto" per il riscatto d'Italia, pronunciato in quel di Cortina d'Ampezzo, ha un inconfondibile odor di padronato. E prima di ogni altra cosa tradisce un'intenzione totalizzante: fare del padronato la nuova fonte del diritto, o la nuova sede suprema dove si decide il funzionamento delle istituzioni. Sul Governatore di Bankitalia si possono avere opinioni o giudizi diversi, tutti a diverso titolo leciti - si può pensare, come molti di noi pensano, che non abbia più gran senso una carica a vita di questa portata, specie da quando il governo effettivo della moneta si è spostato in Europa. Ma il capo degli imprenditori non può permettersi, come infatti nella storia non si era mai permesso, di mettere bocca su ciò che deve fare o non deve fare il Governatore: per ragioni evidenti di conflitto di interessi, per il rispetto dovuto a quel che resta delle regole istituzionali. Insomma, per quel senso del limite e quel minimo di autoconsapevolezza critica che sono richiesti a chiunque occupi un ruolo dirigente di rilievo - anche a un manager dalla carriera fortunata come Montezemolo. Forse che la Confindustria - o la Fiat - possono esser considerati "innocenti" rispetto alle schifezze che stanno succedendo, ovvero rispetto alla crisi in cui è precipitato il capitalismo italiano? Invece, appunto, siamo arrivati alla Confindustria-pulpito. La Confindustria che vuole, addirittura, riformare la politica, stabilire la data delle elezioni e, in buona sostanza, governare il Paese in prima persona.
Da questo punto di vista, certo, l'aspirazione non è nuovissima. Il fatto è che Montezemolo, persona civile e colta tanto da apparire a molti "illuminata", ha puntato fin dall'inizio a trasformarla in un progetto politico e di potere relativamente organico. Non un nuovo partito, ma una prospettiva "neocentrista" o bipartisan: dove non si tratta di scegliere l'uno o l'altro Polo, ma di allargare il più possibile, all'interno di ciascuno dei due schieramenti, il "partito neocentrista" e confindustriale.
Insomma, non importa di quale colore sia il gatto purché acchiappi i topi, come recita un antico proverbio cinese: non importa se il governo è di centrodestra o di centrosinistra, purché segua i dettati del padronato. Purché, in politica economica e sociale, resti al servizio degli interessi diretti del padronato stesso, magari della sua parte più "avanzata" come si diceva una volta (chissà che cosa voleva dire). E purché, soprattutto, non si lasci trascinare dalle rivendicazioni salariali e sociali del mondo del lavoro, dall'idea di mettere in moto un processo di vera redistribuzione della ricchezza, dalla tentazione di mettere in discussione le politiche di flessibilità, precarizzazione, privatizzazione - e così via. Un programma, in verità, molto chiaro, che, non a caso, all'interno dell'Unione trova sponde politiche significative. E che, nella crisi di credibilità dei partiti, può apparire perfino "ragionevole". Non rischiano di apparire "ragionevoli", oltre che affascinanti, tutte le opzioni extra-partitiche, tutte le ipotesi che riescono a dotarsi di un'immagine super partes?
Siamo insomma al punto in cui Confindustria riesce - ci prova - a spacciarsi come una forza "nuova", non determinata dal proprio particulare, ma mossa, nientemeno, che dall'interesse generale. Grazie al suo leader che moraleggia sui gravi problemi di questo Paese - proprio come se lui non c'entrasse nulla - e rilancia - proprio come se fosse un maître-à-penser - la necessità di una nuova etica. Saremmo retro, o poco moderni: ma l'etica in bocca al boss di Confindustria ci fa impressione.
mercoledì, agosto 24, 2005
RESISTENZA - 24/8/05
REPUBBLICA on-line 24-8
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Il sommerso e il salvato
"L'emersione del sommerso sta avvenendo ed è in corso in maniera straordinaria, una cosa che non si è mai vista. Questo dipende naturalmente dal messaggio di attenzione sul sommerso che abbiamo dato e dagli incentivi. Però è un dato, c'è uno straordinario fenomeno di emersione".
(Giulio Tremonti, ministro dell'Economia, Ansa, 20 maggio 2002).
"Smettiamola di preoccuparci così tanto per l'economia: abbiamo un sommerso del 40 per cento, ma vi sembra che la nostra economia non tenga? Ma andiamo!"
(Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, Ansa, 16 giugno 2005).
-=oOo=-
Buttiglione, affondo anti-Berlusconi
Formigoni è "Un candidato eccellente, ma il problema non è la leadership"
RIMINI - Nel dibattito che da mesi oppone le diverse "anime" della maggioranza, si inserisce (un po' a sorpresa) una nuova voce polemica: è quella di Rocco Buttiglione, considerato uno dei più filo-berlusconiani tra i dirigenti dell'Udc, che invece ora - dal palco del Meeting di Cl - lancia strali contro la leadership della Casa delle libertà. E infatti, interpellato dai cronisti su se il suo partito si senta "minacciato", all'interno della coalizione di governo, lui risponde di sì: "Ci sentiamo minacciati dalla irragionevolezza montante qualche volta anche tra di noi. Noi abbiamo una responsabilità comune e un compito comune. Dovremmo ricordarlo tutti. Certi atteggiamenti considerano la critica quasi con fastidio e il rifiuto a volte di aprire un vero dialogo politico è davvero preoccupante".
E ancora, sulle prossime elezioni, Buttiglione dice: "Noi pensiamo che si vincano con un programma politico più serio e con un rinnovamento; noi pensiamo che bisogna rinnovare la Cdl".
Per Buttiglione, "il problema è del potere e non l'uso che se ne vuole fare per il bene comune. E' un problema della Cdl ma anche di tutta la politica italiana. Bisogna cominciare a parlare di politica partendo dall'uomo".
Ancora, su una possibile leadership alternativa all'attuale, il ministro sottolinea che "Formigoni sarebbe un eccellente candidato", ma "il problema non è la leadership. Il carisma si consolida in istituzione, altrimenti muore".
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CITAZIONE
«Meglio un Berlusconi candidato nel 2006, così vinciamo più facilmente».
(Francesco Rutelli, L’Unità 24-8)
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 24-8
Andreotti contro Berlusconi e Pera
Iraq: “Una guerra profondamente ingiusta”
Meticciato? “Così veramente si finisce per essere razzisti…”
Il capo del Governo Silvio Berlusconi ed il presidente del Senato Marcello Pera sono finiti oggi nel mirino di Giulio Andreotti.
Il senatore a vita, in occasione del suo intervento al convegno di "Comunione e Liberazione", ha attaccato il Cavaliere per la sua decisione di trascinare l'Italia nel conflitto iracheno.
"E' stata una guerra profondamente ingiusta, una guerra motivata con l'esistenza di armi di distruzione di massa. Questo non era vero e gli americani lo sapevano - ha spiegato - anche Berlusconi lo sapeva, ma parlò addirittura di antrace nelle mani di Saddam Hussein. L'intervento militare statunitense è stato tanto sbagliato quanto quello italiano, pure con la sottigliezza di dire che noi in Iraq ci siamo andati il giorno dopo la fine della guerra e per ricostruire".
Cambiando argomento (ma non troppo), Andreotti si è poi concentrato sulla seconda carica dello Stato, protagonista domenica di un'incredibile serie di insulti al mondo mussulmano.
"Confondere il terrorismo con l'Islam è un errore enorme e in particolare come si può dire che bisogna combatterli con le armi? - ha attaccato - con le armi si combattono gli Stati, le Brigate Rosse o quelle nere".
Ancora più duro il commento relativo all'affermazione secondo la quale bisogna stare in guardia da una immigrazione clandestina che genererà un'Europa di meticci.
"E' pericoloso considerarsi dei meticci per il fatto che conviviamo con persone di altra cultura, perché in questo caso veramente si finisce per essere razzisti - ha sentenziato il sette volte presidente del Consiglio - se fossi Pera starei molto cauto nel fare questo genere di generalizzazioni sull'Islam".
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ITALIENI 24-8
Dino Risi cerca un produttore
Dino Risi, il maestro della commedia all'italiana, a 89 anni non ha smesso di lavorare. Il regista del "Sorpasso" ha appena finito di scrivere un soggetto: la storia divertente e grottesca di un venditore ambulante che diventa presidente della repubblica di San Marino e trasforma il minuscolo paese nel regno del gioco e delle chiacchiere.
Risi però non ha ancora trovato un produttore, perché il suo copione ha un problema: è una parodia dell'ascesa al potere di Silvio Berlusconi.
El País, Spagna [in spagnolo]
http://www.elpais.es:80/articulo/elpporcul/20050824elpepirdv_14/Te
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MEDITAZIONE - 24/8/05
MANIFESTO 23-8
EDITORIALE
La grande tentazione
IL vecchio Pci, dall'opposizione, ha governato meglio e più di quanto i Ds non abbiano fatto da Palazzo Chigi
VALENTINO PARLATO
«Il tema di fondo della politica italiana resta sempre quello: la tentazione neocentrista». Così scriveva Alfredo Reichlin sull'Unità di domenica scorsa. In questi mesi preelettorali c'è la corsa. Una corsa che sembra contraddire il famoso detto sul passaggio dalla tragedia alla farsa: siamo alla farsa che può sfociare in tragedia. E più lungo sarà il tempo di qui al voto, peggio andranno le cose. Almeno bisognerebbe dare ascolto alla raccomandazione di Ciampi per un voto ad aprile. I due attuali schieramenti - centro-sinistra e centro-destra - sono sempre più agitati e forte è la tentazione del terzo polo, che raccolga i veri centristi delle due parti in gara. E così Mario Monti - quasi a confermare certe nostre preoccupazioni sul terzo polo - è sceso clamorosamente in campo per proporre il «grande centro», del quale - credo - lui sarebbe il leader. Non va dimenticato che fino a ieri, o l'altroieri, Monti era il ministro dell'economia in pectore del centro sinistra: di conseguenza i Ds sono rimasti senza parole. Ma subito ha protestato Tremonti per dire che i tecnocrati debbono starsene a casa e non rompere le scatole.
La tentazione neocentrista alimenta la farsa e così entra in scena anche il presidente del Senato Marcello Pera, che per acquisire visibilità si sforza di tradurre (in grossolano volgare) le più prudenti parole di Benedetto XVI. Anche il papa faceva lezione agli amici musulmani, ma Pera traduce la lezione in minaccia di guerra e agita i mortali pericoli del meticciato e del relativismo.
Vale aggiungere - lo ribadiva Chiarante sul manifesto di sabato scorso - che le primarie stanno diventando il terreno di guerriglie e imboscate tutti all'interno del povero centro sinistra, che per diventare più centrista deve bastonare i Ds, i quali appaiono piuttosto frastornati.
Tutto questo farsesco agitarsi è segno che la partita è seria. È una partita che investe i centri di potere, dei quali i «veri centristi» (che coincidono con quel che resta dei vecchi e indeboliti poteri forti) ha un vitale bisogno di impadronirsi e qui il gioco si fa duro. Il coinvolgimento di Bankitalia e Corsera ne è conferma.
A questo punto i Ds, che sono la forza maggiore del centro-sinistra, non si possono limitare a chiedere segni di amore da parte di Prodi o a titolare, sull'Unità di ieri, «Questione morale numero uno: battere Berlusconi nel 2006». La questione morale è in buona parte una finzione e a liberarsi di Berlusconi ci stanno pensando anche i veri centristi, quelli rappresentati da Montezemolo, da Monti e da qualche banca, quelli che lavorano al terzo polo.
I Ds dovrebbero ristudiare un po' il loro passato (quello che rimuovono) e avere il coraggio di una posizione netta e chiara con l'indicazione degli amici e soprattutto dei nemici. Dire che la «rendita» è cattiva senza individuare i rentiers e proporre misure che li colpiscano e li facciano arrabbiare è solo propaganda e anche poco efficace. Bisognerebbe che almeno loro la smettessero di correre al centro.
La vittoria elettorale è importante, certamente, ma per la vittoria elettorale non si può rinunciare alla propria identità. Forse è nostalgico e retorico, ma non posso fare a meno di ricordare che il vecchio Pci, dall'opposizione, ha governato meglio e più di quanto i Ds non abbiano fatto da Palazzo Chigi.
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Il sommerso e il salvato
"L'emersione del sommerso sta avvenendo ed è in corso in maniera straordinaria, una cosa che non si è mai vista. Questo dipende naturalmente dal messaggio di attenzione sul sommerso che abbiamo dato e dagli incentivi. Però è un dato, c'è uno straordinario fenomeno di emersione".
(Giulio Tremonti, ministro dell'Economia, Ansa, 20 maggio 2002).
"Smettiamola di preoccuparci così tanto per l'economia: abbiamo un sommerso del 40 per cento, ma vi sembra che la nostra economia non tenga? Ma andiamo!"
(Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, Ansa, 16 giugno 2005).
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Buttiglione, affondo anti-Berlusconi
Formigoni è "Un candidato eccellente, ma il problema non è la leadership"
RIMINI - Nel dibattito che da mesi oppone le diverse "anime" della maggioranza, si inserisce (un po' a sorpresa) una nuova voce polemica: è quella di Rocco Buttiglione, considerato uno dei più filo-berlusconiani tra i dirigenti dell'Udc, che invece ora - dal palco del Meeting di Cl - lancia strali contro la leadership della Casa delle libertà. E infatti, interpellato dai cronisti su se il suo partito si senta "minacciato", all'interno della coalizione di governo, lui risponde di sì: "Ci sentiamo minacciati dalla irragionevolezza montante qualche volta anche tra di noi. Noi abbiamo una responsabilità comune e un compito comune. Dovremmo ricordarlo tutti. Certi atteggiamenti considerano la critica quasi con fastidio e il rifiuto a volte di aprire un vero dialogo politico è davvero preoccupante".
E ancora, sulle prossime elezioni, Buttiglione dice: "Noi pensiamo che si vincano con un programma politico più serio e con un rinnovamento; noi pensiamo che bisogna rinnovare la Cdl".
Per Buttiglione, "il problema è del potere e non l'uso che se ne vuole fare per il bene comune. E' un problema della Cdl ma anche di tutta la politica italiana. Bisogna cominciare a parlare di politica partendo dall'uomo".
Ancora, su una possibile leadership alternativa all'attuale, il ministro sottolinea che "Formigoni sarebbe un eccellente candidato", ma "il problema non è la leadership. Il carisma si consolida in istituzione, altrimenti muore".
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CITAZIONE
«Meglio un Berlusconi candidato nel 2006, così vinciamo più facilmente».
(Francesco Rutelli, L’Unità 24-8)
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 24-8
Andreotti contro Berlusconi e Pera
Iraq: “Una guerra profondamente ingiusta”
Meticciato? “Così veramente si finisce per essere razzisti…”
Il capo del Governo Silvio Berlusconi ed il presidente del Senato Marcello Pera sono finiti oggi nel mirino di Giulio Andreotti.
Il senatore a vita, in occasione del suo intervento al convegno di "Comunione e Liberazione", ha attaccato il Cavaliere per la sua decisione di trascinare l'Italia nel conflitto iracheno.
"E' stata una guerra profondamente ingiusta, una guerra motivata con l'esistenza di armi di distruzione di massa. Questo non era vero e gli americani lo sapevano - ha spiegato - anche Berlusconi lo sapeva, ma parlò addirittura di antrace nelle mani di Saddam Hussein. L'intervento militare statunitense è stato tanto sbagliato quanto quello italiano, pure con la sottigliezza di dire che noi in Iraq ci siamo andati il giorno dopo la fine della guerra e per ricostruire".
Cambiando argomento (ma non troppo), Andreotti si è poi concentrato sulla seconda carica dello Stato, protagonista domenica di un'incredibile serie di insulti al mondo mussulmano.
"Confondere il terrorismo con l'Islam è un errore enorme e in particolare come si può dire che bisogna combatterli con le armi? - ha attaccato - con le armi si combattono gli Stati, le Brigate Rosse o quelle nere".
Ancora più duro il commento relativo all'affermazione secondo la quale bisogna stare in guardia da una immigrazione clandestina che genererà un'Europa di meticci.
"E' pericoloso considerarsi dei meticci per il fatto che conviviamo con persone di altra cultura, perché in questo caso veramente si finisce per essere razzisti - ha sentenziato il sette volte presidente del Consiglio - se fossi Pera starei molto cauto nel fare questo genere di generalizzazioni sull'Islam".
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ITALIENI 24-8
Dino Risi cerca un produttore
Dino Risi, il maestro della commedia all'italiana, a 89 anni non ha smesso di lavorare. Il regista del "Sorpasso" ha appena finito di scrivere un soggetto: la storia divertente e grottesca di un venditore ambulante che diventa presidente della repubblica di San Marino e trasforma il minuscolo paese nel regno del gioco e delle chiacchiere.
Risi però non ha ancora trovato un produttore, perché il suo copione ha un problema: è una parodia dell'ascesa al potere di Silvio Berlusconi.
El País, Spagna [in spagnolo]
http://www.elpais.es:80/articulo/elpporcul/20050824elpepirdv_14/Te
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MEDITAZIONE - 24/8/05
MANIFESTO 23-8
EDITORIALE
La grande tentazione
IL vecchio Pci, dall'opposizione, ha governato meglio e più di quanto i Ds non abbiano fatto da Palazzo Chigi
VALENTINO PARLATO
«Il tema di fondo della politica italiana resta sempre quello: la tentazione neocentrista». Così scriveva Alfredo Reichlin sull'Unità di domenica scorsa. In questi mesi preelettorali c'è la corsa. Una corsa che sembra contraddire il famoso detto sul passaggio dalla tragedia alla farsa: siamo alla farsa che può sfociare in tragedia. E più lungo sarà il tempo di qui al voto, peggio andranno le cose. Almeno bisognerebbe dare ascolto alla raccomandazione di Ciampi per un voto ad aprile. I due attuali schieramenti - centro-sinistra e centro-destra - sono sempre più agitati e forte è la tentazione del terzo polo, che raccolga i veri centristi delle due parti in gara. E così Mario Monti - quasi a confermare certe nostre preoccupazioni sul terzo polo - è sceso clamorosamente in campo per proporre il «grande centro», del quale - credo - lui sarebbe il leader. Non va dimenticato che fino a ieri, o l'altroieri, Monti era il ministro dell'economia in pectore del centro sinistra: di conseguenza i Ds sono rimasti senza parole. Ma subito ha protestato Tremonti per dire che i tecnocrati debbono starsene a casa e non rompere le scatole.
La tentazione neocentrista alimenta la farsa e così entra in scena anche il presidente del Senato Marcello Pera, che per acquisire visibilità si sforza di tradurre (in grossolano volgare) le più prudenti parole di Benedetto XVI. Anche il papa faceva lezione agli amici musulmani, ma Pera traduce la lezione in minaccia di guerra e agita i mortali pericoli del meticciato e del relativismo.
Vale aggiungere - lo ribadiva Chiarante sul manifesto di sabato scorso - che le primarie stanno diventando il terreno di guerriglie e imboscate tutti all'interno del povero centro sinistra, che per diventare più centrista deve bastonare i Ds, i quali appaiono piuttosto frastornati.
Tutto questo farsesco agitarsi è segno che la partita è seria. È una partita che investe i centri di potere, dei quali i «veri centristi» (che coincidono con quel che resta dei vecchi e indeboliti poteri forti) ha un vitale bisogno di impadronirsi e qui il gioco si fa duro. Il coinvolgimento di Bankitalia e Corsera ne è conferma.
A questo punto i Ds, che sono la forza maggiore del centro-sinistra, non si possono limitare a chiedere segni di amore da parte di Prodi o a titolare, sull'Unità di ieri, «Questione morale numero uno: battere Berlusconi nel 2006». La questione morale è in buona parte una finzione e a liberarsi di Berlusconi ci stanno pensando anche i veri centristi, quelli rappresentati da Montezemolo, da Monti e da qualche banca, quelli che lavorano al terzo polo.
I Ds dovrebbero ristudiare un po' il loro passato (quello che rimuovono) e avere il coraggio di una posizione netta e chiara con l'indicazione degli amici e soprattutto dei nemici. Dire che la «rendita» è cattiva senza individuare i rentiers e proporre misure che li colpiscano e li facciano arrabbiare è solo propaganda e anche poco efficace. Bisognerebbe che almeno loro la smettessero di correre al centro.
La vittoria elettorale è importante, certamente, ma per la vittoria elettorale non si può rinunciare alla propria identità. Forse è nostalgico e retorico, ma non posso fare a meno di ricordare che il vecchio Pci, dall'opposizione, ha governato meglio e più di quanto i Ds non abbiano fatto da Palazzo Chigi.
martedì, agosto 23, 2005
RESISTENZA - 23/8/05
REPUBBLICA on-line 23-8
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Mai demonizzare
"Il Cavaliere è una via di mezzo tra Marinho, il padrone della tv Globo brasiliana, e Giancarlo Cito".
(Massimo D'Alema, 31 dicembre 1993)
"Caduto il vecchio regime, Berlusconi vuole garantirsi da solo i vantaggi che prima gli assicurava il Caf".
(Massimo D'Alema, 31 dicembre 1993).
"Berlusconi è il compare di Craxi".
(Massimo D'Alema, 24 giugno 1994).
"Berlusconi mi ricorda Kim Il Sung".
(Massimo D'Alema, 13 luglio 1994).
"Caro Cavaliere, lei è come Ceausescu: anche lui, in Romania, controllava tutte le tv".
(Massimo D'Alema, 2-8-94).
"Berlusconi spaccia le inchieste sulle sue società come un complotto volto a destabilizzare il suo governo: esattamente come facevano Craxi e i caporioni della Prima Repubblica".
(Massimo D'Alema, 6 ottobre 1994).
"Le elezioni americane confermano che, alla fine, un certo radicalismo non aiuta. Penso alle ironie, alle barzellette su Bush, a certe gag sul presidente stupido... Una cosa che c'è anche da noi e mi riferisco a un certo antiberlusconismo salottiero... Anche da noi ha avuto corso l'analisi che bisognava essere più contro Berlusconi. Si conferma che non è vero".
(Massimo D'Alema, La Stampa, 4-11-2004).
-=oOo=-
Casini, affondo contro Berlusconi
"Serve un altro tipo di alleanza"
ROMA - Mentre Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi fanno filtrare un messaggio di ottimismo e unità nella Cdl, Pier Ferdinando Casini rompe il silenzio agostano e affonda un colpo contro il premier: "Berlusconi ha un punto debole, lo dicono a me anche quelli di Forza Italia: ora bisogna passare da un'alleanza carismatica a un'alleanza politica. E questo dovrebbe essere interesse di Berlusconi". "Il problema - dice ancora Casini - è creare un centrodestra basato sui valori andando oltre alla figura di Berlusconi, Casini e quant'altri".
E' la risposta del presidente della Camera alle accuse che Berlusconi aveva mosso qualche giorno fa contro i centristi e segna il nuovo punto più basso delle relazioni tra il leader di Forza Italia e l'Udc. Il premier aveva usato termini durissimi come "tradimento" riferendosi al partito di Marco Follini e ora Casini ribatte: "Io nel centrodestra ci sono stato nella buona e nella cattiva sorte. Quando si insultava Berlusconi ero lì a prendere questi insulti. Non ho fatto cadere io Berlusconi e su tradimenti non accetto lezioni da nessuno".
Ma Casini non si ferma qui e aggiunge: "Al Paese servono verità e responsabilità, servono valori perché gli italiani rischiano di aver smarrito un orientamento di cui c'è assolutamente bisogno. C'è bisogno di novità, c'è bisogno di coraggio: non credo che serva qualche spot in più o qualche manifesto in più per la campagna elettorale perché gli italiani hanno un grado di disincanto molto forte".
E riferendosi ai partiti della coalizione di centrodestra il presidente della Camera dice: "Oggi bisogna riprendere il percorso assieme, ma per fare questo ci vuole coraggio, bisogna mettersi in discussione, ed avere un grande partito dei moderati capace di essere protagonista, oggi e domani, nella vittoria e anche nella sconfitta".
Parole che risuonano a poche ore di distanza dall'incontro tra Fini e Berlusconi a villa La Certosa a Porto Rotondo, in Sardegna dove il premier trascorre le vacanze. Da quanto fatto filtrare dal colloquio la priorità stabilita dai due è mantenere la massima unità della coalizione che a questo punto rischia di essere una coalizione scollata al centro. I due leader hanno inoltre espresso "la forte convinzione di poter vincere le prossime elezioni politiche del 2006".
Berlusconi e Fini hanno quindi esaminato i temi di lavoro dell'agenda parlamentare e il leader di An ha in merito osservato che è necessario dare "massima attenzione" ai lavori parlamentari.
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 23-8
L'ultimatum di Castelli
"Senza Riforme, Lega fuori dalla Casa delle Libertà"
Se non verranno approvate le Riforme Istituzionali entro la fine di questa legislatura, la Lega Nord abbandonerà la Casa delle Libertà e correrà in solitaria alle elezioni Politiche del 2006. Lo ha messo in chiaro il ministro della Giustizia Roberto Castelli parlando davanti alle telecamere del Tg3.
"Non possiamo fare altro che ribadire che per noi questa riforma costituzionale è il perno fondante della maggioranza, senza questa riforma non c'è più neanche questa alleanza - ha tagliato corto - se non passa il federalismo, questa alleanza non ha più ragione di esistere, né riguarda alla maggioranza di governo né, a maggior ragione, la campagna elettorale".
Il Guardasigilli ha dunque lanciato un vero e proprio ultimatum agli alleati, ma ha anche ribadito la fedeltà assoluta del Carroccio al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
"La leadership nella Casa delle Libertà ce l'ha chi ha i voti. E Berlusconi i voti li ha - ha affermato cercando di mettere a tacere coloro che pretendono di vedere il centrodestra alle Politiche con un candidato a premier diverso dal Cavaliere - francamente non capisco chi possa rivendicare leadership senza voti e i voti oggi li ha Berlusconi. Quindi il leader è lui".
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MEDITAZIONE - 23/8/05
L’UNITA’ on-line 23-8
Sommario di I pag.
«Meticciato, attacco alla civiltà europea»
Pera come i teorici del Ventennio
di be.mo.
«In Europa si apre la porta all'immigrazione incontrollata, e si diventa "meticci"»: Le dichiarazioni del presidente del Senato richiamano fin troppo le teorie della superiorità della razza elaborate durante il fascismo quando Cipriani scriveva: «Il meticciato è un delitto contro Dio».
-=oOo=-
La "razza italica" degli scienziati fascisti
(Manifesto degli scienziati fascisti delle Università italiane pubblicato su Il Giornale d'Italia il 14 luglio 1938)
1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà e rappresentata da masse, quasi sempre imponenti, di milioni di uomini, simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori ed inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.
2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali e una verità evidente.
3. II concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso è quindi basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli italiani sono differenti dai francesi, dai tedeschi, dai turchi, dai greci, ecc., non e solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli e diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto suite altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
4. La popolazione dell'Italia attuale è di origine ariana e la sua civiltà è ariana. Questa popolazione di civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra Penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.
5. E’ una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della Nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre Nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i 44 milioni di italiani di oggi rimontano quindi nell'assoluta maggioranza a famiglie che abitano in Italia da un millennio.
6. Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico linguistico di popolo e di nazione, ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione Italiana.
7. È tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che fin’ora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli italiani e gli scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extraeuropee, questo vuoi dire elevare l'italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
8. È necessario fare una netta distinzione tra i mediterranei d'Europa (occidentali) da una parte, gli orientali e gli africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli italiani.
10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli italiani non devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un corpo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extraeuropea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.
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CITAZIONI
Pera e la Shoah
C’è già stato un periodo in cui l’Europa cristiana diceva alle minoranza religiose: «Potete vivere in mezzo a noi, a patto che diventiate come noi». E successivamente: «Non siete diventati come noi, andate a vivere separati». E infine: «Non siete come noi, non avete diritto di vivere da nessuna parte». Per impedire la terza fase, bisognava impedire la prima.
(Ferdinando Camon, L’Unità 23-8)
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L’autogol del filosofo
Prima di essere più papista del Papa e più ciellino dei ciellini, [Pera] è stato il più giustizialista dei giustizialisti («Il garantismo, come ogni ideologia preconcetta, è pernicioso») e poi il più laicista dei laicisti («Per esser anticlericali bisogna sentir la dignità della propria identità») e il più garantista dei garantisti. E poi il più fiero avversario dell'inserimento delle radici cristiane nella carta Ue («Non dobbiamo infilare Dio nella Costituzione europea o inseguire su tutto le posizioni della Chiesa») e il più fiero fustigatore di chi non l'aveva infilata: «Abbiamo rimosso la nostra identità giudaico-cristiana». E l'accanito teorico della fecondazione assistita («Davvero monsignor Sgreccia vuol farci credere che prelevare il seme in un modo o un altro è moralmente rilevante? La morale dipende da come si eiacula?») e poi l'accanito censore dei referendari sconfitti «che hanno provato a dare un violento colpo di forbice ai valori e sono ancora lì che si accarezzano la guancia per lo schiaffo ricevuto».
E insomma ha offerto ai suoi critici tutte le prove per accusarlo, carta canta, di aver detto tutto e il contrario di tutto, a seconda di come gli girava al momento. Fedele, in fondo, solo all'idea che aveva proposto anni fa a un giornale. Quella di avere una rubrica dove «scrivere ciò che mi passava per la testa». Propose pure il titolo: «Discorsi a Pera».
(Gian Antonio Stella, Corsera 23-8)
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«Se non fossero in gioco cose serissime, ci sarebbe quasi da sorridere. L’aspirante crociato meriterebbe di ricevere in dono un cavallo a dondolo e uno scolapasta da calare in testa a mo’ di elmetto».
(Daniele Capezzone, Corsera 23-8)
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Un dubbio coglie tutti noi: forse Marcello Pera è totalmente idiota? Nel suo impianto, il discorso di Pera assomigliava moltissimo a certi discorsi di Goebbels o di Goering, i due gerarchi hitleriani: appena un po' ammodernato. Pera è un nazista? Impossibile: è un liberale, un laico, un professore, un opinionista, un intellettuale, eccetera eccetera, non può essere nazista. Allora c'è solo un'altra possibilità: è completamente idiota. Il problema, in questo caso, è: è giusto che un idiota sia il Presidente del Senato?
(Piero Sansonetti, Liberazione 23-8)
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Mai demonizzare
"Il Cavaliere è una via di mezzo tra Marinho, il padrone della tv Globo brasiliana, e Giancarlo Cito".
(Massimo D'Alema, 31 dicembre 1993)
"Caduto il vecchio regime, Berlusconi vuole garantirsi da solo i vantaggi che prima gli assicurava il Caf".
(Massimo D'Alema, 31 dicembre 1993).
"Berlusconi è il compare di Craxi".
(Massimo D'Alema, 24 giugno 1994).
"Berlusconi mi ricorda Kim Il Sung".
(Massimo D'Alema, 13 luglio 1994).
"Caro Cavaliere, lei è come Ceausescu: anche lui, in Romania, controllava tutte le tv".
(Massimo D'Alema, 2-8-94).
"Berlusconi spaccia le inchieste sulle sue società come un complotto volto a destabilizzare il suo governo: esattamente come facevano Craxi e i caporioni della Prima Repubblica".
(Massimo D'Alema, 6 ottobre 1994).
"Le elezioni americane confermano che, alla fine, un certo radicalismo non aiuta. Penso alle ironie, alle barzellette su Bush, a certe gag sul presidente stupido... Una cosa che c'è anche da noi e mi riferisco a un certo antiberlusconismo salottiero... Anche da noi ha avuto corso l'analisi che bisognava essere più contro Berlusconi. Si conferma che non è vero".
(Massimo D'Alema, La Stampa, 4-11-2004).
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Casini, affondo contro Berlusconi
"Serve un altro tipo di alleanza"
ROMA - Mentre Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi fanno filtrare un messaggio di ottimismo e unità nella Cdl, Pier Ferdinando Casini rompe il silenzio agostano e affonda un colpo contro il premier: "Berlusconi ha un punto debole, lo dicono a me anche quelli di Forza Italia: ora bisogna passare da un'alleanza carismatica a un'alleanza politica. E questo dovrebbe essere interesse di Berlusconi". "Il problema - dice ancora Casini - è creare un centrodestra basato sui valori andando oltre alla figura di Berlusconi, Casini e quant'altri".
E' la risposta del presidente della Camera alle accuse che Berlusconi aveva mosso qualche giorno fa contro i centristi e segna il nuovo punto più basso delle relazioni tra il leader di Forza Italia e l'Udc. Il premier aveva usato termini durissimi come "tradimento" riferendosi al partito di Marco Follini e ora Casini ribatte: "Io nel centrodestra ci sono stato nella buona e nella cattiva sorte. Quando si insultava Berlusconi ero lì a prendere questi insulti. Non ho fatto cadere io Berlusconi e su tradimenti non accetto lezioni da nessuno".
Ma Casini non si ferma qui e aggiunge: "Al Paese servono verità e responsabilità, servono valori perché gli italiani rischiano di aver smarrito un orientamento di cui c'è assolutamente bisogno. C'è bisogno di novità, c'è bisogno di coraggio: non credo che serva qualche spot in più o qualche manifesto in più per la campagna elettorale perché gli italiani hanno un grado di disincanto molto forte".
E riferendosi ai partiti della coalizione di centrodestra il presidente della Camera dice: "Oggi bisogna riprendere il percorso assieme, ma per fare questo ci vuole coraggio, bisogna mettersi in discussione, ed avere un grande partito dei moderati capace di essere protagonista, oggi e domani, nella vittoria e anche nella sconfitta".
Parole che risuonano a poche ore di distanza dall'incontro tra Fini e Berlusconi a villa La Certosa a Porto Rotondo, in Sardegna dove il premier trascorre le vacanze. Da quanto fatto filtrare dal colloquio la priorità stabilita dai due è mantenere la massima unità della coalizione che a questo punto rischia di essere una coalizione scollata al centro. I due leader hanno inoltre espresso "la forte convinzione di poter vincere le prossime elezioni politiche del 2006".
Berlusconi e Fini hanno quindi esaminato i temi di lavoro dell'agenda parlamentare e il leader di An ha in merito osservato che è necessario dare "massima attenzione" ai lavori parlamentari.
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 23-8
L'ultimatum di Castelli
"Senza Riforme, Lega fuori dalla Casa delle Libertà"
Se non verranno approvate le Riforme Istituzionali entro la fine di questa legislatura, la Lega Nord abbandonerà la Casa delle Libertà e correrà in solitaria alle elezioni Politiche del 2006. Lo ha messo in chiaro il ministro della Giustizia Roberto Castelli parlando davanti alle telecamere del Tg3.
"Non possiamo fare altro che ribadire che per noi questa riforma costituzionale è il perno fondante della maggioranza, senza questa riforma non c'è più neanche questa alleanza - ha tagliato corto - se non passa il federalismo, questa alleanza non ha più ragione di esistere, né riguarda alla maggioranza di governo né, a maggior ragione, la campagna elettorale".
Il Guardasigilli ha dunque lanciato un vero e proprio ultimatum agli alleati, ma ha anche ribadito la fedeltà assoluta del Carroccio al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
"La leadership nella Casa delle Libertà ce l'ha chi ha i voti. E Berlusconi i voti li ha - ha affermato cercando di mettere a tacere coloro che pretendono di vedere il centrodestra alle Politiche con un candidato a premier diverso dal Cavaliere - francamente non capisco chi possa rivendicare leadership senza voti e i voti oggi li ha Berlusconi. Quindi il leader è lui".
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MEDITAZIONE - 23/8/05
L’UNITA’ on-line 23-8
Sommario di I pag.
«Meticciato, attacco alla civiltà europea»
Pera come i teorici del Ventennio
di be.mo.
«In Europa si apre la porta all'immigrazione incontrollata, e si diventa "meticci"»: Le dichiarazioni del presidente del Senato richiamano fin troppo le teorie della superiorità della razza elaborate durante il fascismo quando Cipriani scriveva: «Il meticciato è un delitto contro Dio».
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La "razza italica" degli scienziati fascisti
(Manifesto degli scienziati fascisti delle Università italiane pubblicato su Il Giornale d'Italia il 14 luglio 1938)
1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà e rappresentata da masse, quasi sempre imponenti, di milioni di uomini, simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori ed inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.
2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali e una verità evidente.
3. II concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso è quindi basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli italiani sono differenti dai francesi, dai tedeschi, dai turchi, dai greci, ecc., non e solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli e diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto suite altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.
4. La popolazione dell'Italia attuale è di origine ariana e la sua civiltà è ariana. Questa popolazione di civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra Penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa.
5. E’ una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della Nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre Nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i 44 milioni di italiani di oggi rimontano quindi nell'assoluta maggioranza a famiglie che abitano in Italia da un millennio.
6. Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico linguistico di popolo e di nazione, ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione Italiana.
7. È tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che fin’ora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli italiani e gli scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extraeuropee, questo vuoi dire elevare l'italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.
8. È necessario fare una netta distinzione tra i mediterranei d'Europa (occidentali) da una parte, gli orientali e gli africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.
9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli italiani.
10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli italiani non devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un corpo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extraeuropea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.
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CITAZIONI
Pera e la Shoah
C’è già stato un periodo in cui l’Europa cristiana diceva alle minoranza religiose: «Potete vivere in mezzo a noi, a patto che diventiate come noi». E successivamente: «Non siete diventati come noi, andate a vivere separati». E infine: «Non siete come noi, non avete diritto di vivere da nessuna parte». Per impedire la terza fase, bisognava impedire la prima.
(Ferdinando Camon, L’Unità 23-8)
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L’autogol del filosofo
Prima di essere più papista del Papa e più ciellino dei ciellini, [Pera] è stato il più giustizialista dei giustizialisti («Il garantismo, come ogni ideologia preconcetta, è pernicioso») e poi il più laicista dei laicisti («Per esser anticlericali bisogna sentir la dignità della propria identità») e il più garantista dei garantisti. E poi il più fiero avversario dell'inserimento delle radici cristiane nella carta Ue («Non dobbiamo infilare Dio nella Costituzione europea o inseguire su tutto le posizioni della Chiesa») e il più fiero fustigatore di chi non l'aveva infilata: «Abbiamo rimosso la nostra identità giudaico-cristiana». E l'accanito teorico della fecondazione assistita («Davvero monsignor Sgreccia vuol farci credere che prelevare il seme in un modo o un altro è moralmente rilevante? La morale dipende da come si eiacula?») e poi l'accanito censore dei referendari sconfitti «che hanno provato a dare un violento colpo di forbice ai valori e sono ancora lì che si accarezzano la guancia per lo schiaffo ricevuto».
E insomma ha offerto ai suoi critici tutte le prove per accusarlo, carta canta, di aver detto tutto e il contrario di tutto, a seconda di come gli girava al momento. Fedele, in fondo, solo all'idea che aveva proposto anni fa a un giornale. Quella di avere una rubrica dove «scrivere ciò che mi passava per la testa». Propose pure il titolo: «Discorsi a Pera».
(Gian Antonio Stella, Corsera 23-8)
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«Se non fossero in gioco cose serissime, ci sarebbe quasi da sorridere. L’aspirante crociato meriterebbe di ricevere in dono un cavallo a dondolo e uno scolapasta da calare in testa a mo’ di elmetto».
(Daniele Capezzone, Corsera 23-8)
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Un dubbio coglie tutti noi: forse Marcello Pera è totalmente idiota? Nel suo impianto, il discorso di Pera assomigliava moltissimo a certi discorsi di Goebbels o di Goering, i due gerarchi hitleriani: appena un po' ammodernato. Pera è un nazista? Impossibile: è un liberale, un laico, un professore, un opinionista, un intellettuale, eccetera eccetera, non può essere nazista. Allora c'è solo un'altra possibilità: è completamente idiota. Il problema, in questo caso, è: è giusto che un idiota sia il Presidente del Senato?
(Piero Sansonetti, Liberazione 23-8)
lunedì, agosto 22, 2005
RESISTENZA - 22/8/05
LORSIGNORI ci ricattano: “O il Grande Centro o vi tenete questo figuro…”
Luciano Seno
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L’UNITA’ on-line 22-8
BANNER
Indovinate di chi si sta parlando? «Passa ore nella sauna e a farsi massaggiare. Si abbuffa di ciambellone e poi si mette a dieta. Prende a sculacciate le cameriere. Ha addirittura incaricato una persona di togliere il cerone che resta sulla cornetta dopo le sue telefonate...».
(è Berlusconi, nella descrizione di una cameriera della villa in Sardegna)
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ITALIENI 22-8
Silvio, il playboy dal fascino sconvolgente
Nessun altro politico più di Silvio Berlusconi è in grado tenere alto il morale di un corrispondente straniero in Italia. Certo, alle sue conferenze stampa non risponde sempre alle domande che gli sono poste, ma in compenso le sue dichiarazioni lasciano il segno. I tedeschi ancora ricordano quando diede del kapò all'europarlamentare socialdemocratico Martin Schulz. Molti si chiedono perché faccia queste cose: la verità è che lui è semplicemente così. Le sue ultime vittime sono stati i finlandesi. In occasione dell'inaugurazione dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare a Parma, Berlusconi ha dichiarato di aver esercitato il suo fascino da playboy sulla presidente finlandese per convincerla a rinunciare alla candidatura di Helsinki in favore della città emiliana.
Die Tageszeitung, Germania [in tedesco]
http://www.taz.de:80/pt/2005/08/22/a0113.nf/text
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CITAZIONE
L’unico pregio di Berlusconi è di averci fatto sbattere la faccia sul “dopo”. In quel dopo, come in tutti i momenti importanti della Storia, e in tutte le situazioni cruciali del sistema maggioritario, le strade si dividono. Con la legalità, con la Costituzione, con la legge uguale per tutti. Oppure con il mondo dei condoni, della grande evasione, dei conti falsi. Certe volte il centro non esiste.
(Furio Colombo, L’Unità on-line 22-8)
Luciano Seno
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L’UNITA’ on-line 22-8
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Indovinate di chi si sta parlando? «Passa ore nella sauna e a farsi massaggiare. Si abbuffa di ciambellone e poi si mette a dieta. Prende a sculacciate le cameriere. Ha addirittura incaricato una persona di togliere il cerone che resta sulla cornetta dopo le sue telefonate...».
(è Berlusconi, nella descrizione di una cameriera della villa in Sardegna)
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ITALIENI 22-8
Silvio, il playboy dal fascino sconvolgente
Nessun altro politico più di Silvio Berlusconi è in grado tenere alto il morale di un corrispondente straniero in Italia. Certo, alle sue conferenze stampa non risponde sempre alle domande che gli sono poste, ma in compenso le sue dichiarazioni lasciano il segno. I tedeschi ancora ricordano quando diede del kapò all'europarlamentare socialdemocratico Martin Schulz. Molti si chiedono perché faccia queste cose: la verità è che lui è semplicemente così. Le sue ultime vittime sono stati i finlandesi. In occasione dell'inaugurazione dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare a Parma, Berlusconi ha dichiarato di aver esercitato il suo fascino da playboy sulla presidente finlandese per convincerla a rinunciare alla candidatura di Helsinki in favore della città emiliana.
Die Tageszeitung, Germania [in tedesco]
http://www.taz.de:80/pt/2005/08/22/a0113.nf/text
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CITAZIONE
L’unico pregio di Berlusconi è di averci fatto sbattere la faccia sul “dopo”. In quel dopo, come in tutti i momenti importanti della Storia, e in tutte le situazioni cruciali del sistema maggioritario, le strade si dividono. Con la legalità, con la Costituzione, con la legge uguale per tutti. Oppure con il mondo dei condoni, della grande evasione, dei conti falsi. Certe volte il centro non esiste.
(Furio Colombo, L’Unità on-line 22-8)
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MEDITAZIONE - 22/8/05
IL SOLE-24 ORE 21-8
EDITORIALE
L'inutile agonia di fine legislatura
di Stefano Folli
L’agonia della legislatura si trascina con cadenze quasi quotidiane. Ormai abbiamo la certezza che i prossimi mesi saranno del tutto inutili ai fini del buon governo, mentre forniranno argomenti agli osservatori internazionali per ridurre la loro fiducia nell'Italia. Non è prevedibile una decente legge finanziaria, né un programma coerente di sostegno allo sviluppo. Di certo possiamo invece mettere nel conto i dissensi infiniti tra i partiti, i loro estenuanti litigi destinati ad aprire un solco irreparabile fra chi governa (o chi si oppone) e il normale cittadino. Che si tratti della leadership del Centro-destra, o degli intrecci fra politica e affari a sinistra.
Ma c'è dell'altro. L'agonia della legislatura coincide con il pantano in cui è sprofondata la Banca d'Italia, senza che s'intraveda una ragionevole via d'uscita alla crisi di èredibilità del Governatore. Per non dire delle ferite provocate dal disegno di legge costituzionale sul federalismo (la cosiddetta "devolution") che piace solo alla Lega e che si trascina in Parlamento provocando dubbi e interrogativi crescenti nella stessa maggioranza. E ancora: c'è almeno un partito della Casa delle libertà, l’Udc di Casini e Follini, che non nasconde più la sua esasperazione nei confronti di Berlusconi e accarezza un diverso disegno strategico. Un disegno che implica un giudizio liquidatorio verso l'attuale bipolarismo. Quindi è l'intero impianto politico del Paese che marcisce nell'agonia generale.
La logica dice che si sarebbe dovuto tagliar corto e votare subito dopo le elezioni regionali, risparmiando al Paese questa attesa superflua. Non fu possibile perché mancò qualsiasi intesa al riguardo fra le forze parlamentari. Le quali si sono assunte così una
grave responsabilità nei confronti degli italiani e avrebbero oggi il dovere di fornire una soluzione al rebus. Dobbiamo al presidente della Repubblica una pressione per accelerare al 9 aprile le elezioni per il nuovo Parlamento. Ma di più non si può fare senza un'iniziativa politica. Che non s'intravede nemmeno.
Come è abbastanza evidente, la maggioranza non ha intenzione di mettere la testa sul ceppo prima del tempo e, non avendo altro in cui sperare, si aggrappa a un recupero dell'ultima ora. Ma anche l'opposizione, a parte le solite frasi di circostanza, non sembra troppo impaziente di stringere. È impegnata nelle primarie e soprattutto crede che il passare dei mesi l'aiuterà a raccogliere una più cospicua messe elettorale. PUÒ essere un calcolo giusto, ma è rischioso. L'agonia risparmia la classe politica e le sue manovre, ma è drammatica per chi lavora e deve produrre in condizioni di crescente disparità rispetto ai concorrenti. C'è un'emergenza che preme alle porte. Non rendersene conto e fare come se niente fosse è peggio di un delitto, è una sciocchezza.
domenica, agosto 21, 2005
MEDITAZIONE - 21/8/05
MANIFESTO 20-8
EDITORIALE
Terzo Polo, la strana ombra
VALENTINO PARLATO
Nella torbida confusione di questa fine d'estate s'avanza all'orizzonte uno strano guerriero. Non è detto che venga avanti e tanto meno che vinca, ma la sua ombra c'è. Anche altri - penso al «Riformista» e anche a «Libero» - ne avvertono la presenza. Si tratta del «terzo polo», che potrebbe nascere dalla dissoluzione dell'armata di Berlusconi e da una frattura dell'Unione di centro-sinistra. I segni di questo possibile esito sono già nelle cronache giornalistiche. Da una parte il diffuso convincimento che Berlusconi ha perso e la conseguente polemica senza esclusione di colpi all'interno del suo campo, soprattutto da parte dell'Udc e di quella parte dell'elettorato che non ha gli impedimenti di An o della Lega a cambiare fronte. Dall'altra parte l'attacco - soprattutto con l'uso e l'abuso della questione morale - contro i Ds.
Siamo arrivati al punto che i Ds debbono chiedere a Prodi non tanto una solidarietà, ma una conferma della sua appartenenza al loro fronte. Finora Prodi tace, in ogni modo evita affermazioni nette.
La risposta di Giulio Santagata («se uno dei due chiede che gli si dica «ti amo», vorrà dire che lo diremo») suona quasi un insulto. E si potrebbe aggiungere il sospetto che il rinvio al dopo primarie del programma possa voler dire che Prodi si vuole lasciare le mani libere. Anche il riavvicinamento, dopo le recenti polemiche, tra Prodi e Rutelli dà da pensare.
Tutto questo - è quasi inutile scriverlo, ma non va dimenticato - nella attuale situazione di profonda crisi economica, con imprese fortemente indebitate (a cominciare dalla Fiat) e con banche fortemente esposte con crediti non dico in sofferenza, ma di non semplice rientro.
Insomma in una situazione di diffusa e ragionevole paura. Una situazione nella quale, riducendosi il potere del capitale cresce quello dell'opinione e della stampa scritta: le tv aiutano certamente a vincere le elezioni come Berlusconi insegna, ma valgono meno nell'orientamento dell'opinione di quelli che contano, che pesano sul governo degli affari.
Così il fattore di accelerazione o addirittura di scatenamento dei mali che covavano è stato il tentativo di scalata di Ricucci e soci al Corsera, poi, ma con effetti analoghi, c'è stata la Unipol con la Banca Nazionale del Lavoro. Avere messo in gioco il Corriere ha determinato lo stato di emergenza.
Normalmente, ma tanto più in una situazione di emergenza il Corriere della Sera è importante, lo è storicamente tanto che si dice che nella prima guerra mondiale fosse Luigi Albertini a ordinare a Cadorna le famose offensive sull'Isonzo.
Oggi (forse c'è anche Cadorna) siamo in una situazione di massima precarietà e il Corsera diventa ancora più importante.
Il tentativo di scalata di Ricucci e soci, magari con il consenso di Berlusconi, era evidentemente pericoloso e andava bloccato. Qualcuno aveva suggerito un modesto intervento della guardia di finanza, ma si è trasformata in una guerra generale, che ha investito duramente Bankitalia con evidente danno per il sistema paese.
Su Ricucci e soci c'è poco da aggiungere a quel che abbiamo scritto e riscritto. Ma questo non significa che il sindacato di controllo di Rcs sia un sancta sanctorum (sarebbe interessante sapere per quale ragione Cesare Romiti e Alessandro Profumo se ne sono usciti) e neppure che Luca di Montezemolo sia l'Arcangelo Gabriele, con tribunale a Cortina d'Ampezzo.
Il punto è - così può sembrare - che in questa situazione di emergenza il Corriere viene assunto come arma decisiva e che la lotta diventa senza quartiere. E si accelerano le divaricazioni degli schieramenti finora esistenti.
Berlusconi è un re sconfitto che va abbandonato, ma non ci si può nemmeno fidare dei Ds che (nonostante tutte le loro ritrattazioni) hanno sempre un'origine comunista e poi potrebbero anche usare le cooperative. Il terzo polo può nascere, per aiutare lor signori, proprio perché malmessi: sarebbe la soluzione per sopravvivere e magari ricominciare. Archiviando il bipolarismo sotto le insegne di Casini.
A questo punto Romano Prodi deve parlar chiaro e non rinviare il suo programma a dopo le primarie. Il fantasma del terzo polo si sta materializzando.
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STAMPA 21-8
Corsivo
Magari
Jena
Ci sarà un sacco di gente, vengono Romano, Fausto, Clemente, Vittorio, Antonio, Alfonso, Ivan, don Andrea, forse passa pure don Vitaliano. Vieni anche tu alla festa delle primarie e porta chi ti pare, magari una donna.
EDITORIALE
Terzo Polo, la strana ombra
VALENTINO PARLATO
Nella torbida confusione di questa fine d'estate s'avanza all'orizzonte uno strano guerriero. Non è detto che venga avanti e tanto meno che vinca, ma la sua ombra c'è. Anche altri - penso al «Riformista» e anche a «Libero» - ne avvertono la presenza. Si tratta del «terzo polo», che potrebbe nascere dalla dissoluzione dell'armata di Berlusconi e da una frattura dell'Unione di centro-sinistra. I segni di questo possibile esito sono già nelle cronache giornalistiche. Da una parte il diffuso convincimento che Berlusconi ha perso e la conseguente polemica senza esclusione di colpi all'interno del suo campo, soprattutto da parte dell'Udc e di quella parte dell'elettorato che non ha gli impedimenti di An o della Lega a cambiare fronte. Dall'altra parte l'attacco - soprattutto con l'uso e l'abuso della questione morale - contro i Ds.
Siamo arrivati al punto che i Ds debbono chiedere a Prodi non tanto una solidarietà, ma una conferma della sua appartenenza al loro fronte. Finora Prodi tace, in ogni modo evita affermazioni nette.
La risposta di Giulio Santagata («se uno dei due chiede che gli si dica «ti amo», vorrà dire che lo diremo») suona quasi un insulto. E si potrebbe aggiungere il sospetto che il rinvio al dopo primarie del programma possa voler dire che Prodi si vuole lasciare le mani libere. Anche il riavvicinamento, dopo le recenti polemiche, tra Prodi e Rutelli dà da pensare.
Tutto questo - è quasi inutile scriverlo, ma non va dimenticato - nella attuale situazione di profonda crisi economica, con imprese fortemente indebitate (a cominciare dalla Fiat) e con banche fortemente esposte con crediti non dico in sofferenza, ma di non semplice rientro.
Insomma in una situazione di diffusa e ragionevole paura. Una situazione nella quale, riducendosi il potere del capitale cresce quello dell'opinione e della stampa scritta: le tv aiutano certamente a vincere le elezioni come Berlusconi insegna, ma valgono meno nell'orientamento dell'opinione di quelli che contano, che pesano sul governo degli affari.
Così il fattore di accelerazione o addirittura di scatenamento dei mali che covavano è stato il tentativo di scalata di Ricucci e soci al Corsera, poi, ma con effetti analoghi, c'è stata la Unipol con la Banca Nazionale del Lavoro. Avere messo in gioco il Corriere ha determinato lo stato di emergenza.
Normalmente, ma tanto più in una situazione di emergenza il Corriere della Sera è importante, lo è storicamente tanto che si dice che nella prima guerra mondiale fosse Luigi Albertini a ordinare a Cadorna le famose offensive sull'Isonzo.
Oggi (forse c'è anche Cadorna) siamo in una situazione di massima precarietà e il Corsera diventa ancora più importante.
Il tentativo di scalata di Ricucci e soci, magari con il consenso di Berlusconi, era evidentemente pericoloso e andava bloccato. Qualcuno aveva suggerito un modesto intervento della guardia di finanza, ma si è trasformata in una guerra generale, che ha investito duramente Bankitalia con evidente danno per il sistema paese.
Su Ricucci e soci c'è poco da aggiungere a quel che abbiamo scritto e riscritto. Ma questo non significa che il sindacato di controllo di Rcs sia un sancta sanctorum (sarebbe interessante sapere per quale ragione Cesare Romiti e Alessandro Profumo se ne sono usciti) e neppure che Luca di Montezemolo sia l'Arcangelo Gabriele, con tribunale a Cortina d'Ampezzo.
Il punto è - così può sembrare - che in questa situazione di emergenza il Corriere viene assunto come arma decisiva e che la lotta diventa senza quartiere. E si accelerano le divaricazioni degli schieramenti finora esistenti.
Berlusconi è un re sconfitto che va abbandonato, ma non ci si può nemmeno fidare dei Ds che (nonostante tutte le loro ritrattazioni) hanno sempre un'origine comunista e poi potrebbero anche usare le cooperative. Il terzo polo può nascere, per aiutare lor signori, proprio perché malmessi: sarebbe la soluzione per sopravvivere e magari ricominciare. Archiviando il bipolarismo sotto le insegne di Casini.
A questo punto Romano Prodi deve parlar chiaro e non rinviare il suo programma a dopo le primarie. Il fantasma del terzo polo si sta materializzando.
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STAMPA 21-8
Corsivo
Magari
Jena
Ci sarà un sacco di gente, vengono Romano, Fausto, Clemente, Vittorio, Antonio, Alfonso, Ivan, don Andrea, forse passa pure don Vitaliano. Vieni anche tu alla festa delle primarie e porta chi ti pare, magari una donna.
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