L’ITALIA AL TEMPO DI BERLUSCONI
Viviamo in un Paese confessionale con una destra antidemocratica al governo
È difficile, di fronte a una pesante e duplice interferenza, dall'interno dello Stato (le dichiarazioni di Pera) e dall'esterno (quelle del Papa e di Ruini) chiedersi se questo referendum non si stia trasformando da confronto democratico tra i cittadini, laici e cattolici di questo Paese, previsto dalla Costituzione, in un'altra prova generale, da parte della destra antidemocratica oggi al governo, per sconfiggere l'Italia democratica e repubblicana, la pluralità delle coscienze e dei differenti modi di pensare in una sorta di coro unanime che vuole mortificare i cittadini e la democrazia che ha regolato il Paese negli ultimi sessant'anni. E questo malgrado il fatto che le elezioni degli ultimi tre anni, incluse le europee e le regionali, abbiano sconfitto l'attuale maggioranza parlamentare e di governo e mostrino a chi vuol vedere che il Paese è cambiato e richiede ormai una guida diversa e capace di condurre l'Italia a una nuova stagione politica ed economica dopo i disastri del governo Berlusconi.
(Nicola Tranfaglia – L’Unità 31-5)
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MENO TASSE PER TUTTI???
STAMPA 31-5
Corsivo
Il bollo della libertà
di Massimo Gramellini
Il governo Berlusconi, eletto per compiere una rivoluzione liberale sta continuando a tassare la libertà dell'individuo ovunque si presenti. Libertà di muoversi, in virtù dei continui balzelli sui trasporti. Libertà di andare all'estero, con il bollo da apporre sul passaporto che domani passerà di colpo da 30 a 40 euro. Libertà di sposarsi, acquistare un’auto, far valere i propri diritti in tribunale: normali espressioni della vita umana a cui, sempre da domani, si potrà accedere solo con un'ulteriore sovrattassa del 33% sulla marca da bollo. Le libertà di possedere una casa e di richiedere un estratto conto erano già state taglieggiate a gennaio, perché la buona vecchia regola democristiana suggerisce di adeguare la spremitura alle stagioni: d’inverno si tassano il desiderio di denaro e di focolare, d’estate la voglia di girare il mondo e di innamorarsi. Per i vizi più gravi, fra i quali oltre al fumo va ormai annoverata la fissazione di volersi spostare da un luogo all'altro, è invece prevista la potatura in ogni fase dell’anno.
Ci vuole il talento cabarettistico del presidente del conSilvio per scovare una differenza fra i comportamenti di questo governo «liberale» e quelli degli esecutivi di centrosinistra dei 40 anni precedenti. Questo non significa che, considerata la concorrenza, nel 2006 Berlusconi non possa persino rivincere le elezioni. Ma stavolta sarebbe la vittoria di un notabile, uno dei tanti. Il sogno liberale, da cui attingeva la sua presunta diversità, giace tramortito e pieno di bolli.
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IL RIFORMISTA 31-5
Corsivo
MA COME FAREMMO SENZA BERLUSCONI
Em.ma
Gran titolo in prima sul Giornale: «Con il partito unico passerò alla storia», firmato Berlusconi. Questo partito dovrebbe farlo con i propri attuali alleati, i quali però sono descritti, nello stesso discorso di Bolzano, come sfasciacarrozze. Infatti ripetutamente chiarisce che, se le cose nel suo governo non sono andate bene, lo si deve ai suoi soci che a turno «mettevano il veto». Ecco la chiave per governare: unire i sei partiti della Casa in un partito unico che «non sarà né come quello repubblicano Usa né come il Ppe». Sino a ieri avevano detto di voler fare la sezione italiana del Ppe, ma ciò sarebbe riduttivo, perché il Cavaliere vuole la Lega e deve conservare l'originalità berlusconiana. Poi ha detto che, democraticamente, questo coacervo eleggerà il leader, indicherà i presidenti della Camera e del Senato, il capo del governo e dello Stato, ecc. Un partito intero che si identifica con le istituzioni. A Berlusconi basta realizzare questo sogno. E conclude: «Comunque sono a disposizione, se ci fosse ancora bisogno di me». Cavaliere, il suo disinteresse è proverbiale, ma siamo certi che ci sarà bisogno, un forte bisogno, della sua presenza, a Palazzo Chigi o al Quirinale.
martedì, maggio 31, 2005
venerdì, maggio 27, 2005
RESISTENZA - 27/5/05
L’UNITA’ on-line 27-5
Sommario di I pag.
Berlusconi, italiani pieni di gioia: «Tanti telefonini, siamo playboy»
Altro che crisi, altro che povertà. «L’Economist sbaglia», sentenzia Silvio Berlusconi nel corso di una conferenza stampa con Tony Blair. Non è affatto vero che l’Italia sia «the real sick man of Europe», il vero malato d’Europa. Secondo il presidente del consiglio, «viviamo una situazione di benessere e di gioia, perché siamo nati in un Paese che è il più bello e fra i più ricchi del mondo». E poi abbiamo tanti telefonini: «Siamo playboy ed i nostri ragazzi mandano almeno 10 messaggi al giorno alle loro ragazze».
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CORSERA 27-5
«In Italia benessere e ricchezza»
Le reazioni alle parole di Berlusconi
Rizzo (PdCi): «E' come il Re Sole, identifica se stesso con lo Stato»
«Deliri di onnipotenza o ennesimo tentativo di arrampicarsi sugli specchi di fronte a critiche provenienti anche dalla stampa internazionale, in modo particolare dall’Economist?» - chiede l’onorevole Marco Rizzo, presidente dei Comunisti italiani al Parlamento europeo - Oggi Berlusconi se ne esce con l’asserzione che l’Italia non ha certo le stampelle e che da noi le famiglie hanno una ricchezza pari a 8 volte il pil annuale del Paese. Come mai allora molte famiglie italiane faticano ad arrivare alla fine del mese e molte altre sono addirittura piombate nella fascia della vera e propria indigenza?...Quando Berlusconi dice che l’Italia è un Paese ricco evidentemente pensa a se stesso: come il Re Sole, identifica la sua persona con lo Stato. Non credo che gli italiani digeriranno a lungo questa "monarchia"».
Pecoraro (Verdi): «Scambia l'Italia per il carnevale di Rio»
«Forse Berlusconi scambia l'Italia per il carnevale di Rio. Il Cavaliere deve aver perso il contatto con la realtà se arriva a descrivere l'Italia come il Paese della ricchezza e della gioia» ha dichiarato il presidente dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio. «Forse Berlusconi - continua Pecoraro - preferisce inventar un mondo dorato per non affrontare i problemi veri, delle famiglie, delle imprese, dell'industria, del sistema Italia in generale, nella convinzione che basti un po' d'ottimismo a cambiare la situazione. L'ottimismo va benissimo se è accompagnato da competenza e capacità, non se assomiglia ai vaneggiamenti di un premier disperato. Preoccupa - conclude il leader del Sole che Ride - l'irresponsabilità del premier e la leggerezza con cui pretende di risolvere i gravi problemi strutturali di un'economia in recessione».
Pierluigi Bersani (Ds): «Italia ricca? Presidente più ricco di tutti»
«L'Italia è così ricca che ha fatto presidente il più ricco di tutti». Questo l'ironico commento di Pierluigi Bersani (Ds) alle parole di Silvio Berlusconi che ha confutato la tesi di Economist, secondo cui l'Italia sarebbe il malato d'Europa, sostenendo che invece è «fra i paesi più ricchi del mondo».
Bonelli (Verdi): «E' bugiardo e offende gli italiani»
«Oltre a essere un po’ Pinocchio, il premier non rispetta i pensionati, i lavoratori precari, i disoccupati, ma anche la classe media italiana che termina lo stipendio dieci giorni prima della fine del mese». Lo afferma in una nota Angelo Bonelli, coordinatore nazionale dell’esecutivo dei Verdi, a proposito delle dichiarazioni di Silvio Berlusconi nella conferenza stampa congiunta con Tony Blair.
Antonio Di Pietro (IdV): «Benessere? Riguarderà lui e i suoi cari»
«Il benessere e la gioia di vivere di cui parla Berlusconi riguarderà lui e i suoi cari, non certo la massa degli italiani che nella maggior parte dei casi non riescono ad arrivare a fine mese e non hanno più soldi per comprare il pane». Replica così Antonio Di Pietro alle affermazioni del premier e aggiunge: «La sua più che un'affermazione sbagliata è un vero e proprio insulto agli italiani».
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CITAZIONE
I sogni sono desideri di felicità, ma a guardare la faccia scura del presidente del consiglio Berlusconi c’è da giurare che i suoi sogni non coincidano con quelli del presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo.
(Raffaella Cascioli – Europa 27-5)
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IL RIFORMISTA 27-5
Corsivo
ECCO PERCHÉ HO TIFATO LIVERPOOL
E' un bene anche per Berlusconi, che non si fotta più di tanto la testa
Em.ma
La finale Milan-Liverpool è stata una di quelle partite che ti riconciliano con il calcio: per il gioco delle due squadre e l'imprevedibilità del risultato. Io ho tifato per la squadra inglese, e l'avrei fatto anche se al posto del Milan ci fosse stata la Juventus. Sono due squadre che non amo: mi appaiono arroganti e patronali. La mia squadra, il Napoli, non so se e quando la vedrò nei campionati nazionali ed europei. Ma per fortuna vedrò il Palermo in Uefa. D'altro canto in competizione a Istanbul non c'erano maglie azzurre, il colore della Nazionale, ma altre maglie. Nel Milan ci sono olandesi, ucraini, brasiliani, argentini come nel Liverpool, la Champions è europea, noi siamo europei, in competizione c'erano due squadre europee. La partita è stata emozionante. Berlusconi era andato a Istanbul accompagnato da cinquanta deputati di Fi, tutti milanisti convertiti come Emilio Fede, ex-juventino. Il Cavaliere pensava di galvanizzare la sua squadra, e se vinceva avrebbe detto: sono andato a Catania e ho fatto vincere la squadra di Scapagnini, sono venuto a Istanbul e ha vinto il Milan! Non è stato così. E' un bene per tutti: anche per Berlusconi, che non si fotta, più di tanto, la testa.
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ESPRESSO on-line 27-5
È vuota la scena del dopo Berlusconi
Il piccolo regime se ne va senza una gioiosa liberazione - E ora il futuro dobbiamo inventarcelo
GIORGIO BOCCA
Non si vedono pile di cadaveri, non ci sono gerarchi impiccati a un distributore di benzina, apriamo le porte delle segrete e non troviamo trofei di teste mozzate, non ci sono camere a gas, non c'è l'ultima stazione del lager, con il cartello della schiavitù totale: 'Il lavoro rende liberi'. C'è solo l'ultima inutile menzogna: "L'economia italiana va male perché facciamo troppe vacanze".
La menzogna in politica e nella vita è un rimedio cattivo ma necessario alla noia e all'impossibile, ma la menzogna ridotta al gioco delle tre carte, alla penosa furbizia personale è umiliante.
Il passaggio è forte: da Churchill che promette al suo popolo lacrime e sangue, al Cavaliere che se la cava con gli impiegati dello Stato annunciando: in cassa non ci sono più soldi. La sincerità beffarda del debitore che se ne lava le mani.
Ma non aveva detto il giorno prima che le casse erano ancora piene e che chi lo negava era un disfattista? Lo aveva detto, ma cosa contano per i furbi le parole? Sono stato frainteso. Prendo atto delle cifre fornite dall'Istat. Esorto l'opposizione a far fronte al pericolo comune, dice adesso.
Roba dell'altro mondo e gli italiani nemmeno una piega. Non si vedono file di cadaveri, e neppure trofei di teste mozzate, ma è questa la fine del piccolo regime? Annunciata da un signore di media età che oggi ha il caschetto dei capelli finti più nero di ieri (si può mostrare ogni giorno un caschetto diverso, un giorno fino a metà nuca, il giorno dopo a nuca intera, si può mostrare ai cittadini questo fregolismo?).
Cose da pazzi e i nostri giornali continuano a prenderlo sul serio, titoli normali, pacati, da ordinaria amministrazione: 'Non è recessione ma stagnazione'. 'Contratti i sindacati ci aiutino'.
Non aveva detto l'altro ieri che in Italia i sindacati sono tutti comunisti, sovversivi? È stato frainteso, voleva dire esattamente il contrario.
Non è solo lui, intendiamoci, a ballare sull'acqua ondosa come un re travicello. Dove li mettete i neofascisti che ci ritroviamo? Il fascismo è stato tante cose, una tragedia e una esplosione di nazionalismo, una infatuazione ducesca e piazzale Loreto, una modernizzazione del paese e la madre dei peronismi, tutto quel che volete, ma non la presa per i fondelli di quelli che si mettono in testa la kippà, vanno a Gerusalemme al sacrario dell'Olocausto, e intanto chiedono la parificazione delle milizie di Salò con i partigiani; cioè la parificazione delle milizie che sono state fino alla fine con i nazisti, con quelli che li combattevano.
Ma è possibile che questo indecente trasformismo sia stato favorito, appoggiato dal piccolo regime di Silvio l'imbroglione? Il danno, forse irreparabile, che il piccolo regime ha fatto alla nazione è di avere coltivato tenacemente il peggio.
Avevamo una classe politica ballerina, ma tutto sommato di livello europeo. Ne ha fatto in pochi anni una classe di uccelli migratori che passano da un partito all'altro. Avevamo una informazione bella di forme e mediocre di carattere. L'ha riempita nei giornali e soprattutto nella televisione di provocatori e di servi. Il grande regime del cavalier Mussolini cooptava le penne più abili, il piccolo regime del cavaliere di Arcore ha assoldato pagliacci e pazzoidi.
Il piccolo regime se ne va pian piano senza una gioiosa liberazione e senza grandi rivincite. Ne prendiamo atto con la cattiva coscienza di chi lo ha sopportato passivamente, di chi non ha avuto subito un rifiuto, una ribellione totali. Ci siamo sporcati tutti le mani in questa vicenda mediocre, abbiamo tutti mostrato la nostra remissività, la nostra sudditanza al consumismo edonista della televisione pubblica e privata, abbiamo partecipato tutti alla resa a un capitalismo senza regole e senza principi.
La scena del dopo Berlusconi è vuota. L'antifascismo e i partiti antifascisti vanno ripiantati, il futuro dobbiamo inventarcelo.
Sommario di I pag.
Berlusconi, italiani pieni di gioia: «Tanti telefonini, siamo playboy»
Altro che crisi, altro che povertà. «L’Economist sbaglia», sentenzia Silvio Berlusconi nel corso di una conferenza stampa con Tony Blair. Non è affatto vero che l’Italia sia «the real sick man of Europe», il vero malato d’Europa. Secondo il presidente del consiglio, «viviamo una situazione di benessere e di gioia, perché siamo nati in un Paese che è il più bello e fra i più ricchi del mondo». E poi abbiamo tanti telefonini: «Siamo playboy ed i nostri ragazzi mandano almeno 10 messaggi al giorno alle loro ragazze».
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CORSERA 27-5
«In Italia benessere e ricchezza»
Le reazioni alle parole di Berlusconi
Rizzo (PdCi): «E' come il Re Sole, identifica se stesso con lo Stato»
«Deliri di onnipotenza o ennesimo tentativo di arrampicarsi sugli specchi di fronte a critiche provenienti anche dalla stampa internazionale, in modo particolare dall’Economist?» - chiede l’onorevole Marco Rizzo, presidente dei Comunisti italiani al Parlamento europeo - Oggi Berlusconi se ne esce con l’asserzione che l’Italia non ha certo le stampelle e che da noi le famiglie hanno una ricchezza pari a 8 volte il pil annuale del Paese. Come mai allora molte famiglie italiane faticano ad arrivare alla fine del mese e molte altre sono addirittura piombate nella fascia della vera e propria indigenza?...Quando Berlusconi dice che l’Italia è un Paese ricco evidentemente pensa a se stesso: come il Re Sole, identifica la sua persona con lo Stato. Non credo che gli italiani digeriranno a lungo questa "monarchia"».
Pecoraro (Verdi): «Scambia l'Italia per il carnevale di Rio»
«Forse Berlusconi scambia l'Italia per il carnevale di Rio. Il Cavaliere deve aver perso il contatto con la realtà se arriva a descrivere l'Italia come il Paese della ricchezza e della gioia» ha dichiarato il presidente dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio. «Forse Berlusconi - continua Pecoraro - preferisce inventar un mondo dorato per non affrontare i problemi veri, delle famiglie, delle imprese, dell'industria, del sistema Italia in generale, nella convinzione che basti un po' d'ottimismo a cambiare la situazione. L'ottimismo va benissimo se è accompagnato da competenza e capacità, non se assomiglia ai vaneggiamenti di un premier disperato. Preoccupa - conclude il leader del Sole che Ride - l'irresponsabilità del premier e la leggerezza con cui pretende di risolvere i gravi problemi strutturali di un'economia in recessione».
Pierluigi Bersani (Ds): «Italia ricca? Presidente più ricco di tutti»
«L'Italia è così ricca che ha fatto presidente il più ricco di tutti». Questo l'ironico commento di Pierluigi Bersani (Ds) alle parole di Silvio Berlusconi che ha confutato la tesi di Economist, secondo cui l'Italia sarebbe il malato d'Europa, sostenendo che invece è «fra i paesi più ricchi del mondo».
Bonelli (Verdi): «E' bugiardo e offende gli italiani»
«Oltre a essere un po’ Pinocchio, il premier non rispetta i pensionati, i lavoratori precari, i disoccupati, ma anche la classe media italiana che termina lo stipendio dieci giorni prima della fine del mese». Lo afferma in una nota Angelo Bonelli, coordinatore nazionale dell’esecutivo dei Verdi, a proposito delle dichiarazioni di Silvio Berlusconi nella conferenza stampa congiunta con Tony Blair.
Antonio Di Pietro (IdV): «Benessere? Riguarderà lui e i suoi cari»
«Il benessere e la gioia di vivere di cui parla Berlusconi riguarderà lui e i suoi cari, non certo la massa degli italiani che nella maggior parte dei casi non riescono ad arrivare a fine mese e non hanno più soldi per comprare il pane». Replica così Antonio Di Pietro alle affermazioni del premier e aggiunge: «La sua più che un'affermazione sbagliata è un vero e proprio insulto agli italiani».
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CITAZIONE
I sogni sono desideri di felicità, ma a guardare la faccia scura del presidente del consiglio Berlusconi c’è da giurare che i suoi sogni non coincidano con quelli del presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo.
(Raffaella Cascioli – Europa 27-5)
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IL RIFORMISTA 27-5
Corsivo
ECCO PERCHÉ HO TIFATO LIVERPOOL
E' un bene anche per Berlusconi, che non si fotta più di tanto la testa
Em.ma
La finale Milan-Liverpool è stata una di quelle partite che ti riconciliano con il calcio: per il gioco delle due squadre e l'imprevedibilità del risultato. Io ho tifato per la squadra inglese, e l'avrei fatto anche se al posto del Milan ci fosse stata la Juventus. Sono due squadre che non amo: mi appaiono arroganti e patronali. La mia squadra, il Napoli, non so se e quando la vedrò nei campionati nazionali ed europei. Ma per fortuna vedrò il Palermo in Uefa. D'altro canto in competizione a Istanbul non c'erano maglie azzurre, il colore della Nazionale, ma altre maglie. Nel Milan ci sono olandesi, ucraini, brasiliani, argentini come nel Liverpool, la Champions è europea, noi siamo europei, in competizione c'erano due squadre europee. La partita è stata emozionante. Berlusconi era andato a Istanbul accompagnato da cinquanta deputati di Fi, tutti milanisti convertiti come Emilio Fede, ex-juventino. Il Cavaliere pensava di galvanizzare la sua squadra, e se vinceva avrebbe detto: sono andato a Catania e ho fatto vincere la squadra di Scapagnini, sono venuto a Istanbul e ha vinto il Milan! Non è stato così. E' un bene per tutti: anche per Berlusconi, che non si fotta, più di tanto, la testa.
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ESPRESSO on-line 27-5
È vuota la scena del dopo Berlusconi
Il piccolo regime se ne va senza una gioiosa liberazione - E ora il futuro dobbiamo inventarcelo
GIORGIO BOCCA
Non si vedono pile di cadaveri, non ci sono gerarchi impiccati a un distributore di benzina, apriamo le porte delle segrete e non troviamo trofei di teste mozzate, non ci sono camere a gas, non c'è l'ultima stazione del lager, con il cartello della schiavitù totale: 'Il lavoro rende liberi'. C'è solo l'ultima inutile menzogna: "L'economia italiana va male perché facciamo troppe vacanze".
La menzogna in politica e nella vita è un rimedio cattivo ma necessario alla noia e all'impossibile, ma la menzogna ridotta al gioco delle tre carte, alla penosa furbizia personale è umiliante.
Il passaggio è forte: da Churchill che promette al suo popolo lacrime e sangue, al Cavaliere che se la cava con gli impiegati dello Stato annunciando: in cassa non ci sono più soldi. La sincerità beffarda del debitore che se ne lava le mani.
Ma non aveva detto il giorno prima che le casse erano ancora piene e che chi lo negava era un disfattista? Lo aveva detto, ma cosa contano per i furbi le parole? Sono stato frainteso. Prendo atto delle cifre fornite dall'Istat. Esorto l'opposizione a far fronte al pericolo comune, dice adesso.
Roba dell'altro mondo e gli italiani nemmeno una piega. Non si vedono file di cadaveri, e neppure trofei di teste mozzate, ma è questa la fine del piccolo regime? Annunciata da un signore di media età che oggi ha il caschetto dei capelli finti più nero di ieri (si può mostrare ogni giorno un caschetto diverso, un giorno fino a metà nuca, il giorno dopo a nuca intera, si può mostrare ai cittadini questo fregolismo?).
Cose da pazzi e i nostri giornali continuano a prenderlo sul serio, titoli normali, pacati, da ordinaria amministrazione: 'Non è recessione ma stagnazione'. 'Contratti i sindacati ci aiutino'.
Non aveva detto l'altro ieri che in Italia i sindacati sono tutti comunisti, sovversivi? È stato frainteso, voleva dire esattamente il contrario.
Non è solo lui, intendiamoci, a ballare sull'acqua ondosa come un re travicello. Dove li mettete i neofascisti che ci ritroviamo? Il fascismo è stato tante cose, una tragedia e una esplosione di nazionalismo, una infatuazione ducesca e piazzale Loreto, una modernizzazione del paese e la madre dei peronismi, tutto quel che volete, ma non la presa per i fondelli di quelli che si mettono in testa la kippà, vanno a Gerusalemme al sacrario dell'Olocausto, e intanto chiedono la parificazione delle milizie di Salò con i partigiani; cioè la parificazione delle milizie che sono state fino alla fine con i nazisti, con quelli che li combattevano.
Ma è possibile che questo indecente trasformismo sia stato favorito, appoggiato dal piccolo regime di Silvio l'imbroglione? Il danno, forse irreparabile, che il piccolo regime ha fatto alla nazione è di avere coltivato tenacemente il peggio.
Avevamo una classe politica ballerina, ma tutto sommato di livello europeo. Ne ha fatto in pochi anni una classe di uccelli migratori che passano da un partito all'altro. Avevamo una informazione bella di forme e mediocre di carattere. L'ha riempita nei giornali e soprattutto nella televisione di provocatori e di servi. Il grande regime del cavalier Mussolini cooptava le penne più abili, il piccolo regime del cavaliere di Arcore ha assoldato pagliacci e pazzoidi.
Il piccolo regime se ne va pian piano senza una gioiosa liberazione e senza grandi rivincite. Ne prendiamo atto con la cattiva coscienza di chi lo ha sopportato passivamente, di chi non ha avuto subito un rifiuto, una ribellione totali. Ci siamo sporcati tutti le mani in questa vicenda mediocre, abbiamo tutti mostrato la nostra remissività, la nostra sudditanza al consumismo edonista della televisione pubblica e privata, abbiamo partecipato tutti alla resa a un capitalismo senza regole e senza principi.
La scena del dopo Berlusconi è vuota. L'antifascismo e i partiti antifascisti vanno ripiantati, il futuro dobbiamo inventarcelo.
giovedì, maggio 26, 2005
MEDITAZIONE - 26/5/05
MONITI
Di fronte al tracollo dell'Unione, può accadere che il Cavaliere rivinca le elezioni. Oppure il contrario: di fronte al collasso della Cdl, può accadere che l'Unione vinca lo stesso nel 2006. Una cosa è certa. Su queste basi, il centrosinistra può anche riuscire miracolosamente a vincere. Ma non riuscirà mai a governare.
(Massimo Giannini – Repubblica 26-5)
-=oOo=-
Bertinotti si è detto preoccupato della situazione: «Il contrasto nella Margherita e nell'Ulivo - ha detto - rischia di oscurare il fatto che ormai è matura la fine dell'era berlusconiana».
(Liberazione 26-5)
-=oOo=-
Amici miei
Butta male perché Berlusconi non ha saputo gestire il berlusconismo, ma adesso ci pensano Montezemolo e Rutelli…
Il nemico del mio nemico è amico mio. Tradotto: basta parlar male di Berlusconi e dei disastri economici generati dalle politiche della destra per essere applauditi dal centrosinistra. L'elenco degli amici si infittisce mano a mano che i conti italiani precipitano e i mitici parametri europei vengono sfondati: Confindustria, Banca d'Italia, Eurostat, Bce. E adesso anche l'Ocse torna utile per dire che così non si può più andare avanti. Che l'economia italiana stia andando a rotoli non c'è dubbio, persino Berlusconi è ormai costretto ad ammetterlo. Siamo in recessione, i lavoratori dipendenti l'avevano già capito prima che lo decretasse l'Ocse. L'Italia non è competitiva sui mercati mondiali, anzi ha perso in quattro anni il 25% di competitività e anche questo lo si era intuito. Deficit e debito pubblico vanno su, il prodotto interno lordo diminuisce insieme al potere d'acquisto dei salari, come conferma l'ormai famosa «crisi della quarta settimana», che vuol dire che in tanti non arrivano a fine mese a mettere insieme il pranzo con la cena.
Fin qui siamo tutti d'accordo. Il problema nasce quando si passa dalla diagnosi alla prognosi. Per l'Ocse il costo del lavoro in Italia è troppo alto e dev'essere tagliato: ma non sarà che uno degli elementi della specificità della crisi italiana - ben più grave di quella che attanaglia l'intero vecchio continente - sta nella riduzione dei consumi provocata dalla contrazione dei salari? E che consiglio è quello di abbassare il costo del lavoro per recuperare competitività, quando si ha a che fare con paesi in cui non ci sono limiti alla flessibilità e allo sfruttamento? Ci sarà sempre un paese più a sud e più a est in cui il lavoro costerà meno e i diritti saranno più compressi.
Poi, gli «amici» confindustriali dei nemici di Berlusconi dicono che sì, il paese è in declino, le industrie chiudono e tra poco resteremo competitivi solo con pizza e ombrellone (Tremonti permettendo e non vendendo le spiagge). Certo, ma i padroni non hanno proprio nessuna responsabilità? Non sono forse loro i maestri della finanziarizzazione e della delocalizzazione della produzione verso lidi più ospitali, con meno lacci e lacciuoli?
Il paese in cui viviamo è più povero e più ingiusto di quello, tutt'altro che idilliaco, ereditato da Berlusconi nel 2001. Un paese in cui i lavoratori che al tempo del centrosinistra erano degli omissis ora vengono colpevolizzati, su di loro e su quelli che una volta si chiamavano ceti medi si scaricano le conseguenze della crisi per salvaguardare e accrescere i privilegi delle classi più agiate, quelle che ci hanno ridotto in queste condizioni. Flirtare con i tanti interessati suggeritori che sostengono una medicina peggiore della malattia - più liberismo, più ingiustizie dunque, e anche minori consumi - è un suicidio. Dagli amici ci guardi dio.
Ps. Secondo l'Ocse, prodigo di buoni consigli all'Italia quanto preoccupato per il nostro futuro, le elezioni del 2006 potrebbero rappresentare un ostacolo al consolidamento fiscale del «sistema paese». Detto fatto: aboliamo le elezioni. Non dispiacerebbe neppure a Berlusconi.
(Loris Campetti – Il Manifesto)
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Verso l’8 settembre della seconda Repubblica.
Nel duro discorso ai leader dell’Ulivo, Prodi l’ha ricordato senza ricorrere ad eufemismi. Ma anche Berlusconi, pur smentendo l’intenzione di un suo ritiro in panchina, non ha escluso sue candidature alternative alla guida di Palazzo Chigi. Certo, la diagnosi del premier sulla situazione italiana è, ovviamente, meno severa. Ma anche lui sa benissimo che, nella prossima legislatura, quella poltrona sarà davvero scomoda. Ecco perché non vorremmo che aleggiasse sulla politica italiana la tentazione di una fuga dalle responsabilità. Verso l’8 settembre della seconda Repubblica.
(Luigi La Spina – Stampa 26-5)
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Ma la Sinistra dov’è?
Una sinistra radicale c'è, un partito di centro anche. E la sinistra che aspira fondatamente ad essere quella maggioritaria, dov'è?
(Rina Gagliardi, Liberazione 26-5)
Di fronte al tracollo dell'Unione, può accadere che il Cavaliere rivinca le elezioni. Oppure il contrario: di fronte al collasso della Cdl, può accadere che l'Unione vinca lo stesso nel 2006. Una cosa è certa. Su queste basi, il centrosinistra può anche riuscire miracolosamente a vincere. Ma non riuscirà mai a governare.
(Massimo Giannini – Repubblica 26-5)
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Bertinotti si è detto preoccupato della situazione: «Il contrasto nella Margherita e nell'Ulivo - ha detto - rischia di oscurare il fatto che ormai è matura la fine dell'era berlusconiana».
(Liberazione 26-5)
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Amici miei
Butta male perché Berlusconi non ha saputo gestire il berlusconismo, ma adesso ci pensano Montezemolo e Rutelli…
Il nemico del mio nemico è amico mio. Tradotto: basta parlar male di Berlusconi e dei disastri economici generati dalle politiche della destra per essere applauditi dal centrosinistra. L'elenco degli amici si infittisce mano a mano che i conti italiani precipitano e i mitici parametri europei vengono sfondati: Confindustria, Banca d'Italia, Eurostat, Bce. E adesso anche l'Ocse torna utile per dire che così non si può più andare avanti. Che l'economia italiana stia andando a rotoli non c'è dubbio, persino Berlusconi è ormai costretto ad ammetterlo. Siamo in recessione, i lavoratori dipendenti l'avevano già capito prima che lo decretasse l'Ocse. L'Italia non è competitiva sui mercati mondiali, anzi ha perso in quattro anni il 25% di competitività e anche questo lo si era intuito. Deficit e debito pubblico vanno su, il prodotto interno lordo diminuisce insieme al potere d'acquisto dei salari, come conferma l'ormai famosa «crisi della quarta settimana», che vuol dire che in tanti non arrivano a fine mese a mettere insieme il pranzo con la cena.
Fin qui siamo tutti d'accordo. Il problema nasce quando si passa dalla diagnosi alla prognosi. Per l'Ocse il costo del lavoro in Italia è troppo alto e dev'essere tagliato: ma non sarà che uno degli elementi della specificità della crisi italiana - ben più grave di quella che attanaglia l'intero vecchio continente - sta nella riduzione dei consumi provocata dalla contrazione dei salari? E che consiglio è quello di abbassare il costo del lavoro per recuperare competitività, quando si ha a che fare con paesi in cui non ci sono limiti alla flessibilità e allo sfruttamento? Ci sarà sempre un paese più a sud e più a est in cui il lavoro costerà meno e i diritti saranno più compressi.
Poi, gli «amici» confindustriali dei nemici di Berlusconi dicono che sì, il paese è in declino, le industrie chiudono e tra poco resteremo competitivi solo con pizza e ombrellone (Tremonti permettendo e non vendendo le spiagge). Certo, ma i padroni non hanno proprio nessuna responsabilità? Non sono forse loro i maestri della finanziarizzazione e della delocalizzazione della produzione verso lidi più ospitali, con meno lacci e lacciuoli?
Il paese in cui viviamo è più povero e più ingiusto di quello, tutt'altro che idilliaco, ereditato da Berlusconi nel 2001. Un paese in cui i lavoratori che al tempo del centrosinistra erano degli omissis ora vengono colpevolizzati, su di loro e su quelli che una volta si chiamavano ceti medi si scaricano le conseguenze della crisi per salvaguardare e accrescere i privilegi delle classi più agiate, quelle che ci hanno ridotto in queste condizioni. Flirtare con i tanti interessati suggeritori che sostengono una medicina peggiore della malattia - più liberismo, più ingiustizie dunque, e anche minori consumi - è un suicidio. Dagli amici ci guardi dio.
Ps. Secondo l'Ocse, prodigo di buoni consigli all'Italia quanto preoccupato per il nostro futuro, le elezioni del 2006 potrebbero rappresentare un ostacolo al consolidamento fiscale del «sistema paese». Detto fatto: aboliamo le elezioni. Non dispiacerebbe neppure a Berlusconi.
(Loris Campetti – Il Manifesto)
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Verso l’8 settembre della seconda Repubblica.
Nel duro discorso ai leader dell’Ulivo, Prodi l’ha ricordato senza ricorrere ad eufemismi. Ma anche Berlusconi, pur smentendo l’intenzione di un suo ritiro in panchina, non ha escluso sue candidature alternative alla guida di Palazzo Chigi. Certo, la diagnosi del premier sulla situazione italiana è, ovviamente, meno severa. Ma anche lui sa benissimo che, nella prossima legislatura, quella poltrona sarà davvero scomoda. Ecco perché non vorremmo che aleggiasse sulla politica italiana la tentazione di una fuga dalle responsabilità. Verso l’8 settembre della seconda Repubblica.
(Luigi La Spina – Stampa 26-5)
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Ma la Sinistra dov’è?
Una sinistra radicale c'è, un partito di centro anche. E la sinistra che aspira fondatamente ad essere quella maggioritaria, dov'è?
(Rina Gagliardi, Liberazione 26-5)
mercoledì, maggio 25, 2005
RESISTENZA - 25/5/05
L’UNITA’ on-line 25-5
Corsivo
Una spinta inesorabile alla crisi del berlusconismo.
Cicoria per tutti!
di Bruno Ugolini
Il centrosinistra, grazie alla fantasia sfrenata di Francesco Rutelli pare che abbia trovato il vero, forte nucleo programmatico per la prossima campagna elettorale. Sarà la parola d'ordine, lo slogan, che attrarrà le grandi masse del Nord e del Sud. Altro che le promesse sgangherate della Casa delle libertà. Qui siamo alla summa d'ogni desiderio insoddisfatto dei ceti medi riflessivi e anche di quelli normali, nonché degli atipici precari o dei posti fissi volatizzati. Sarà la travolgente idea che provocherà un voltagabbana smisurato in ogni anfratto del centrismo, tra ex democristiani, ex liberisti, ex anticomunisti, ex pentapartitisti. Una spinta inesorabile alla crisi del berlusconismo.
Trattasi di un impegno limpido e chiaro: "Cicoria per tutti". Rutelli ha lanciato la suadente offerta nel corso di decine di telegiornali, impugnando il microfono e rammentando i suoi trascorsi, quando, appunto, mangiava cicoria tutti i giorni. Il conciso messaggio è entrato nelle menti, ha circuito i cuori, ha sedotto e convinto. Ed è stata l'unica vera cosa che si è capita bene della lunga discussione che ha visto come protagonista il leader della Margherita. Non si trattava di un addio all'Ulivo, come molti avevano sospettato, anche perché la decisione di presentare il simbolo della Margherita riguardava solo, come egli stesso ha chiarito, il 20 per cento delle prossime schede, nell'arcaico meccanismo elettorale italiano. Un qui pro quo. L'Ulivo sarà vivo e lotterà con noi nell'ottanta per cento dei casi.
Quel che conta è l'Annuncio magistrale sulla cicoria. Gli italiani hanno sobbalzato. E' gente che va tutti i giorni al mercato e sa bene quale è il costo del prezioso ortaggio oggigiorno. Va a peso d'oro, come tutto il resto. E se quindi arriverà un governo progressista che la potrà distribuire a prezzi politici, l'esultanza sarà generale. La gente già ne fa incetta, quasi fosse Marijuana. Meglio la cicoria rispetto al nulla che il governo concede per il rinnovo dei contratti di lavoro. I conti dello Stato non subiranno gravi flessioni e l'Unione europea non parlerà di caso Italia.
Berlusconi è già in preda al panico. Aveva accolto, in un primo tempo, insieme a Giorgio La Malfa, le parole di Rutelli come un segnale di "rompete le righe" nel centrosinistra. Ora ha capito il trucco e si rode le dita.
Bisogna anche sapere che la cicoria ha doti indiscusse. Nelle sue diverse espressioni. C'è la Cicoria catalogna (forse già presente nel programma di Zapatero), la Cicoria cimata, la Cicoria witloof (Belga). Hanno un effetto prezioso in comune: affrettano l'espletazione dei propri bisogni. Una mano santa. C'era bisogno di qualcosa del genere, per far fluidificare tante cose indigeste.
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EUROPA on the Web 25-5
EDITORIALE
Il vicolo cieco di Berlusconi: manovra straordinaria o ulteriore discredito
di PAOLO LEON
Il dibattito sui dati e sulle previsioni dei conti pubblici rivela come Siniscalco stia eseguendo un difficile esercizio sulla corda. Da un lato deve minimizzare il rapporto deficit/Pil per non incorrere nella procedura di infrazione dell’Unione europea, o per minimizzarne l’impatto politico, dall’altro deve soccorrere il governo senza usare la lesina nell’affrontare le prossime elezioni legislative. È poco credibile cavarsela sostenendo che il peggior possibile rapporto deficit/Pil sarà soltanto del 3,75%, sapendo, come sapeva il ministro, quali punti critici avrebbe sollevato l’Unione e quali debbono ancora essere scoperti. Soprattutto, il deficit/Pil del 2005 e quello del 2006 dipendono da Siniscalco e non da Tremonti: e se invece dipendessero ancora da Tremonti, allora Siniscalco dovrebbe evitare di coprirlo.
Il vero problema del ministro, però, che spiega le sue reticenze e le false fiducie che cerca di spandere, è che non potrà fare manovre di aggiustamento sui conti pubblici nel 2006, sempre per via delle elezioni, e Berlusconi gli sta impedendo di fare una manovra nel corso di quest’anno. Credo si stia combattendo l’ennesima guerra di nervi nella maggioranza, anche perché il presidente del consiglio non può cambiare di nuovo il ministro dell’economia senza gettare al vento quel residuo di credibilità che Siniscalco ha guadagnato in Europa rispetto a Tremonti. Ne deriverei la conclusione che la manovra correttiva si farà quest’anno, insieme con il Dpef o con la legge finanziaria, come del resto fu fatto l’anno scorso, con il famigerato decretone, che spossessò il parlamento della sua funzione legislativa, un evento che l’opinione pubblica ha già dimenticato, assorbito nel generale discredito intorno al governo, ma che spero non sia dimenticato dai parlamentari, di maggioranza e di minoranza.
Naturalmente, la probabile manovra sui conti sarà giustificata con il costo del rinnovo del contratto per il pubblico impiego, così da rendere responsabili delle maggiori imposte, o della riduzione delle spese e dei servizi, sia il sindacato sia i lavoratori pubblici: accompagnata dall’opportuna propaganda, Berlusconi riuscirebbe facilmente a far passare l’immagine di funzionari dello stato che dissanguano i poveri contribuenti.
Bisogna reagire prima, chiamando il bluff: è possibile, infatti, introdurre un cuneo nella maggioranza, se ricordiamo che An e Udc pensano di avere una riserva di voti proprio nell’amministrazione pubblica.
Certo, non c’è da stare allegri, invischiati come siamo in una recessione, senza poter usare il volano della spesa pubblica per restituire qualche elemento di domanda alle nostre imprese.
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ITALIENI 25-5
L'ombra di Berlusconi sul Corriere della Sera
Domenica nelle edicole italiane non c'era il Corriere della Sera. Il giorno prima i giornalisti del primo quotidiano nazionale italiano avevano proclamato uno sciopero per rivendicare la loro "indipendenza". A minacciarla, secondo loro, è Stefano Ricucci, un uomo d'affari romano di 42 anni che ha costruito la sua fortuna nel settore immobiliare. In pochi mesi, la sua partecipazione nel capitale della Rizzoli - il gruppo editoriale che controlla il Corriere della Sera - è salita al 13,5 per cento. Una rapida ascesa che la redazione definisce "poco trasparente", perché Ricucci è un uomo vicino a Silvio Berlusconi, presidente del consiglio e proprietario di un impero editoriale e mediatico.
Libération, Francia [in francese]
http://www.liberation.fr:80/page.php?Article=298841
Corsivo
Una spinta inesorabile alla crisi del berlusconismo.
Cicoria per tutti!
di Bruno Ugolini
Il centrosinistra, grazie alla fantasia sfrenata di Francesco Rutelli pare che abbia trovato il vero, forte nucleo programmatico per la prossima campagna elettorale. Sarà la parola d'ordine, lo slogan, che attrarrà le grandi masse del Nord e del Sud. Altro che le promesse sgangherate della Casa delle libertà. Qui siamo alla summa d'ogni desiderio insoddisfatto dei ceti medi riflessivi e anche di quelli normali, nonché degli atipici precari o dei posti fissi volatizzati. Sarà la travolgente idea che provocherà un voltagabbana smisurato in ogni anfratto del centrismo, tra ex democristiani, ex liberisti, ex anticomunisti, ex pentapartitisti. Una spinta inesorabile alla crisi del berlusconismo.
Trattasi di un impegno limpido e chiaro: "Cicoria per tutti". Rutelli ha lanciato la suadente offerta nel corso di decine di telegiornali, impugnando il microfono e rammentando i suoi trascorsi, quando, appunto, mangiava cicoria tutti i giorni. Il conciso messaggio è entrato nelle menti, ha circuito i cuori, ha sedotto e convinto. Ed è stata l'unica vera cosa che si è capita bene della lunga discussione che ha visto come protagonista il leader della Margherita. Non si trattava di un addio all'Ulivo, come molti avevano sospettato, anche perché la decisione di presentare il simbolo della Margherita riguardava solo, come egli stesso ha chiarito, il 20 per cento delle prossime schede, nell'arcaico meccanismo elettorale italiano. Un qui pro quo. L'Ulivo sarà vivo e lotterà con noi nell'ottanta per cento dei casi.
Quel che conta è l'Annuncio magistrale sulla cicoria. Gli italiani hanno sobbalzato. E' gente che va tutti i giorni al mercato e sa bene quale è il costo del prezioso ortaggio oggigiorno. Va a peso d'oro, come tutto il resto. E se quindi arriverà un governo progressista che la potrà distribuire a prezzi politici, l'esultanza sarà generale. La gente già ne fa incetta, quasi fosse Marijuana. Meglio la cicoria rispetto al nulla che il governo concede per il rinnovo dei contratti di lavoro. I conti dello Stato non subiranno gravi flessioni e l'Unione europea non parlerà di caso Italia.
Berlusconi è già in preda al panico. Aveva accolto, in un primo tempo, insieme a Giorgio La Malfa, le parole di Rutelli come un segnale di "rompete le righe" nel centrosinistra. Ora ha capito il trucco e si rode le dita.
Bisogna anche sapere che la cicoria ha doti indiscusse. Nelle sue diverse espressioni. C'è la Cicoria catalogna (forse già presente nel programma di Zapatero), la Cicoria cimata, la Cicoria witloof (Belga). Hanno un effetto prezioso in comune: affrettano l'espletazione dei propri bisogni. Una mano santa. C'era bisogno di qualcosa del genere, per far fluidificare tante cose indigeste.
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EUROPA on the Web 25-5
EDITORIALE
Il vicolo cieco di Berlusconi: manovra straordinaria o ulteriore discredito
di PAOLO LEON
Il dibattito sui dati e sulle previsioni dei conti pubblici rivela come Siniscalco stia eseguendo un difficile esercizio sulla corda. Da un lato deve minimizzare il rapporto deficit/Pil per non incorrere nella procedura di infrazione dell’Unione europea, o per minimizzarne l’impatto politico, dall’altro deve soccorrere il governo senza usare la lesina nell’affrontare le prossime elezioni legislative. È poco credibile cavarsela sostenendo che il peggior possibile rapporto deficit/Pil sarà soltanto del 3,75%, sapendo, come sapeva il ministro, quali punti critici avrebbe sollevato l’Unione e quali debbono ancora essere scoperti. Soprattutto, il deficit/Pil del 2005 e quello del 2006 dipendono da Siniscalco e non da Tremonti: e se invece dipendessero ancora da Tremonti, allora Siniscalco dovrebbe evitare di coprirlo.
Il vero problema del ministro, però, che spiega le sue reticenze e le false fiducie che cerca di spandere, è che non potrà fare manovre di aggiustamento sui conti pubblici nel 2006, sempre per via delle elezioni, e Berlusconi gli sta impedendo di fare una manovra nel corso di quest’anno. Credo si stia combattendo l’ennesima guerra di nervi nella maggioranza, anche perché il presidente del consiglio non può cambiare di nuovo il ministro dell’economia senza gettare al vento quel residuo di credibilità che Siniscalco ha guadagnato in Europa rispetto a Tremonti. Ne deriverei la conclusione che la manovra correttiva si farà quest’anno, insieme con il Dpef o con la legge finanziaria, come del resto fu fatto l’anno scorso, con il famigerato decretone, che spossessò il parlamento della sua funzione legislativa, un evento che l’opinione pubblica ha già dimenticato, assorbito nel generale discredito intorno al governo, ma che spero non sia dimenticato dai parlamentari, di maggioranza e di minoranza.
Naturalmente, la probabile manovra sui conti sarà giustificata con il costo del rinnovo del contratto per il pubblico impiego, così da rendere responsabili delle maggiori imposte, o della riduzione delle spese e dei servizi, sia il sindacato sia i lavoratori pubblici: accompagnata dall’opportuna propaganda, Berlusconi riuscirebbe facilmente a far passare l’immagine di funzionari dello stato che dissanguano i poveri contribuenti.
Bisogna reagire prima, chiamando il bluff: è possibile, infatti, introdurre un cuneo nella maggioranza, se ricordiamo che An e Udc pensano di avere una riserva di voti proprio nell’amministrazione pubblica.
Certo, non c’è da stare allegri, invischiati come siamo in una recessione, senza poter usare il volano della spesa pubblica per restituire qualche elemento di domanda alle nostre imprese.
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ITALIENI 25-5
L'ombra di Berlusconi sul Corriere della Sera
Domenica nelle edicole italiane non c'era il Corriere della Sera. Il giorno prima i giornalisti del primo quotidiano nazionale italiano avevano proclamato uno sciopero per rivendicare la loro "indipendenza". A minacciarla, secondo loro, è Stefano Ricucci, un uomo d'affari romano di 42 anni che ha costruito la sua fortuna nel settore immobiliare. In pochi mesi, la sua partecipazione nel capitale della Rizzoli - il gruppo editoriale che controlla il Corriere della Sera - è salita al 13,5 per cento. Una rapida ascesa che la redazione definisce "poco trasparente", perché Ricucci è un uomo vicino a Silvio Berlusconi, presidente del consiglio e proprietario di un impero editoriale e mediatico.
Libération, Francia [in francese]
http://www.liberation.fr:80/page.php?Article=298841
martedì, maggio 24, 2005
RESISTENZA - 24/5/05
L’UNITA’ on-line 24-5
Sommario di I pag.
L'Italia in netta recessione - L'Europa: «Situazione seria»
…e Berlusconi minimizza
L’Ocse annuncia i dati sull’economia italiana: è recessione. L'Italia ha perso il 25% della sua competitività e l'economia registra un tasso di crescita che cala del 2,3%. Inoltre deficit e debito pubblico peggioreranno progressivamente a causa dell'esaurimento degli effetti delle entrate una tantum. Anche il presidente di turno della Ue, Jean Claude Juncker, ribadisce: «La situazione di bilancio pubblico italiano va presa molto seriamente». Lunedì era toccato all'Eurostat ritoccare in negativo le stime del governo. Cosa si inventeranno questa volta per minimizzare?
-=oOo=-
EDITORIALE (citazione)
In queste circostanze il governo minimizza mentre invece una manovra correttiva dei conti pubblici diventa una necessità sempre più urgente e rimane sempre più velleitaria la dichiarazione e priva di fondamento la possibilità che il governo possa ridurre la pressione fiscale o ridurre l'Irap senza prevedere una reale sostituzione di altre entrate a quelle offerte da questa imposta. Siccome nessuno può credere che questo governo, che è stato il più grande fantasista in termine di condoni, divenga il massimo fustigatore dell'evasione fiscale, se esso esclude l'inasprimento delle aliquote sulle rendite finanziarie o l'inasprimento dell'Iva è destinato, quando parla di abolizione parziale o totale dell'Irap, a non essere creduto da nessuno.
(Ferdinando Targetti)
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 24-5
LA STORIA INFINITA
Berlusconi sotto processo: la decisione il 28 ottobre
Il prossimo 28 ottobre il Giudice Fabio Paparella deciderà se rinviare a Giudizio il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. La richiesta di mandare il Cavaliere sotto promesso è stata avanzata lo scorso 26 di aprile dai Pubblici ministeri milanesi Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo.
Il premier potrebbe dunque tornare in Tribunale per rispondere di falso in bilancio, frode fiscale e appropriazione indebita.
Con lui rischiano il processo altre tredici persone, tra le quali anche il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri.
L'inchiesta riguarda la presunta compravendita irregolare di diritti televisivi e cinematografici da parte dell'emittente televisiva privata dal capo del Governo, un affare di circa 470 milioni di euro.
Sono invece ancora in corso le indagini sulla presunta corruzione in atti giudiziari messa in atto da Berlusconi, accusato di aver pagato l'avvocato inglese David Mills affinché mentisse di fronte a un Giudice con lo scopo di scagionarlo da un'inchiesta.
La Casa delle Libertà, il giorno che i due Pm avevano avanzato la richiesta di rinvio a Giudizio, aveva denunciato un nuovo "vergognoso uso politico della giustizia", mentre il presidente dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro aveva chiarito che, "se il nostro fosse un Paese normale", Berlusconi avrebbe già "dovuto subire un impeachment".
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ESPRESSO on-line 24-5
L'Eni non è il Milan
Berlusconi si è comportato come se si trattasse di sostituire un calciatore
Massimo Riva
Sull'economia italiana e sulla finanza pubblica incombono tali e tanti guai che il cambio della guardia ai vertici dell'Eni sta passando quasi in secondo piano. Certo, si può anche capire che l'uscita di scena di Vittorio Mincato e la sua sostituzione con Paolo Scaroni possano sembrare questioni minori rispetto ai dati sulla recessione e ai rischi di pesante sfondamento del bilancio dello Stato. Ma, proprio perché si vivono tempi così perigliosi, questa decisione, assunta e rivendicata in prima persona dal presidente del Consiglio, costituisce uno dei segnali peggiori che il governo Berlusconi poteva mandare ai mercati internazionali e, al tempo stesso, uno spudorato ritorno alla logica della lottizzazione politica.
Punto primo: Mincato viene cacciato dall'Eni dopo aver portato l'azienda a chiudere il bilancio più ricco e pingue della sua intera storia, da Enrico Mattei a oggi.
Secondo: l'Eni, nel declinante panorama delle grandi imprese domestiche, è l'unica ad aver mantenuto in questi anni una posizione di tutto rispetto nella competizione energetica planetaria, accanto ai colossi petroliferi europei e americani.
Terzo: sebbene il ruolo dello Stato italiano sia ancora quello dell'azionista prevalente e gestore, quote rilevanti del capitale Eni sono state collocate nelle principali Borse del mondo e appartengono a quei Fondi d'investimento internazionali il cui denaro è manna per l'economia italiana.
Sputare in faccia a questa realtà, come ha fatto Silvio Berlusconi per gratificare un suo protetto, significa non solo non avere il minimo rispetto per le buone regole del mercato, ma anche utilizzare il potere pubblico a fini personali o di parte con cinico disprezzo per l'interesse generale. Non vale nemmeno la pena di accertare se il siluramento di Mincato sia o non sia dovuto al suo rifiuto di favorire qualche amico del premier nella spartizione del gas russo. Il solo fatto che Berlusconi si sia comportato nei confronti dell'Eni e del suo miglior manager come si trattasse di sostituire un calciatore del Milan è già sufficiente a dimostrare la miserabile sostanza dell'operazione. Tanto più perché, passando dall'Enel all'Eni, Paolo Scaroni lascia dietro di sé un grande accordo appena siglato con il gigante elettrico francese Edf, che per ovvia logica industrial-finanziaria avrebbe richiesto una continuità di gestione proprio da parte di chi aveva negoziato l'intesa.
Insomma, la si guardi dal versante Eni come da quello Enel, la scelta di Berlusconi risulta essere del tutto ingiustificabile sotto ogni profilo di corretta conduzione aziendale. Con riflessi facilmente prevedibili sul giudizio dei capitali esteri investiti nelle due grandi imprese italiane. Non oso, naturalmente, immaginare che Berlusconi abbia allontanato l'uomo che ha fatto dell'Eni una potenza petrolifera mondiale anche per rendere un inconfessabile favore al suo amico Bush e alla lobby dei petrolieri americani. Ma, giacché le elezioni politiche appaiono ormai sempre più vicine, mi permetto di suggerire all'opposizione di centrosinistra di inserire fra i punti specifici del suo programma il pronto ritorno di Mincato alla guida dell'Eni.
Sommario di I pag.
L'Italia in netta recessione - L'Europa: «Situazione seria»
…e Berlusconi minimizza
L’Ocse annuncia i dati sull’economia italiana: è recessione. L'Italia ha perso il 25% della sua competitività e l'economia registra un tasso di crescita che cala del 2,3%. Inoltre deficit e debito pubblico peggioreranno progressivamente a causa dell'esaurimento degli effetti delle entrate una tantum. Anche il presidente di turno della Ue, Jean Claude Juncker, ribadisce: «La situazione di bilancio pubblico italiano va presa molto seriamente». Lunedì era toccato all'Eurostat ritoccare in negativo le stime del governo. Cosa si inventeranno questa volta per minimizzare?
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EDITORIALE (citazione)
In queste circostanze il governo minimizza mentre invece una manovra correttiva dei conti pubblici diventa una necessità sempre più urgente e rimane sempre più velleitaria la dichiarazione e priva di fondamento la possibilità che il governo possa ridurre la pressione fiscale o ridurre l'Irap senza prevedere una reale sostituzione di altre entrate a quelle offerte da questa imposta. Siccome nessuno può credere che questo governo, che è stato il più grande fantasista in termine di condoni, divenga il massimo fustigatore dell'evasione fiscale, se esso esclude l'inasprimento delle aliquote sulle rendite finanziarie o l'inasprimento dell'Iva è destinato, quando parla di abolizione parziale o totale dell'Irap, a non essere creduto da nessuno.
(Ferdinando Targetti)
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 24-5
LA STORIA INFINITA
Berlusconi sotto processo: la decisione il 28 ottobre
Il prossimo 28 ottobre il Giudice Fabio Paparella deciderà se rinviare a Giudizio il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. La richiesta di mandare il Cavaliere sotto promesso è stata avanzata lo scorso 26 di aprile dai Pubblici ministeri milanesi Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo.
Il premier potrebbe dunque tornare in Tribunale per rispondere di falso in bilancio, frode fiscale e appropriazione indebita.
Con lui rischiano il processo altre tredici persone, tra le quali anche il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri.
L'inchiesta riguarda la presunta compravendita irregolare di diritti televisivi e cinematografici da parte dell'emittente televisiva privata dal capo del Governo, un affare di circa 470 milioni di euro.
Sono invece ancora in corso le indagini sulla presunta corruzione in atti giudiziari messa in atto da Berlusconi, accusato di aver pagato l'avvocato inglese David Mills affinché mentisse di fronte a un Giudice con lo scopo di scagionarlo da un'inchiesta.
La Casa delle Libertà, il giorno che i due Pm avevano avanzato la richiesta di rinvio a Giudizio, aveva denunciato un nuovo "vergognoso uso politico della giustizia", mentre il presidente dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro aveva chiarito che, "se il nostro fosse un Paese normale", Berlusconi avrebbe già "dovuto subire un impeachment".
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ESPRESSO on-line 24-5
L'Eni non è il Milan
Berlusconi si è comportato come se si trattasse di sostituire un calciatore
Massimo Riva
Sull'economia italiana e sulla finanza pubblica incombono tali e tanti guai che il cambio della guardia ai vertici dell'Eni sta passando quasi in secondo piano. Certo, si può anche capire che l'uscita di scena di Vittorio Mincato e la sua sostituzione con Paolo Scaroni possano sembrare questioni minori rispetto ai dati sulla recessione e ai rischi di pesante sfondamento del bilancio dello Stato. Ma, proprio perché si vivono tempi così perigliosi, questa decisione, assunta e rivendicata in prima persona dal presidente del Consiglio, costituisce uno dei segnali peggiori che il governo Berlusconi poteva mandare ai mercati internazionali e, al tempo stesso, uno spudorato ritorno alla logica della lottizzazione politica.
Punto primo: Mincato viene cacciato dall'Eni dopo aver portato l'azienda a chiudere il bilancio più ricco e pingue della sua intera storia, da Enrico Mattei a oggi.
Secondo: l'Eni, nel declinante panorama delle grandi imprese domestiche, è l'unica ad aver mantenuto in questi anni una posizione di tutto rispetto nella competizione energetica planetaria, accanto ai colossi petroliferi europei e americani.
Terzo: sebbene il ruolo dello Stato italiano sia ancora quello dell'azionista prevalente e gestore, quote rilevanti del capitale Eni sono state collocate nelle principali Borse del mondo e appartengono a quei Fondi d'investimento internazionali il cui denaro è manna per l'economia italiana.
Sputare in faccia a questa realtà, come ha fatto Silvio Berlusconi per gratificare un suo protetto, significa non solo non avere il minimo rispetto per le buone regole del mercato, ma anche utilizzare il potere pubblico a fini personali o di parte con cinico disprezzo per l'interesse generale. Non vale nemmeno la pena di accertare se il siluramento di Mincato sia o non sia dovuto al suo rifiuto di favorire qualche amico del premier nella spartizione del gas russo. Il solo fatto che Berlusconi si sia comportato nei confronti dell'Eni e del suo miglior manager come si trattasse di sostituire un calciatore del Milan è già sufficiente a dimostrare la miserabile sostanza dell'operazione. Tanto più perché, passando dall'Enel all'Eni, Paolo Scaroni lascia dietro di sé un grande accordo appena siglato con il gigante elettrico francese Edf, che per ovvia logica industrial-finanziaria avrebbe richiesto una continuità di gestione proprio da parte di chi aveva negoziato l'intesa.
Insomma, la si guardi dal versante Eni come da quello Enel, la scelta di Berlusconi risulta essere del tutto ingiustificabile sotto ogni profilo di corretta conduzione aziendale. Con riflessi facilmente prevedibili sul giudizio dei capitali esteri investiti nelle due grandi imprese italiane. Non oso, naturalmente, immaginare che Berlusconi abbia allontanato l'uomo che ha fatto dell'Eni una potenza petrolifera mondiale anche per rendere un inconfessabile favore al suo amico Bush e alla lobby dei petrolieri americani. Ma, giacché le elezioni politiche appaiono ormai sempre più vicine, mi permetto di suggerire all'opposizione di centrosinistra di inserire fra i punti specifici del suo programma il pronto ritorno di Mincato alla guida dell'Eni.
lunedì, maggio 23, 2005
RESISTENZA - 23/5/05
L’UNITA’ on-line 23-5
BANNER
L’Economist non ha mai fatto sconti a Berlusconi. Nel 2001 dicemmo che era inadeguato a governare l’Italia, tuttavia concedemmo una speranza: che l’uomo d’affari entrato in politica avrebbe potuto aiutare l’economia italiana. Quattro anni dopo è riuscito a fallire anche in questo.
The Economist, 21 maggio
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Sommario di I pag.
Berlusconi perde in casa
Elezioni in Costa Smeralda
L'Unione conferma e amplia la netta vittoria al primo turno nelle elezioni amministrative in Sardegna. Dopo il 6-1 di due settimane fa, il centrosinistra, con Anna Pietrina Murrighile, vince anche nella provincia di Olbia-Tempio, nella Costa Smeralda tanto cara a Berlusconi. Vittoria anche nei tre comuni al ballottaggio: Porto Torres, Iglesias e Sestu (i sindaci uscenti erano tutti di centrodestra). Chiti (Ds): «Anziché sognare riprese di consenso che non esistono, la destra dovrebbe seguire la via maestra di andare ad elezioni politiche».
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EDITORIALE
Il Cancelliere e Berlusconi
di Gian Giacomo Migone
I risultati delle elezioni nel nord Reno-Vestfalia, per quanto approssimativi sono sufficienti a sconvolgere gli equilibri politici nel Paese più grande e più importante dell’Unione Europea, al punto di sollecitare il cancelliere Schröder a proporre l’anticipazione al mese di ottobre delle elezioni politiche. Si tratta, infatti, della perdita di un Land che i socialdemocratici governavano da 39 anni.
Per quanto riguarda l’Italia, il risultato elettorale tedesco contiene almeno due moniti. Di fronte ad un risultato elettorale formalmente locale ed amministrativo, Schröder, diversamente da Berlusconi, non resta attaccato alla propria sedia, ma prende il toro per le corna, anticipando la scadenza elettorale politica, nell’intento di correggere la propria rotta. Una rotta che - ed è questo l’insegnamento che riguarda il centrosinistra - deve riuscire nell’arduo compito di conciliare il risanamento finanziario con il rispetto di diritti a cui lavoratori, disoccupati e non, pensionati e non, non intendono rinunciare, pena il loro disimpegno elettorale e politico. Se questa dinamica investisse un governo di centrosinistra in Italia, la rendita elettorale determinata dalla palese inadeguatezza del governo Berlusconi sarebbe destinata ad avere breve durata, se non se ne tenesse adeguatamente conto. In altre parole, i dilemmi che investono il cancelliere Schröder sono anche nostri e i risultati del Nord Reno-Westfalia sono eloquenti: un governo di centrosinistra che ignori gli effetti sociali della congiuntura economica, affrontandola soltanto con le ricette classiche dell’ortodossia liberista, sarebbe destinato ad avere vita breve.
-=oOo=-
CITAZIONE
«L'Italia è ignota. I miei concittadini, non solo quelli di origine italiana, sanno tutto di Calipari e del modo incredibile in cui è morto. Ma non sanno nulla dell'Italia. Con Berlusconi l'italia è sparita dal radar dell'opinione americana, dei nostri giornali, delle TV, salvo le notizie sui processi del vostro Premier. Berlusconi ha mandato soldati italiani in Iraq. Si tratta del terzo corpo di spedizione, dopo gli americani e gli inglesi. Qui nessuno ne sa nulla, o meglio, lo sanno gli esperti, ma solo gli esperti. Si sa che sono trincerati in fortificazioni isolate, dove rischiano tutto e non possono fare nulla. Persino dei vostri soldati morti non si sa nulla. Berlusconi pensa che una pacca sulle spalle filmata solo dalla TV italiana, sia il suo lasciapassare per uno status privilegiato. È un uomo esperto, un uomo di mondo. Come fa a non sapere che la politica internazionale non passa da una messa in scena d'amicizia di cinque secondi, ma lungo percorsi che richiedono molto più lavoro, più competenza, più impegno per il proprio Paese? Come fa a non avere riflettuto sulla esclusione italiana nel seggio al Consiglio di Sicurezza? Come fa a non capire che un Paese che si dedica esclusivamente al culto del capo e trascura il mondo, viene a sua volta trascurato dal mondo che, per quel capo, non ha molta stima? Vi assicuro che l'Italia di Andreotti e di Craxi qui appariva mille volte meglio».
(Mario Cuomo intervistato da Furio Colombo)
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 23-5
Previti condannato
Berlusconi ne tragga le conseguenze
ANTONIO DI PIETRO
Con la conferma della condanna in appello dell'Onorevole Cesare Previti - seppure per uno solo dei capi di imputazione per cui é stato giudicato - é giunta l'ora di affrontare politicamente, e speriamo definitivamente, l'anomalia istituzionale che lui ed un ben determinato gruppo di persone che gli girano attorno, a cominciare dal Premier Silvio Berlusconi, rappresentano per la stabilità, la credibilità e il rispetto delle regole democratiche nel nostro Paese.
Per una riflessione più approfondita dovremo ovviamente attendere le motivazioni dei giudici della corte di appello Milano, che da un lato ha assolto tutti gli imputati per l'affare Lodo Mondadori e dall'altra li ha condannati in relazione al caso Imi-Sir. In ogni modo, "a caldo", riteniamo sconcertanti e fuorvianti i complimenti e la soddisfazione espressa da alcuni amici degli imputati al momento della lettura della sentenza. La legalità non è una vittoria a punti, ma il rispetto rigoroso della legge sempre e comunque e il fatto che si sia giunti ad una condanna per un solo reato anziché per due, non diminuisce la gravità del fatto, che è e resta tale (non fosse altro perché Cesare Previti, è un parlamentare e perché è ora provato che le sue accuse ai pubblici ministeri erano ingiuste e strumentali).
Dalla lettura del dispositivo, si possono comunque già trarre alcune semplicissime e sconcertanti constatazioni: la questione infatti, non è solo giudiziaria come é stato continuamente ripetuto in questi anni, ma anche squisitamente politica. E' ora di smetterla con quest'ipocrisia, propria anche dei partiti di opposizione, ed affrontare i fatti, confermati in appello appunto, per quello che sono: Previti e la sua allegra brigata di amici, hanno corrotto dei magistrati disonesti per favorire i loro interessi.
Perché è questo il punto cruciale di tutta la questione: Previti oggi è stato condannato a "soli" sette anni di reclusione, poiché la sua responsabilità nel processo Imi-Sir é stata provata ed accertata. In questa vicenda, qual è stato il preciso ruolo degli altri protagonisti coinvolti? Chi ha fornito a Previti centinaia di migliaia di dollari per corrompere giudici disonesti? Indipendentemente dalla sentenza poi, è compatibile il suo ruolo pubblico e quello del suo dante causa Silvio Berlusconi, con le funzioni proprie della massime cariche istituzionali che ricoprono ?
Questa sentenza, al di là di ogni polemica legata alla normale dialettica politica, non è forse la constatazione tangibile e di buon senso, dell'immoralità e dell'indegnità dei tanti amici del Presidente del Consiglio che sono seduti in Parlamento e si fanno chiamare "onorevoli" e che nel paese normale, quello vero, considerata la loro fedina penale, non potrebbero fare nemmeno il vigile urbano o il bidello in una scuola? (Nel senso tecnico del termine, giacché questi ultimi, se condannati non potrebbero neanche partecipare a concorsi pubblici, mentre tutti possono essere candidati al Parlamento italiano, anche se condannati).
Non sono forse queste stesse persone, che ossessionate solo dal dover risolvere i loro problemi giudiziari, finché erano in tempo, hanno sprecato le loro energie e le risorse del Paese per sfornare leggi ad hoc, ridurre i tempi di prescrizione, depenalizzare il reato di falso in bilancio, delegittimare la magistratura, approvare condoni fiscali ed edilizi, bloccando di fatto, in questi anni, lo sviluppo del Paese che di ben altri, strutturali interventi aveva bisogno?
Berlusconi non si è mai dissociato dall'operato del suo uomo di fiducia, ma anzi in ogni pubblica occasione gli ha sempre testimoniato la propria solidarietà e condivisione. Questa sentenza ora gli impone quanto meno un obbligo morale, oltre che politico: quello di rassegnare immediate dimissioni, ma siccome non viviamo in un paese nomale, questo fatto non si produrrà.
Spetta quindi alle opposizioni, colpevoli a nostro avviso di essere state fino ad oggi eccessivamente tiepide su questa questione, di accollarsi questa responsabilità politica e di affrontare con serietà il problema, ammettendo che a questo punto non siamo più solamente di fronte ad una questione giudiziaria, ma di vero e proprio rispetto delle regole della nostra democrazia.
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L’Economist non ha mai fatto sconti a Berlusconi. Nel 2001 dicemmo che era inadeguato a governare l’Italia, tuttavia concedemmo una speranza: che l’uomo d’affari entrato in politica avrebbe potuto aiutare l’economia italiana. Quattro anni dopo è riuscito a fallire anche in questo.
The Economist, 21 maggio
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Sommario di I pag.
Berlusconi perde in casa
Elezioni in Costa Smeralda
L'Unione conferma e amplia la netta vittoria al primo turno nelle elezioni amministrative in Sardegna. Dopo il 6-1 di due settimane fa, il centrosinistra, con Anna Pietrina Murrighile, vince anche nella provincia di Olbia-Tempio, nella Costa Smeralda tanto cara a Berlusconi. Vittoria anche nei tre comuni al ballottaggio: Porto Torres, Iglesias e Sestu (i sindaci uscenti erano tutti di centrodestra). Chiti (Ds): «Anziché sognare riprese di consenso che non esistono, la destra dovrebbe seguire la via maestra di andare ad elezioni politiche».
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EDITORIALE
Il Cancelliere e Berlusconi
di Gian Giacomo Migone
I risultati delle elezioni nel nord Reno-Vestfalia, per quanto approssimativi sono sufficienti a sconvolgere gli equilibri politici nel Paese più grande e più importante dell’Unione Europea, al punto di sollecitare il cancelliere Schröder a proporre l’anticipazione al mese di ottobre delle elezioni politiche. Si tratta, infatti, della perdita di un Land che i socialdemocratici governavano da 39 anni.
Per quanto riguarda l’Italia, il risultato elettorale tedesco contiene almeno due moniti. Di fronte ad un risultato elettorale formalmente locale ed amministrativo, Schröder, diversamente da Berlusconi, non resta attaccato alla propria sedia, ma prende il toro per le corna, anticipando la scadenza elettorale politica, nell’intento di correggere la propria rotta. Una rotta che - ed è questo l’insegnamento che riguarda il centrosinistra - deve riuscire nell’arduo compito di conciliare il risanamento finanziario con il rispetto di diritti a cui lavoratori, disoccupati e non, pensionati e non, non intendono rinunciare, pena il loro disimpegno elettorale e politico. Se questa dinamica investisse un governo di centrosinistra in Italia, la rendita elettorale determinata dalla palese inadeguatezza del governo Berlusconi sarebbe destinata ad avere breve durata, se non se ne tenesse adeguatamente conto. In altre parole, i dilemmi che investono il cancelliere Schröder sono anche nostri e i risultati del Nord Reno-Westfalia sono eloquenti: un governo di centrosinistra che ignori gli effetti sociali della congiuntura economica, affrontandola soltanto con le ricette classiche dell’ortodossia liberista, sarebbe destinato ad avere vita breve.
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CITAZIONE
«L'Italia è ignota. I miei concittadini, non solo quelli di origine italiana, sanno tutto di Calipari e del modo incredibile in cui è morto. Ma non sanno nulla dell'Italia. Con Berlusconi l'italia è sparita dal radar dell'opinione americana, dei nostri giornali, delle TV, salvo le notizie sui processi del vostro Premier. Berlusconi ha mandato soldati italiani in Iraq. Si tratta del terzo corpo di spedizione, dopo gli americani e gli inglesi. Qui nessuno ne sa nulla, o meglio, lo sanno gli esperti, ma solo gli esperti. Si sa che sono trincerati in fortificazioni isolate, dove rischiano tutto e non possono fare nulla. Persino dei vostri soldati morti non si sa nulla. Berlusconi pensa che una pacca sulle spalle filmata solo dalla TV italiana, sia il suo lasciapassare per uno status privilegiato. È un uomo esperto, un uomo di mondo. Come fa a non sapere che la politica internazionale non passa da una messa in scena d'amicizia di cinque secondi, ma lungo percorsi che richiedono molto più lavoro, più competenza, più impegno per il proprio Paese? Come fa a non avere riflettuto sulla esclusione italiana nel seggio al Consiglio di Sicurezza? Come fa a non capire che un Paese che si dedica esclusivamente al culto del capo e trascura il mondo, viene a sua volta trascurato dal mondo che, per quel capo, non ha molta stima? Vi assicuro che l'Italia di Andreotti e di Craxi qui appariva mille volte meglio».
(Mario Cuomo intervistato da Furio Colombo)
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Previti condannato
Berlusconi ne tragga le conseguenze
ANTONIO DI PIETRO
Con la conferma della condanna in appello dell'Onorevole Cesare Previti - seppure per uno solo dei capi di imputazione per cui é stato giudicato - é giunta l'ora di affrontare politicamente, e speriamo definitivamente, l'anomalia istituzionale che lui ed un ben determinato gruppo di persone che gli girano attorno, a cominciare dal Premier Silvio Berlusconi, rappresentano per la stabilità, la credibilità e il rispetto delle regole democratiche nel nostro Paese.
Per una riflessione più approfondita dovremo ovviamente attendere le motivazioni dei giudici della corte di appello Milano, che da un lato ha assolto tutti gli imputati per l'affare Lodo Mondadori e dall'altra li ha condannati in relazione al caso Imi-Sir. In ogni modo, "a caldo", riteniamo sconcertanti e fuorvianti i complimenti e la soddisfazione espressa da alcuni amici degli imputati al momento della lettura della sentenza. La legalità non è una vittoria a punti, ma il rispetto rigoroso della legge sempre e comunque e il fatto che si sia giunti ad una condanna per un solo reato anziché per due, non diminuisce la gravità del fatto, che è e resta tale (non fosse altro perché Cesare Previti, è un parlamentare e perché è ora provato che le sue accuse ai pubblici ministeri erano ingiuste e strumentali).
Dalla lettura del dispositivo, si possono comunque già trarre alcune semplicissime e sconcertanti constatazioni: la questione infatti, non è solo giudiziaria come é stato continuamente ripetuto in questi anni, ma anche squisitamente politica. E' ora di smetterla con quest'ipocrisia, propria anche dei partiti di opposizione, ed affrontare i fatti, confermati in appello appunto, per quello che sono: Previti e la sua allegra brigata di amici, hanno corrotto dei magistrati disonesti per favorire i loro interessi.
Perché è questo il punto cruciale di tutta la questione: Previti oggi è stato condannato a "soli" sette anni di reclusione, poiché la sua responsabilità nel processo Imi-Sir é stata provata ed accertata. In questa vicenda, qual è stato il preciso ruolo degli altri protagonisti coinvolti? Chi ha fornito a Previti centinaia di migliaia di dollari per corrompere giudici disonesti? Indipendentemente dalla sentenza poi, è compatibile il suo ruolo pubblico e quello del suo dante causa Silvio Berlusconi, con le funzioni proprie della massime cariche istituzionali che ricoprono ?
Questa sentenza, al di là di ogni polemica legata alla normale dialettica politica, non è forse la constatazione tangibile e di buon senso, dell'immoralità e dell'indegnità dei tanti amici del Presidente del Consiglio che sono seduti in Parlamento e si fanno chiamare "onorevoli" e che nel paese normale, quello vero, considerata la loro fedina penale, non potrebbero fare nemmeno il vigile urbano o il bidello in una scuola? (Nel senso tecnico del termine, giacché questi ultimi, se condannati non potrebbero neanche partecipare a concorsi pubblici, mentre tutti possono essere candidati al Parlamento italiano, anche se condannati).
Non sono forse queste stesse persone, che ossessionate solo dal dover risolvere i loro problemi giudiziari, finché erano in tempo, hanno sprecato le loro energie e le risorse del Paese per sfornare leggi ad hoc, ridurre i tempi di prescrizione, depenalizzare il reato di falso in bilancio, delegittimare la magistratura, approvare condoni fiscali ed edilizi, bloccando di fatto, in questi anni, lo sviluppo del Paese che di ben altri, strutturali interventi aveva bisogno?
Berlusconi non si è mai dissociato dall'operato del suo uomo di fiducia, ma anzi in ogni pubblica occasione gli ha sempre testimoniato la propria solidarietà e condivisione. Questa sentenza ora gli impone quanto meno un obbligo morale, oltre che politico: quello di rassegnare immediate dimissioni, ma siccome non viviamo in un paese nomale, questo fatto non si produrrà.
Spetta quindi alle opposizioni, colpevoli a nostro avviso di essere state fino ad oggi eccessivamente tiepide su questa questione, di accollarsi questa responsabilità politica e di affrontare con serietà il problema, ammettendo che a questo punto non siamo più solamente di fronte ad una questione giudiziaria, ma di vero e proprio rispetto delle regole della nostra democrazia.
domenica, maggio 22, 2005
RESISTENZA - 22/5/05
WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 22-5
Un altro dispiacere per il Cav.
"L'Italia è vicina al disastro"
Dagli Stati Uniti d'America un altro dispiacere per il premier italiano Silvio Berlusconi. Se il Cavaliere chiede a destra e a manca un po' di sano ottimismo nel commentare la salute della nostra economia, gli americani descrivono una situazione veramente allarmante. Un gruppo di esperti economici che lavora per le assicurazioni Aig ha dedicato alcune righe del proprio ultimo rapporto al nostro Paese. Ne è uscita una fotografia imbarazzante per il Governo di Roma.
"L'Italia - hanno sentenziato - è vicina al disastro. Solo una svalutazione dell'euro pari al 20% potrebbe salvarla".
Nel rapporto si legge che il nostro Paese "sta andando incontro a una catastrofica esplosione del proprio debito pubblico".
Secondo gli esperti Usa la situazione dell'Italia è addirittura "peggiore di quella dell'Argentina".
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Il balletto del cavaliere
Berlusconi rassicura sui conti pubblici: «Non saremo declassati».
«No, no, assolutamente no: non abbiamo preoccupazioni di declassamento da parte delle agenzie di rating». Silvio Berlusconi usa la tattica che meglio conosce, mettere in ombra sotto una coltre di parole la realtà stridente del disastro economico nostrano, su cui è intervenuto il commissario dell'Unione europea Almunia annunciando una procedura contro l'Italia per «eccesso di deficit». Sul deficit, Berlusconi spera che l'Europa sarà clemente. Mentre rispetto all'esorbitante debito pubblico, assicura che l'Italia non sarà punita dalle agenzie internazionali di rating - quella specie di signori feudali che si autorappresentano come mandanti dei «mercati» per sorvegliare la «solvibilità» degli Stati rispetto al loro debito nei confronti degli investitori globali. Ma la «non solvibilità», ossia i conti pubblici a rotoli provocati dalla dissennata politica della destra, sono un dato palpabile sia per chi si preoccupi del «declino» dell'industria, sia per chi patisca la decurtazione della propria personale solvibilità, nella forbice che si è brutalmente allargata in favore degli alti redditi.
Berlusconi, che l'altroieri si è visto arrivare a casa, portati dal ministro dell'Economia Siniscalco, i rappresentanti dell'agenzia di rating Moody's - un incontro del tutto inedito per un presidente del consiglio - rassicura che il faccia a faccia «è stato molto utile», e perciò non c'è da «avere problemi», pur precisando, con la tradizionale filosofia del fiato corto da imprenditore: «Non abbiamo preoccupazioni, per ora». Per quanto riguarda il ministro Siniscalco, ben più «pessimista» sulla situazione italiana, il Cavaliere lo ha incastrato in un bel «comitato politico, formato da un componente di ogni forza della maggioranza» per provvedere al «taglio dell'Irap entro quest'anno».
Come si ricorderà, Siniscalco aveva affermato l'improbabilità di un taglio immediato dell'Irap, per la difficoltà di trovare risorse per finanziarlo (ricordiamo, en passant, che l'«Imposta regionale sulle attività produttive» contribuisce oggi al finanziamento di oltre il 38% della spesa pubblica per la sanità; una percentuale che al nord sale fino al 57%, ad esempio, per la Lombardia).
Il «comitato politico» appena istituito, dovrebbe anche stilare un testo per il Documento di programmazione economico-finanziaria che, a detta del premier, dovrebbe essere pronto «al massimo in due settimane». Ma date le difficoltà di reperire risorse per tutte le voci - con i contratti di lavoro dei pubblici dipendenti ancora aperti, i sospirati «gettiti fiscali» più che mai aleatori, e i soldi per «riparare» alle una tantum denunciate dall'Europa che non si sa dove trovare - difficile che sia mantenuto il timing imposto da Berlusconi. Insomma, il Dpef , sottoposto come prevedibile alle contrastanti pulsioni e interessi che dividono i partiti del centrodestra, sarà tanto se arriverà entro la scadenza del 30 giugno. E' qui che Siniscalco - sostenuto indirettamente, ma esplicitamente, da Ciampi contro la parte «avventuriera» della destra - cercherà di prendersi le sue rivincite tentando di frenare ulteriori rovinose fughe in avanti.
Ma sul dissesto italiano è per l'appunto intervenuta, pesantemente, la Commissione Ue. Il 7 giugno, avverte Joaquim Almunia, responsabile degli affari economici e finanziari, «verrà proposta l'apertura di una procedura per deficit eccessivo nei confronti dell'Italia». Sotto accusa è lo sforamento del tetto di deficit del 3% rispetto al Pil nazionale, «per gli anni 2003, 2004». Ma la Ue punta il dito sul trend, che per quest'anno stima sicuramente superiore al rapporto deficit-pil consentito, ossia del «3,6%, che in assenza di misure aggiuntive salirebbe al 4,6%nel 2006».
Ma Silvio Berlusconi, di fronte a questo nuovo «pericolo» conta di giocarsi la carta del giudizio dei governi europei, sperando che nella riunione di Ecofin i ministri finanziari aiutino il governo italiano, giacché due anni fa, quando erano Francia e Germania ad essere messe sotto accusa dalla Commissione Ue per «eccesso di deficit», il ministro Tremonti si schierò con loro sicché Ecofin smentì la Commissione, congelando la «procedura» contro Parigi e Berlino.
(Carla Casalini – Il Manifesto)
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MEDITAZIONE - 22/5/05
L’UNITA’ on-line 22-5
BANNER
La palla al balzo. «“Se Rutelli dice che sono ancora comunisti, lo posso dire anch’io...”. Silvio Berlusconi ieri era raggiante con i giornalisti per il fatto che fosse stato per la prima volta un esponente dell’opposizione ad avvalorare le sue tesi sul “pericolo rosso”».
Corriere della Sera, 21 maggio 2005
-=oOo=-
EDITORIALE (citazione)
Vorrei, per una volta, citare Berlusconi senza irriderlo o parlarne male. L’altro giorno, concludendo la sua assemblea del partito unico, ha detto: «Troveremo un leader pulito». Affermazione sacrosanta e urgente per la sua coalizione. L’opposizione parte con un vantaggio incredibile. Ha già un leader pulito. Si chiama Romano Prodi. Noi - non dico solo il centrosinistra e l’opposizione, ma tutti i cittadini che vogliono tornare ad essere guardati con rispetto in Europa e nel mondo - siamo con Romano Prodi. Volete aiutarci a capire perché voi improvvisamente avete gridato no?
(Furio Colombo)
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Simpatici burloni
Tra un anno ci sarà una meravigliosa sorpresa
Anche se non sappiamo per chi.
Non preoccupatevi, non stanno litigando, stanno solo giocando. Lo fanno per noi, per rendere meno noiosa una campagna elettorale lunga un anno, regalarci qualche brivido, tenere aperto il campionato. Spinti dai bookmakers che danno per scontata la vittoria del centrosinistra nel 2006 - dopo il precampionato delle europee e delle regionali - i leader dell'Ulivo hanno deciso di ravvivare il dibattito politico. Sono dei gran burloni e li ringraziamo. Pensate che tristezza passare dodici mesi a cercare un'indentità che distingua ciò che è di sinistra da ciò che è di destra, a stilare programmi, a precisare interventi per un'economia sfasciata, per un welfare che non c'è più, per un lavoro da sottrarre al precariato, per redditi che precipitano, per immigrati richiusi nei Cpt, per un'ambiente violato, per scuola e sanità degradate, per... Per tutte quelle cose che costituiscono la vita quotidiana di noi mortali. A promettere che non ci saranno più guerre travestite da interventi umanitaria, a difendere la Costituzione, o - semplicemente - a impegnarsi con tutte le proprie energie per vincere i referendum sulla procreazione assistita. Oppure ad ascoltare la protesta dei giovani dall'esistenza precarizzata per cercare di risolvere i problemi senza ricorrere ai carabinieri o delegando alla magistratura la risoluzione delle contraddizioni di una società frastagliata: fa più effetto che la sinistra strappi alla destra la bandiera della legalità e invochi l'ordine (o emetta ordinanze). Che noia terribile sarebbe. Meglio sorprendere la platea con gli effetti speciali del «divisi si vince», del «suicidio politico», della rissa sull'attribuzione dei collegi sicuri, del «noi siamo più realisti del re». Anche perché - pensate l'astuzia - magari così il Berlusconi si illude di risalire la china dell'annunciata fine politica e poi - che goduria - ci rimane così male quando perde davvero che si ritira per sempre a villa Certosa, triste, triste, con le sue Tv, i suoi giornali, i suoi miliardi.
Sono dei veri geni questi leader del centrosinistra, vogliono tenerci sulla corda, mobilitarci per chiedere «unità» a qualunque prezzo, occupare le prime pagine con le loro finte liti per distrarci dal tedio dei problemi che annoiano pure loro. Come non capirli: da anni sono alle prese con questioni irrisolte e difficilmente risolvibili, che se affrontate finirebbero pure per dividerli. Così nel litigio trovano una nuova unità, quella della rissa interna, che ha pure il vantaggio di tenere alta la tensione; tanto, alla fine, una qualche quadra si troverà.
Non lamentiamoci e godiamoci lo spettacolo, ché tra un anno ce ne staremo incollati alla tv per gli exit poll. E sarà una meravigliosa sorpresa. Anche se non sappiamo per chi.
(Gabriele Polo – Il Manifesto)
Un altro dispiacere per il Cav.
"L'Italia è vicina al disastro"
Dagli Stati Uniti d'America un altro dispiacere per il premier italiano Silvio Berlusconi. Se il Cavaliere chiede a destra e a manca un po' di sano ottimismo nel commentare la salute della nostra economia, gli americani descrivono una situazione veramente allarmante. Un gruppo di esperti economici che lavora per le assicurazioni Aig ha dedicato alcune righe del proprio ultimo rapporto al nostro Paese. Ne è uscita una fotografia imbarazzante per il Governo di Roma.
"L'Italia - hanno sentenziato - è vicina al disastro. Solo una svalutazione dell'euro pari al 20% potrebbe salvarla".
Nel rapporto si legge che il nostro Paese "sta andando incontro a una catastrofica esplosione del proprio debito pubblico".
Secondo gli esperti Usa la situazione dell'Italia è addirittura "peggiore di quella dell'Argentina".
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Il balletto del cavaliere
Berlusconi rassicura sui conti pubblici: «Non saremo declassati».
«No, no, assolutamente no: non abbiamo preoccupazioni di declassamento da parte delle agenzie di rating». Silvio Berlusconi usa la tattica che meglio conosce, mettere in ombra sotto una coltre di parole la realtà stridente del disastro economico nostrano, su cui è intervenuto il commissario dell'Unione europea Almunia annunciando una procedura contro l'Italia per «eccesso di deficit». Sul deficit, Berlusconi spera che l'Europa sarà clemente. Mentre rispetto all'esorbitante debito pubblico, assicura che l'Italia non sarà punita dalle agenzie internazionali di rating - quella specie di signori feudali che si autorappresentano come mandanti dei «mercati» per sorvegliare la «solvibilità» degli Stati rispetto al loro debito nei confronti degli investitori globali. Ma la «non solvibilità», ossia i conti pubblici a rotoli provocati dalla dissennata politica della destra, sono un dato palpabile sia per chi si preoccupi del «declino» dell'industria, sia per chi patisca la decurtazione della propria personale solvibilità, nella forbice che si è brutalmente allargata in favore degli alti redditi.
Berlusconi, che l'altroieri si è visto arrivare a casa, portati dal ministro dell'Economia Siniscalco, i rappresentanti dell'agenzia di rating Moody's - un incontro del tutto inedito per un presidente del consiglio - rassicura che il faccia a faccia «è stato molto utile», e perciò non c'è da «avere problemi», pur precisando, con la tradizionale filosofia del fiato corto da imprenditore: «Non abbiamo preoccupazioni, per ora». Per quanto riguarda il ministro Siniscalco, ben più «pessimista» sulla situazione italiana, il Cavaliere lo ha incastrato in un bel «comitato politico, formato da un componente di ogni forza della maggioranza» per provvedere al «taglio dell'Irap entro quest'anno».
Come si ricorderà, Siniscalco aveva affermato l'improbabilità di un taglio immediato dell'Irap, per la difficoltà di trovare risorse per finanziarlo (ricordiamo, en passant, che l'«Imposta regionale sulle attività produttive» contribuisce oggi al finanziamento di oltre il 38% della spesa pubblica per la sanità; una percentuale che al nord sale fino al 57%, ad esempio, per la Lombardia).
Il «comitato politico» appena istituito, dovrebbe anche stilare un testo per il Documento di programmazione economico-finanziaria che, a detta del premier, dovrebbe essere pronto «al massimo in due settimane». Ma date le difficoltà di reperire risorse per tutte le voci - con i contratti di lavoro dei pubblici dipendenti ancora aperti, i sospirati «gettiti fiscali» più che mai aleatori, e i soldi per «riparare» alle una tantum denunciate dall'Europa che non si sa dove trovare - difficile che sia mantenuto il timing imposto da Berlusconi. Insomma, il Dpef , sottoposto come prevedibile alle contrastanti pulsioni e interessi che dividono i partiti del centrodestra, sarà tanto se arriverà entro la scadenza del 30 giugno. E' qui che Siniscalco - sostenuto indirettamente, ma esplicitamente, da Ciampi contro la parte «avventuriera» della destra - cercherà di prendersi le sue rivincite tentando di frenare ulteriori rovinose fughe in avanti.
Ma sul dissesto italiano è per l'appunto intervenuta, pesantemente, la Commissione Ue. Il 7 giugno, avverte Joaquim Almunia, responsabile degli affari economici e finanziari, «verrà proposta l'apertura di una procedura per deficit eccessivo nei confronti dell'Italia». Sotto accusa è lo sforamento del tetto di deficit del 3% rispetto al Pil nazionale, «per gli anni 2003, 2004». Ma la Ue punta il dito sul trend, che per quest'anno stima sicuramente superiore al rapporto deficit-pil consentito, ossia del «3,6%, che in assenza di misure aggiuntive salirebbe al 4,6%nel 2006».
Ma Silvio Berlusconi, di fronte a questo nuovo «pericolo» conta di giocarsi la carta del giudizio dei governi europei, sperando che nella riunione di Ecofin i ministri finanziari aiutino il governo italiano, giacché due anni fa, quando erano Francia e Germania ad essere messe sotto accusa dalla Commissione Ue per «eccesso di deficit», il ministro Tremonti si schierò con loro sicché Ecofin smentì la Commissione, congelando la «procedura» contro Parigi e Berlino.
(Carla Casalini – Il Manifesto)
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MEDITAZIONE - 22/5/05
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La palla al balzo. «“Se Rutelli dice che sono ancora comunisti, lo posso dire anch’io...”. Silvio Berlusconi ieri era raggiante con i giornalisti per il fatto che fosse stato per la prima volta un esponente dell’opposizione ad avvalorare le sue tesi sul “pericolo rosso”».
Corriere della Sera, 21 maggio 2005
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EDITORIALE (citazione)
Vorrei, per una volta, citare Berlusconi senza irriderlo o parlarne male. L’altro giorno, concludendo la sua assemblea del partito unico, ha detto: «Troveremo un leader pulito». Affermazione sacrosanta e urgente per la sua coalizione. L’opposizione parte con un vantaggio incredibile. Ha già un leader pulito. Si chiama Romano Prodi. Noi - non dico solo il centrosinistra e l’opposizione, ma tutti i cittadini che vogliono tornare ad essere guardati con rispetto in Europa e nel mondo - siamo con Romano Prodi. Volete aiutarci a capire perché voi improvvisamente avete gridato no?
(Furio Colombo)
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Simpatici burloni
Tra un anno ci sarà una meravigliosa sorpresa
Anche se non sappiamo per chi.
Non preoccupatevi, non stanno litigando, stanno solo giocando. Lo fanno per noi, per rendere meno noiosa una campagna elettorale lunga un anno, regalarci qualche brivido, tenere aperto il campionato. Spinti dai bookmakers che danno per scontata la vittoria del centrosinistra nel 2006 - dopo il precampionato delle europee e delle regionali - i leader dell'Ulivo hanno deciso di ravvivare il dibattito politico. Sono dei gran burloni e li ringraziamo. Pensate che tristezza passare dodici mesi a cercare un'indentità che distingua ciò che è di sinistra da ciò che è di destra, a stilare programmi, a precisare interventi per un'economia sfasciata, per un welfare che non c'è più, per un lavoro da sottrarre al precariato, per redditi che precipitano, per immigrati richiusi nei Cpt, per un'ambiente violato, per scuola e sanità degradate, per... Per tutte quelle cose che costituiscono la vita quotidiana di noi mortali. A promettere che non ci saranno più guerre travestite da interventi umanitaria, a difendere la Costituzione, o - semplicemente - a impegnarsi con tutte le proprie energie per vincere i referendum sulla procreazione assistita. Oppure ad ascoltare la protesta dei giovani dall'esistenza precarizzata per cercare di risolvere i problemi senza ricorrere ai carabinieri o delegando alla magistratura la risoluzione delle contraddizioni di una società frastagliata: fa più effetto che la sinistra strappi alla destra la bandiera della legalità e invochi l'ordine (o emetta ordinanze). Che noia terribile sarebbe. Meglio sorprendere la platea con gli effetti speciali del «divisi si vince», del «suicidio politico», della rissa sull'attribuzione dei collegi sicuri, del «noi siamo più realisti del re». Anche perché - pensate l'astuzia - magari così il Berlusconi si illude di risalire la china dell'annunciata fine politica e poi - che goduria - ci rimane così male quando perde davvero che si ritira per sempre a villa Certosa, triste, triste, con le sue Tv, i suoi giornali, i suoi miliardi.
Sono dei veri geni questi leader del centrosinistra, vogliono tenerci sulla corda, mobilitarci per chiedere «unità» a qualunque prezzo, occupare le prime pagine con le loro finte liti per distrarci dal tedio dei problemi che annoiano pure loro. Come non capirli: da anni sono alle prese con questioni irrisolte e difficilmente risolvibili, che se affrontate finirebbero pure per dividerli. Così nel litigio trovano una nuova unità, quella della rissa interna, che ha pure il vantaggio di tenere alta la tensione; tanto, alla fine, una qualche quadra si troverà.
Non lamentiamoci e godiamoci lo spettacolo, ché tra un anno ce ne staremo incollati alla tv per gli exit poll. E sarà una meravigliosa sorpresa. Anche se non sappiamo per chi.
(Gabriele Polo – Il Manifesto)
sabato, maggio 21, 2005
RESISTENZA - 21/5/05
L’UNITA’ on-line 21-5
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Venghino signori venghino. «Con il partito unico ci potrà essere gloria per tutti. Ci saranno tanti incarichi: quello di presidente del partito, di segretario del partito, di presidente del Consiglio e anche la carica di presidente della Repubblica».
Silvio Berlusconi, 20 maggio
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REPUBBLICA on-line 21-5
Casini bacchetta il Cavaliere
"Ci siamo impigriti su Berlusconi, basta con le accuse di lesa maestà"
RIO DE JANEIRO - Quello della leadership del centrodestra è "un falso problema", un discorso "quasi irritante". Certamente una "fuga dalla realtà che non aiuta nessuno". Piuttosto, "i moderati italiani hanno bisogno di nuove soluzioni ai loro problemi" e la Cdl, nella costruzione di un nuovo soggetto politico, si deve concentrare sui contenuti.
Lo afferma il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini al termine della riunione del consiglio direttivo dell'Internazionale dei democratici di centro (Idc-Cdi), che si è svolta a Rio de Janeiro. "Le forze di centrodestra - dice - si sono sedute ed impigrite sulla leadership di Berlusconi, come se essa le liberasse dal gravoso compito politico di preparare un terreno di valori comuni e di programmi concreti per i moderati italiani". "E non hanno certamente aiutato a far maturare condizioni nuove - aggiunge - nemmeno le critiche di lesa maestà, che puntualmente si sono manifestate da parte dei più zelanti, ogni volta che questo tema veniva affrontato".
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CITAZIONI
«Naturalmente la questione della leadership è una questione minimale. Non è quello il punto. Con Silvio ci siamo parlati mille volte...». Naturalmente. Parola di Gianfranco Fini. Dev’essere per questo – dev’essere proprio perché la questione della leadership del centrodestra e del candidato premier per il 2006 è «una questione minimale» – che il leader di An, continuando a sentire nell’aria profumo di Pier Ferdinando Casini, ha sepolto sotto una lapide la confusa ipotesi. »
(Europa on the Web 21-5)
-=oOo=-
Da una parte la Margherita che accoltella la federazione prodiana dell'Ulivo (e i socialisti democratici hanno già detto che soli con i Ds non ci rimangono). Dall'altra l'Udc, che voleva fare il partito unico perdendo la "u" e invece a Catania ha perso la "d" e la "c". Così il partito unico delle libertà lo fa Berlusconi. Pardon, lo vorrebbe fare Berlusconi. I socialisti di Bobo Craxi hanno già detto che non ci stanno, i nazional alleati non sanno che pesci prendere, mentre Follini e Casini guardano a Rutelli. Che gran pasticcio. Intanto dal popoloso comune di Carini in provincia di Palermo, nel collegio senatoriale dell'azzurro Renato Schifani, arriva la notizia che il candidato Udc sarà sostenuto dal centrosinistra. Altro che partiti unici, qui si va a passo di marcia verso il caos. E forza Dc, che sono sempre stati tantissimi. Ma re Silvio tira dritto, lui andrà avanti. Verso cosa non si sa.
(Frida Nacinovich, Liberazione 21-5)
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APRILEONLINE 21-5
Marcia indietro del Cavaliere che non lascia la leadership della Cdl
L’effimero Silvio lascia Fini e Follini con il solito pugno di mosche
[Mario De Carolis]
Finalmente ti riconosciamo egregio cavaliere. W l’effimero. Basta con il pensare agli stipendi insufficienti, per non dire delle pensioni. Facciamola finita con i conti che non tornano. E basta con questa Europa che sta lì sempre a guardarci nelle tasche. Erano giorni che aspettavamo il ritorno di Silvio, quello verace. Ci mancava la tua risolutezza spigliata da bohemienne della politica. Ci mancava anche il tocco goliardico che ti ha contraddistinto in questi anni. Deliziose quelle corna nostrane, la bandana, gli scongiuri contro i portajella, le teorie calcistiche da primo tifoso d’Italia, il dire e ritrattare, i complimenti estetici al premier danese, le pacche sulle spalle a Putin e Bush, i consigli sugli acquisti e poi….. il resto lo lascio ai ricordi di ognuno e al patrimonio unico dell’Italia di inizio secondo millennio. Perché finalmente è tornato. Silvio, dopo la narcosi dovuta agli esiti delle tornate elettorali delle regionali e delle amministrative, è tornato in sè. Chi ricorda più quell’apparizione a sorpresa, penosa, da cane bastonato, nella trasmissione “Ballarò”. Quel pover’uomo distrutto che impietosì perfino il cinico D’Alema è solo un lontano ricordo. All’uomo solo al comando è bastato un cannolo siciliano come solo a Catania sanno fare e voilà eccolo qua. Torna, e come le “veroniche” di Pelè, ne piazza una delle sue: “ho fatto una battuta” dice Silvio il burlone, riferito alla possibilità di lasciare il campo a qualche suo compagno di ventura per rianimare la malconcia CDL. Anzi, quell’improvviso annuncio di potersi fare da parte- ci spiega - è stato un po’ come un botto improvviso, lo scherzo di un buontempone che vuole per gioco impaurire un ignaro passante. “Credo" – dice il Silvio/pierino- "che in molte schiene della sinistra sia corso un brivido”. Ma quale ironia si cela in questa battuta? Ecco la spiegazione del cavaliere: “dato che continua il processo di demonizzazione, delegittimazione e denigrazione da tanti anni, presentare uno su cui la sinistra non possa avere il tempo di arrivare ad una totale demonizzazione può spiazzarla”. Trovata magistrale, esilarante mossa tattica. E chi aveva già immaginato l’uscita di scena con l’onore delle armi si dovrà ricredere. Il nostro premier non è come i pugili suonati che arrivano con caparbietà alla fine del match per evitare l’onta del KO, lui è “ercolino sempre in piedi”, il premio dei formaggini degli anni ’60, più lo colpisci e più si rialza. E chi già si adoperava a identificare l'identikit tracciato ieri con il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ci dovrà mettere una bella croce. Il capo è sempre lui. E intanto prende tempo, almeno fino all’estate. “Il 15 settembre – ordina il cavaliere - i nostri devono essere pronti a partire con la campagna elettorale. Il sì o il no al partito unico deve venire entro l'estate”. L’ultimatum è lanciato. Peccato! Follini ci aveva creduto e Fini ci aveva sperato. Che dire, è la logica dell’effimero.
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MEDITAZIONE - 21/5/05
Facciamoci del male
Abbagliato dal successo, l'Ulivo si è smarrito in una rissa tanto feroce quanto astratta, e pertanto incomprensibile per la sua base elettorale
Lo choc delle regionali sembra aver colpito i due poli con un impatto di uguale forza ma di segno opposto. Al cavaliere va riconosciuto il merito di aver messo rapidamente in campo, dopo la sconfitta, una reazione credibile. Al centrosinistra la responsabilità di essersi abbandonata a una nefasta pulsione autodistruttiva. Quel partito unico della destra che due mesi appariva come un miraggio si presenta oggi come una minaccia realistica e dal punto di vista della propaganda tutt'altro che trascurabile. La probabile messa in campo di un nuovo candidato alla premiership sottrarrebbe all'opposizione il suo argomento più forte e troppo spesso unico, l'antiberlusconismo. Infine Berlusconi pare aver trovato il modo di volgere a proprio vantaggio, grazie all'alleanza tra il suo partitone unico e le varie liste localiste, la sfiducia nei partiti che si sta diffondendo un po' ovunque, con un impeto simile a quello che alla fine degli `80 decretò le fortune della Lega.
E' una controffensiva in piena regola, il cui limite è tuttavia palese. Nel merito degli enormi problemi irrisolti e delle concrete scelte di governo, Berlusconi non è in grado di offrire nulla agli elettori delusi. Non ha né i mezzi né la volontà né l'immaginazione necessari per modificare nella sostanza le disastrose politiche che lo hanno portato a un passo dalla disfatta.
Dovrebbe trattarsi di un particolare decisivo. Non è così. A renderlo assai meno incisivo interviene infatti la reazione scomposta delle forze di opposizione al voto delle regionali. Convintosi di aver già sloggiato il cavaliere da palazzo Chigi e di non dover fare più nulla se non attendere il cadavere del nemico, il centrosinistra ha messo da parte qualsiasi ambizione progettuale, ogni tentazione di competere col rivale contrapponendo alla sua strategia un programma diverso e opposto. La stessa, pur discutibile, ipotesi di coinvolgere direttamente la base mediante elezioni primarie sui candidati e/o sui programmi è stata brutalmente cassata senza ulteriori spiegazioni.
Abbagliato dal successo, l'Ulivo si è smarrito in una rissa tanto feroce quanto astratta, e pertanto incomprensibile per la sua base elettorale. Il brutale scontro di potere messo in scena ieri a Roma rivela l'esistenza di progetti politici assai diversi all'interno della Federazione unitaria, denuncia la resurrezione di una tentazione neocentrista, quella di Rutelli e di Marini, mai davvero sepolta. Senza che tuttavia questo cozzo frontale arrivi mai a varcare i confini angusti dell'ingegneria politica per trasformarsi in confronto, anche duro ma almeno produttivo, sulle scelte politiche materiali.
Anche se sottovalutarla significherebbe ripetere l'errore fatale commesso ai tempi della nascita di Forza Italia, la controffensiva del cavaliere non è affatto imbattibile. Occorrerebbe però saper contrapporre alle sue sapienti mosse propagandistiche una opzione politica chiara e chiaramente alternativa, e alle sue dubbie alleanze locali la capacità di risvegliare e coinvolgere un elettorato altrimenti distratto e deluso. E' la formula che ha garantito la vittoria a sorpresa di Vendola in Puglia e che vanificherebbe le nuove astuzie di Arcore. Purtroppo è anche la formula che, subito dopo quel successo, l'Unione ha preferito mettere da parte. E il primo risultato si è visto a Catania.
(Andrea Colombo – Il Manifesto)
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CITAZIONI
PROPRIO nel giorno in cui l'Economist additava alla comunità internazionale l'Italia come il vero "malato d'Europa" (con un'economia stagnante, un business depresso, un sistema di riforme moribondo, una mancanza di regole drammatica) il centrosinistra si è spaccato in due, divaricando le sue strategie e le sue prospettive, avvelenando i suoi rapporti interni, mettendo nuovamente in dubbio - davanti ai cittadini - la sua capacità di sfidare vittoriosamente Berlusconi nel 2006, e soprattutto di creare una cultura di governo moderna ed europea, in grado di ridare slancio, fiducia e credibilità ad un Paese in declino, senza più missione.
(Ezio Mauro – Repubblica 21-5)
-=oOo=-
Eccolo l’ex campione Silvio Berlusconi ridotto elettoralmente uno straccio, alla guida di un governicchio braccato dai creditori, senza più una maggioranza, sul punto di essere congedato perfino dai suoi dipendenti che, rinfrancato dalle ultime notizie sullo stato dell’Unione, come se nulla fosse, si atteggia a premier autorevole e guida sicura del Paese.
(Antonio Padellaro – L’Unità 21-5)
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Venghino signori venghino. «Con il partito unico ci potrà essere gloria per tutti. Ci saranno tanti incarichi: quello di presidente del partito, di segretario del partito, di presidente del Consiglio e anche la carica di presidente della Repubblica».
Silvio Berlusconi, 20 maggio
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REPUBBLICA on-line 21-5
Casini bacchetta il Cavaliere
"Ci siamo impigriti su Berlusconi, basta con le accuse di lesa maestà"
RIO DE JANEIRO - Quello della leadership del centrodestra è "un falso problema", un discorso "quasi irritante". Certamente una "fuga dalla realtà che non aiuta nessuno". Piuttosto, "i moderati italiani hanno bisogno di nuove soluzioni ai loro problemi" e la Cdl, nella costruzione di un nuovo soggetto politico, si deve concentrare sui contenuti.
Lo afferma il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini al termine della riunione del consiglio direttivo dell'Internazionale dei democratici di centro (Idc-Cdi), che si è svolta a Rio de Janeiro. "Le forze di centrodestra - dice - si sono sedute ed impigrite sulla leadership di Berlusconi, come se essa le liberasse dal gravoso compito politico di preparare un terreno di valori comuni e di programmi concreti per i moderati italiani". "E non hanno certamente aiutato a far maturare condizioni nuove - aggiunge - nemmeno le critiche di lesa maestà, che puntualmente si sono manifestate da parte dei più zelanti, ogni volta che questo tema veniva affrontato".
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CITAZIONI
«Naturalmente la questione della leadership è una questione minimale. Non è quello il punto. Con Silvio ci siamo parlati mille volte...». Naturalmente. Parola di Gianfranco Fini. Dev’essere per questo – dev’essere proprio perché la questione della leadership del centrodestra e del candidato premier per il 2006 è «una questione minimale» – che il leader di An, continuando a sentire nell’aria profumo di Pier Ferdinando Casini, ha sepolto sotto una lapide la confusa ipotesi. »
(Europa on the Web 21-5)
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Da una parte la Margherita che accoltella la federazione prodiana dell'Ulivo (e i socialisti democratici hanno già detto che soli con i Ds non ci rimangono). Dall'altra l'Udc, che voleva fare il partito unico perdendo la "u" e invece a Catania ha perso la "d" e la "c". Così il partito unico delle libertà lo fa Berlusconi. Pardon, lo vorrebbe fare Berlusconi. I socialisti di Bobo Craxi hanno già detto che non ci stanno, i nazional alleati non sanno che pesci prendere, mentre Follini e Casini guardano a Rutelli. Che gran pasticcio. Intanto dal popoloso comune di Carini in provincia di Palermo, nel collegio senatoriale dell'azzurro Renato Schifani, arriva la notizia che il candidato Udc sarà sostenuto dal centrosinistra. Altro che partiti unici, qui si va a passo di marcia verso il caos. E forza Dc, che sono sempre stati tantissimi. Ma re Silvio tira dritto, lui andrà avanti. Verso cosa non si sa.
(Frida Nacinovich, Liberazione 21-5)
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APRILEONLINE 21-5
Marcia indietro del Cavaliere che non lascia la leadership della Cdl
L’effimero Silvio lascia Fini e Follini con il solito pugno di mosche
[Mario De Carolis]
Finalmente ti riconosciamo egregio cavaliere. W l’effimero. Basta con il pensare agli stipendi insufficienti, per non dire delle pensioni. Facciamola finita con i conti che non tornano. E basta con questa Europa che sta lì sempre a guardarci nelle tasche. Erano giorni che aspettavamo il ritorno di Silvio, quello verace. Ci mancava la tua risolutezza spigliata da bohemienne della politica. Ci mancava anche il tocco goliardico che ti ha contraddistinto in questi anni. Deliziose quelle corna nostrane, la bandana, gli scongiuri contro i portajella, le teorie calcistiche da primo tifoso d’Italia, il dire e ritrattare, i complimenti estetici al premier danese, le pacche sulle spalle a Putin e Bush, i consigli sugli acquisti e poi….. il resto lo lascio ai ricordi di ognuno e al patrimonio unico dell’Italia di inizio secondo millennio. Perché finalmente è tornato. Silvio, dopo la narcosi dovuta agli esiti delle tornate elettorali delle regionali e delle amministrative, è tornato in sè. Chi ricorda più quell’apparizione a sorpresa, penosa, da cane bastonato, nella trasmissione “Ballarò”. Quel pover’uomo distrutto che impietosì perfino il cinico D’Alema è solo un lontano ricordo. All’uomo solo al comando è bastato un cannolo siciliano come solo a Catania sanno fare e voilà eccolo qua. Torna, e come le “veroniche” di Pelè, ne piazza una delle sue: “ho fatto una battuta” dice Silvio il burlone, riferito alla possibilità di lasciare il campo a qualche suo compagno di ventura per rianimare la malconcia CDL. Anzi, quell’improvviso annuncio di potersi fare da parte- ci spiega - è stato un po’ come un botto improvviso, lo scherzo di un buontempone che vuole per gioco impaurire un ignaro passante. “Credo" – dice il Silvio/pierino- "che in molte schiene della sinistra sia corso un brivido”. Ma quale ironia si cela in questa battuta? Ecco la spiegazione del cavaliere: “dato che continua il processo di demonizzazione, delegittimazione e denigrazione da tanti anni, presentare uno su cui la sinistra non possa avere il tempo di arrivare ad una totale demonizzazione può spiazzarla”. Trovata magistrale, esilarante mossa tattica. E chi aveva già immaginato l’uscita di scena con l’onore delle armi si dovrà ricredere. Il nostro premier non è come i pugili suonati che arrivano con caparbietà alla fine del match per evitare l’onta del KO, lui è “ercolino sempre in piedi”, il premio dei formaggini degli anni ’60, più lo colpisci e più si rialza. E chi già si adoperava a identificare l'identikit tracciato ieri con il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ci dovrà mettere una bella croce. Il capo è sempre lui. E intanto prende tempo, almeno fino all’estate. “Il 15 settembre – ordina il cavaliere - i nostri devono essere pronti a partire con la campagna elettorale. Il sì o il no al partito unico deve venire entro l'estate”. L’ultimatum è lanciato. Peccato! Follini ci aveva creduto e Fini ci aveva sperato. Che dire, è la logica dell’effimero.
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MEDITAZIONE - 21/5/05
Facciamoci del male
Abbagliato dal successo, l'Ulivo si è smarrito in una rissa tanto feroce quanto astratta, e pertanto incomprensibile per la sua base elettorale
Lo choc delle regionali sembra aver colpito i due poli con un impatto di uguale forza ma di segno opposto. Al cavaliere va riconosciuto il merito di aver messo rapidamente in campo, dopo la sconfitta, una reazione credibile. Al centrosinistra la responsabilità di essersi abbandonata a una nefasta pulsione autodistruttiva. Quel partito unico della destra che due mesi appariva come un miraggio si presenta oggi come una minaccia realistica e dal punto di vista della propaganda tutt'altro che trascurabile. La probabile messa in campo di un nuovo candidato alla premiership sottrarrebbe all'opposizione il suo argomento più forte e troppo spesso unico, l'antiberlusconismo. Infine Berlusconi pare aver trovato il modo di volgere a proprio vantaggio, grazie all'alleanza tra il suo partitone unico e le varie liste localiste, la sfiducia nei partiti che si sta diffondendo un po' ovunque, con un impeto simile a quello che alla fine degli `80 decretò le fortune della Lega.
E' una controffensiva in piena regola, il cui limite è tuttavia palese. Nel merito degli enormi problemi irrisolti e delle concrete scelte di governo, Berlusconi non è in grado di offrire nulla agli elettori delusi. Non ha né i mezzi né la volontà né l'immaginazione necessari per modificare nella sostanza le disastrose politiche che lo hanno portato a un passo dalla disfatta.
Dovrebbe trattarsi di un particolare decisivo. Non è così. A renderlo assai meno incisivo interviene infatti la reazione scomposta delle forze di opposizione al voto delle regionali. Convintosi di aver già sloggiato il cavaliere da palazzo Chigi e di non dover fare più nulla se non attendere il cadavere del nemico, il centrosinistra ha messo da parte qualsiasi ambizione progettuale, ogni tentazione di competere col rivale contrapponendo alla sua strategia un programma diverso e opposto. La stessa, pur discutibile, ipotesi di coinvolgere direttamente la base mediante elezioni primarie sui candidati e/o sui programmi è stata brutalmente cassata senza ulteriori spiegazioni.
Abbagliato dal successo, l'Ulivo si è smarrito in una rissa tanto feroce quanto astratta, e pertanto incomprensibile per la sua base elettorale. Il brutale scontro di potere messo in scena ieri a Roma rivela l'esistenza di progetti politici assai diversi all'interno della Federazione unitaria, denuncia la resurrezione di una tentazione neocentrista, quella di Rutelli e di Marini, mai davvero sepolta. Senza che tuttavia questo cozzo frontale arrivi mai a varcare i confini angusti dell'ingegneria politica per trasformarsi in confronto, anche duro ma almeno produttivo, sulle scelte politiche materiali.
Anche se sottovalutarla significherebbe ripetere l'errore fatale commesso ai tempi della nascita di Forza Italia, la controffensiva del cavaliere non è affatto imbattibile. Occorrerebbe però saper contrapporre alle sue sapienti mosse propagandistiche una opzione politica chiara e chiaramente alternativa, e alle sue dubbie alleanze locali la capacità di risvegliare e coinvolgere un elettorato altrimenti distratto e deluso. E' la formula che ha garantito la vittoria a sorpresa di Vendola in Puglia e che vanificherebbe le nuove astuzie di Arcore. Purtroppo è anche la formula che, subito dopo quel successo, l'Unione ha preferito mettere da parte. E il primo risultato si è visto a Catania.
(Andrea Colombo – Il Manifesto)
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CITAZIONI
PROPRIO nel giorno in cui l'Economist additava alla comunità internazionale l'Italia come il vero "malato d'Europa" (con un'economia stagnante, un business depresso, un sistema di riforme moribondo, una mancanza di regole drammatica) il centrosinistra si è spaccato in due, divaricando le sue strategie e le sue prospettive, avvelenando i suoi rapporti interni, mettendo nuovamente in dubbio - davanti ai cittadini - la sua capacità di sfidare vittoriosamente Berlusconi nel 2006, e soprattutto di creare una cultura di governo moderna ed europea, in grado di ridare slancio, fiducia e credibilità ad un Paese in declino, senza più missione.
(Ezio Mauro – Repubblica 21-5)
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Eccolo l’ex campione Silvio Berlusconi ridotto elettoralmente uno straccio, alla guida di un governicchio braccato dai creditori, senza più una maggioranza, sul punto di essere congedato perfino dai suoi dipendenti che, rinfrancato dalle ultime notizie sullo stato dell’Unione, come se nulla fosse, si atteggia a premier autorevole e guida sicura del Paese.
(Antonio Padellaro – L’Unità 21-5)
venerdì, maggio 20, 2005
RESISTENZA - 20/5/05
REPUBBLICA on-line 20-5
Berlusconi accelera
"Partito unico entro l'estate - Io pronto a fare il padre nobile"
Ma Fini frena: "Mi pare difficile"
ROMA - Partito unico presto, entro l'estate. Altrimenti non se ne fa nulla perché da metà settembre parte la campagna elettorale. Silvio Berlusconi mette sotto pressione gli alleati del centrodestra, si attira una risposta non entusiasta di Fini ("Mi sembra difficile") e riparte subito allargando il discorso al Quirinale e alle varie cariche che il suo schieramento si troverebbe a dover gestire in caso di vittoria alle politiche del 2006. Poi torna sull'ipotesi di un suo ruolo diverso. E arriva a ipotizzare per se stesso un compito di "padre nobile di questa nuova formazione".
Tutto in una mattina tra il convegno della Fondazione Liberal e la conferenza stampa successiva alla riunione del consiglio dei ministri. In mezzo la polemica a distanza con la Ue sulla procedura nei confronti dell'Italia per lo sforamento del deficit.
Il partito unico. Il premier, dunque, accelera sul partito unico del centrodestra: "Prendiamoci l'estate come tempo: il 15 settembre i nostri devono essere pronti a partire con la campagna elettorale. Il sì o il no al partito unico deve venire entro l'estate" dice Berlusconi nel suo intervento alla convention della Cdl, promosso dalla Fondazione Liberal.
Una fretta che lascia assai scettico Fini: "Il progetto è affascinante ma siamo sicuri che questo progetto sia funzionale al successo elettorale? Se pensiamo che il successo unitario ci faccia vincere le elezioni del 2006 ho almeno dei dubbi". Ma Berlusconi insiste: "Caro Gianfranco, questa cosa si fa e si fa per vincere le elezioni". Chiusura, cauta, di Fini: " Proprio perchè stiamo lavorando ad una prospettiva strategica e di lunga durata non hanno senso accelerazioni o frenate tattiche". Più tardi, il premier torna sulle parole di Fini: "Fini ha bocciato il partito unico? E' la solita interpretazione comunista".
La leadership del centrodestra. Il premier è tornato sulla questione. Prima ha detto che le sue parole di ieri in merito a un possibile cambio erano una battuta. Poi corregge di nuovo: non erano uno scherzo. Infine, introduce il concetto di "padre nobile": "Potrei anche essere il padre nobile del nuovo partito unico". E allarga il numero e la qualità delle cariche possibili per gli uomini del centrodestra nel caso di una vittoria che il Cavaliere dà per certa: "Con il partito unico ci potrà essere gloria per tutti, ci saranno tanti incarichi, quello del presidente del partito, del segretario del partito, del candidato alla presidenza del consiglio".
Il Quirinale. Il Quirinale, appunto. Una delle cariche cui il nuovo partito può puntare è proprio la presidenza della Repubblica: "No, no. Non essere maliziosa". dice il premier ad una cronista che gli chiede se la sua ambizione sia quella di puntare al Colle.
-=oOo=-
Scontro tra Berlusconi e Almunia
ROMA - Nuovo scontro tra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e l'Unione Europea. E l'argomento del contendere, ancora una volta, è il tema caldissimo dei conti pubblici italiani.
"Al momento attuale certamente escludo una procedura di infrazione della Ue" a causa del deficit italiano, ha detto questa mattina il Cavaliere. Secondo il quale, dunque, l'ipotesi trapelata su diversi giornali che Bruxelles possa avviare una procedura contro l'Italia per disavanzo eccessivo "non è possibile, perché una procedura d'infrazione si ha a cose fatte, quando si registra un deficit superiore al 3,5% e a dati ormai consolidati".
Ma dalla Commissione di Bruxelles arriva una replica dura, dai toni perentori e decisi. "L' intenzione di Almunia è stata chiaramente e ripetutamente espressa", ha dichiarato la portavoce del commissario agli Affari monetari. Che ha poi ricordato le "regole chiare" della Ue: "La Commissione presenta un rapporto se il rapporto deficit-Pil è superiore al 3%, ma anche se c'è il rischio che questo accada".
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CITAZIONE
Nel governo Berlusconi c'è il vuoto assoluto. La lotta all'evasione annunciata da Siniscalco appare strumentale (con i condoni in serie, da quattro anni l'evasione è stata incentivata) anche se dovuta. In ogni caso, un fisco più equo attenuerebbe «solo» le iniquità della distribuzione del reddito e non promuoverebbe una ripresa della crescita. Che necessita di una decisa azione sul fronte industriale, riprendendo in mano (e non per nostalgia) il sistema delle partecipazioni statali e delle grandi industrie pubbliche che fecero decollare l'Italia nel dopoguerra. Se i privati non sanno fare il loro mestiere, non c'è «mano invisibile» che raddrizzi le cose ma nel futuro c'è solo, come direbbero in America Latina, «borghesia compradora» e il trionfo dei palazzinari che già oggi hanno cominciato a assaltare le banche.
(Galapagos – IL Manifesto)
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L’UNITA’ on-line 20-5
L'Economist: «Italia malato d'Europa»
Il governo di Berlusconi (quello «unfit to lead italy») latita e rimanda
Economia «stagnante», attività imprenditoriale «depressa», riforme «moribonde». Questo il quadro del nostro paese secondo The Economist, autorevole settimanale britannico, che torna ad occuparsi dell’Italia in copertina per la quarta volta in quattro anni.
I toni sono drammatici fin dalla copertina, dove l'Italia viene considerata «the real sick man of Europe», il vero malato d’Europa, e paragonato all’impero Ottomano d’inizio novecento, alla Gran Bretagna degli anni sessanta o alla Germania degli anni novanta. Il sistema economico italiano viene complessivamente posto sotto accusa: le industrie non sono più competitive come prima sui mercati esteri (dove sfruttavano i vantaggi causati dalla debolezza della quotazione della lira), i crack Cirio e Parmalat e la vicenda Fiat hanno portato alla luce i guasti del sistema delle imprese, sempre meno preparato ad affrontare la nuova concorrenza che proviene dai paesi orientali e il governo Berlusconi (definito in passato dallo stesso settimanale «unfit to lead italy», non idoneo a guidare l’Italia) latita e rimanda senza affrontare la crisi con misure e riforme adeguate che permettano il rilancio dell’economia e della competitività delle imprese.
Vengono presi in considerazione anche problemi strutturali come l’elevata pressione fiscale, l’eccesso di spesa pubblica, la rigidità del mercato del lavoro, la peculiarità del sistema bancario arroccato nella difesa della sua “nazionalità”. Particolari critiche vengono rivolte all’esecutivo per il licenziamento da parte del governo di Vittorio Mincato, il boss dell'Eni:«non solo questo manager di talento e lontano dalla politica è stato sostituito da qualcuno che non sa nulla dell'industria (PaoloScaroni), ma anche quell'ignoranza adesso è condivisa dall'intero consiglio d'amministrazione dell'Eni». Prosegue l'Economist, «la natura politica della nomina di Scaroni indica che il governo considera qualsiasi società nella quale detiene una partecipazione come essenzialmente di proprietà dello Stato e comunque soggetta agli ordini politici».
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ITALIENI 20-5
La campagna di Berlusconi
Silvio Berlusconi ha cominciato la campagna per le elezioni del 2006. Parte nelle peggiori condizioni, con l'economia in recessione e la sua popolarità ai minimi storici. Ma ha un asso nella manica. Il Cavaliere ha fatto intendere che il candidato alla presidenza del consiglio potrebbe essere un altro, e che lui manterrebbe la leadership del centrodestra sperando di ottenere la presidenza della repubblica. "Non accetterei per niente al mondo di concludere la mia carriera politica con una sconfitta", ha detto.
El País, Spagna [in spagnolo]
http://www.elpais.es:80/articuloCompleto.html?d_date=20050520&xref=20050520elpepiint_4&type=Tes&anchor=elpporint
Berlusconi accelera
"Partito unico entro l'estate - Io pronto a fare il padre nobile"
Ma Fini frena: "Mi pare difficile"
ROMA - Partito unico presto, entro l'estate. Altrimenti non se ne fa nulla perché da metà settembre parte la campagna elettorale. Silvio Berlusconi mette sotto pressione gli alleati del centrodestra, si attira una risposta non entusiasta di Fini ("Mi sembra difficile") e riparte subito allargando il discorso al Quirinale e alle varie cariche che il suo schieramento si troverebbe a dover gestire in caso di vittoria alle politiche del 2006. Poi torna sull'ipotesi di un suo ruolo diverso. E arriva a ipotizzare per se stesso un compito di "padre nobile di questa nuova formazione".
Tutto in una mattina tra il convegno della Fondazione Liberal e la conferenza stampa successiva alla riunione del consiglio dei ministri. In mezzo la polemica a distanza con la Ue sulla procedura nei confronti dell'Italia per lo sforamento del deficit.
Il partito unico. Il premier, dunque, accelera sul partito unico del centrodestra: "Prendiamoci l'estate come tempo: il 15 settembre i nostri devono essere pronti a partire con la campagna elettorale. Il sì o il no al partito unico deve venire entro l'estate" dice Berlusconi nel suo intervento alla convention della Cdl, promosso dalla Fondazione Liberal.
Una fretta che lascia assai scettico Fini: "Il progetto è affascinante ma siamo sicuri che questo progetto sia funzionale al successo elettorale? Se pensiamo che il successo unitario ci faccia vincere le elezioni del 2006 ho almeno dei dubbi". Ma Berlusconi insiste: "Caro Gianfranco, questa cosa si fa e si fa per vincere le elezioni". Chiusura, cauta, di Fini: " Proprio perchè stiamo lavorando ad una prospettiva strategica e di lunga durata non hanno senso accelerazioni o frenate tattiche". Più tardi, il premier torna sulle parole di Fini: "Fini ha bocciato il partito unico? E' la solita interpretazione comunista".
La leadership del centrodestra. Il premier è tornato sulla questione. Prima ha detto che le sue parole di ieri in merito a un possibile cambio erano una battuta. Poi corregge di nuovo: non erano uno scherzo. Infine, introduce il concetto di "padre nobile": "Potrei anche essere il padre nobile del nuovo partito unico". E allarga il numero e la qualità delle cariche possibili per gli uomini del centrodestra nel caso di una vittoria che il Cavaliere dà per certa: "Con il partito unico ci potrà essere gloria per tutti, ci saranno tanti incarichi, quello del presidente del partito, del segretario del partito, del candidato alla presidenza del consiglio".
Il Quirinale. Il Quirinale, appunto. Una delle cariche cui il nuovo partito può puntare è proprio la presidenza della Repubblica: "No, no. Non essere maliziosa". dice il premier ad una cronista che gli chiede se la sua ambizione sia quella di puntare al Colle.
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Scontro tra Berlusconi e Almunia
ROMA - Nuovo scontro tra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e l'Unione Europea. E l'argomento del contendere, ancora una volta, è il tema caldissimo dei conti pubblici italiani.
"Al momento attuale certamente escludo una procedura di infrazione della Ue" a causa del deficit italiano, ha detto questa mattina il Cavaliere. Secondo il quale, dunque, l'ipotesi trapelata su diversi giornali che Bruxelles possa avviare una procedura contro l'Italia per disavanzo eccessivo "non è possibile, perché una procedura d'infrazione si ha a cose fatte, quando si registra un deficit superiore al 3,5% e a dati ormai consolidati".
Ma dalla Commissione di Bruxelles arriva una replica dura, dai toni perentori e decisi. "L' intenzione di Almunia è stata chiaramente e ripetutamente espressa", ha dichiarato la portavoce del commissario agli Affari monetari. Che ha poi ricordato le "regole chiare" della Ue: "La Commissione presenta un rapporto se il rapporto deficit-Pil è superiore al 3%, ma anche se c'è il rischio che questo accada".
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CITAZIONE
Nel governo Berlusconi c'è il vuoto assoluto. La lotta all'evasione annunciata da Siniscalco appare strumentale (con i condoni in serie, da quattro anni l'evasione è stata incentivata) anche se dovuta. In ogni caso, un fisco più equo attenuerebbe «solo» le iniquità della distribuzione del reddito e non promuoverebbe una ripresa della crescita. Che necessita di una decisa azione sul fronte industriale, riprendendo in mano (e non per nostalgia) il sistema delle partecipazioni statali e delle grandi industrie pubbliche che fecero decollare l'Italia nel dopoguerra. Se i privati non sanno fare il loro mestiere, non c'è «mano invisibile» che raddrizzi le cose ma nel futuro c'è solo, come direbbero in America Latina, «borghesia compradora» e il trionfo dei palazzinari che già oggi hanno cominciato a assaltare le banche.
(Galapagos – IL Manifesto)
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L’UNITA’ on-line 20-5
L'Economist: «Italia malato d'Europa»
Il governo di Berlusconi (quello «unfit to lead italy») latita e rimanda
Economia «stagnante», attività imprenditoriale «depressa», riforme «moribonde». Questo il quadro del nostro paese secondo The Economist, autorevole settimanale britannico, che torna ad occuparsi dell’Italia in copertina per la quarta volta in quattro anni.
I toni sono drammatici fin dalla copertina, dove l'Italia viene considerata «the real sick man of Europe», il vero malato d’Europa, e paragonato all’impero Ottomano d’inizio novecento, alla Gran Bretagna degli anni sessanta o alla Germania degli anni novanta. Il sistema economico italiano viene complessivamente posto sotto accusa: le industrie non sono più competitive come prima sui mercati esteri (dove sfruttavano i vantaggi causati dalla debolezza della quotazione della lira), i crack Cirio e Parmalat e la vicenda Fiat hanno portato alla luce i guasti del sistema delle imprese, sempre meno preparato ad affrontare la nuova concorrenza che proviene dai paesi orientali e il governo Berlusconi (definito in passato dallo stesso settimanale «unfit to lead italy», non idoneo a guidare l’Italia) latita e rimanda senza affrontare la crisi con misure e riforme adeguate che permettano il rilancio dell’economia e della competitività delle imprese.
Vengono presi in considerazione anche problemi strutturali come l’elevata pressione fiscale, l’eccesso di spesa pubblica, la rigidità del mercato del lavoro, la peculiarità del sistema bancario arroccato nella difesa della sua “nazionalità”. Particolari critiche vengono rivolte all’esecutivo per il licenziamento da parte del governo di Vittorio Mincato, il boss dell'Eni:«non solo questo manager di talento e lontano dalla politica è stato sostituito da qualcuno che non sa nulla dell'industria (PaoloScaroni), ma anche quell'ignoranza adesso è condivisa dall'intero consiglio d'amministrazione dell'Eni». Prosegue l'Economist, «la natura politica della nomina di Scaroni indica che il governo considera qualsiasi società nella quale detiene una partecipazione come essenzialmente di proprietà dello Stato e comunque soggetta agli ordini politici».
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ITALIENI 20-5
La campagna di Berlusconi
Silvio Berlusconi ha cominciato la campagna per le elezioni del 2006. Parte nelle peggiori condizioni, con l'economia in recessione e la sua popolarità ai minimi storici. Ma ha un asso nella manica. Il Cavaliere ha fatto intendere che il candidato alla presidenza del consiglio potrebbe essere un altro, e che lui manterrebbe la leadership del centrodestra sperando di ottenere la presidenza della repubblica. "Non accetterei per niente al mondo di concludere la mia carriera politica con una sconfitta", ha detto.
El País, Spagna [in spagnolo]
http://www.elpais.es:80/articuloCompleto.html?d_date=20050520&xref=20050520elpepiint_4&type=Tes&anchor=elpporint
giovedì, maggio 19, 2005
RESISTENZA - 19/5/05
REPUBBLICA 19-5
Berlusconi: “Io sono una risorsa”
Se si trova una faccia pulita, “pensate allo sconcerto della sinistra che ci ha messo 12 anni per demonizzarmi...".
ROMA - "Sono favorevole all'ipotesi di avere due leadership separate per la Cdl, una alla guida della coalizione e l'altra come candidato premier". Silvio Berlusconi, prendendo la parola alla convention della Cdl promossa dalla Fondazione Liberal, non ha escluso questa possibilità per le prossime elezioni politiche. auspicando la distinzione tra la scelta della leadership per il governo e quella per il futuro partito unico.
"Io credo profondamente in quello che siamo qui a fare. Non siamo qui a scrivere una pagina di cronaca, ma di storia" ha continuato il premier, che ha insistito sulla necessità di andare avanti per formare un "soggetto unico" del centrodestra. "Io non sono e non devo essere un problema, un ostacolo. Io sono casomai una risorsa".
Partito unico. "Il partito unico lo vogliono gli elettori" ha sostenuto Berlusconi. "Il soggetto unico - ha spiegato il premier - c'è già, quando in un collegio gli elettori votano tutti insieme per un nostro candidato della Cdl". Il premier ha infine citato un sondaggio in base al quale il 99% degli interpellati si pronuncia favorevolmente alla costituzione di un partito unico del centrodestra. "
La disponibilità di An. "An aveva auspicato che si iniziasse a discutere dei contenuti dell'eventuale nuovo soggetto politico e si sta andando nella direzione giusta verso alcuni valori fondanti recuperando e valorizzando anche idealità care alla destra" ha commentato Gianfranco Fini parlando del partito unico.
"Non sono un ostacolo". "A Tabacci (esponente dell'Udc, ndr.) dico: 'Ricorda che io non sono e non devo mai essere un problema. Io non sono un ostacolo, devo semmai essere una risorsa da utilizzare nel modo più conveniente e proficuo'". "Se due mesi prima delle elezioni trovassimo qualcuno migliore di me - ha aggiunto Berlusconi - pensate allo sconcerto della sinistra che ci ha messo 12 anni per demonizzarmi...".
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IL RIFORMISTA 19-5
Corsivo
L’EDEN DEI DIPENDENTI SICILIANI
Em.ma
Ieri il “Giornale” di Berlusconi è uscito con un titolo a nove colonne in prima che recita: «A Catania è nato il partito del Sud». E chiarisce: «Le liste autonomiste svuotano l'Udc». Vero. Ma svuotano anche Fi, infatti il Cavaliere cambia cavallo. «Pensa a una sorta di lega meridionale», annuncia il suo “Giornale”: dal partito unitario alle leghe nordista e sudista. Aspettiamo un nuovo saggio di Adornato su questo transito. Intanto Cuffaro ha firmato il nuovo contratto dei dipendenti regionali, i quali, non seguono le sorti accidentate dei loro colleghi statali. Aumentano costantemente il numero dei dipendenti e i loro emolumenti. E aumentano anche i voti ai benefattori. Lo sfacelo finanziario è totale, ma l'autonomia è salva. Il Cavaliere, durante la campagna elettorale, ha promesso un «regime fiscale di vantaggio» per la Sicilia. E Lombardo ora ne chiede la pronta attuazione. Non è difficile prevedere che il Berlusca dirà che lui vorrebbe, ma l'Europa si oppone. Il degrado economico e istituzionale sembra inarrestabile. Il sistema politico è in frantumi. Ma dalla sinistra non c'è un solo cenno che faccia capire il perché di tutto questo e quali sono le sue responsabilità.
-=oOo=-
EDITORIALE (citazione)
Un Lombardo in ogni regione del sud e tante, tante liste, le «leghe meridionali» per intercettare i voti in uscita da Forza Italia e poi federarli con gli azzurri. Silvio Berlusconi, rinfrancato dal successo di Catania, ora vuole trasformare l’astuta operazione locale in un nuovo paradigma politico, un modello da applicare quanto meno nel Mezzogiorno. Se questa è davvero la virata strategica del Cavaliere, allora introduce una differenza di fondo anche rispetto al partito unico. Un «centrodestra feudale fatto di cacicchi locali», come abbiamo scritto ieri, porta inevitabilmente verso una accentuazione del leaderismo. C’è un capo e i suoi sottocapi, al posto di una coalizione o di un partito vero, con le sue strutture, i suoi organismo dirigenti, le sue correnti o tendenze che dir si voglia.
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L’UNITA’ on-line 19-5
BANNER
«Ciò che più inquieta sono il suo dominio sui media italiani e le sue lunghissime battaglie con i procuratori della Repubblica di Milano. Il miliardario Berlusconi esercita diversi livelli di controllo su sei dei sette principali canali televisivi compresi Mediaset e la televisione pubblica Rai».
International Herald Tribune, 18 maggio
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 19-5
La stampa europea spietata con Berlusconi
"Le promesse non mantenute di Silvio Berlusconi hanno deluso gli italiani ma, soprattutto, hanno danneggiato la sua reputazione". E' durissimo il giudizio sul Cavaliere del francese International Herald Tribune.
Secondo il giornale d'oltralpe "il premier italiano rischia di essere uno dei leader politici meno amati che si ricordino".
"Eletto con un'ampia maggioranza - si legge in un articolo - aveva promesso quelle stesse riforme liberali che Margaret Thatcher realizzò in Gran Bretagna negli anni ottanta. Ma dopo quattro anni il settore pubblico è ancora toppo ingombrante e la crisi del sistema pensionistico è peggiorata. La settimana scorsa l'Italia è entrata in recessione per la seconda volta in due anni".
Senza pietà, come sempre, anche la stampa britannica. Alcuni giorni fa il quotidiano Financial Times aveva sottolineato che "la recessione dell'Italia è una delle peggiori che si siano mai verificate in un Paese della zona euro dal 1999".
"Il calo del pil rappresenta una sconfitta significativa per Silvio Berlusconi, che vede diminuire le sue possibilità di vincere le elezioni del 2006 - si poteva leggere sul quotidiano finanziario - Berlusconi è in una morsa, il suo lustro si appanna mentre l'Italia è alle prese con il declino economico".
Negli stessi giorni si era occupato delle faccende di casa nostra anche El País.
"Silvio Berlusconi attraversa il momento più difficile della sua carriera politica - aveva sentenziato il giornale spagnolo - le sconfitte elettorali e le cattive notizie che arrivano dal fronte dell'economia l'hanno indebolito al punto che i suoi alleati pensano già a come sostituirlo prima delle elezioni del 2006".
Si attendono con una certa curiosità le prossime mosse del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, anche se quasi tutti concordano sul fatto che la sua leadership sia ormai al crepuscolo. La frase da lui pronunciata: "Non vi libererete facilmente di me", è apparsa in molti dei più importanti quotidiani europei, dallo spagnolo El Mundo al Times di Londra al Die Zeit tedesco, ed è stata in genere commentata in modo abbastanza ironico o critico.
Il francese Le Monde parla di un Berlusconi ormai alla mercé dei propri alleati, i quali potrebbero ad ogni istante metterlo in minoranza nel caso di un voto al Parlamento. Scrive infatti: "Il parlamento italiano conta 616 deputati e 320 senatori. Berlusconi e i suoi alleati della destra e del centrodestra contano 344 eletti alla Camera e 171 al Senato. Ma, se i 34 deputati dell'Udc e i 3 deputati del Nuovo PSI votano contro il Governo alla Camera, Silvio Berlusconi cadrà".
La perplessità di fronte alla sua ostinazione ad andare avanti, nonostante la crisi sembri ormai irreversibile, è sentimento generale.
Il periodico spagnolo El Pais sostiene con una certa ironia che uno dei motivi per cui Berlusconi non vuole andare al voto anticipato è il suo fermo desiderio di essere il primo presidente del Consiglio italiano capace di portare a termine il mandato di cinque anni con la stessa squadra.
Ma, aggiunge poi Le Monde, sarebbe più una soddisfazione teorica visto che dopo il 2001 il primo ministro è stato costretto a cambiare una dozzina di ministri per far fronte a delle crisi minori.
Il Financial Times scrive che se davvero il premier è intenzionato ad andare avanti fino al 2006 dovrà per forza di cose abbandonare o modificare molte scelte politiche a lui care, e ciò include i cambiamenti al sistema giudiziario (viste dall’opposizione come una minaccia all’indipendenza della Magistratura italiana) e la riforma elettorale (la quale avrebbe aumentato le sue chance nel caso di elezioni).
Ancora Le Monde, ripercorrendo a ritroso la storia del premier, sottolinea il fatto che Berlusconi è stato eletto per la seconda volta Presidente del Consiglio nonostante le accuse di frode fiscale, finanziamenti illeciti di partito e abuso di risorse pubbliche. Continua raccontando come il premier non abbia mai cessato la lotta contro la Giustizia del proprio Paese creandosi delle leggi su misura che lo allontanassero dalle persecuzioni giudiziarie; e infine lo definisce come un vero e proprio “specialista delle gaffe diplomatiche”.
E anche l’invio delle truppe italiane in Iraq viene ribadito in generale da tutti come ulteriore motivo di malcontento da parte della popolazione, per non parlare del disastroso andamento dell’economia, crisi questa vissuta in prima persona da tutti gli italiani nonostante i recenti tagli fiscali. Anzi, proprio quest’ultima manovra è giudicata dalla stampa estera come estremamente irresponsabile, date le difficili condizioni economiche in cui versa il nostro Paese.
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ITALIENI – 19-5
La recessione minaccia Berlusconi
Silvio Berlusconi guida il governo più duraturo che l'Italia abbia avuto dal dopoguerra a oggi. Ma da un po' di tempo il malcontento dei cittadini per un'economia in forte difficoltà minaccia il futuro politico del premier. Le divisioni all'interno della sua litigiosa coalizione, a cui si aggiungono i segni di ripresa dell'opposizione, hanno creato una situazione paragonabile a quella del 1994, quando fu costretto a dimettersi.
Los Angeles Times, Stati Uniti [in inglese]
http://www.latimes.com/news/nationworld/world/la-fg-italy19may19,1,5031690.story?coll=la-headlines-world
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CITAZIONE
Ma c'è qualcuno che comincia a pensare che è il caso di iniziare a bere per dimenticare. E' il caso dei produttori di Sagrantino che per muovere alla conquista dei mercati esteri hanno deciso di puntare sulla formula del wine bar "dedicato". Si parte da Berlino, dove questa settimana viene inaugurata la prima enoteca che propone esclusivamente il vino umbro. Il Sagrantino Wine Bar sorgerà nel cuore della vecchia Berlino est, in Beheren Strasse 47. E venderà anche gadgets come poster, grembiuli e calici personalizzati. Magari in calce a qualche riunione in cui veniamo bastonati sulla totale incapacità del nostro management nella Mitteleuropa, qualche ministro nostrano potrebbe affogare da queste parti i dolori. O magari tutti noi altri, in fuga dal Bel Paese, sempre più formaggio groviera, in mano alla banda del buco.
[Renzo Francabandera, Aprileonline 19-5]
Berlusconi: “Io sono una risorsa”
Se si trova una faccia pulita, “pensate allo sconcerto della sinistra che ci ha messo 12 anni per demonizzarmi...".
ROMA - "Sono favorevole all'ipotesi di avere due leadership separate per la Cdl, una alla guida della coalizione e l'altra come candidato premier". Silvio Berlusconi, prendendo la parola alla convention della Cdl promossa dalla Fondazione Liberal, non ha escluso questa possibilità per le prossime elezioni politiche. auspicando la distinzione tra la scelta della leadership per il governo e quella per il futuro partito unico.
"Io credo profondamente in quello che siamo qui a fare. Non siamo qui a scrivere una pagina di cronaca, ma di storia" ha continuato il premier, che ha insistito sulla necessità di andare avanti per formare un "soggetto unico" del centrodestra. "Io non sono e non devo essere un problema, un ostacolo. Io sono casomai una risorsa".
Partito unico. "Il partito unico lo vogliono gli elettori" ha sostenuto Berlusconi. "Il soggetto unico - ha spiegato il premier - c'è già, quando in un collegio gli elettori votano tutti insieme per un nostro candidato della Cdl". Il premier ha infine citato un sondaggio in base al quale il 99% degli interpellati si pronuncia favorevolmente alla costituzione di un partito unico del centrodestra. "
La disponibilità di An. "An aveva auspicato che si iniziasse a discutere dei contenuti dell'eventuale nuovo soggetto politico e si sta andando nella direzione giusta verso alcuni valori fondanti recuperando e valorizzando anche idealità care alla destra" ha commentato Gianfranco Fini parlando del partito unico.
"Non sono un ostacolo". "A Tabacci (esponente dell'Udc, ndr.) dico: 'Ricorda che io non sono e non devo mai essere un problema. Io non sono un ostacolo, devo semmai essere una risorsa da utilizzare nel modo più conveniente e proficuo'". "Se due mesi prima delle elezioni trovassimo qualcuno migliore di me - ha aggiunto Berlusconi - pensate allo sconcerto della sinistra che ci ha messo 12 anni per demonizzarmi...".
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IL RIFORMISTA 19-5
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L’EDEN DEI DIPENDENTI SICILIANI
Em.ma
Ieri il “Giornale” di Berlusconi è uscito con un titolo a nove colonne in prima che recita: «A Catania è nato il partito del Sud». E chiarisce: «Le liste autonomiste svuotano l'Udc». Vero. Ma svuotano anche Fi, infatti il Cavaliere cambia cavallo. «Pensa a una sorta di lega meridionale», annuncia il suo “Giornale”: dal partito unitario alle leghe nordista e sudista. Aspettiamo un nuovo saggio di Adornato su questo transito. Intanto Cuffaro ha firmato il nuovo contratto dei dipendenti regionali, i quali, non seguono le sorti accidentate dei loro colleghi statali. Aumentano costantemente il numero dei dipendenti e i loro emolumenti. E aumentano anche i voti ai benefattori. Lo sfacelo finanziario è totale, ma l'autonomia è salva. Il Cavaliere, durante la campagna elettorale, ha promesso un «regime fiscale di vantaggio» per la Sicilia. E Lombardo ora ne chiede la pronta attuazione. Non è difficile prevedere che il Berlusca dirà che lui vorrebbe, ma l'Europa si oppone. Il degrado economico e istituzionale sembra inarrestabile. Il sistema politico è in frantumi. Ma dalla sinistra non c'è un solo cenno che faccia capire il perché di tutto questo e quali sono le sue responsabilità.
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EDITORIALE (citazione)
Un Lombardo in ogni regione del sud e tante, tante liste, le «leghe meridionali» per intercettare i voti in uscita da Forza Italia e poi federarli con gli azzurri. Silvio Berlusconi, rinfrancato dal successo di Catania, ora vuole trasformare l’astuta operazione locale in un nuovo paradigma politico, un modello da applicare quanto meno nel Mezzogiorno. Se questa è davvero la virata strategica del Cavaliere, allora introduce una differenza di fondo anche rispetto al partito unico. Un «centrodestra feudale fatto di cacicchi locali», come abbiamo scritto ieri, porta inevitabilmente verso una accentuazione del leaderismo. C’è un capo e i suoi sottocapi, al posto di una coalizione o di un partito vero, con le sue strutture, i suoi organismo dirigenti, le sue correnti o tendenze che dir si voglia.
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L’UNITA’ on-line 19-5
BANNER
«Ciò che più inquieta sono il suo dominio sui media italiani e le sue lunghissime battaglie con i procuratori della Repubblica di Milano. Il miliardario Berlusconi esercita diversi livelli di controllo su sei dei sette principali canali televisivi compresi Mediaset e la televisione pubblica Rai».
International Herald Tribune, 18 maggio
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 19-5
La stampa europea spietata con Berlusconi
"Le promesse non mantenute di Silvio Berlusconi hanno deluso gli italiani ma, soprattutto, hanno danneggiato la sua reputazione". E' durissimo il giudizio sul Cavaliere del francese International Herald Tribune.
Secondo il giornale d'oltralpe "il premier italiano rischia di essere uno dei leader politici meno amati che si ricordino".
"Eletto con un'ampia maggioranza - si legge in un articolo - aveva promesso quelle stesse riforme liberali che Margaret Thatcher realizzò in Gran Bretagna negli anni ottanta. Ma dopo quattro anni il settore pubblico è ancora toppo ingombrante e la crisi del sistema pensionistico è peggiorata. La settimana scorsa l'Italia è entrata in recessione per la seconda volta in due anni".
Senza pietà, come sempre, anche la stampa britannica. Alcuni giorni fa il quotidiano Financial Times aveva sottolineato che "la recessione dell'Italia è una delle peggiori che si siano mai verificate in un Paese della zona euro dal 1999".
"Il calo del pil rappresenta una sconfitta significativa per Silvio Berlusconi, che vede diminuire le sue possibilità di vincere le elezioni del 2006 - si poteva leggere sul quotidiano finanziario - Berlusconi è in una morsa, il suo lustro si appanna mentre l'Italia è alle prese con il declino economico".
Negli stessi giorni si era occupato delle faccende di casa nostra anche El País.
"Silvio Berlusconi attraversa il momento più difficile della sua carriera politica - aveva sentenziato il giornale spagnolo - le sconfitte elettorali e le cattive notizie che arrivano dal fronte dell'economia l'hanno indebolito al punto che i suoi alleati pensano già a come sostituirlo prima delle elezioni del 2006".
Si attendono con una certa curiosità le prossime mosse del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, anche se quasi tutti concordano sul fatto che la sua leadership sia ormai al crepuscolo. La frase da lui pronunciata: "Non vi libererete facilmente di me", è apparsa in molti dei più importanti quotidiani europei, dallo spagnolo El Mundo al Times di Londra al Die Zeit tedesco, ed è stata in genere commentata in modo abbastanza ironico o critico.
Il francese Le Monde parla di un Berlusconi ormai alla mercé dei propri alleati, i quali potrebbero ad ogni istante metterlo in minoranza nel caso di un voto al Parlamento. Scrive infatti: "Il parlamento italiano conta 616 deputati e 320 senatori. Berlusconi e i suoi alleati della destra e del centrodestra contano 344 eletti alla Camera e 171 al Senato. Ma, se i 34 deputati dell'Udc e i 3 deputati del Nuovo PSI votano contro il Governo alla Camera, Silvio Berlusconi cadrà".
La perplessità di fronte alla sua ostinazione ad andare avanti, nonostante la crisi sembri ormai irreversibile, è sentimento generale.
Il periodico spagnolo El Pais sostiene con una certa ironia che uno dei motivi per cui Berlusconi non vuole andare al voto anticipato è il suo fermo desiderio di essere il primo presidente del Consiglio italiano capace di portare a termine il mandato di cinque anni con la stessa squadra.
Ma, aggiunge poi Le Monde, sarebbe più una soddisfazione teorica visto che dopo il 2001 il primo ministro è stato costretto a cambiare una dozzina di ministri per far fronte a delle crisi minori.
Il Financial Times scrive che se davvero il premier è intenzionato ad andare avanti fino al 2006 dovrà per forza di cose abbandonare o modificare molte scelte politiche a lui care, e ciò include i cambiamenti al sistema giudiziario (viste dall’opposizione come una minaccia all’indipendenza della Magistratura italiana) e la riforma elettorale (la quale avrebbe aumentato le sue chance nel caso di elezioni).
Ancora Le Monde, ripercorrendo a ritroso la storia del premier, sottolinea il fatto che Berlusconi è stato eletto per la seconda volta Presidente del Consiglio nonostante le accuse di frode fiscale, finanziamenti illeciti di partito e abuso di risorse pubbliche. Continua raccontando come il premier non abbia mai cessato la lotta contro la Giustizia del proprio Paese creandosi delle leggi su misura che lo allontanassero dalle persecuzioni giudiziarie; e infine lo definisce come un vero e proprio “specialista delle gaffe diplomatiche”.
E anche l’invio delle truppe italiane in Iraq viene ribadito in generale da tutti come ulteriore motivo di malcontento da parte della popolazione, per non parlare del disastroso andamento dell’economia, crisi questa vissuta in prima persona da tutti gli italiani nonostante i recenti tagli fiscali. Anzi, proprio quest’ultima manovra è giudicata dalla stampa estera come estremamente irresponsabile, date le difficili condizioni economiche in cui versa il nostro Paese.
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ITALIENI – 19-5
La recessione minaccia Berlusconi
Silvio Berlusconi guida il governo più duraturo che l'Italia abbia avuto dal dopoguerra a oggi. Ma da un po' di tempo il malcontento dei cittadini per un'economia in forte difficoltà minaccia il futuro politico del premier. Le divisioni all'interno della sua litigiosa coalizione, a cui si aggiungono i segni di ripresa dell'opposizione, hanno creato una situazione paragonabile a quella del 1994, quando fu costretto a dimettersi.
Los Angeles Times, Stati Uniti [in inglese]
http://www.latimes.com/news/nationworld/world/la-fg-italy19may19,1,5031690.story?coll=la-headlines-world
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CITAZIONE
Ma c'è qualcuno che comincia a pensare che è il caso di iniziare a bere per dimenticare. E' il caso dei produttori di Sagrantino che per muovere alla conquista dei mercati esteri hanno deciso di puntare sulla formula del wine bar "dedicato". Si parte da Berlino, dove questa settimana viene inaugurata la prima enoteca che propone esclusivamente il vino umbro. Il Sagrantino Wine Bar sorgerà nel cuore della vecchia Berlino est, in Beheren Strasse 47. E venderà anche gadgets come poster, grembiuli e calici personalizzati. Magari in calce a qualche riunione in cui veniamo bastonati sulla totale incapacità del nostro management nella Mitteleuropa, qualche ministro nostrano potrebbe affogare da queste parti i dolori. O magari tutti noi altri, in fuga dal Bel Paese, sempre più formaggio groviera, in mano alla banda del buco.
[Renzo Francabandera, Aprileonline 19-5]
mercoledì, maggio 18, 2005
RESISTENZA - 18/5/05
IL RIFORMISTA 18-5
Lettera al Direttore
SCAPAGNINI REGALA A PRODI LE CHIAVI DI PALAZZO CHIGI
Effetto Catania
Gentile direttore,
forse la vittoria di Scapagnini a Catania potrebbe segnare la vittoria del centrosinistra nel 2006. Forse. 1) Berlusconi perdeva anche Catania. Follini gli dava la spallata finale. Dimissioni. Governo tecnico. Casini nuovo leader per il 2006. E la partita era da giocare. 2) Berlusconi ha vinto Catania. Si ringalluzzisce. Convince Follini a non rompergli più le palle, che si può vincere. Nel 2006 il Cavaliere è sempre il leader. Gli italiani non ne possono più. Vince il centrosinistra.
Vasco Pirri Ardizzone e-mail
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LIBERAZIONE 18-5
EDITORIALE
La borghesia come l'asino di Buridano tra "riscossina" di Berlusconi e neocentrismo
di Rina Gagliardi
E alla fine, smentendo pronostici e sondaggi, il centrodestra ce l'ha fatta: Scapagnini resta sindaco di Catania, Enzo Bianco colleziona un'altra sconfitta. Ora, naturalmente, a destra si canta vittoria - e si tende ad attribuire nientemeno che allo show catanese di Silvio Berlusconi il merito di questo recupero. Ma si tratta davvero, per la Cdl, di un «nuovo inizio», di una rimonta (o riscossa) più generale, a partire dalla riconfermata roccaforte siciliana?
Come il vecchio asino di Buridano, le classi dominanti non hanno ancora deciso, né forse potuto decidere, tra due diverse exit strategy: una risposta di secco rilancio delle politiche neoliberiste e anzi iperliberiste, che non esclude in partenza nessuna carta, compresa quella più autoritaria; e una risposta «neocentrista», aperta ad un'idea di nuovo patto sociale concertativo, a una sorta di neo-cooptazione sociale e politica, che taglia o marginalizza considerevolmente le ali, e soprattutto l'ala sinistra.
Proprio come se il berlusconismo, inteso come ciò che abbiamo conosciuto in questi dieci anni, fosse già finito e il postberlusconismo fosse già cominciato.
Allora, com'è andata a Catania? Per un verso, bisogna ribadire, come dice Bertinotti e come dicono i massimi leader dell'Unione, che una rondine non fa primavera: e che, dunque, la crisi del berlusconismo, emersa dalle regionali di aprile, non è certo in via di superamento e, anzi, si conferma nella sua irreversibilità. Per l'altro verso, è pur vero che la destra ha mostrato in Sicilia concrete possibilità di riorganizzazione e resistenza, grazie soprattutto alle forze neocentriste (l'ex-Udc "leghista" di Lombardo).
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CITAZIONI
Il ds Caldarola ne prende atto e non nega la sorpresa, consistita sopratutto nella resurrezione dell’”effetto B.”, l’effetto Berlusconi. «E’ pieno di risorse, non molla mai. Basta dargli un dito… e lui è capace di fare il golletto vincente al novantesimo. Bisognerà tenerlo presente”. Guai ai vinti, perciò. E guai a tenerlo in vita artificialmente con le sirene del centrismo. Staccargli la spina, bisogna.
(Aprileonline 18-5)
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Il prezzo di Scapagnini - Caro Cav. , Catania non è gratis. I ribelli dell’Udc presentano il conto - Lombardo e Cuffaro consegnano la testa di Follini a Berlusconi. Si prendono in cambio la Cdl siciliana.
(Il FOGLIO – sommario 16-5)
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L’UNITA’ on-line 18-5
Bush e Berlusconi i più cattivi del mondo, secondo i tedeschi
Dubya batte Cav. 70 a 58
Da un sondaggio condotto dall’autorevole istituto demoscopico tedesco “Allensbach” risulta che per i tedeschi oggi è Berlusconi, dopo Bush, il meno amato. Sarà stato il sostegno alla guerra, sarà la sua tempra da tycoon e il suo colossale conflitto di interessi che lo pone come caso "negativo" da evitare, saranno le gaffe che lo hanno fatto conoscere da nord a sud del continente e pure oltreoceano, fatto sta che il nostro presidente del consiglio italiano non è per niente amato e si colloca subito dietro Bush, che comunque rispetto a lui ha pur sempre maggiore potere e più esposizione mediatica.
Nella la classifica dei meno graditi, i tedeschi hanno pochi dubbi. George W. Bush è l’uomo di governo meno amato, quello che per portare la guerra in Iraq e completare i disegni di politica estera degli Stati Uniti è arrivato a “congelare” i rapporti con la Germania. Con il 70% di giudizi negativi è lui a guidare la classifica.
A poca distanza però, con il 58% di voti (negativi) segue il ronzino Silvio Berlusconi, il capo del governo italiano distintosi nelle sue uscite pubbliche all’estero per una serie di gaffe di cui ancora mezza Europa sta ridendo. Era sua quella mano che spuntava a fare le corna nella foto ufficiale del Summit dei ministri degli esteri europei. Sempre sua la battutaccia sui kapò rivolta all’euro-parlamentare tedesco Schulz che lo aveva criticato sul conflitto di interessi e l’uso dei mezzi televisivi a sua disposizione.
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ITALIENI 18-5
Catania, una boccata d'ossigeno per Berlusconi
È una bellissima sorpresa per Silvio Berlusconi: il suo partito, Forza Italia, ha conservato la poltrona di sindaco di Catania. Umberto Scapagnini, amico e medico personale del capo del governo italiano, è stato rieletto con il 52 per
cento dei voti contro il 46 per cento del candidato del centrosinistra, Enzo Bianco. Per la coalizione di governo il successo non basta a compensare le sconfitte elettorali accumulate dal 2001 a oggi, ma ha il merito di interrompere
una spirale negativa. A Catania Berlusconi rischiava grosso: si era impegnato in prima persona nella campagna elettorale, prima di ridimensionare l'importanza del voto come un fatto locale.
Le Monde, Francia [in francese]
http://www.lemonde.fr/web/article/0,1-0@2-3214,36-650648@51-627466,0.html
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Dal miracolo al miraggio
Le promesse non mantenute di Silvio Berlusconi hanno deluso gli italiani ma, soprattutto, hanno danneggiato la sua reputazione. Il premier italiano rischia di essere uno dei leader politici meno amati che si ricordino. Eletto con un'ampia maggioranza, aveva promesso quelle stesse riforme liberali che Margaret Thatcher realizzò in Gran Bretagna negli anni ottanta. Ma dopo quattro anni il settore pubblico è ancora toppo ingombrante e la crisi del sistema pensionistico è peggiorata. La settimana scorsa l'Italia è entrata in recessione per la seconda volta in due anni.
International Herald Tribune, Francia [in francese]
http://www.iht.com:80/bin/print_ipub.php?file=/articles/2005/05/18/news/berlusconi.php
Lettera al Direttore
SCAPAGNINI REGALA A PRODI LE CHIAVI DI PALAZZO CHIGI
Effetto Catania
Gentile direttore,
forse la vittoria di Scapagnini a Catania potrebbe segnare la vittoria del centrosinistra nel 2006. Forse. 1) Berlusconi perdeva anche Catania. Follini gli dava la spallata finale. Dimissioni. Governo tecnico. Casini nuovo leader per il 2006. E la partita era da giocare. 2) Berlusconi ha vinto Catania. Si ringalluzzisce. Convince Follini a non rompergli più le palle, che si può vincere. Nel 2006 il Cavaliere è sempre il leader. Gli italiani non ne possono più. Vince il centrosinistra.
Vasco Pirri Ardizzone e-mail
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LIBERAZIONE 18-5
EDITORIALE
La borghesia come l'asino di Buridano tra "riscossina" di Berlusconi e neocentrismo
di Rina Gagliardi
E alla fine, smentendo pronostici e sondaggi, il centrodestra ce l'ha fatta: Scapagnini resta sindaco di Catania, Enzo Bianco colleziona un'altra sconfitta. Ora, naturalmente, a destra si canta vittoria - e si tende ad attribuire nientemeno che allo show catanese di Silvio Berlusconi il merito di questo recupero. Ma si tratta davvero, per la Cdl, di un «nuovo inizio», di una rimonta (o riscossa) più generale, a partire dalla riconfermata roccaforte siciliana?
Come il vecchio asino di Buridano, le classi dominanti non hanno ancora deciso, né forse potuto decidere, tra due diverse exit strategy: una risposta di secco rilancio delle politiche neoliberiste e anzi iperliberiste, che non esclude in partenza nessuna carta, compresa quella più autoritaria; e una risposta «neocentrista», aperta ad un'idea di nuovo patto sociale concertativo, a una sorta di neo-cooptazione sociale e politica, che taglia o marginalizza considerevolmente le ali, e soprattutto l'ala sinistra.
Proprio come se il berlusconismo, inteso come ciò che abbiamo conosciuto in questi dieci anni, fosse già finito e il postberlusconismo fosse già cominciato.
Allora, com'è andata a Catania? Per un verso, bisogna ribadire, come dice Bertinotti e come dicono i massimi leader dell'Unione, che una rondine non fa primavera: e che, dunque, la crisi del berlusconismo, emersa dalle regionali di aprile, non è certo in via di superamento e, anzi, si conferma nella sua irreversibilità. Per l'altro verso, è pur vero che la destra ha mostrato in Sicilia concrete possibilità di riorganizzazione e resistenza, grazie soprattutto alle forze neocentriste (l'ex-Udc "leghista" di Lombardo).
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CITAZIONI
Il ds Caldarola ne prende atto e non nega la sorpresa, consistita sopratutto nella resurrezione dell’”effetto B.”, l’effetto Berlusconi. «E’ pieno di risorse, non molla mai. Basta dargli un dito… e lui è capace di fare il golletto vincente al novantesimo. Bisognerà tenerlo presente”. Guai ai vinti, perciò. E guai a tenerlo in vita artificialmente con le sirene del centrismo. Staccargli la spina, bisogna.
(Aprileonline 18-5)
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Il prezzo di Scapagnini - Caro Cav. , Catania non è gratis. I ribelli dell’Udc presentano il conto - Lombardo e Cuffaro consegnano la testa di Follini a Berlusconi. Si prendono in cambio la Cdl siciliana.
(Il FOGLIO – sommario 16-5)
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L’UNITA’ on-line 18-5
Bush e Berlusconi i più cattivi del mondo, secondo i tedeschi
Dubya batte Cav. 70 a 58
Da un sondaggio condotto dall’autorevole istituto demoscopico tedesco “Allensbach” risulta che per i tedeschi oggi è Berlusconi, dopo Bush, il meno amato. Sarà stato il sostegno alla guerra, sarà la sua tempra da tycoon e il suo colossale conflitto di interessi che lo pone come caso "negativo" da evitare, saranno le gaffe che lo hanno fatto conoscere da nord a sud del continente e pure oltreoceano, fatto sta che il nostro presidente del consiglio italiano non è per niente amato e si colloca subito dietro Bush, che comunque rispetto a lui ha pur sempre maggiore potere e più esposizione mediatica.
Nella la classifica dei meno graditi, i tedeschi hanno pochi dubbi. George W. Bush è l’uomo di governo meno amato, quello che per portare la guerra in Iraq e completare i disegni di politica estera degli Stati Uniti è arrivato a “congelare” i rapporti con la Germania. Con il 70% di giudizi negativi è lui a guidare la classifica.
A poca distanza però, con il 58% di voti (negativi) segue il ronzino Silvio Berlusconi, il capo del governo italiano distintosi nelle sue uscite pubbliche all’estero per una serie di gaffe di cui ancora mezza Europa sta ridendo. Era sua quella mano che spuntava a fare le corna nella foto ufficiale del Summit dei ministri degli esteri europei. Sempre sua la battutaccia sui kapò rivolta all’euro-parlamentare tedesco Schulz che lo aveva criticato sul conflitto di interessi e l’uso dei mezzi televisivi a sua disposizione.
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ITALIENI 18-5
Catania, una boccata d'ossigeno per Berlusconi
È una bellissima sorpresa per Silvio Berlusconi: il suo partito, Forza Italia, ha conservato la poltrona di sindaco di Catania. Umberto Scapagnini, amico e medico personale del capo del governo italiano, è stato rieletto con il 52 per
cento dei voti contro il 46 per cento del candidato del centrosinistra, Enzo Bianco. Per la coalizione di governo il successo non basta a compensare le sconfitte elettorali accumulate dal 2001 a oggi, ma ha il merito di interrompere
una spirale negativa. A Catania Berlusconi rischiava grosso: si era impegnato in prima persona nella campagna elettorale, prima di ridimensionare l'importanza del voto come un fatto locale.
Le Monde, Francia [in francese]
http://www.lemonde.fr/web/article/0,1-0@2-3214,36-650648@51-627466,0.html
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Dal miracolo al miraggio
Le promesse non mantenute di Silvio Berlusconi hanno deluso gli italiani ma, soprattutto, hanno danneggiato la sua reputazione. Il premier italiano rischia di essere uno dei leader politici meno amati che si ricordino. Eletto con un'ampia maggioranza, aveva promesso quelle stesse riforme liberali che Margaret Thatcher realizzò in Gran Bretagna negli anni ottanta. Ma dopo quattro anni il settore pubblico è ancora toppo ingombrante e la crisi del sistema pensionistico è peggiorata. La settimana scorsa l'Italia è entrata in recessione per la seconda volta in due anni.
International Herald Tribune, Francia [in francese]
http://www.iht.com:80/bin/print_ipub.php?file=/articles/2005/05/18/news/berlusconi.php
martedì, maggio 17, 2005
RESISTENZA - 17/5/05
REPUBBLICA on-line 17-5
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
La sinistra sono Io
"Il Pds porterà su di sé la responsabilità di aver fatto dell'Italia un paese disperato. Altro che Europa... Di questo passo si entra nella recessione e nella miseria".
(Silvio Berlusconi, la Repubblica, 29 settembre 1996).
"Se la sinistra andasse al governo, questo sarebbe l'esito: miseria, terrore, morte. Così come avviene ovunque governi il comunismo. Non sarebbe lo Stato liberale che vogliamo noi".
(Silvio Berlusconi, telefonata alla manifestazione di Forza Italia a Roccaraso, Panorama, 17 gennaio 2005).
"I dati dell'Istat ci dicono che c'è un rallentamento dell'economia che fa temere una fase di stagnazione. Non credo a una recessione, ma la situazione non induce all'ottimismo".
(Silvio Berlusconi, 13 maggio 2005).
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L’UNITA’ on-line 17-5
BANNER
«Gli italiani avranno fatto due conti. Si saranno chiesti: che cosa è cresciuto in questi quattro anni? E l’unica risposta sarà stata che, a parte gli utili per Mediaset e i capelli del premier, non è cresciuto proprio un bel niente. Forse l’idillio fra Berlusconi e gli italiani è finito».
Marco Tullio Giordana, regista, 15 maggio
-=oOo=-
Sommario di I pag.
Catania non basta
Governo battuto sulla riforma dei codici militari
L’unità della maggioranza dura poche ore. Appena il tempo di festeggiare la vittoria di Catania e già arriva una nuova sconfitta in Parlamento. Il governo è stato battuto alla Camera su un emendamento alla riforma dei codici militari, presentato dalla diessina Silvana Pisa e Elettra Deiana di Rifondazione. 225 i voti favorevoli, 200 i contrari e tre gli astenuti, in una votazione a scrutinio segreto. 18 franchi tiratori decidono il voto.
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CITAZIONE
A giochi fatti il Cavaliere e i suoi tentano si cambiare le carte in tavola. Si grida alla vittoria, sbandierando una presunta “ritrovata unità”. Si brinda al successo di un “ottimo test inferibile a livello nazionale”. Con questo metro di giudizio, le regionali cosa avrebbero dovuto rappresentare? Alla fine dei conti quello che ci guadagna di più è l'illustre paziente. Ora Berlusconi potrà dire di aver vinto quella che il capogruppo dell'Udc Luca Volontè ha definito "la madre di tutte le battaglie". I centristi sono avvisati.
[Carmen Ruggeri - Aprileonline 17-5]
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
La sinistra sono Io
"Il Pds porterà su di sé la responsabilità di aver fatto dell'Italia un paese disperato. Altro che Europa... Di questo passo si entra nella recessione e nella miseria".
(Silvio Berlusconi, la Repubblica, 29 settembre 1996).
"Se la sinistra andasse al governo, questo sarebbe l'esito: miseria, terrore, morte. Così come avviene ovunque governi il comunismo. Non sarebbe lo Stato liberale che vogliamo noi".
(Silvio Berlusconi, telefonata alla manifestazione di Forza Italia a Roccaraso, Panorama, 17 gennaio 2005).
"I dati dell'Istat ci dicono che c'è un rallentamento dell'economia che fa temere una fase di stagnazione. Non credo a una recessione, ma la situazione non induce all'ottimismo".
(Silvio Berlusconi, 13 maggio 2005).
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L’UNITA’ on-line 17-5
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«Gli italiani avranno fatto due conti. Si saranno chiesti: che cosa è cresciuto in questi quattro anni? E l’unica risposta sarà stata che, a parte gli utili per Mediaset e i capelli del premier, non è cresciuto proprio un bel niente. Forse l’idillio fra Berlusconi e gli italiani è finito».
Marco Tullio Giordana, regista, 15 maggio
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Sommario di I pag.
Catania non basta
Governo battuto sulla riforma dei codici militari
L’unità della maggioranza dura poche ore. Appena il tempo di festeggiare la vittoria di Catania e già arriva una nuova sconfitta in Parlamento. Il governo è stato battuto alla Camera su un emendamento alla riforma dei codici militari, presentato dalla diessina Silvana Pisa e Elettra Deiana di Rifondazione. 225 i voti favorevoli, 200 i contrari e tre gli astenuti, in una votazione a scrutinio segreto. 18 franchi tiratori decidono il voto.
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CITAZIONE
A giochi fatti il Cavaliere e i suoi tentano si cambiare le carte in tavola. Si grida alla vittoria, sbandierando una presunta “ritrovata unità”. Si brinda al successo di un “ottimo test inferibile a livello nazionale”. Con questo metro di giudizio, le regionali cosa avrebbero dovuto rappresentare? Alla fine dei conti quello che ci guadagna di più è l'illustre paziente. Ora Berlusconi potrà dire di aver vinto quella che il capogruppo dell'Udc Luca Volontè ha definito "la madre di tutte le battaglie". I centristi sono avvisati.
[Carmen Ruggeri - Aprileonline 17-5]
lunedì, maggio 16, 2005
RESISTENZA - 16/5/05
REPUBBLICA on-line 16-5
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Piano decennale
"Nella mia vita ho già compiuto tre miracoli. Da costruttore, da sportivo, da editore... Adesso, tutti insieme, dobbiamo fare il nuovo miracolo italiano". (Silvio Berlusconi, la Repubblica, 31 marzo 1994).
"Fidatevi di me. Lasciatemi lavorare e vedrete che i risultati arriveranno".
(Silvio Berlusconi, l'Espresso, 7 ottobre 1994).
"La ripresa dell'Italia si chiama Silvio Berlusconi".
(Silvio Berlusconi, la Repubblica, 4 febbraio 1995).
"I dati dell'Istat ci dicono che c'è un rallentamento dell'economia che fa temere una fase di stagnazione. Non credo a una recessione, ma la situazione non induce all'ottimismo".
(Silvio Berlusconi, 13 maggio 2005).
-=oOo=-
Respinto l’appello di Berlusconi
Prodi: "No a governi tecnici, prepariamo il programma alternativo"
BOLOGNA - No a un governo tecnico di fine legislatura e no anche a un'intesa bipartisan per affrontare la difficile situazione economica. Romano Prodi ha dato oggi la linea al centrosinistra spiegando che nell'immediato futuro l'unico obiettivo dell'Unione deve essere quello di "rinserrare le fila" e preparare il suo programma di governo.
"L'Unione deve andare avanti come sta facendo adesso, deve lavorare su programmi di governo alternativi", ha spiegato il Professore, perché quello che occorre ora all'Italia è "un governo che rappresenti la reale maggioranza del Paese". Nulla da fare, quindi, alla possibilità di un governo tecnico che pure circola con insistenza in queste ore.
La situazione politica potrebbe infatti precipitare con i risultati del voto municipale a Catania, un'eventualità di cui Prodi è consapevole. "E' il momento - ha spiegato - in cui l'Ulivo deve rinserrare le fila e deve prepararsi ad avere un ruolo nell'ambito dell'Unione, di forza e propositivo. Questo è il progetto che gli elettori italiani hanno mostrato di apprezzare e approvare e questo è il progetto al quale io ho lavorato e lavoro".
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L’UNITA’ on-line 16-5
BANNER
«L’Italia è a picco: non lo dice il listino di borsa ma la borsa della spesa. Berlusconi ha trovato i responsabili di questa crisi: “È colpa delle vacanze”. Ricordate la scenetta cinematografica di Sordi? “Lavoratori! Toh…”».
Enzo Biagi, 15 maggio 2005
-=oOo=-
Sommario di I pag.
Almunia ammonisce Berlusconi: la crisi è vostra, non dell'Europa
Sul Financial Times il commissario dell’Unione europea agli Affari monetari ed economici Joaquin Almunia lancia un monito al governo italiano: né tagli di tasse né un aumento della spesa pubblica. Il nostro paese, infatti, ha già sforato il tetto del 3% del Pil e a giugno riceverà un richiamo ufficiale. Un atto doveroso, per ricordare che le regole esistono e vanno rispettate. E Berlusconi la smetta di dare la colpa al Patto di stabilità: i motivi dei problemi italiani sono interni.
-=oOo=-
Estratti dall’articolo del “Financial Times”
di KAP
Per quanto riguarda un’Italia in recessione e afflitta da gravi problemi di lungo termine, Almunia intende mettere Berlusconi sotto pressione a proposito delle riforme.
Jean-Claude Juncker, presidente dell’Ecofin, è “seriamente preoccupato”.
Il paese la cui performance causa allarme in tutta la UE è l’Italia.
Il ministro delle finanze austriaco Karl-Heinz Grasser dice che Berlusconi deve “riformare, riformare, riformare” e smetterla di dar la colpa agli altri per i suoi problemi: “Non è un difetto del sistema, è un fallimento del governo interessato.”
Almunia condivide queste preoccupazioni, sottolineando che l’appartenenza dell’Italia all’Eurozona impedisce a Berlusconi di far ricorso ad una svalutazione competitiva. Ricorda poi che il basso costo dell’Euro torna enormemente utile ad un paese gravato dal servizio di un debito pubblico che ammonta al 106 per cento del PIL: “Pensate a quale sarebbe la situazione dell’Italia se non ci fosse l’Euro.”
Almunia intende inoltre premere su Berlusconi perché non cada nella tentazione di tagliare le tasse o di aumentare il deficit nella speranza di uscire dalla recessione: “Il deficit dell’Italia ha già sorpassato il limite europeo del 3 per cento”.
Infine, Almunia chiederà un’azione contro l’Italia a norma del “flessibilizzato” patto di stabilità e di crescita onde costringere Berlusconi a tagliare il deficit. La decisione verrà presa all’Ecofin di Luglio.
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MEDITAZIONE - 16/5/05
L’UNITA’ on-line 16-5
EDITORIALE
Nassiriya, missione petrolio
di Elio Veltri
Nassiriya. L’hanno chiamata «missione umanitaria», ma era missione petrolio. Per garantirsi il contratto del 1997 tra il governo di Saddam e l’Eni e mettere le mani su uno dei giacimenti di oro nero più grandi del mondo, Berlusconi ha diviso l’Europa sulla guerra in Iraq; ha mandato i soldati a Nassiriya; ha taciuto la verità al Parlamento; è stato sensibile ai consigli americani e ha licenziato l’amministratore delegato dell’Eni Mincato.
Ma non è detto che metterà le mani sul petrolio di Nassiriya. Ora è tutto più chiaro. Ricapitoliamo i fatti. Il 21 febbraio 2004 l’Unità pubblica in prima pagina un articolo a firma Veltri e Sylos Labini dal titolo «Quanto petrolio a Nassiriya. È per quello che siamo laggiù?». Le informazioni sul contratto riguardante il petrolio le avevamo trovate in un libro di Benito Li Vigni, ex dirigente Eni, confermate dall’interessato. Naturalmente la risposta al nostro interrogativo avrebbe dovuto darla il governo, il quale a un’interrogazione dei senatori Occhetto e Falomi ha risposto in maniera generica, confermando l’esistenza del contratto Saddam-Eni, ma tacendo sul rapporto Cassano, commissionato prima dell’attacco americano all’Iraq, per capire quali fossero le opportunità offerte dalla guerra americana e quali i comportamenti più utili da seguire. Il rapporto chiesto dal ministero delle Attività Produttive, parla esplicitamente dell’attacco americano all’Iraq, della necessità di ricostruire il Paese distrutto dalla guerra e della opportunità per l’Italia di partecipare alla divisione della torta a guerra conclusa, che il professore di Teramo, come tutti, prevede rapida e vittoriosa. Le tessere del mosaico sono state messe insieme nella trasmissione di Rainews 24, curata da Sigfrido Ranucci, bloccata, pare, per alcuni mesi e trasmessa ora, forse perché Berlusconi è in difficoltà. Dalla documentazione emerge chiaramente che il governo si è inventato la missione umanitaria per mettere la mani sul petrolio di Nassiriya e che aveva chiesto già prima dell’attacco americano le informazioni sulla situazione irachena senza mai farne cenno, neanche in Parlamento. A questo punto, vale la pena di cercare di capire l’entità dell’affare e se esiste qualche rapporto con il licenziamento di Mincato. Le riserve irachene di greggio, scrive il professor Cassano, ammontano a 112,5 miliardi di barili, equivalenti a oltre 15 miliardi di tonnellate. Le riserve potenziali (però) superano i 200 miliardi di barili e pongono l’Iraq al secondo posto dei Paesi produttori con circa l’11% delle riserve del pianeta. Il giacimento di Nassiriya, da solo, corrisponde a 3 miliardi di barili. Per cui, tenuto conto che il consumo italiano e di 1,9 milioni al giorno, da solo il petrolio di Nassiriya coprirebbe il fabbisogno nazionale per quattro cinque anni. I costi sarebbero molto favorevoli. In Iraq, infatti, l’estrazione di un barile costa 1,5 - 2 dollari. Se si tiene conto che i costi finali di un barile sono di 10 dollari e che sul mercato un barile viene venduto a 50 dollari, si capisce che il profitto è enorme: quaranta dollari a barile moltiplicati per tre miliardi di barili. E cioè un guadagno di 120 miliardi di dollari in 5 anni. Un mare di denaro al quale certamente il capo del governo ha pensato prima di imbarcarsi nell’avventura irachena, nella quale la vittoria americana era scontata e solo il governo americano avrebbe potuto confermare contratti e convenzioni. È significativo d’altronde, che gli americani a Baghdad hanno protetto solo il ministero del petrolio e hanno portato via carte e contratti. Con tutto questo il licenziamento di Mincato, che insieme a Bernabè ha ripulito l’Eni dalle scorie di Tangentopoli e ne ha rilanciato il ruolo sullo scacchiere mondiale, anche se indirettamente, c’entra eccome. Da molti è stato sottolineato che Mincato è stato sostituito perché troppo autonomo. Ed è proprio così. L’amministratore delegato dell’Eni, nel solco della tradizione di Mattei e degli altri manager nati e cresciuti all’interno dell’Eni, a causa della sua autonomia e di iniziative che costituiscono scelte di politica estera alla Casa Bianca non è ben visto. Già alla conferma, dopo il primo mandato, Tremonti voleva sostituirlo. In seguito, Mincato ha detto no all’acquisto di una quota della Yucos russa che Berlusconi caldeggiava. Ha siglato un accordo con l’Arabia Saudita per il rifornimento di gas, senza preoccuparsi più di tanto dei rapporti che la Casa Bianca intrattiene da sempre con Riad. Ha esteso i rapporti al Kazakistan e a tutta l’aerea delle repubbliche del Caucaso e ha trattato con la Libia. I bene informati dicono che gli americani non hanno gradito. È quindi verosimile che il dipartimento di Stato abbia fatto sapere al nostro governo che l’Amministratore delegato dell’Eni faceva di testa sua e non rispettava né le aree di influenza né le regole dell’impero in un settore strategico come quello energetico, al quale l’America è particolarmente sensibile. Al punto che persino durante l’embargo a Saddam (rapporto Cassano), gli Usa importavano petrolio iracheno di contrabbando e nella graduatoria dei Paesi importatori erano i primi.
CARTA CANTA
di Marco Travaglio
Piano decennale
"Nella mia vita ho già compiuto tre miracoli. Da costruttore, da sportivo, da editore... Adesso, tutti insieme, dobbiamo fare il nuovo miracolo italiano". (Silvio Berlusconi, la Repubblica, 31 marzo 1994).
"Fidatevi di me. Lasciatemi lavorare e vedrete che i risultati arriveranno".
(Silvio Berlusconi, l'Espresso, 7 ottobre 1994).
"La ripresa dell'Italia si chiama Silvio Berlusconi".
(Silvio Berlusconi, la Repubblica, 4 febbraio 1995).
"I dati dell'Istat ci dicono che c'è un rallentamento dell'economia che fa temere una fase di stagnazione. Non credo a una recessione, ma la situazione non induce all'ottimismo".
(Silvio Berlusconi, 13 maggio 2005).
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Respinto l’appello di Berlusconi
Prodi: "No a governi tecnici, prepariamo il programma alternativo"
BOLOGNA - No a un governo tecnico di fine legislatura e no anche a un'intesa bipartisan per affrontare la difficile situazione economica. Romano Prodi ha dato oggi la linea al centrosinistra spiegando che nell'immediato futuro l'unico obiettivo dell'Unione deve essere quello di "rinserrare le fila" e preparare il suo programma di governo.
"L'Unione deve andare avanti come sta facendo adesso, deve lavorare su programmi di governo alternativi", ha spiegato il Professore, perché quello che occorre ora all'Italia è "un governo che rappresenti la reale maggioranza del Paese". Nulla da fare, quindi, alla possibilità di un governo tecnico che pure circola con insistenza in queste ore.
La situazione politica potrebbe infatti precipitare con i risultati del voto municipale a Catania, un'eventualità di cui Prodi è consapevole. "E' il momento - ha spiegato - in cui l'Ulivo deve rinserrare le fila e deve prepararsi ad avere un ruolo nell'ambito dell'Unione, di forza e propositivo. Questo è il progetto che gli elettori italiani hanno mostrato di apprezzare e approvare e questo è il progetto al quale io ho lavorato e lavoro".
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L’UNITA’ on-line 16-5
BANNER
«L’Italia è a picco: non lo dice il listino di borsa ma la borsa della spesa. Berlusconi ha trovato i responsabili di questa crisi: “È colpa delle vacanze”. Ricordate la scenetta cinematografica di Sordi? “Lavoratori! Toh…”».
Enzo Biagi, 15 maggio 2005
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Sommario di I pag.
Almunia ammonisce Berlusconi: la crisi è vostra, non dell'Europa
Sul Financial Times il commissario dell’Unione europea agli Affari monetari ed economici Joaquin Almunia lancia un monito al governo italiano: né tagli di tasse né un aumento della spesa pubblica. Il nostro paese, infatti, ha già sforato il tetto del 3% del Pil e a giugno riceverà un richiamo ufficiale. Un atto doveroso, per ricordare che le regole esistono e vanno rispettate. E Berlusconi la smetta di dare la colpa al Patto di stabilità: i motivi dei problemi italiani sono interni.
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Estratti dall’articolo del “Financial Times”
di KAP
Per quanto riguarda un’Italia in recessione e afflitta da gravi problemi di lungo termine, Almunia intende mettere Berlusconi sotto pressione a proposito delle riforme.
Jean-Claude Juncker, presidente dell’Ecofin, è “seriamente preoccupato”.
Il paese la cui performance causa allarme in tutta la UE è l’Italia.
Il ministro delle finanze austriaco Karl-Heinz Grasser dice che Berlusconi deve “riformare, riformare, riformare” e smetterla di dar la colpa agli altri per i suoi problemi: “Non è un difetto del sistema, è un fallimento del governo interessato.”
Almunia condivide queste preoccupazioni, sottolineando che l’appartenenza dell’Italia all’Eurozona impedisce a Berlusconi di far ricorso ad una svalutazione competitiva. Ricorda poi che il basso costo dell’Euro torna enormemente utile ad un paese gravato dal servizio di un debito pubblico che ammonta al 106 per cento del PIL: “Pensate a quale sarebbe la situazione dell’Italia se non ci fosse l’Euro.”
Almunia intende inoltre premere su Berlusconi perché non cada nella tentazione di tagliare le tasse o di aumentare il deficit nella speranza di uscire dalla recessione: “Il deficit dell’Italia ha già sorpassato il limite europeo del 3 per cento”.
Infine, Almunia chiederà un’azione contro l’Italia a norma del “flessibilizzato” patto di stabilità e di crescita onde costringere Berlusconi a tagliare il deficit. La decisione verrà presa all’Ecofin di Luglio.
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MEDITAZIONE - 16/5/05
L’UNITA’ on-line 16-5
EDITORIALE
Nassiriya, missione petrolio
di Elio Veltri
Nassiriya. L’hanno chiamata «missione umanitaria», ma era missione petrolio. Per garantirsi il contratto del 1997 tra il governo di Saddam e l’Eni e mettere le mani su uno dei giacimenti di oro nero più grandi del mondo, Berlusconi ha diviso l’Europa sulla guerra in Iraq; ha mandato i soldati a Nassiriya; ha taciuto la verità al Parlamento; è stato sensibile ai consigli americani e ha licenziato l’amministratore delegato dell’Eni Mincato.
Ma non è detto che metterà le mani sul petrolio di Nassiriya. Ora è tutto più chiaro. Ricapitoliamo i fatti. Il 21 febbraio 2004 l’Unità pubblica in prima pagina un articolo a firma Veltri e Sylos Labini dal titolo «Quanto petrolio a Nassiriya. È per quello che siamo laggiù?». Le informazioni sul contratto riguardante il petrolio le avevamo trovate in un libro di Benito Li Vigni, ex dirigente Eni, confermate dall’interessato. Naturalmente la risposta al nostro interrogativo avrebbe dovuto darla il governo, il quale a un’interrogazione dei senatori Occhetto e Falomi ha risposto in maniera generica, confermando l’esistenza del contratto Saddam-Eni, ma tacendo sul rapporto Cassano, commissionato prima dell’attacco americano all’Iraq, per capire quali fossero le opportunità offerte dalla guerra americana e quali i comportamenti più utili da seguire. Il rapporto chiesto dal ministero delle Attività Produttive, parla esplicitamente dell’attacco americano all’Iraq, della necessità di ricostruire il Paese distrutto dalla guerra e della opportunità per l’Italia di partecipare alla divisione della torta a guerra conclusa, che il professore di Teramo, come tutti, prevede rapida e vittoriosa. Le tessere del mosaico sono state messe insieme nella trasmissione di Rainews 24, curata da Sigfrido Ranucci, bloccata, pare, per alcuni mesi e trasmessa ora, forse perché Berlusconi è in difficoltà. Dalla documentazione emerge chiaramente che il governo si è inventato la missione umanitaria per mettere la mani sul petrolio di Nassiriya e che aveva chiesto già prima dell’attacco americano le informazioni sulla situazione irachena senza mai farne cenno, neanche in Parlamento. A questo punto, vale la pena di cercare di capire l’entità dell’affare e se esiste qualche rapporto con il licenziamento di Mincato. Le riserve irachene di greggio, scrive il professor Cassano, ammontano a 112,5 miliardi di barili, equivalenti a oltre 15 miliardi di tonnellate. Le riserve potenziali (però) superano i 200 miliardi di barili e pongono l’Iraq al secondo posto dei Paesi produttori con circa l’11% delle riserve del pianeta. Il giacimento di Nassiriya, da solo, corrisponde a 3 miliardi di barili. Per cui, tenuto conto che il consumo italiano e di 1,9 milioni al giorno, da solo il petrolio di Nassiriya coprirebbe il fabbisogno nazionale per quattro cinque anni. I costi sarebbero molto favorevoli. In Iraq, infatti, l’estrazione di un barile costa 1,5 - 2 dollari. Se si tiene conto che i costi finali di un barile sono di 10 dollari e che sul mercato un barile viene venduto a 50 dollari, si capisce che il profitto è enorme: quaranta dollari a barile moltiplicati per tre miliardi di barili. E cioè un guadagno di 120 miliardi di dollari in 5 anni. Un mare di denaro al quale certamente il capo del governo ha pensato prima di imbarcarsi nell’avventura irachena, nella quale la vittoria americana era scontata e solo il governo americano avrebbe potuto confermare contratti e convenzioni. È significativo d’altronde, che gli americani a Baghdad hanno protetto solo il ministero del petrolio e hanno portato via carte e contratti. Con tutto questo il licenziamento di Mincato, che insieme a Bernabè ha ripulito l’Eni dalle scorie di Tangentopoli e ne ha rilanciato il ruolo sullo scacchiere mondiale, anche se indirettamente, c’entra eccome. Da molti è stato sottolineato che Mincato è stato sostituito perché troppo autonomo. Ed è proprio così. L’amministratore delegato dell’Eni, nel solco della tradizione di Mattei e degli altri manager nati e cresciuti all’interno dell’Eni, a causa della sua autonomia e di iniziative che costituiscono scelte di politica estera alla Casa Bianca non è ben visto. Già alla conferma, dopo il primo mandato, Tremonti voleva sostituirlo. In seguito, Mincato ha detto no all’acquisto di una quota della Yucos russa che Berlusconi caldeggiava. Ha siglato un accordo con l’Arabia Saudita per il rifornimento di gas, senza preoccuparsi più di tanto dei rapporti che la Casa Bianca intrattiene da sempre con Riad. Ha esteso i rapporti al Kazakistan e a tutta l’aerea delle repubbliche del Caucaso e ha trattato con la Libia. I bene informati dicono che gli americani non hanno gradito. È quindi verosimile che il dipartimento di Stato abbia fatto sapere al nostro governo che l’Amministratore delegato dell’Eni faceva di testa sua e non rispettava né le aree di influenza né le regole dell’impero in un settore strategico come quello energetico, al quale l’America è particolarmente sensibile. Al punto che persino durante l’embargo a Saddam (rapporto Cassano), gli Usa importavano petrolio iracheno di contrabbando e nella graduatoria dei Paesi importatori erano i primi.
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