lunedì, febbraio 28, 2005

RESISTENZA - 28/2/05

REPUBBLICA on-line 28-2
Berlusconi contro Ciampi
L'antistatualità aliena di un Premier che guida le istituzioni sentendosene nemico
di EZIO MAURO
Siamo dunque al punto in cui il Capo dello Stato, che rappresenta tutte le istituzioni della Repubblica, deve intervenire pubblicamente per difendere il suo ruolo, i suoi poteri di garanzia, la sua indipendenza e la correttezza del suo operato da uno sfondamento del Capo del governo. Carlo Azeglio Ciampi ha dovuto reagire - con "sorpresa", dice la nota del Quirinale - per tutelare non tanto se stesso quanto l'istituto della Presidenza della Repubblica, attaccato nella sua simbologia repubblicana di indipendenza e nella sua funzione suprema di garanzia da Silvio Berlusconi: convinto che sul giudizio del Capo dello Stato prima della promulgazione delle leggi pesino "le sirene della sinistra".
Com'è evidente si tratta di una accusa gravissima, lanciata in forma plateale e gratuita, senza giustificazioni o prove, e non da un esponente politico di secondo piano ma direttamente dal Presidente del Consiglio, che ha la responsabilità di reggere l'esecutivo, indirizzare la politica nazionale e guidare la maggioranza parlamentare, rispondendo così al consenso ottenuto dai cittadini nelle elezioni.
Ora, dopo tre anni di legislatura, Silvio Berlusconi indirizza questo consenso e quel potere politico contro il Presidente della Repubblica, sollevando il sospetto che possa essere soggettivamente un arbitro di parte, dunque scorretto e ingiusto, e istituzionalmente ancor peggio: un Capo dello Stato senza autonomia, soggetto a pressioni, incapace di difendere e garantire l'indipendenza propria della sua funzione.
Siamo ad una vera e propria crisi istituzionale che contrappone i due vertici della nostra vita pubblica, e poco conta la correzione tardiva di Palazzo Chigi. Dalla collaborazione repubblicana eravamo passati da tempo ad una inedita coabitazione fredda, con il Capo dello Stato che aveva di fatto rinunciato alla cooperazione attiva della sua moral suasion per l'impermeabilità di una cultura politica - esecutivo e maggioranza - chiusa in sé, convinta di essere autosufficiente, insofferente perciò ad ogni regola, ogni concerto, ogni controllo.
Oggi si va oltre, nel territorio delicatissimo e inesplorato di un Quirinale attaccato nei comizi di propaganda di un Premier in difficoltà. Ogni spirito istituzionale è bruciato dalla mossa di Berlusconi, ogni senso dello Stato, qualsiasi spazio civico o almeno di responsabilità civile. O meglio, tutto questo è travolto e trasformato in qualcosa che non è un'incultura, ma la forza primitiva e durevole di un sentimento, com'è nei fondamenti di ogni populismo.
È quel sentimento berlusconiano di estraneità alle istituzioni e allo Stato, quel senso di "alienità" che lo fa abitare il vertice della Repubblica come un altrove, sentendosene insieme dominatore ed estraneo, occupante più che rappresentante, possessore esclusivo ma straniero, con tutti i diritti della leadership ma mai nessun dovere. È una concezione che già altre volte ho definito tecnicamente rivoluzionaria, perché vive le elezioni come un'ordalia, il consenso dei cittadini come un'unzione perenne, la conquista del governo come una presa del potere.
Non solo dunque ogni ipotesi di sconfitta elettorale alla fine del mandato e ogni prospettiva di cambio di maggioranza vengono vissute come un'usurpazione a un diritto esclusivo ed eterno, dunque una sorta di atto sacrilego contro un concetto metapolitico ed extraistituzionale, perché sacro: il destino unito di Berlusconi e dell'Italia. Ma anche nel corso di una normale, fisiologica legislatura repubblicana, ogni controllo e ogni vincolo costituzionale di garanzia, di equilibrio, di salvaguardia e di contrappeso - gli istituti su cui si reggono gli Stati democratici in tutto il mondo civile - viene visto come un limite ingiusto e improprio al libero dispiegarsi del carisma berlusconiano, capace di resuscitare ed esaltare l'Italia se solo le istituzioni si lasciassero ardere dal sacro fuoco del Cavaliere e dal suo spirito politico trasformato in opera sapiente e provvidenziale.
Di fronte a tutto ciò, come può un istituto "tecnico" come la promulgazione che di per sé non ha alcun valore politico, non apparire come un impaccio? È evidente a tutti che dopo la "sanzione regia" dello Statuto Albertino, la promulgazione è una dichiarazione formale della massima carica istituzionale che la legge è regolarmente approvata e dunque vale l'ordine "a chiunque spetti di osservarla e farla osservare". Ma è anche chiaro che la Costituzione prevede per il Capo dello Stato il potere di rinvio della legge alle Camere, con rilievi motivati. Dunque quel passaggio delle leggi al Quirinale è anche un passaggio di garanzia: e Ciampi ha dovuto ricordare che ogni rinvio al Parlamento di una legge è sempre stato motivato "dettagliatamente, convintamente e debitamente", senza dare ascolto a suggerimenti d'ogni tipo. "Convintamente", cioè nella personale, autonoma responsabilità del Capo dello Stato. "Debitamente", e cioè come espressione di un dovere del dubbio, ben più che di un diritto.
Ma è persino umiliante dover difendere istituti fondamentali e neutri dello Stato di diritto dall'antistatualità aliena di un Premier che guida le istituzioni sentendosene nemico, con l'impaziente spirito guerriero di chi vorrebbe cortocircuitare i meccanismi di controllo e di garanzia perché tutto - Costituzione, istituzioni, politica e Paese -potessero aderire alla sua biografia trasfigurando insieme nella mitologia berlusconiana, infine salvati e redenti.
Come in ogni populismo, c'è molto di primitivo ma molto anche di moderno in questa trasfigurazione eroica della politica. E faccio notare che questa retorica vera e non falsa, perché l'ego di Berlusconi non la recita, ma la vive e la indossa come la sua vera natura, è a modo suo capace di parlare al Paese, perché lo sollecita perennemente, lo nutre di promesse mentre giustifica il loro tradimento con colpe altrui, spettacolarizza la politica semplificandola, mentre la deforma in conflitto, si regge su concetti primordiali ma emotivi ed evocativi, indica ogni volta un sogno prigioniero ad un Paese sfibrato, ma anche destrutturato in alcuni fondamentali principi civici. È insomma quella "televisione a colori" che l'improvvido vero alfiere degli interessi berlusconiani al governo, il ministro Gasparri, ha evocato contro il "bianco e nero" dello spirito repubblicano di Ciampi.
Soprattutto, è una sostanza retorica che affiora nei momenti della crisi, prima della probabile sconfitta elettorale del Cavaliere. Che reagisce ancora una volta con il più classico paradigma populista, costruendo nel Capo dello Stato un vero e proprio capro espiatorio della propria incapacità di governare, sperando - come dicono gli studiosi del "sacrificio" - di deviare così i suoi drammi intestini sulla vittima designata, bruciando in quel rogo le sue colpe e le colpe del sistema tutto, condannato perché si oppone ad un destino.
Se è così, siamo agli inizi di una fase delicata e pericolosa. Cosa accadrebbe se dopo una sconfitta alle regionali il Cavaliere si accorgesse di precipitare verso la sconfitta alle politiche? Nella concezione tecnicamente rivoluzionaria che Berlusconi ha della politica, questo non è contemplato, non è permesso, semplicemente non è possibile. Avverto: l'agonia politica del berlusconismo sarà terribile.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
CITAZIONI
Se era un inizio di ostilità, il Quirinale ha accettato la sfida; di più, ha costretto Silvio Berlusconi ad una precisazione che suona come un mezzo arretramento. Lo scambio di comunicati avvenuto ieri mattina certifica lo scontro fra Carlo Azeglio Ciampi e il capo del governo dopo l'invito di quest'ultimo a non ascoltare «le sirene della sinistra». E' un botta e risposta gelido, che marca l'irritazione. La maggioranza si schiera con Berlusconi, ad eccezione del vicepremier Follini. I presidenti di Senato e Camera, Pera e Casini, mantengono un silenzio che viene considerato di appoggio a Palazzo Chigi. Lo strappo istituzionale c'è, e si vede.
(Massimo Franco, Corsera 28-2)
-=oOo=-
Il tentativo evidente è quello di indebolire nei fatti, ancora prima che nel nuovo disegno costituzionale, la figura del Presidente, cercando di abbassarlo dalla sua posizione di garante “super partes” della Costituzione a quella di uno dei tanti soggetti della contesa politica. Indebolire per colpire meglio. Se questo fosse il disegno non sarebbe una semplice violazione del “galateo istituzionale”.
(Roberto Zaccaria, L’Unità 28-2)
"Il Governo e Berlusconi si lasciano andare a reazioni livide e rabbiose, tipiche di chi sta perdendo la testa. Sono nel panico. Nella Casa delle Libertà regna la confusione. L'Italia sta con Ciampi. E' l'uomo politico più popolare del nostro Paese ed ha il 90% del consenso degli italiani".
(Gavino Angius, Ibidem)
-=oOo=-
"Di uscite di questo tipo, Berlusconi ne farà una al giorno in campagna elettorale, ancora di più in occasione di nostre iniziative. Non esiste in natura un Berlusconi che dialoga con l'opposizione. Lui insulta, mette le dita negli occhi: ne ha bisogno".
(Pierluigi Bersani, Corsera 28-2)
-=oOo=-
Berlusconi “considera un impiccio le Istituzioni poste a presidio delle regole. E' più forte di lui: mal sopporta le regole, tutte le regole, a cominciare da quelle costituzionali. E' significativo che riesca a polemizzare persino con chi, come Ciampi, ha dato e dà la più equanime interpretazione di quel compito di garanzia. Ciampi non si fa intimidire. Nonostante l'assordante silenzio dei presidenti delle Camere, abitualmente così prodighi di prediche bipartisan".
(Franco Monaco, Margherita)

RESISTENZA - 28/2/05

REPUBBLICA on-line 28-2
Berlusconi contro Ciampi
L'antistatualità aliena di un Premier che guida le istituzioni sentendosene nemico
di EZIO MAURO
Siamo dunque al punto in cui il Capo dello Stato, che rappresenta tutte le istituzioni della Repubblica, deve intervenire pubblicamente per difendere il suo ruolo, i suoi poteri di garanzia, la sua indipendenza e la correttezza del suo operato da uno sfondamento del Capo del governo. Carlo Azeglio Ciampi ha dovuto reagire - con "sorpresa", dice la nota del Quirinale - per tutelare non tanto se stesso quanto l'istituto della Presidenza della Repubblica, attaccato nella sua simbologia repubblicana di indipendenza e nella sua funzione suprema di garanzia da Silvio Berlusconi: convinto che sul giudizio del Capo dello Stato prima della promulgazione delle leggi pesino "le sirene della sinistra".
Com'è evidente si tratta di una accusa gravissima, lanciata in forma plateale e gratuita, senza giustificazioni o prove, e non da un esponente politico di secondo piano ma direttamente dal Presidente del Consiglio, che ha la responsabilità di reggere l'esecutivo, indirizzare la politica nazionale e guidare la maggioranza parlamentare, rispondendo così al consenso ottenuto dai cittadini nelle elezioni.
Ora, dopo tre anni di legislatura, Silvio Berlusconi indirizza questo consenso e quel potere politico contro il Presidente della Repubblica, sollevando il sospetto che possa essere soggettivamente un arbitro di parte, dunque scorretto e ingiusto, e istituzionalmente ancor peggio: un Capo dello Stato senza autonomia, soggetto a pressioni, incapace di difendere e garantire l'indipendenza propria della sua funzione.
Siamo ad una vera e propria crisi istituzionale che contrappone i due vertici della nostra vita pubblica, e poco conta la correzione tardiva di Palazzo Chigi. Dalla collaborazione repubblicana eravamo passati da tempo ad una inedita coabitazione fredda, con il Capo dello Stato che aveva di fatto rinunciato alla cooperazione attiva della sua moral suasion per l'impermeabilità di una cultura politica - esecutivo e maggioranza - chiusa in sé, convinta di essere autosufficiente, insofferente perciò ad ogni regola, ogni concerto, ogni controllo.
Oggi si va oltre, nel territorio delicatissimo e inesplorato di un Quirinale attaccato nei comizi di propaganda di un Premier in difficoltà. Ogni spirito istituzionale è bruciato dalla mossa di Berlusconi, ogni senso dello Stato, qualsiasi spazio civico o almeno di responsabilità civile. O meglio, tutto questo è travolto e trasformato in qualcosa che non è un'incultura, ma la forza primitiva e durevole di un sentimento, com'è nei fondamenti di ogni populismo.
È quel sentimento berlusconiano di estraneità alle istituzioni e allo Stato, quel senso di "alienità" che lo fa abitare il vertice della Repubblica come un altrove, sentendosene insieme dominatore ed estraneo, occupante più che rappresentante, possessore esclusivo ma straniero, con tutti i diritti della leadership ma mai nessun dovere. È una concezione che già altre volte ho definito tecnicamente rivoluzionaria, perché vive le elezioni come un'ordalia, il consenso dei cittadini come un'unzione perenne, la conquista del governo come una presa del potere.
Non solo dunque ogni ipotesi di sconfitta elettorale alla fine del mandato e ogni prospettiva di cambio di maggioranza vengono vissute come un'usurpazione a un diritto esclusivo ed eterno, dunque una sorta di atto sacrilego contro un concetto metapolitico ed extraistituzionale, perché sacro: il destino unito di Berlusconi e dell'Italia. Ma anche nel corso di una normale, fisiologica legislatura repubblicana, ogni controllo e ogni vincolo costituzionale di garanzia, di equilibrio, di salvaguardia e di contrappeso - gli istituti su cui si reggono gli Stati democratici in tutto il mondo civile - viene visto come un limite ingiusto e improprio al libero dispiegarsi del carisma berlusconiano, capace di resuscitare ed esaltare l'Italia se solo le istituzioni si lasciassero ardere dal sacro fuoco del Cavaliere e dal suo spirito politico trasformato in opera sapiente e provvidenziale.
Di fronte a tutto ciò, come può un istituto "tecnico" come la promulgazione che di per sé non ha alcun valore politico, non apparire come un impaccio? È evidente a tutti che dopo la "sanzione regia" dello Statuto Albertino, la promulgazione è una dichiarazione formale della massima carica istituzionale che la legge è regolarmente approvata e dunque vale l'ordine "a chiunque spetti di osservarla e farla osservare". Ma è anche chiaro che la Costituzione prevede per il Capo dello Stato il potere di rinvio della legge alle Camere, con rilievi motivati. Dunque quel passaggio delle leggi al Quirinale è anche un passaggio di garanzia: e Ciampi ha dovuto ricordare che ogni rinvio al Parlamento di una legge è sempre stato motivato "dettagliatamente, convintamente e debitamente", senza dare ascolto a suggerimenti d'ogni tipo. "Convintamente", cioè nella personale, autonoma responsabilità del Capo dello Stato. "Debitamente", e cioè come espressione di un dovere del dubbio, ben più che di un diritto.
Ma è persino umiliante dover difendere istituti fondamentali e neutri dello Stato di diritto dall'antistatualità aliena di un Premier che guida le istituzioni sentendosene nemico, con l'impaziente spirito guerriero di chi vorrebbe cortocircuitare i meccanismi di controllo e di garanzia perché tutto - Costituzione, istituzioni, politica e Paese -potessero aderire alla sua biografia trasfigurando insieme nella mitologia berlusconiana, infine salvati e redenti.
Come in ogni populismo, c'è molto di primitivo ma molto anche di moderno in questa trasfigurazione eroica della politica. E faccio notare che questa retorica vera e non falsa, perché l'ego di Berlusconi non la recita, ma la vive e la indossa come la sua vera natura, è a modo suo capace di parlare al Paese, perché lo sollecita perennemente, lo nutre di promesse mentre giustifica il loro tradimento con colpe altrui, spettacolarizza la politica semplificandola, mentre la deforma in conflitto, si regge su concetti primordiali ma emotivi ed evocativi, indica ogni volta un sogno prigioniero ad un Paese sfibrato, ma anche destrutturato in alcuni fondamentali principi civici. È insomma quella "televisione a colori" che l'improvvido vero alfiere degli interessi berlusconiani al governo, il ministro Gasparri, ha evocato contro il "bianco e nero" dello spirito repubblicano di Ciampi.
Soprattutto, è una sostanza retorica che affiora nei momenti della crisi, prima della probabile sconfitta elettorale del Cavaliere. Che reagisce ancora una volta con il più classico paradigma populista, costruendo nel Capo dello Stato un vero e proprio capro espiatorio della propria incapacità di governare, sperando - come dicono gli studiosi del "sacrificio" - di deviare così i suoi drammi intestini sulla vittima designata, bruciando in quel rogo le sue colpe e le colpe del sistema tutto, condannato perché si oppone ad un destino.
Se è così, siamo agli inizi di una fase delicata e pericolosa. Cosa accadrebbe se dopo una sconfitta alle regionali il Cavaliere si accorgesse di precipitare verso la sconfitta alle politiche? Nella concezione tecnicamente rivoluzionaria che Berlusconi ha della politica, questo non è contemplato, non è permesso, semplicemente non è possibile. Avverto: l'agonia politica del berlusconismo sarà terribile.
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CITAZIONI
Se era un inizio di ostilità, il Quirinale ha accettato la sfida; di più, ha costretto Silvio Berlusconi ad una precisazione che suona come un mezzo arretramento. Lo scambio di comunicati avvenuto ieri mattina certifica lo scontro fra Carlo Azeglio Ciampi e il capo del governo dopo l'invito di quest'ultimo a non ascoltare «le sirene della sinistra». E' un botta e risposta gelido, che marca l'irritazione. La maggioranza si schiera con Berlusconi, ad eccezione del vicepremier Follini. I presidenti di Senato e Camera, Pera e Casini, mantengono un silenzio che viene considerato di appoggio a Palazzo Chigi. Lo strappo istituzionale c'è, e si vede.
(Massimo Franco, Corsera 28-2)
-=oOo=-
Il tentativo evidente è quello di indebolire nei fatti, ancora prima che nel nuovo disegno costituzionale, la figura del Presidente, cercando di abbassarlo dalla sua posizione di garante “super partes” della Costituzione a quella di uno dei tanti soggetti della contesa politica. Indebolire per colpire meglio. Se questo fosse il disegno non sarebbe una semplice violazione del “galateo istituzionale”.
(Roberto Zaccaria, L’Unità 28-2)
"Il Governo e Berlusconi si lasciano andare a reazioni livide e rabbiose, tipiche di chi sta perdendo la testa. Sono nel panico. Nella Casa delle Libertà regna la confusione. L'Italia sta con Ciampi. E' l'uomo politico più popolare del nostro Paese ed ha il 90% del consenso degli italiani".
(Gavino Angius, Ibidem)
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"Di uscite di questo tipo, Berlusconi ne farà una al giorno in campagna elettorale, ancora di più in occasione di nostre iniziative. Non esiste in natura un Berlusconi che dialoga con l'opposizione. Lui insulta, mette le dita negli occhi: ne ha bisogno".
(Pierluigi Bersani, Corsera 28-2)
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Berlusconi “considera un impiccio le Istituzioni poste a presidio delle regole. E' più forte di lui: mal sopporta le regole, tutte le regole, a cominciare da quelle costituzionali. E' significativo che riesca a polemizzare persino con chi, come Ciampi, ha dato e dà la più equanime interpretazione di quel compito di garanzia. Ciampi non si fa intimidire. Nonostante l'assordante silenzio dei presidenti delle Camere, abitualmente così prodighi di prediche bipartisan".
(Franco Monaco, Margherita)

sabato, febbraio 26, 2005

RESISTENZA - 26/2/05

APRILEONLINE 26-2
I misteri Mediaset da Londra a Cologno Monzese
Complice inglese “canta”, Berlusconi nei guai
[Carmen Ruggeri]
Nome in codice “Mister x”. Almeno sulla carta. Quella che David Mills, principe del foro londinese e consorte del Ministro della Cultura di Tony Blair, avrebbe preparato su misura per lui. Nome in codice “classico”, ma sempre in voga, per chi vuole e “deve” restare nell’ombra, specie se di mestiere, ormai da tempo, fa il Presidente del Consiglio.
Nome non più in codice se qualcuno “canta” tutto alla Procura Milanese: “Mi dissero – ha spiegato Mills – che bisognava fare un’operazione che riguardava il patrimonio privato della famiglia Berlusconi. L’idea era quella di costruire il progetto di due veicoli societari che dovevano fare da trading sui diritti televisivi e quindi ottenere profitti a beneficio di Marina e Piersilvio. Senza che tutto risultasse”. “Lui pretendeva la massima riservatezza – ha aggiunto proprio pochi giorni fa – per questo lo chiamavo X”.
David Mills è indagato come complice di Silvio Berlusconi per evasione fiscale e riciclag-gio.
Oltre a quelli di Mills, centinaia di altri documenti probatori. Vagliati, studiati e riposti accuratamente dai pm milanesi Alfredo Robledo e Fabio De Pasquale in 31 cd rom consegnati giovedì scorso alla folta schiera dell’avvocatura del Premier. All’appello non sembra mancare proprio nulla: dalle copie degli accordi segreti che certificano che le società offshore (“Century One” e “Universal One)”, in cui confluivano gli utili dei blind-trust aziendali, erano di proprietà di Marina e Piersilvio Berlusconi; al dettagliato elenco delle pellicole “made in Hollywood” acquistate dalla Principal Network Ltd (compagnia sconosciuta “ufficialmente” sui conti di Mediaset, con sede Virgin Island) e rivendute, dopo una lunga sequele di intermediazioni fantasma, per far lievitare i prezzi in cassa Mediaset. Il tutto, passando per le “scottanti” confessioni di Mills, quelle di alcuni ex dipendenti del Biscione, come Silvia Capanna a cui Bernasconi, presidente di Medusa, ordinava di “picchiar duro con i prezzi”.
Fiore all’occhiello della documentazione milanese (resa pubblica nel numero de "l'Espresso" in edicola), una lettera. Mittente Douglas Schwalbe, destinatario Mark Kaner, entrambi funzionari della 20th Century Fox. “Fondamentalmente – scriveva Schwalbe – l’impero di Berlusconi è un elaborato gioco delle tre carte per evadere il fisco italiano. Principal Network, che ha sede a Lugano, prende la licenza sul prodotto degli Studios e poi lo rivende a Reteitalia. Se la Principal, ad esempio, compra “Mrs Doubtfire” per 2 milioni di dollari, Canale 5, la può trasmettere anche per 3 milioni. Questi tre milioni in realtà, vengono appostati in bilancio come vendite da parte di Publitalia ai propri inserzionisti ed è fondamentalmente un passaggio di mano, poiché non vogliono che Reteitalia dimostri alcun profitto”.
Al pool di casa Berlusconi, dunque, il compito di smanettare tra le “sudate” carte e di confezionare una nuova, possibile, difesa per Silvio Berlusconi, Fedele Confalonieri & Co. Tutti accusati (fatta eccezione per Confalonieri per cui si tratta solo di falso in bilancio) di aver rosicchiato dal salvadanaio di Mediaset circa 280 milioni di euro finiti, probabilmente, in fondi blindati tra i cantoni svizzeri e le Bahamas.
Si potrebbe così aggiungere a breve un’ulteriore voce al già ricco curriculum giudiziario del premier. Dal 1983 fino ad oggi, infatti, il Cavaliere di Arcore ha calcato il banco degli imputati per: “Traffico di droga”; “Falsa testimonianza sulla P2”; “Tangenti alla Guardia di finanza”; “Tangenti a Craxi (All Iberian 1)”; “Falso in bilancio (All Iberian 2)”; “Caso Lentini”; “Medusa cinematografica”; “Terreni di Macherio”; “Lodo Mondadori”; “Toghe sporche-Sme”; “Spartizione pubblicitaria Rai-Fininvest”; “Tangenti fiscali sulle pay-tv”; “Stragi del 1992-1993”; “Mafia”; “Caso Telecinco in Spagna”.
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CITAZIONE
Non capiamo (o forse lo abbiamo capito troppo bene), come mai la maggior parte dei giornali italiani abbia occultato quanto l’avvocato Mills ha dichiarato al “Guardian” sulle operazioni fittizie, con ipotesi di frode fiscale, per destinare ai figli di Berlusconi parte del capitale Mediaset. Noi lo abbiamo pubblicato con il rilievo dovuto perché stiamo, e continueremo a stare dalla parte del “Guardian”, dell’”Independent”, dell’”Economist”, de “L’Observateur”, de “El Pais” e di tutta la libera stampa internazionale che da quattro anni descrive esterrefatta il dramma di un grande paese sottomesso agli interessi, spesso poco chiari, di un piccolo uomo.
(Antonio Padellaro, L’Unità on-line 26-2)

venerdì, febbraio 25, 2005

RESISTENZA - 25/2/05

L’ITALIA AL TEMPO DI BERLUSCONI
L’UNITA’ on-line 25-2
EDITORIALE
Manganelli elettorali
di Roberto Roscani
Giovedì sera è andata in onda l'Italia come sarà se Berlusconi rivince le elezioni. Sulla televisione di Stato, davanti a un ministro dello Stato (anzi al ministro delle Comunicazioni, quello che dovrebbe garantire il servizio pubblico televisivo) accuse, menzogne, immagini ad effetto hanno cucito una verità ad uso e consumo di Giovanni Masotti e del suo editore di riferimento, la maggioranza di governo. Il tutto imbastito attorno ad alcune registrazioni telefoniche che fanno parte delle indagini in corso a Cosenza e che sono state rubate
Rubate e gentilmente fornite alla trasmissione Rai. Invitato in trasmissione Agnoletto ha fatto notare che i materiali processuali sono coperti da segreto e non si possono diffondere: Masotti, in piedi con le braccia conserte e la faccia strafottente ha risposto più o meno che lui ne fa quello che vuole. Gasparri ha annuito. E via con le accuse. Per chi non l'avesse capito è l'avvio della campagna elettorale in cui verrà dispiegata a destra una violenza comunicativa mai vista.
L'obiettivo è dipingere una sinistra criminale, violenta, schiacciata sulle immagini di scontri e bottiglie molotov con colonna sonora di grida sguaiate.
Il conduttore arriva a dire che qui si vedranno immagini dure e si ascolteranno parole dure, "consigliate ad un pubblico adulto". Ma serve solo a drammatizzare a dare qualche credibilità a questa polpetta avvelenata. Barbara Palombelli in apertura di trasmissione prova a dissociarsi, fa notare che ci sarebbero notizie ben più importanti e attuali che l'uso di quei nastri forse non è proprio adatto… Ma non serve a nulla e il teatrino di Masotti e Gasparri riparte. Tocca al ministro fascista sparare le sue bordate più pesanti e scoprire il gioco: l'obiettivo non sono i no global, l'obiettivo è tutta la sinistra e nel mucchio compaiono gli obiettivi con un nome e un cognome: l'Unità e il suo direttore Furo Colombo e Sergio Cofferati. Accostati alle immagini di violenza, mescolate con le oscure parole di Oreste Scalzone i due bersagli vengono inquadrati da Gasparri: "Si è discusso anche a sinistra sul linguaggio troppo duro e violento dell'Unità", e Cofferati che avrebbe "additato Biagi con una pubblica critica". Affermazioni senza contraddittorio, buttate lì come verità assolute. Le smentite? Magari arriveranno ma intanto alla gente è giunto il messaggio. Insomma tornano i manganelli. Saranno pure mediatici ma l’effetto è lo stesso.
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 25-2
Polemiche a non finire su "Punto e a capo"
Non si placano le polemiche sulla puntata di ieri di "Punto e a capo", durante la quale i conduttori Giovanni Masotti e Daniela Vergara hanno messo in scena processo mediatico al movimento No Global per i fatti relativi ai disordini scoppiati durante il G8 di Genova ed in altre accese manifestazioni.
Nel corso del programma di Rai Due sono state trasmesse alcune documentazioni audio, tra le quali telefonate ed intercettazioni ambientali, quasi tutte con Francesco Caruso e Luca Casarini come protagonisti.
Non sono andate in onda, ma erano comunque in possesso degli autori, anche delle intercettazioni ad esponenti politici, in modo particolare ai Verdi Paolo Cento e Mauro Bulgarelli e a Graziella Mascia, di Rifondazione Comunista.
Una palese violazione dell'articolo 68 della Costituzione, hanno fatto notare in molti, che vieta la trascrizione e il deposito di colloqui telefonici di parlamentari se non sono utili alle indagini.
Il Presidente della Camera dei Deputati, Pier Ferdinando Casini ha inviato una lettera al Presidente del Tribunale di Cosenza Antonio Madeo allo scopo di chiedere "ogni utile elemento di conoscenza sugli eventuali profili di interesse della Camera dei deputati, ai fini di cui all'articolo 68 della Costituzione".
All'attacco anche l'opposizione, che si scaglia però contro il Governo. Un gruppo di parlamentari del centrosinistra ha diffuso un comunicato con il quale giudica la puntata di ieri di "inaudita gravità, resa ancora più grave dalla presenza del ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri".
"Dopo la puntata di ieri di Punto e a capo i dubbi crescono - si legge nella nota -questa Rai è davvero il servizio pubblico di un Paese democratico? E' gravissimo che si sia cercato di delegittimare un processo in corso di svolgimento".
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EDITORIALE
Con il precedente governo eravamo sull'orlo del precipizio.
Con quello attuale abbiamo fatto un passo avanti.
Luciano Seno
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IL RIFORMISTA 25-2
Corsivo
Che c’entra don Giussani col Berlusca?
Em.ma
Cinque anni addietro, a Milano, partecipai alla presentazione del libro di Don Giussani “L'io, il potere, le opere” organizzata da Comunione e Liberazione in una grande sala gremita di giovani. I servizi erano assicurati dagli stessi ragazzi e ragazze, e quell'impegno mi ricordava gli anni della mia milizia giovanile nel Pci. Il volume mi aveva colpito per la semplicità e l'immediatezza con cui Don Giussani trasmetteva un messaggio in cui l'identità cristiana, sostanziata da certezze e non da dubbi, si esprimeva attraverso l'esperienza quotidiana e le comunità impegnate nel fare. Il centro del libro era la contestazione del potere «che diventa strapotere a meno che esso sia continuamente contestato». Quando lo presentai, dissi: «Non capisco come conciliare la visione che emerge da tutto il libro di Don Giussani con la concezione del potere di Berlusconi e l'edonismo su cui ha costruito la sua stessa immagine». Siccome leggo oggi sul Giornale che un folto gruppo di parlamentari di Cl è in Forza Italia, ripropongo la domanda perché francamente continuo a non capirlo. A meno che il potere di cui scriveva Don Giussani non sia, per questi parlamentari, che una astrazione intellettuale.
Tutto il materiale della serie RESISTENZA, da maggio 2001, è consultabile su www.bresciablob.com
Da giugno 2003 anche al sito www.bengodi.org/resistere-a-berlusca

giovedì, febbraio 24, 2005

RESISTENZA - 24/2/06

STAMPA 24-2
Corsivo
Speranze
di Jena
Ieri a Manchester è stato arrestato per atti osceni un uomo del Milan. Ma non vi eccitate, non è l’uomo che speravate.
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APRILEONLINE 24-2
Bush ritrova “grandi amici”…
…e Silvio resta in panchina
[Lucia Urciuoli]
Dopo il suo “grande amico” Jacques (Chirac) ieri George Bush ha incontrato a Magonza il suo “grande amico” Gerard (Schroeder). Dopo tre anni di ostilità più o meno manifeste quelli che erano fino a pochi mesi fa i due pilastri della “vecchia Europa” per l’Amministrazione Bush-1 sono tornati ad essere “grandi amici” per l’Amministrazione Bush-2. Così va il mondo. Sarà divertente vedere come andrà a finire il suo incontro con il suo (forse ex) grande amico Vladimir.
Una cosa è certa. In mezzo a tutti questi amici ritrovati ce n’è forse uno che in cuor suo si sarà sentito un po’ sedotto ed abbandonato. E’ Silvio. Per farlo felice e regalargli qualche bel week-end a Crawford a cuocere bistecche con George-boy l’Italia ha svenduto anni ed anni di sforzi diplomatici per accreditarsi come interlocutore autorevole ma autonomo dagli Usa, Pur di vederlo scorazzare felice con la golf-car insieme a Laura e George l’Italia ha gettato alle ortiche anni ed anni spesi per accreditarsi come ponte diplomatico e cerniera tra l’Occidente ed i Paesi Arabi e si è trasformata in fedele cagnolino dell’Usa. Che ha deciso di adottarla come “nazione favorita pro-tempore” non fosse altro che per colmare il vuoto conseguente alle scelte – certo molto più autonome – di Francia, Germania e Spagna (almeno dopo la sconfitta di Aznar).
Ma questo generoso sforzo di un intero Paese per fare felice un uomo solo, Silvio, è stato forse vano. Ora che Bush si è reso conto della necessità di imprimere una svolta almeno diplomatica se non realmente politica alla politica estera statunitense nel suo secondo mandato ha cortesemente rimesso nell’angolino il fedele Silvio e gli ha chiesto di tornare a fare la ballerina di seconda fila.
Del resto basta vedere solo la costruzione dell’agenda europea di Bush per capirlo: il presidente statunitense ha infatti dedicato i principali tre incontri bilaterali previsti ai soli tre leader dei Paesi a cui l’Amministrazione Usa ha deciso di rivolgere tutti i suoi sforzi diplomatici, Francia, Germania e Russia. Oltre ad avere, come notato da molti commentatori, scelto forse per la prima volta l’Unione Europea come interlocutore politico e diplomatico.
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RESISTENZA - 23/2/05

STAMPA 23-2
LA MAGGIORANZA RISTRETTA
IL «dopo-Berlusconi»
Augusto Minzolini
…C’è da chiedersi se non sia cominciato già il «dopo-Berlusconi», cioè se tanti «veti» auto-lesionisti in realtà non corrispondano a piani «diversi» con un unico obiettivo: indebolire il Cavaliere e avviarlo sul viale del tramonto.
Tutti gli aspiranti al trono, infatti, hanno pronunciato un «no»: Fini sulla Mussolini; Pierferdinando Casini ha ostacolato l’alleanza con i radicali; e, per alcuni versi, Giulio Tremonti ha assecondato l’idiosincrasia di Bossi verso Pannella. La grande responsabilità del Cavaliere, che pure avrebbe fatto l’alleanza con chiunque, è proprio quella di non aver reagito: mesi fa il premier ruggì contro chi per «dimezzarlo» non voleva fargli abbassare le tasse; finora, invece, si è solo lagnato di chi, con gli stessi fini di ieri, gli sta facendo perdere pezzi di maggioranza. Ma forse per reagire è ormai troppo tardi.
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L’UNITA’ on-line 23-2
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Imposte e supposte: «Vi invitiamo ad assumere i farmaci indispensabili, a stare attenti a non sprecarli, ed evitare inutili scorte che sarete poi costretti a gettare via, aumentando così la spesa sanitaria. Ed io, che ho l’orgoglio di presiedere il primo Governo italiano che ha cominciato a ridurre le imposte, Vi invito a non trascurare questa opportunità».
Suggerimenti sanitari ed elettorali di Silvio Berlusconi.
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Sommario di I pag.
Conti in rosso
Berlusconi si vende le Poste
Dopo aver approvato un ambiguo taglio delle tasse per il 2005 e annunciato un altro per il 2006, Silvio Berlusconi si fa i conti in tasca. E scopre che il debito pubblico italiano è pari al 106% del pil. Un vero guaio, soprattutto con l'Unione Europea che bacchetta e ne chiede una riduzione progressiva. Sotto il peso delle lamentele, il Cavaliere alla fine ha ceduto e martedì ha annunciato la sua ricetta: privatizzare, privatizzare, privatizzare. Le Poste e poi, forse, una tranche Enel. Ma il ministro Alemanno avverte: «Rischiamo di perdere pezzi importanti del nostro sistema».
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 23-2
Conti in rosso
Nuova proroga per il condono edilizio?
Le casse dello Stato sono ancora troppo magre e la Maggioranza pensa ad una nuova proroga del condono edilizio. La proposta, avanzata da Alleanza Nazionale attraverso il senatore Giuseppe Specchia, ha fatto naturalmente insorgere gli ambientalisti.
"E' fallita la politica del fare cassa con i condoni - ha commentato il deputato Verde Marco Lion - è chiaro che una ennesima proroga sarebbe solo una nuova prova che il governo Berlusconi chiude gli occhi di fronte alla illegalità: infatti, diverse centinaia di migliaia di nuovi edifici abusivi sono stati realizzati in Italia grazie all'impunità garantita da una destra arraffona che non esita a distruggere l'ambiente, le bellezze del nostro paese e i criteri di equità per procacciare pochi spiccioli".
In allarme anche Legambiente, per la quale la proroga "equivarrebbe ad un nuovo condono, una ulteriore spinta all'abusivismo edilizio".
"Non c'è nemmeno la certezza che una volta pagata la prima delle tre rate venga fatto lo stesso per le altre due - ha spiegato Maurizio Picca - controlli in questo senso non ce ne sono mai stati e comunque l'opera abusiva è soggetta a demolizione solo nel momento in cui il comune esprime il suo diniego. Intanto però il Paese viene massacrato dagli abusivi".
Ha preso posizione contro il progetto di An anche il Wwf, per il quale "più si allungano e si tengono aperti i termini del condono e si prolungano con deroghe i tempi, più si incentiva il fenomeno dell'abusivismo edilizio".
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WWW.IN MOVIMENTO.IT
EDITORIALE
Pensiamo alla salute...
di Stefano Olivieri
Così titola l’ultimo editto berlusconiano, dal titolo a metà tra il canzonatorio e la minaccia. Il compianto Nino Manfredi ci avrebbe aggiunto “un par de scarpe nuove” e l’avrebbe buttata in musica, unica vera medicina per placare quel “friccico ner core” che pare oggi – a quanto dice l’Eurispes – infastidisca buona parte degli italiani, e non si tratta certo di mal d’amore. Ma Berlusconi non è Manfredi, anche se ha calcato anche lui in gioventù i palcoscenici di periferia. E questa dunque non è una canzonetta, perbacco, è perfino targata presidenza del consiglio.
Il nuovo opuscolo pubblicato a nostre spese completa la liturgia melassosa di un premier straripante, che vuol essere al tempo stesso amante seduttivo, al punto di ritoccarsi per piacere di più ai suoi elettori, ma anche madre misericordiosa e munifica che elargisce di suo beneficenza e ne fa ovviamente pubblicità elettorale, e infine padre severo e bacchettone, che fa tottò sulle mani dei cittadini troppo golosi di medicine.
Davvero così golosi poi non sembrerebbe, a giudicare dalle statistiche che posizionano gli italiani, il popolo più vecchio (e acciaccato) del mondo statisticamente parlando, alle spalle di francesi, inglesi, tedeschi, etc. quanto a spesa pro capite in medicinali.
Dunque ancora una volta si tratta della solita boutade folkloristica di un uomo che non finisce mai di stupirci, quando è in vena. Ma se il suo scopo, nemmeno tanto velato, è stato quello di farsi pubblicità elettorale, stavolta potrebbe aver fatto male i suoi calcoli.
La raccomandazione infatti è stata presa molto male dai tanti anziani italiani (maestà, attenzione ! Sono anche suoi elettori) che non prendono troppe medicine ma sicuramente ne consumano molte, esattamente quelle necessarie a curare i loro acciacchi e migliorare la qualità della vita.
O forse il messaggio subliminale è un altro, e andrebbe completato così: “Cari italiani, pensate alla salute, che alla politica ghe pensI mi”.
Speriamo che non venga davvero percepito in questo modo, altrimenti assisteremo a un picco delle vendite di ansiolitici, altro che risparmio.
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RESISTENZA - 22/2/05


L’UNITA’ on-line 22-2
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Idee chiare sulla funzione costituzionale dell’opposizione
«Ma come possiamo fidarci di questa sinistra che, da quando siamo al governo, non ci ha sostenuto in nessuna decisione, non ha votato una sola nostra riforma? Loro sono contro tutto, parlano male del governo e dunque dell’Italia».
Silvio Berlusconi, Tg3, 20 febbraio
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MODESTA PROPOSTA
Facciamo un quiz, rispondete a una domanda:
Che c’è di positivo da dire, sulla Banda Berlusconi?
Luciano Seno
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RESISTENZA - 20/2/05


CORSERA 20-2
Corsivo
Segreti di Stato e residenze protette…
…tranne che dal ridicolo
di ENZO BIAGI
Povero Berlusconi, ha tanti pensieri, ma adesso uno almeno se l’è tolto: su tutte le ville, case, appartamenti bi e monolocali che possiede c’è il segreto di Stato.
Si ignorano le procedure di riservatezza per bandane, lifting e trapianti.
Il nostro Presidente del Consiglio è portato alla riservatezza, dunque su tutte le sue abitazioni, quelle di familiari e collaboratori è stato posto il segreto di Stato, che le salva da ogni rischio, tranne che dal ridicolo.
Nessuno può sapere neppure gli indirizzi del Presidente e dei congiunti, né i lavori che sono stati compiuti, certamente con le debite autorizzazioni, nelle sue proprietà.
Del resto è logico: Silvio Berlusconi è tutto casa e famiglia.
Le case, chiamiamole così, sono poi circondate da decine di ettari di ulivi, ginestre, mirto, aranci e limoni ed è stato costruito perfino un lago artificiale con una cascata finta e un piccolo anfiteatro: la recita continua.
Il primo acquisto lo fece dal noto Flavio Carboni, e ci entrò anche Villa Certosa, nome un po’ tetro, e come tutte le residenze di Berlusconi diventò «zona protetta» suppongo con qualche esborso dello Stato che la deve gestire.
Naturalmente sono seguiti i commenti per questa «sede alternativa» in località salubre e amena, e di massima sicurezza, della Presidenza del Consiglio.
E Alfonso Pecoraro Scanio, leader dei verdi, dice che «si va oltre ogni limite di decenza», mentre Ermete Realacci della Margherita trova «la vicenda surreale, che ci copre di ridicolo agli occhi dell’Europa».
Niente paura: abbiamo il sottosegretario Gianni Letta che sistema tutto.
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RESISTENZA - 19/2/05

CORTEO SGRENA – NIENTE DIRETTA RAI
Assistere al continuo comizio del Ceausescu col toupè, col suo ultimo trapianto pilifero di ascella d'orango, e ascoltare ore e ore questo ometto che si lamenta perché lo odiano, quando è lui il primo vero seminatore d'odio in questo paese. Queste sono le cose importanti per l'informazione di regime.
(Stefano Benni)
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REPUBBLICA on-line 19-2
Berlusconi è un grave danno per l’Italia
"Questo governo e questa maggioranza fanno un grave danno all'Italia. Chi si candida a guidare il Paese deve sentire uno speciale impegno etico, quello che deriva dal dovere di perseguire sempre, nel rispetto delle proprie convinzioni e degli impegni presi con gli elettori, l'interesse generale e mai quello di parte; di fare sempre l'interesse del Paese e mai quello della propria fazione; di essere sempre un elemento di unione e mai di divisione".
Talvolta si dice che quello che ci unisce è l'opposizione a questa maggioranza. E' vero. La nostra è un'opposizione profonda, radicata. Siamo indignati di fronte a un governo che ha privilegiato come mai era finora avvenuto gli interessi personali, anche a costo di paralizzare per mesi e mesi l'azione stessa della maggioranza".
"Abbiamo visto chi aveva il dovere di garantire a tutti il rispetto e la gelosa difesa della legalità e della giustizia dileggiare e combattere i giudici.
Abbiamo visto un governo che con la sua politica economica ha portato il Paese al declino e sta gettando il Mezzogiorno nell'abbandono e in taluni casi nella disperazione.”
"Non possiamo accettare l'atteggiamento di chi crede che la politica estera consista tutta e unicamente nei rapporti personali con alcuni potenti, e intanto porta il Paese all'isolamento in Europa e nel mondo".
"Non possiamo accettare che chi governa si preoccupi soltanto di ridurre le tasse a chi più possiede, anche se questo significa aumentare i costi dei servizi per chi ne ha più bisogno e ridurre ulteriormente la capacità di utilizzare la spesa pubblica per sostenere un'economia in affanno e sull'orlo della recessione".
"L'articolo di Newsweek sugli orologi di alcuni leader mi ha impressionato – spero che sia un errore. Quello del nostro presidente del Consiglio vale 414mila euro, e siccome lui di solito non ragiona in euro ma in lire, dico che sono 800 milioni di lire".
(Romano Prodi al congresso Udeur).
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L’UNITA’ on-line 19-2
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«In Italia, il 90 per cento dei mass media è in mano a Silvio Berlusconi. Dopo dispendiosa campagna elettorale vince le elezioni. Ora è anche presidente del Consiglio». In un filmato si vede Berlusconi che saluta la folla e appare su decine di video. Il sottofondo musicale è il mandolino. In onda in questi giorni sulla rete svedese SVT, per celebrare l’indipendenza di quella Tv.
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PESO EL TACON CHE EL BUSO
CORSERA 19-2
Notizia
Berlusconi protesta per lo spot svedese
Stoccolma conferma: “La SVT è indipendente, il governo non c’entra”
ROMA - Il governo italiano ha convocato l’ambasciatore di Svezia a Roma, Staffan Wrigstad, per lamentarsi della diffusione di uno spot pubblicitario sulla tv pubblica svedese, che insinua la subordinazione al premier Silvio Berlusconi delle televisioni italiane. L’ambasciatore svedese ha avuto un colloquio con il capo della Direzione Generale Europa, Giovanni Caracciolo, che ha espresso il disappunto del governo. «Hanno protestato sul contenuto dello spot», ha spiegato Asasa Arvison, portavoce del ministero svedese degli Affari Esteri. L’ambasciatore, ha aggiunto lo stesso Arvison, ha spiegato che la Sverige television non dipende in alcun modo dallo Stato e quindi la protesta deve essere indirizzata all’emittente. La Svt, inoltre, ha fatto sapere di non avere ricevuto lamentele e ha spiegato che con lo spot intendeva additare l’Italia come esempio di un «sistema televisivo pubblico al collasso».
Nello spot incriminato la tv svedese si fa pubblicità mettendo in risalto la sua obiettività e indipendenza. E per mostrare la situazione opposta mostra l’Italia e Silvio Berlusconi, come simbolo della tv asservita al potere.
Nelle immagini, diffuse dall’emittente scandinava in questi giorni anche dal suo sito web (www.svt.se), si vede il presidente del Consiglio italiano che saluta la folla, che si asciuga il sudore della fronte e che appare su più tv contemporaneamente. In sottofondo si può ascoltare la canzone napoletana «O sole mio».
Sulle immagini sono sovraimpresse una serie di scritte: «In Italia, il 90 per cento dei mass media è in mano a Silvio Berlusconi», «Dopo intensiva campagna elettorale (grazie ai propri mezzi di comunicazione) vince le elezioni», «Ora è anche presidente del Consiglio», e infine «Svt: noi siamo una televisione libera».
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Commento
(Sergio Romano)
Credo che vi siano almeno due fattori di cui, ci piaccia o no, dobbiamo tenere conto. In primo luogo l’affermazione della Tv svedese (Berlusconi «ha in mano il 90% della televisione italiana») è un po’ sommaria e sbrigativa, ma non troppo lontana dalla realtà. Sappiamo che il presidente non potrà mai dettare da palazzo Chigi l’intero contenuto dei notiziari e dei dibattiti politici dei canali di Fininvest e della Rai. Ma sappiamo che la sua condizione di presidente del Consiglio suscita nelle due aziende un atteggiamento di prudenza o, peggio, di conformismo. Non è necessario dare ordini per essere obbediti. Le stesse considerazioni valgono per le altre aziende di cui è proprietario. Sarei davvero sorpreso se industriali e finanzieri, quando agiscono in un settore di cui Berlusconi possiede una quota, non tenessero istintivamente conto degli interessi, veri o presunti, del presidente del Consiglio. La legge Frattini sul conflitto d’interessi non è, di per sé cattiva. Ma non poteva costringere il Premier a vendere. E la vendita, per l’appunto, è il solo rimedio efficace.
Il secondo fattore concerne l’Unione europea. Gradualmente, senza che molti se ne accorgessero, è nata in questi anni una società europea in cui sono cadute le barriere che frenavano o impedivano la libera circolazione, non soltanto delle imprese e del denaro, ma anche delle idee, dei modelli, delle tendenze politiche e culturali. Ogni Paese sa di essere continuamente esposto all’influenza, buona o cattiva, di ciò che accade nei suoi vicini. E ogni Paese reagisce come se il modello applicato altrove potesse, prima o dopo, venire applicato a casa sua. L’austriaco Haider e il francese Le Pen, ad esempio, sono stati trattati come un virus minaccioso, capace di infettare l’intero corpo sociale dell’Unione. Molte reazioni sono state esagerate e hanno provocato comprensibili soprassalti di suscettibilità nazionale. Ma nel corso degli ultimi anni abbiamo constatato che le elezioni nazionali sono diventate sempre più transnazionali. Il candidato socialista o popolare può contare, durante la campagna elettorale, sull’aiuto dei suoi «cugini» dell’Unione. Berlusconi corse in Ungheria per dare una mano a Viktor Orban, e Barroso, allora premier portoghese, andò in Spagna per sostenere il partito di Aznar. Può accadere, in alcune circostanze, che questi interventi diventino sgradevoli intromissioni. Ma nell’insieme appartengono a un fenomeno positivo: la nascita della società europea. Lo spot della Tv svedese non mi piace, ma è l’acqua sporca di un famoso detto tedesco. Vorrei buttarla via, ma debbo stare attento a non buttare, con l’acqua, anche il bambino che vi ha fatto il bagno.
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RESISTENZA - 18/2/05


L’UNTO DEL SIGNORE E’ EXTRATERRITORIALE
Come lo Stato della Città del Vaticano
REPUBBLICA on-line 18-2
Chiesto segreto di stato su tutte le residenze di Silvio Berlusconi
Emerge dai decreti consegnati dal Viminale al Copaco
ROMA - Tutte le residenze del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e quelle dei suoi familiari sono protette da attacchi terroristici e potrebbero essere soggette a segreto di Stato. E' quanto emerge dai decreti, siglati dal ministro dell' Interno il 6 maggio 2004, consegnati nei giorni scorsi al Copaco, l'organismo che dovrà pronunciarsi sulla fondatezza del segreto di Stato opposto dalla presidenza del Consiglio alla procura di Tempio Pausania, che aveva disposto un' ispezione a Villa Certosa, la residenza sarda del premier, per verificare il rispetto dei vincoli paesaggistici.
Sui decreti c'è stato un braccio di ferro tra maggioranza ed opposizione, in seno al Copaco. Per i membri della Cdl, i documenti già in possesso del Comitato erano sufficienti a giudicare fondato il segreto di Stato.
Quelli dell' opposizione avevano invece chiesto di conoscere anche i decreti del ministero dell' Interno. Nonostante la contrarietà e le critiche degli esponenti della maggioranza, il presidente del Copaco, Enzo Bianco, si è rivolto al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con delega ai servizi segreti, Gianni Letta, per chiedere la visione dei decreti.
In un primo momento, il 5 febbraio scorso, Letta ha risposto a Bianco negando l' accesso ai provvedimenti. La richiesta, secondo il sottosegretario, è "irritualè" ed "irricevibile", in quanto non appoggiata dalla maggioranza del Copaco. Due giorni dopo, però, un' altra lettera di Letta a Bianco, che fa riferimento a colloqui intercorsi, ha annunciato l' accoglimento della richiesta e la trasmissione dei due decreti, con il consenso verbale del ministro dell' Interno.
Il primo dei due provvedimenti, secondo quanto si apprende, contiene l' approvazione del 'Piano nazionale per la gestione di eventi di natura terroristica'; all' interno del decreto c' è anche il Piano di sicurezza per Villa Certosa, che resta però secretato. L' altro decreto, facendo riferimento al terzo capitolo del Piano nazionale, indica che tutte le residenze private del presidente del Consiglio e le loro pertinenze, nonchè quelle dei familiari e dei suoi diretti collaboratori sono sottoposte a misure di sicurezza.
Per tutte è imposta la massima segretezza e viene disposta la totale interdizione all' accesso, salvo autorizzazione del premier. Si sottolinea poi l' urgenza di individuare la "sede alternativa di massima sicurezza per l' incolumità del presidente del Consiglio e per la continuità dell' azione di Governo" e, su proposta del ministro dell' Interno, Giuseppe Pisanu, viene indicata Villa Certosa. Sia la sede di massima sicurezza (Villa Certosa), sia le residenze private del premier e dei suoi familiari, rileva il decreto, sono soggette alla legge 801/77. Si tratta della legge che disciplina, tra l' altro, il segreto di Stato. Ciò significa che, così come è stato fatto per Villa Certosa, anche per le altre residenze del premier e per quelle dei suoi familiari potrebbe essere opposto il segreto di Stato ad un' eventuale richiesta di ispezione da parte di una procura della Repubblica.
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L’UNITA’ on-line 18-2
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«Dopo tre anni e mezzo di governo posso dire che l’Economist aveva ragione: Berlusconi è inadatto a governare. Il conflitto di interessi è ancora irrisolto, ha saputo solo salvare se stesso e gli amici dai processi . Questo governo incoraggia l’illegalità. Per questo dicono che noi siamo comunisti».
David Lane, corrispondente dell’Economist, 17 febbraio
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Economist e Nouvel Observateur
L’antidoto all’omologazione berlusconiana? L’Unità
Casalecchio lo vide debuttare, schierarsi impavido e sorridente per il leader dell’Msi nella sfida per il Campidoglio del 1993. L’Euromercato è passato di mano da tempo, e Casalecchio, paesone alle porte di Bologna, ritorna nella storia del berlusconismo come epicentro di un durissimo j’accuse contro il premier italiano da parte di due firme della stampa europea: Marcelle Padovani e David Lane, corrispondenti dall’Italia del Nouvel Observateur e dell’Economist.
Due testate di opposti orientamenti politici, precisa per il folto pubblico la moderatrice dell’incontro Silvia Zamboni. Ma con un giudizio assai simile sul Signore di Arcore: lei dal versante intellettual-girotondino, lui da quello moral-liberista. Basta sfogliare l’indice del volume di Lane, «Berlusconi’s Shadow» (che uscirà in Italia il 17 marzo per Laterza), per capire il mood della serata di mercoledì. Ecco alcuni capitoli: Mafia, Successo, Corruzione, Potere, Complicità.
La prima domanda è semplice e sterminata allo stesso tempo: Zamboni cita alcuni ritagli della stampa europea («il pagliaccio della politica» della Suddeutsche Zeitung, il «cabaret permanente» della stessa Padovani, il «pericoloso manigoldo» del Guardian, la «storia di bugie da Pinocchio a Mussolini a Berlusconi» dell’Observer») e chiede: «Da cosa nasce questa allarmata attenzione della stampa europea?». Padovani la butta sul fisico, dice che Berlusconi («piccoletto, grassoccio, gradasso, con i tacchi, il trucco e quell’aria di finta familiarità») raccoglie «i peggiori cliché sugli italiani che si trascinano nell’immaginario straniero». Insomma, «una persona fisicamente insopportabile, che crea stupore e grande disagio». A partire dalla Francia, «dove è meno popolare dello stesso Bush, non solo tra le elites ma anche a livello popolare». «In gran Bretagna nessun giornale parla bene di Berlusconi - rincara Lane - perché non c’è alcun motivo per parlarne bene». «Ma da noi - rivendica Padovani - la sua ascesa economica è stata bloccata, nonostante lo sbarco con i tanti soldi de La Cinq e i buoni uffici di Craxi con Mitterand. L’unica vera sconfitta economica gliela abbiamo data noi».
Lane la mette più sul concreto e ricorda le famose 52 domande rivolte dall’Economist all’allora candidato premier nell’aprile del 2001, sulle amicizie e sul passato. E poi le 7 domande ribadite nell’agosto 2003. «Questo è un uomo che non risponde», dice Lane sul sarcastico. «Forse non può, ma in democrazia rispondere alle domande è dovere di un politico. Del resto non ha risposto neppure ai magistrati di Palermo che sono andati fino a palazzo Chigi...». E dunque? «Dopo tre anni e mezzo di governo posso dire che l’Economist aveva ragione: è inadatto a governare. Il conflitto di interessi è ancora irrisolto, i risultati non ci sono perché tutto l’impegno è stato messo per salvare se stesso e gli amici dai processi di Milano. Il punto è che questo governo incoraggia l’illegalità: per loro la questione morale non vale nulla». «Dice che noi dell’Economist siamo comunisti? - sorride il giornalista inglese-.Vi posso giurare che non è così: abbiamo anche appoggiato la guerra in Iraq...».
La serata prosegue, con Lane che ricorda come sia stata insabbiata la «svolta morale» che Mani Pulite aveva reso possibile, Padovani che si chiede come si potrà sanare il «guasto morale» prodotto dal berlusconismo. Si parla anche del «veleno televisivo che in Italia ha sostituito la realtà», del disperato bisogno di «riagganciare questo Paese al treno della realtà».
Esempio: «Il semestre europeo dell’Italia ha fatto ridere il mondo, ma ma voi non l’avete saputo - dice Padovani - La libertà di stampa formalmente c’è, ma non ci sono più i giornalisti: e così il regime può prendere corpo». L’accusa è rivolta soprattutto alle tv: «Perché anche quelli cosiddetti di sinistra non si rifiutano di leggere notizie allucinanti nei Tg? Nessuno è costretto a fare il mezzobusto». Ce n’è anche per la carta stampata: «Il giornalista scompare dietro la polemica: dov’è la ricerca della verità, l’umiltà di fronte ai fatti? Oggi si appartiene a una scuderia, si cercano protettori come nel Medioevo. I giornalisti potrebbero sbugiardare alcune cose, fidarsi della loro professionalità. In fondo il personaggio di Giscard è crollato per una domanda sul costo delle patate». La conclusione: «Mi vergogno di far parte della stessa categoria», dice Padovani. Che invita i presenti a guardare Sky: «Almeno così potrete respirare un po’».
La cronista individua anche un’altra zona franca dall’informazione berlusconizzata: l’Unità. «C’è più obiettività in un giornale così chiaramente partigiano che in tanti quotidiani indipendenti», spiega Padovani. Mentre Lane ricorda di aver aggiunto «da tre anni» questo giornale alla sua mazzetta. La cronista francese, però, non se la cava con un’accusa ai colleghi italiani o con l’amara constatazione sul «qualunquismo dilagante»: «Mi sento più italiana di voi - dice- Ognuno di noi è interrogato da un fenomeno come il berlusconismo: e anche chi non l’ha votato deve assumersi la sua parte di responsabilità». «Io non mi sento in alcun modo responsabile», ridacchia Lane. E il pubblico, dopo tanto allarme, si lascia andare a un applauso liberatorio.
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RESISTENZA - 17/2/05


DACCI OGGI LA NOSTRA IGNOMINIA QUOTIDIANA
L’UNITA’ on-line 17-2
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«Tutti gli amici dell’Italia soffrono nel vedere questo grande Paese di civiltà, ammirato e amato dai francesi e dagli europei, umiliato e asfissiato da questo governo, dalla volgarità e dal profitto più ripugnante».
Lettera aperta agli artisti e intellettuali italiani di Jack Lang, ex ministro della Cultura francese, 15 febbraio
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EUROPA on the Web 17-2
Come sono rigidi questi europei
di (ma.co.)
Copenaghen, Danimarca. Storia di ordinaria moralità pubblica. Una giovane e avvenente ministro, Henriette Kjaer, appena rieletta nelle liste del partito conservatore, nel quale milita da sempre – è stata anche leader dei giovani negli anni Ottanta – ha annunciato ieri la decisione di ritirarsi. Motivo: il telegiornale del canale pubblico Tv2 ha rivelato (e già questa è una notizia!) che fra ottobre e dicembre dello scorso anno la ministro dei consumi e della famiglia del governo Rasmussen – il premier che per il suo fascino fu additato da Berlusconi come auspicabile amante della sua signora – ha subito due condanne. La Kjaer, secondo la pretura del comune di Gentofte, non ha pagato due costosi divani e alcune tende acquistate (ma bisognerebbe forse dire prelevate) per la propria casa.
Non solo: secondo altre indiscrezioni, la ministro avrebbe contratto anche un debito di circa 350 mila euro a tassi di interesse altissimi, dopo aver sconsigliato i danesi dal ricorrere a prestiti di questo tipo.
A nulla è servita la difesa che della Kjaer ha fatto il suo compagno, anche lui noto e stimato conservatore, Erik Skov Pedersen, che si è assunto tutta la responsabilità dell’accaduto, sostenendo di essere lui e soltanto lui deputato ai pagamenti della famiglia.
Qualche mese fa, il ministro degli interni britannico, David Blunkett, è stato costretto a dimettersi in seguito all’accusa di aver approfittato della propria posizione per procurare in tempi rapidi un visto alla baby sitter della sua amante e madre di suo figlio.
Il nostro paese, almeno per quanto riguarda l’attuale esecutivo, è decisamente abituato a una maggiore elasticità. Nel governo Berlusconi, oltre al premier, le cui vicende giudiziarie sono a tutti note, in tanti hanno avuto a che fare con le aule di tribunale, senza che per questo ne traessero conseguenza alcuna. Tra i condannati, il ministro del welfare Maroni per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, l’ex ministro delle riforme Bossi per vilipendio della bandiera, il neonominato sottosegretario alla difesa Drago per peculato. Quanto ai “chiacchierati”, l’elenco sarebbe molto più lungo.
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 17-2
La tv di Stato svedese: "Noi siamo liberi, non come le tv italiane"
Con uno spot, la televisione di Stato svedese fa auto-promozione ponendo l'accento sulla eclatante concentrazione dei media italiani nelle mani di Silvio Berlusconi.
Una scritta informa i cittadini scandinavi che il Cavaliere ha il quasi monopolio delle televisioni del nostro Paese. Poi assicura: "Noi, invece, siamo una tv libera".
In Italia, il 90% dei media è in mano a Silvio Berlusconi - si legge in una scritta in sovrimpressione - dopo intensa campagna elettorale, grazie ai propri mezzi di comunicazione, Silvio Berlusconi vince le elezioni. Ora è anche presidente del consiglio. Svt: noi siamo una televisione libera".
Le immagini dello spot rendono benissimo l'idea di quale sia l'immagine dell'Italia di Berlusconi all'estero: il premier impegnato in un bagno di folla mentre in sottofondo è possibile ascoltare "O sole mio".
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ESPRESSO on-line 17-2
Merchant bank Letta
Con Berlusconi l'intromissione della politica in vicende d'affari private ha ripreso un vigore sfacciato
Massimo Riva
Alcuni casi sono già sotto gli occhi, altri sono alle viste. Un primo episodio increscioso è quello relativo al contenzioso italo-francese sulla sorte del gruppo Italenergia-Edison. Per negoziare non si sa quali benefici a vantaggio di una società ancora a controllo pubblico come l'Enel, Palazzo Chigi si sta dando da fare per organizzare una cordata italiana che, in sostanza, consenta ai francesi di Edf di non pagare l'oneroso scotto di un'Opa sull'intera azienda contesa. Un'iniziativa del tutto inconcepibile perché in un sol colpo Palazzo Chigi ne combina di tutti i colori: 1. Si degrada al ruolo di 'brasseur d'affaires'; 2. Sottomette legittimi interessi privati a una ragion di Stato che, in verità, si chiama solo Enel; 3. Per privilegiare (forse) gli azionisti di quest'ultima società (fra cui proprio lo Stato) rifila un solenne calcio alle giuste aspettative di un'Opa da parte dei piccoli risparmiatori che detengono quote di minoranza della privatissima Edison.
Un altro, non meno sconcertante, episodio è quello relativo ai guai attraversati dall'Impregilo della famiglia Romiti. Qui, a quanto si sa, la parte del sensale è svolta non più dal presidente del Consiglio, ma dal suo fidatissimo braccio destro, il sottosegretario Gianni Letta. Come se si trattasse del comportamento più normale della terra, i giornali hanno registrato che, in difficoltà nel suo negoziato con le banche creditrici, lo stesso Cesare Romiti ha chiesto i buoni uffici dell'alter ego di Berlusconi. E, invece di ricevere un magari cortese "non sono affari di mia competenza", ha trovato la porta aperta a una 'suasion' verso le banche renitenti che, certo, in qualunque modo potrà definirsi fuorché con l'aggettivo 'moral'.
In questa situazione d'allarme rosso sul confine fra politica e affari ora c'è anche chi sollecita una pronta iniziativa del governo per la crisi Fiat. D'accordo, il gruppo torinese rappresenta un pezzo fondamentale del panorama economico domestico. Ma un conto è sollecitare dal governo provvedimenti che scongiurino la desertificazione industriale in atto, magari con quelle misure di rilancio della competitività finora promesse a vuoto. Tutt'altro sarebbe, come si sta facendo senza avere il coraggio di dirlo, chiedere a Palazzo Chigi di intervenire vuoi con capitale pubblico vuoi obbligando le banche a muoversi per coercizione politica, anziché per responsabile scelta autonoma.
Tutto il materiale della serie RESISTENZA, da maggio 2001, è consultabile su www.bresciablob.com
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RESISTENZA - 16/2/05


L’ITALIA AL TEMPO DI BERLUSCONI
REPUBBLICA on-line 16-2
Svezia, la tv di Stato si fa lo spot
"Non siamo come Berlusconi"
ROMA - Per farsi pubblicità, e sottolineare la sua indipendenza e obiettività, la televisione di stato svedese Svt usa l'immagine di Silvio Berlusconi. In un filmato breve, che va in onda in questi giorni e si può vedere anche sul sito dell'emittente, sfilano alcune riprese di Berlusconi che saluta la folla o che appare su decine di video contemporaneamente. Il sottofondo musicale è il mandolino tipico della peggiore iconografia dell'italietta, con le note ovvie di "O sole mio".
Ad accompagnare le immagini una serie di scritte: "In Italia, il 90 per cento dei mass media è in mano a Silvio Berlusconi", "Dopo intensiva campagna elettorale (grazie ai propri mezzi di comunicazione) vince le elezioni" ", "Ora è anche presidente del consiglio" e per finire: "Svt: noi siamo una televisione libera".
La televisione svedese non sottolinea solo la concentrazione dei mezzi di comunicazione in mano al presidente del consiglio, ma anche la qualità dei programmi. Le riprese di Berlusconi, che saluta sorridente, sono alternate a quelle di ballerine poco vestite nei varietà italiani.
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CORSERA 16-2
Fassino-Cavaliere: duello sugli insulti
L’Unità: il premier si scusi
Virginia Piccolillo
ROMA - Fassino chiede l’intervento della vigilanza Rai contro l’«aggressione inqualificabile» subita da parte di Berlusconi che gli avrebbe «attribuito frasi mai pronunciate». L’Unità pretende le scuse del premier: la sequela di insulti calunniosi lamentati dal presidente del Consiglio, non era rivolta a lui, ma a Prodi. Erano apparsi su Il Giornale , di proprietà della famiglia Berlusconi, e il quotidiano ds si era limitato a citarli. Da Palazzo Chigi la replica: «Si vorrebbe negare a Berlusconi il diritto di replica». Petruccioli affronterà oggi il caso, scoppiato dopo Conferenza stampa , il programma di Anna La Rosa di lunedì sera. Proprio nel giorno in cui si vota la mozione di sfiducia del centrosinistra all’attuale Cda Rai, sulla quale l’Udc ha già annunciato la propria astensione. Ieri è sfumata, per tre assenze nei banchi dell’opposizione, la possibilità di avere il sì dell’Udc. L’emendamento Merlo che chiedeva almeno l’approvazione rapida del bilancio è stato respinto 15 a 18.
Intanto Petruccioli si è fatto mandare la registrazione della puntata nella quale Berlusconi ha spiegato perché si sottrae a un confronto "all’americana" con Fassino: colpa degli insulti de l’Unità : «Peron di plastica, peggio di Pinochet, di Francisco Franco, il re dei bari ed un mostro bavoso».
Falso, scrive Fassino. E se la prende anche con la conduttrice e la direzione Rai. Mentre da Forza Italia si rivendica il successo di share: oltre il 18%. Il dl Burtone replica: «Lo hanno visto perché è comico».
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C@C@O 16-2
La Tessera
Per entrare a far parte di Forza Italia si puo' acquistare una tessera del partito. Ce n'e' per tutti i gusti.
Acquistando quella da 500mila euro (!) si ha diritto a 3 cene con Berlusconi, piu' una serie di benefici (ad esempio un abbonamento al Milan).
La tessera da 250mila euro offre gli stessi benefici, ma con una cena in meno.
Scendendo con i soldi diminuiscono le cene con il premier.
La piu' richiesta sembrerebbe essere la tessera da 50mila euro: sveglia al mattino e colazione con Bondi.
(Fonte: il diario)
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CATENA DI SAN LIBERO 16-2
La Mafia e il Ponte
Nel febbraio 2001 suscito' qualche scandalo la battuta del presidente della Societa' del Ponte (e capo del locale quotidiano del gruppo Ciancio) Nino Calarco "Se la mafia e' in grado di costruire il Ponte, benvenuta la mafia". Cosa Nostra l'ha preso in parola e s'e' messa a lavorare alacremente agli appalti del ponte. Purtroppo per lei (e per il ponte), i carabinieri hanno sgamato la cosa ed e' finita con una retata generale. Vorremmo sapere se e' stato interrogato dai magistrati anche Calarco: sarebbe interessante sapere, ora che le cose si son fatte concrete, che cosa abbia fatto seguito a quella sua esternazione.
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Mani Pulite
Sirchia prendeva assegni dai farmaceutici? Complotto dei communisti. Il tirapiedi di Formigoni intrallazzava col petrolio iracheno? Complotto della Cia. Stavolta ad Hammamet non ci va piu' nessuno.
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Sovversivi
Alla fine i ferrovieri si sono decisi, e hanno fatto uno sciopero come Dio comanda. Obiettivo: salvare la pelle di ferrovieri e viaggiatori. Pienamente realistico, vista l'epidemia d'incidenti causati dall'allegra amministrazione. Il governo s'e' fatto dare la lista degli scioperanti. Olio di ricino sotto casa o semplice licenziamento, per i ferrovieri sovversivi?
riccardo orioles riccardoorioles@libero.it
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NO-NEWS CARTA n. 7 – 16-2
Come mai il governo italiano conclude un ³accordo di principio² sul commercio di legname tra Birmania e Italia con una delle peggiori dittature militari dell¹Asia? Ecco come i diritti umani serviranno a foderare di parquet i nostri pavimenti. Una notizia che non leggerete sul Sole 24 Ore.
http://www.carta.org/rivista/settimanale/2005/07/sommario.htm
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RESISTENZA - 15/2/05


CORSERA 15-2
Cavaliere, non esageri
“…i comunisti che bivaccano in TV…”
di ALDO GRASSO
La febbre fa brutti scherzi, specie davanti alla tv. Deforma le immagini, incupisce la visione, affolla lo schermo di cattivi pensieri; dev'essere per questo che i medici consigliano silenzio, quiete, schermo spento. Ma da quell'orecchio Silvio Berlusconi proprio non ci sente, non sa cosa significhi riprendere fiato, rilassarsi, riposare. Costretto a letto dall'influenza, si è abbrutito come un qualunque critico televisivo: ha guardato tutto, ha annotato ogni sfumatura, si è macerato dalla rabbia per i discorsi sentiti. Alle sei del mattino aveva già il telecomando in mano, alle sette la prima lista di comunisti che bivaccano in tv, alle otto l'elenco delle menzogne che si dicono nei talk show contro il governo e via così, fino a notte fonda: un cahier de doléances pesante come un macigno. Così, appena ristabilito, il nostro premier si è presentato nel roseo salotto di Anna La Rosa, quello zuccherino di giornalista. Per dire che non accetterà mai un confronto televisivo con l'opposizione (nemmeno di fronte alla compiacente padrona di casa), che pretende le scuse di chi lo insulta, offeso per essere stato paragonato a Saddam Hussein, a Peron o a un qualche altro dittatore dello Stato libero di Bananas. Via, presidente, non esageri. La tv la guardiamo anche noi e tutto questo odio contro di lei ci è sfuggito. Sì, su Raitre resiste qualche sacca di dissenso, ma è robetta. L'incontro tra Fabio Fazio e Marco Follini era un idillio.
Serena Dandini punzecchia, infastidisce. Corrado Augias usa il fioretto. Le battute più pesanti contro di lei le abbiamo sentite a «Zelig» ma lì, se non andiamo errati, è casa sua, pensavamo fosse tutto concordato.
È sicuramente colpa della febbre se Berlusconi ha avuto le visioni: «Ho visto e sentito una serie infinita di calunnie. Dicono che le tv sono controllate dalla nostra parte politica. È esattamente vero il contrario, perché, l'85% dei giornalisti, ho visto i nomi della Rai, sono iscritti a sindacati di sinistra». Ha visto e sentito cose che noi umani non riusciamo nemmeno a immaginare (e ha avuto persino tempo di consultare le iscrizioni al sindacato).
«Quindi - ha proseguito imperterrito - noi siamo di fronte esattamente ad un'informazione su tutti i mass media, giornali e tv, che è contro il governo e la sua politica. I signori dell'opposizione osano ribaltare anche in questo caso la realtà. Proprio in queste settimane ho sentito con le mie orecchie dire c'è un problema di democrazia in Italia, perché il sistema informativo è tutto nelle mani di un solo uomo. Non è cosi». No, non è così, dobbiamo esserci sbagliati. Forse anche noi, con questi sbalzi di temperatura, abbiamo la febbre. Meno male che in Italia ci sono solo conduttori all'acqua di La Rosa, onesti faticatori del piccolo schermo, marzulli della ragion di Stato.
Per dire, ci fossero solo un David Letterman o un Jay Leno, con un Berlusconi malato, dalle parole si passerebbe ai fatti. È stato solo un brutto sogno, presidente, scherzi della febbre. L'unico guaio è che oggi, a raccontare i sogni, si va in tv.
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L’UNITA’ on-line 15-2
BANNER
«Fassino ha coperto con la sua responsabilità ciò che l’Unità ha scritto di me. È impossibile il dialogo con persone che, tramite quel giornale, hanno consentito di scrivere che sono peggio di Pinochet, di Francisco Franco, il re dei bari e un mostro bavoso» (non abbiamo mai detto “un mostro bavoso”, ndr)
Silvio Berlusconi Ansa, 14 febbraio
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WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 15-2
Lilli Gruber
"Da Berlusconi una deriva autoritaria. Porterò il caso in Europa"
"Dicono che le tv sono controllate dalla nostra parte politica. E' esattamente vero il contrario, perché l'85% dei giornalisti, ho visto i nomi della Rai, è iscritto a sindacati di sinistra". Lo ha affermato lunedì sera il capo del Governo Silvio Berlusconi intervenendo alla trasmissione di Anna La Rosa "Conferenza stampa".
Una dichiarazione, quella del Cavaliere, che ha fatto andare su tutte le furie l'europarlamentare Lilli Gruber, che ha giudicato di "inaudita gravità" le sue parole.
"Le dichiarazioni di Silvio Berlusconi confermano una volta di più che la libertà di informazione in Italia corre seri pericoli - ha spiegato - affermando che l'85% dei giornalisti sono iscritti a sindacati di sinistra il premier ha peraltro precisato di essere venuto a conoscenza di tale dato per aver visto i nomi della Rai".
Lilli Gruber non ha dubbi: "Nel resto d'Europa affermazioni simili, rese ancor più gravi dall'ammissione di aver visto una sorta di schedatura, di dossier sugli operatori dell'informazione, non sarebbero nemmeno concepibili".
"I sindacati non sono società segrete e ciascuno deve essere libero di aderirvi senza temere alcun tipo di ritorsione - ha aggiunto l'ex conduttrice del Tg della prima rete - la linea di condotta adottata dalla Rai, che a tale proposito ha scelto la via del silenzio, sembra peraltro confermare l'esistenza di queste presunte liste nere".
Lilli Gruber annuncia quindi che proporrà quanto prima, in seno all'Europarlamento, una riunione con l'Intergruppo Stampa-Comunicazione-Libertà, del quale peraltro è vice presidente, "per discutere il problema della deriva autoritaria di Berlusconi".
"L'ossessione del presidente del Consiglio - ha concluso - che si sente perseguitato dai media, non può mettere a repentaglio l'esistenza degli organi di informazione".
Nel frattempo è tornato sulla questione anche il segretario dell'Usigrai Roberto Natale, secondo il quale il silenzio di Viale Mazzini su questa questione è "poco dignitoso".
"Berlusconi afferma di aver visto le liste dei giornalisti Rai e ne trae considerazioni sui loro orientamenti politici - aveva invece affermato a caldo nella serata di ieri - significa che qualcuno, a viale Mazzini, fa l'informatore dell'onorevole Berlusconi e magari provvede per suo conto a schedare i giornalisti. Siamo tutti d'accordo nel rifiutare quelle schedature nelle quali si è esibito l'Onorevole Berlusconi".
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ESPRESSO on-line 15-2
Sarebbe bello avere dei treni
L'Italia ipnotica di Berlusconi crolla sotto i colpi di una disperante realtà
Edmondo Berselli
… c'è un paese virtuale, quello del Contratto con gli italiani e della propaganda berlusconiana, in cui sarebbero avvenute delle meraviglie, 'l'infrastrutturazione', come la chiamano i tecnici e in particolare il ministro Lunardi, procede a tappeto, i progetti si susseguono, si posano prime pietre a raffica, le inaugurazioni si susseguono, con tagli di nastro e promesse di efficienza.
E poi c'è invece il paese reale, dove la situazione non è proprio in linea con gli annunci e le fantasmagorie del Terzo Millennio e del Secondo Governo di Silvio Berlusconi.
Sembra la descrizione di una favela, povertà estrema, disagio feroce accanto alla retorica delle 'tre i', e del mondo immaginario, del terziario evoluto, dei consumi vistosi. Ma potrebbe essere l'Italia normale che tutti abbiamo sotto gli occhi. Non si fa del disfattismo viscerale dicendo che una parte consistente dell'opinione pubblica sta facendo i conti con il confronto fra il Sogno e l'Incubo. Grandi opere, nel sogno, il Ponte sullo Stretto, l''efficientamento' del territorio, il decisionismo sbrigativo della legge-obiettivo contro le lentezze bradisismiche delle Regioni e degli enti locali.
La sostanza è che la dimensione ipnotica del berlusconismo sta cedendo il passo all'apertura degli occhi sulla realtà. Il vicepremier Marco Follini riconosce con un fastidio che la polemica pedissequa contro il comunismo produttore di 'miseria, terrore e morte' è un disco rotto, ma evidentemente, pur sbandierando sondaggi rassicuranti, Berlusconi è in difficoltà sensibile.
Deve ritrovare il nemico. Ma nella società italiana ci sono riserve di rancore, sacche di risentimento tutt'altro che mitigato (anzi, forse accresciuto) dal taglio selettivo delle tasse e dalla perdita di reddito negli ultimi due anni, e dal disfunzionamento generale. Può darsi che alla fine Berlusconi abbia effettivamente trovato il suo nemico. Ma anziché le classiche tre narici e la bandiera con la falce e martello, potrebbe avere l'immagine sconsolata di un italiano qualunque.
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RESISTENZA 14/2/05


COME SI FA A DENIGRARE UN IGNOBILE FIGURO?
REPUBBLICA on-line 14-2
Berlusconi
"Confronto con la sinistra solo se prima chiedono scusa"
ROMA - "Non ho paura di confrontarmi con nessuno. Se c'è qualcosa con cui mi sento a mio agio è proprio la dialettica. Ma non è assolutamente possibile incontrarsi con persone che ti hanno denigrato, oltraggiato e calunniato. Prima mi devono chiedere scusa".
Parole di Silvio Berlusconi, che nel corso della registrazione di Conferenza Stampa con Anna La Rosa risponde in questo modo a una domanda su un eventuale confronto televisivo con il leader dei Ds Piero Fassino.
Anche in questa occasione il premier ribadisce le sue accuse alla sinistra: occupa le tv, nella storia è sempre stata dalla parte sbagliata, l'opposizione non ha un programma, il congresso dei Democratici di sinistra è stato soltanto un fatto teatrale.
Il presidente del Consiglio ha quindi valutato in "qualcosa come 30 mila miliardi delle vecchie lire" la somma "lasciata nelle tasche degli italiani" con i tagli alle tasse. E ha sostenuto che il suo governo si appresta "ad avviare una riduzione della pressione fiscale di altri 24 mila miliardi" e che ci saranno benefici anche per le imprese.
Il tutto senza bisogno di altre manovre: "Non credo che i conti ci mettano in condizione di pensare ad una manovra aggiuntiva a primavera. Ad oggi non ci sono campanelli di allarme".
Sempre sul fronte economico, Berlusconi ha parlato anche della Fiat. Per ribadire che "lo Stato deve restare fuori dall'industria privata".
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WWW.INMOVIMENTO.IT 14-2
Corsivo
Odio? No, solo pernacchie…
di Teofilatto
Al consiglio nazionale di Forza Italia è circolato un dossier (pieno di inesattezze, peraltro) contro "L'Unità", accusata, guarda un po', di fomentare l'odio contro Berlusconi.
L'ironia su certi tratti fisici del PresDelCons è stata addirittura paragonata agli stereotipi antisemiti, non tenendo conto che, secondo tali stereotipi, gli ebrei, oltre a essere attaccati al denaro, sono anche intelligenti, e questo mette fuori gioco all'istante il Re Sòla e i suoi tirapiedi (ansiosi di ripetere l'editto bulgaro contro Biagi, Luttazzi e Santoro).
Chi costruisce le sue fortune politiche sull'immagine ("ciò che ho di più caro") non può lamentarsi se poi anch'essa viene usata come strumento di critica politica. Chi non si fa il lifting, il trapianto e non si mette la bandana può legittimamente risentirsi, senza essere sommerso di pernacchie.
Ogni tanto ci si chiede che differenza ci sia tra la faziosità di destra e quella di sinistra. Risponderò con un esempio: al congresso dei Ds non è circolato nessun dossier sulle idiozie di "Libero" o del "Giornale". Nessun esponente Ds ha detto che questi giornali vanno "annientati" (come ha detto Taormina riferendosi all'Unità). Per me, che leggo (con attenzione critica) il quotidiano diretto da Furio Colombo, questa differenza non è di poco conto. Ma per tanti cosiddetti liberali di casa nostra, queste sono inezie.
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RESISTENZA - 13/2/05


WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 13-2
Il Tg1 al servizio di Berlusconi
I giornalisti si ribellano
Con una nota al vetriolo il Comitato di redazione del Tg1 ha denunciato una palese violazione, proprio da parte della testata diretta da Clemente Mimun, "del più elementare principio di equilibrio dell'informazione pubblica".
I giornalisti si riferiscono all'edizione delle 20 di venerdì 11 febbraio, il giorno delle affermazioni del capo del Governo Silvio Berlusconi relative al nuovo nome scelto dalla coalizione del centrosinistra: "L'Unione ricorda l'Unione Sovietica", aveva affermato il Cavaliere.
"Ad un pezzo di un minuto e dodici secondi sul presidente del Consiglio che chiamava in causa l'opposizione è stata fatta seguire una notizia di due righe (letta da studio) con la replica del leader dell'opposizione Prodi - si legge nel comunicato del Cdr - alla quale è seguita una controreplica di tre righe del presidente dei Senatori di Forza Italia Schifani".
Per il Cdr, insomma, non c'è stato nessun "botta e risposta", il Berlusconi ha invece "avuto tutto il tempo di esporre le proprie opinioni", mentre "al leader dell'opposizione non è stata data la possibilità di spiegare le sue ragioni".
Ma non è tutto: i giornalisti svelano anche un episodio inquietante. Alle ore 20,02 il direttore del telegiornale ha scritto la notizia relativa alle affermazioni del forzista Schifani, una dichiarazione che le agenzie di stampa hanno battuto solo alle 20,14.
"Chiediamo al direttore - ha aggiunto il Cdr con velenosa ironia - di conoscere qual è il numero verde al quale tutte le forze politiche possono rivolgersi per fare avere le loro dichiarazioni prima che escano nelle agenzie".
Il telegiornale di Mimun è dunque ancora al centro delle polemiche. L'ultima protesta del Consiglio di redazione risaliva allo scorso novembre, quando la direzione del Tg1 impose ai giornalisti il divieto di leggere in diretta il comunicato con il quale la Fnsi esprimeva solidarietà ai lavoratori impegnati nello sciopero generale proclamato da Cgil, Cisl e Uil. Secondo i giornalisti del primo telegiornale del Paese, con questo divieto la direzione aveva "violato le norme del contratto nazionale di lavoro".
Qualche settimana prima erano state le opposizioni a criticare il Tg1, colpevole di aver concesso ampio spazio all'intervento che Berlusconi aveva tenuto durante una manifestazione di Forza italia ad Ischia proprio alla vigilia delle elezioni suppletive.
"È inaccettabile la disparità di trattamento che il Tg1 ha riservato alle esternazioni di Berlusconi rispetto al centrosinistra - avevano accusato i parlamentari della sinistra - l'edizione del primo telegiornale del servizio pubblico si è aperta con un lunghissimo servizio dedicato al tour elettorale a Ischia del presidente del Consiglio, senza alcun contraddittorio".
A settembre un'altra polemica, con il diessino Pierluigi Bersani che accusava il Tg di aver descritto con toni trionfali la manovra Finanziaria che il Consiglio dei ministri avrebbe approvato da lì a poche ore.
"Mimun ci ha raccontato che siamo in una Finanziaria di sviluppo - aveva spiegato - sono offeso, da italiano e da cittadino prima che da esponente dell'opposizione, per un modo simile di rappresentare la realtà. Gli italiani non sono degli idioti. Non si possono continuare a raccontare cose che non esistono".
Accuse e contestazioni anche all'indomani delle elezioni dello scorso giugno, quando la Quercia lamentò lo "scandaloso e vergognoso" tentativo delle televisioni italiane di nascondere la vittoria del centrosinistra, puntando il dito in modo particolare proprio sul telegiornale di Mimun. Il segretario dei Ds Fassino chiese addirittura l'elezione di un nuovo consiglio di amministrazione della Rai.
E, alla fine dello scorso maggio, quando il Governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio lanciò severi moniti sull'economia italiana, la testata giornalistica televisiva più importante del Paese si preoccupò di censurare i passaggi più importanti della sua relazione.
"E' doveroso chiedersi - scrisse in un comunicato l'onorevole Gloria Buffo insieme ad altri esponenti del centrosinistra - che affidabilità e fiducia possano avere i cittadini nell'informazione quando si riesce a manipolare in questo modo persino i numeri".
Un nuovo scontro con le opposizioni si verificò anche nell'agosto del 2003, quando a margine di un incontro con il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, il presidente del Consiglio definì le opposizioni "antidemocratiche e illiberali".
Il Tg1, dopo aver dato spazio alle dichiarazioni del premier, cancellò completamente la voce della sinistra, non concedendo ad alcun esponente della minoranza il diritto alla replica. Immediate arrivarono le proteste da parte della Quercia: "Il Tg1 è diventato, sotto la direzione di Clemente Mimun, l'agenzia privata di propaganda di Berlusconi e di Forza Italia, a questo punto, visto che il direttore Mimun proprio non ce la fa a capire che dirige un servizio pubblico, proponiamo che il suo stipendio e i costi del Tg1 vengano direttamente assunti dalle capaci finanze di Forza Italia".
Furiosa polemica anche in occasione delle elezioni amministrative del maggio 2003, quando - nonostante l'evidente sconfitta della coalizione di centrodestra - il Tg1 mandò in onda un servizio che affidava al solo Claudio Scajola la lettura dei dati (tutt'altro che precisi) e che si concludeva con il volto sorridente di Renato Schifani, che assicurava la netta affermazione della Casa delle Libertà.
Quella volta intervenne Piero Fassino in persona: "Non posso che esprimere la più ferma protesta per il modo con cui il Tg1 ha disinformato gli italiani con un metodo che ricorda quello delle televisioni di Ceausescu. Raramente si è assistito ad una dimostrazione di asservimento al potere come quella alla quale abbiamo assistito oggi stasera, un metodo che riteniamo inaccettabile per un paese democratico".
Un concetto ribadito poco più tardi da Roberto Cuillo, portavoce del leader dei Ds: "Il Tg1 di Clemente Mimun è come il migliore Tg di Ceausescu. Ha nascosto il risultato del voto per far spazio alle bugie di Scajola, che ha parlato di un inesistente sette a cinque nelle elezioni provinciali".
Romano Prodi ha denunciato la "parzialità" dell'informazione televisiva in Italia, puntando il dito soprattutto sulla televisione di Stato.
La spudorata volontà di danneggiare le opposizioni da parte di molte testate giornalistiche, è stata definita dall'ex presidente della Commissione europea come un "serio problema".
"L'Unione ha rilevato negli ultimi giorni la parzialità dell'informazione offerta dalla Rai - ha dichiarato - il pluralismo dell'informazione è un caposaldo della democrazia e l'Unione si impegnerà in modo forte e unanime per questo problema".
Tanto per cominciare, ha chiarito l'ex primo ministro, le opposizioni si impegneranno "con forza" durante i lavori della Commissione parlamentare di Vigilanza della Rai.
"Abbiamo deciso - ha concluso - l'immediata convocazione dei nostri parlamentari della commissione di Vigilanza per discutere di questo serio problema".
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RESISTENZA - 11/2/05


REPUBBLICA on-line 11-2
Berlusconi sull'Unione
"Rimpiangono quella Sovietica"
ROMA - Pur bloccato a letto dall'influenza, Silvio Berlusconi interviene a tutto campo con un'intervsita telefonica al Tg4 su tasse, Unione e televisione. "Stiamo studiando per l'anno prossimo una robusta riduzione delle tasse personali'', ha spiegato il premier parlando di fisco. Poi due battute anche sul nuovo simbolo del centrosinistra. "Evidentemente nostalgici dell'Unione Sovietica - ha continuato - nel nome hanno resuscitato l'Unione, appunto l'Unione Sovietica, con i colori nel simbolo che significa che ne vedremo di tutti i colori".
Dal presidente del Consiglio dure accuse alla sinistra anche sulla tv. Una delle "cose brutte" dello stare a casa malato, ha raccontato, è il poter guardare più a lungo la tv e "rendersi conto che la sinistra occupa tutto l'occupabile in televisione: mentre noi lavoriamo, loro investono il tempo in tv, per dire che tutto va male". "Hanno occupato tutto lo spazio occupabile", ha concluso.
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CORSERA 11-2
Nonostante la febbre alta...
Marco Galluzzo
ROMA - Berlusconi, nonostante la febbre alta che lo costringe a letto da alcuni giorni, ha strigliato i suoi, «capaci solo di perdere tempo», e preteso che l’accordo fosse chiuso in giornata. E’ stato accontentato, ma con una dinamica che ha provocato molti dissensi, prodotto uno scontro verbale infuocato fra Bondi e i plenipotenziari di Follini, partorito alla fine un’intesa che produce tensioni interne in Forza Italia, che l’Udc non ha ancora sottoscritto e che anche in An provoca contraddizioni e mugugni. L’intesa è sui nomi dei candidati presidenti della Casa delle Libertà alle Regionali del 3 e del 4 aprile.
Sciolto il nodo della Campania, dove Italo Bocchino, An, ha ottenuto le garanzie richieste. Sciolto quello dell’Emilia Romagna, dove per il centrodestra correrà Carlo Monaco, ex consigliere politico di Guazzaloca, ufficialmente in quota Forza Italia, in realtà - dicono a Bologna - molto gradito ai centristi e al Presidente della Camera Pier Ferdinando Casini.
Due tasselli di un mosaico che si completa con Francesco Massi (Udc) per le Marche, con Alessandro Antichi (Fi) in Toscana, con Cosimo Latronico in Basilicata, già militante in Forza Italia.
Proprio su Latronico si è consumato lo scontro fra Sandro Bondi, coordinatore azzurro e Lorenzo Cesa, vicepresidente del Ppe e incaricato da Follini di seguire la trattativa. Divergenze confermate davanti ai cronisti. I centristi Lorenzo Cesa e Mario Cutrufo: «La discussione sui candidati della Cdl alle regionali è ancora apertissima. Non si comprende l'ottimismo dei nostri alleati. C'è ancora molto da approfondire». Divide fra gli altri anche la candidatura di Monaco: Isabella Bertolini, coordinatrice regionale azzurra, in aperta polemica con Bondi, ne «prende atto». Mentre il ministro Altero Matteoli smentisce Ignazio La Russa, che ha partecipato al vertice per An: «Non posso pensare che Alleanza nazionale possa rinunciare alla candidatura di Tommaso Foti in Emilia Romagna».
Problemi che verranno risolti non prima di martedì, quando è prevista un’altra riunione. Fra i nodi possibili non è ancora tramontato quello dei Radicali, per un accordo in extremis (a cui Berlusconi non rinuncia) sono stati previsti alcuni posti di «riserva» nei listini. Se un’intesa nazionale fallirà non sono comunque da escludere patti su base regionale, regola che vale anche per la Mussolini. Accordo che per Berlusconi sarà indispensabile nel 2006.
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CITAZIONE
Ma il braccio di ferro sui Radicali e quello sulla Mussolini sembrano un alibi dietro cui si cela la perdita di consenso del premier e della sua coalizione. Se non avesse perso lo smalto di quattro anni fa, avrebbe tentato ugualmente gli accordi?
(Francesco Verderami)
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Ma non è una cosa seria…
Né con il Polo, né con l’Ulivo. Anzi, per essere più precisi, «nel sacco a pelo con Cecchi Paone no, ma manco con Pecoraro Scanio». Se la rideva qualche sera fa il leader dei radicali Daniele Capezzone nel salotto tv di La 7 «Markette». È quasi un ospite fisso dello show di Piero Chiambretti tanto che la questione «con chi vanno i radicali?» è tema di dibattito in mezzo a balletti e canzonette. E così quando lo showman gli dice «che due su tre dei radicali iscritti vogliono stare con l’Ulivo», il segretario del partito libertario per eccellenza ne approfitta. «Berlusconi - dice - negli incontri tra Forza Italia e radicali ci manda Apicella, così noi abbiamo visto lui, la Lecciso e per la politica internazionale Natalia Estrada, mentre per i referendum è venuto Giuliano Ferrara vestito da Otelma». Però, continua, «Giovanardi si è arrabbiato: "Come? I radicali devono stare scomodi in un sacco a pelo con Cecchi Paone?"». Così si sono rivolti a sinistra, «dove ci hanno fatto la stessa proposta con Rosy Bindi: "Sacco a pelo con Pecoraro Scanio"». Ma, dice Capezzone, alludendo alle tendenze sessuali dei due, «no con Cecchi Paone, ma neanche con Pecoraro Scanio». Quindi meglio fare così, conclude: «Siccome c’è una persona lì che ha già avuto rapporti con noi e la ricordiamo con affetto (probabilmente l’ex radicale Francesco Rutelli, ndr), noi gli mandiamo la sexy-valletta Lubamba come capodelegazione, così ci liberiamo sia di Pecoraro Scanio che di Cecchi Paone che non sono interessati a quel tipo di articolo, e una trattativa potrebbe riaprirsi...».
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EUROPA on the Web 11-2
LA CDL FA A SCARICABARILE
L’ultimo gioco: se si perde è colpa è vostra - No, è tua
di FRANCESCO LO SARDO
Un po’ di bandierine di partito piantate qua e là. Per chiudere alla meno peggio la partita delle candidature alle regionali, perché il tempo stringe. Perché mancano appena una decina di giorni al termine ultimo per la presentazione delle liste per le elezioni di aprile e la Cdl è in affannoso ritardo per i suoi contrasti interni. E perché l’influenza del Cavaliere è così carogna che non soltanto l’ha costretto a saltare l’appuntamento di oggi a Barcellona sulla Costituzione europea ma, si vocifera a palazzo Chigi, lo costringerà pure a cancellare la visita ufficiale della prossima settimana in Egitto. Altro che malattia immaginaria, come qualcuno ha insinuato. Il Cavaliere è davvero malconcio e i maligni sospetti di ipocondria sono infondati.
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RESISTENZA - 9/2/05


L’ITALIA AL TEMPO DI BERLUSCONI
LIBERAZIONE 9-2
EDITORIALE
Gli italiani: pessimisti e delusi
di Ritanna Armeni
L'illusione è finita hanno detto i Ds al loro congresso con esplicita allusione al governo Berlusconi. Si potrebbe aggiungere che se l'illusione è finita la delusione era cominciata da un pezzo e in questi ultimi mesi ha raggiunto un livello piuttosto alto.
Gli italiani sono delusi. Delusi e avviliti. Guardano al futuro con pessimismo. Sentono attorno a loro un declino che non riescono a spiegare né a superare.
Il centrodestra ha saputo portare avanti le sue politiche. Lo ha fatto con coerenza a cominciare dalle leggi che hanno suscitato più scalpore fino a provvedimenti che magari sono passati inosservati. E' la sua politica ad aver prima illuso e poi deluso gli italiani non la incapacità a praticarla.
Berlusconi - per fare tre esempi concreti - ha precarizzato il mercato del lavoro, ha ridotto le tasse, ha mandato soldati italiani in guerra. Tutti obiettivi che si era prefisso ed ha raggiunto.
In questi anni - lo testimoniano, ricerche statistiche, sondaggi - si sono minate certezze di fondo, si è spezzata la fiducia nel futuro che, almeno nell'immaginario di milioni di persone, finora era pensato migliore del presente e del passato. E' questa la novità. Perché si può essere poveri - e gran parte degli italiani lo sono stati - senza essere disperati, incerti, insicuri. Senza essere pessimisti.
Le sicurezze si sono dissolte nel lavoro dove la politica coerentemente praticata dal governo ha prodotto precarizzazione, contratti a termine, frammentazione.
La sicurezza si è affievolita fino a diventare angoscia sulle prospettive generali per il futuro. E la guerra vi ha contribuito non poco. Introduce nel nostro futuro qualcosa che pensavamo di aver superato e che invece incombe nella nostra quotidianità.
E non hanno prodotto solo povertà, ma - appunto - un sentimento generalizzato di un declino inesorabile e generale in cui ciascuno è lasciato a se stesso.
Berlusconi è consapevole di questa situazione di disagio che si sta trasformando in calo dei consensi e in malessere crescente nei confronti della Casa delle Libertà e la sua reazione è duplice. Da un lato ostenta ottimismo: il paese sta bene, oggi gli italiani sono più ricchi di ieri, la disoccupazione si è ridotta, la ripresa è prossima, le tasse si sono ridotte e così via. Dall'altra, con un maldestro tentativo di imitazione di Bush cerca di rendere lo scontro solo ideologico, di riportare le questioni del paese nei termini di lotta del bene contro il male, di libertà contro oppressione e comunismo. Con entrambi gli atteggiamenti prova a ricreare quell'illusione che in passato, sapientemente e mediaticamente organizzata, ha dato - non c'è dubbio - i suoi frutti.
Non crediamo che ci riuscirà. E non solo perché è finita l'illusione, ma perché la delusione è forte. Ed ha colpito anche lì dove Berlusconi pareva invincibile: la creazione di un immaginario audace e positivo, ottimista e fiducioso. Ha colpito lì dove si annida la speranza personale e collettiva. E lo ha fatto proprio perché quella di questo governo è stata una politica concreta e praticata senza lasciare margini ad ulteriori illusioni.
E' possibile ritrovare almeno in parte una speranza nel futuro? Questa è la scommessa o la sfida. Sono le scelte politiche e i messaggi che hanno un valore. La pace, la protezione sociale, la valorizzazione del lavoro, la riproposizione dell'eguaglianza ritornano ad essere i punti forti di un "antiberlusconismo" vincente.
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RESISTENZA - 7/2/05


RESISTERE A BERLUSCA 7-2
CARTA CANTA (*)
di Luciano Seno
"Veramente la scoperta che c'è un'Italia berlusconiana mi colpisce molto: è la peggiore delle Italie che io ho mai visto, e dire che di Italie brutte nella mia lunga vita ne ho viste moltissime.
Però la volgarità, la bassezza di questa Italia qui non l'avevo vista né sentita mai. Il berlusconismo è veramente la feccia che risale il pozzo".
(Indro Montanelli, 26 marzo 2001)
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(*) Chiedo venia a Marco Travaglio

RESISTENZA - 6/2/05


CORSERA 6-2
Corsivo
“Comunisti” inetti
Non hanno impedito al Cavaliere di diventare un signore tra i più ricchi d’Europa
di ENZO BIAGI
Dice Formigoni: «Forza Italia si è un po’ seduta». Non sarebbe un guaio devastante: si ha invece l’impressione che si sia magari un po’ intasata la vena polemica del presidente del Consiglio nella grossolana distinzione tra Male e Bene. Non sono, e non lo sono mai stato, comunista, ma ho avuto sempre rispetto per quel partito: nei 14 mesi in cui ho fatto parte, durante la guerra, della Brigata partigiana «Giustizia e Libertà» non ho incontrato in montagna liberali o ragazzi di destra. E, in fondo, i compagni del Pci non debbono essere poi così malvagi se le loro trame non hanno impedito all’onorevole Silvio Berlusconi non solo di entrare in politica salvandosi da qualche inconveniente, ma addirittura di diventare un signore tra i più ricchi d’Europa.
Senza dubbio è bravo, anche nella scelta degli amici: quel Bettino Craxi - ad esempio - che pianta a Londra una conferenza internazionale per venire con una legge o un provvedimento di urgenza a salvare le tv dell’amico Silvio. E deve essere proprio Unto del Signore, come è stato rappresentato, e possiede qualche unguento miracoloso che, applicato nelle giuste dosi, può addirittura trasformare il falso in bilancio in una deplorevole distrazione di qualche contabile. Ha detto: «Ci sono anche momenti eroici, e alla fine conta quello che c’è di attivo». Come no.
Ha detto Romano Prodi: «Questo Paese merita un po’ di felicità». Ne ha passate tante. Quando, in giro per il mondo, mi è capitato talvolta di sentirmi dire: «Lei è orgoglioso di essere italiano?». Ho sempre risposto: «Non vedo motivi di alterigia o di superbia, sono soprattutto contento dell’umanità della mia gente». Durante la guerra e le varie occupazioni straniere su un muro di Roma apparve una scritta: «Andatevene tutti, lasciateci piangere da soli».
Il cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, invita gli amministratori pubblici a mettere «la giustizia sopra ogni cosa». Se ho capito bene, credo includa anche gli appalti e le licenze.
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L’UNITA’ on-line 6-2
EDITORIALE
Un po' di felicità
di Furio Colombo
Se questo fosse già un Paese normale, con una stampa e una televisione normale, gli italiani avrebbero visto in diretta, e constatato in ogni cronaca, un fenomeno sorprendente: Silvio Berlusconi è apparso di colpo molto piccolo, un nano (l’affermazione è politica) non solo a confronto con i suoi avversari, ma accanto all’Italia, ai suoi cittadini preoccupati, ai suoi problemi.
Ma il precipitare del capo del governo, di Forza Italia, della "Casa della Libertà", e di una costellazione di grandi aziende mediatiche, pubblicitarie, assicurative, bancarie, si deve prima di tutto a ciò che Berlusconi ha fatto e detto di sua iniziativa negli ultimi tre giorni, che adesso appaiono come una improvvisa rivelazione. È vero, a causa del blocco delle informazioni che incatena l’Italia non tutti, non tanti italiani si sono resi conto in pieno dell’evento.
Ma l'evento ha finito per venire alla luce proprio per la succube fedeltà dei media: Berlusconi ha voluto precipitosamente correre davanti alle telecamere perché temeva di esser oscurato.
Temeva di essere oscurato dal Congresso Ds. Sapeva benissimo che si sarebbe tornati continuamente a lui e al suo nome con un po' di denigrazione, molte accuse di incapacità e frecciate alla sua immagine, ora drammatiche (perché drammatica è la situazione italiana) ora spiritose. Ma la sua vera preoccupazione, un'ansia così incontenibile da spingerlo all'imprudenza, al grave errore mediatico (proprio lui) era l'irrompere, al centro della scena, dei fatti e problemi con cui si dibatte l'Italia. In questo l'unico presidente del Consiglio Europeo che risieda ufficialmente in una villa abusiva, ha avuto fiuto, più fiuto di molti illustri commentatori ed editorialisti che pure gli stanno vicino. Ha capito, da buon Mago di Oz, il pericolo: avrebbero portato in scena l'Italia nelle sue dimensioni reali, devastazioni, problemi, speranze.
Un capo di governo normale, in una normale democrazia sa di essere esposto a bufere di critiche, chiamate anche “impegno costituzionale della opposizione”. Ma Berlusconi è un Mago di Oz stizzoso e vendicativo, a cui non va giù la critica, neppure la più mite. Lui nutre una sincera adorazione per se stesso che, come sappiamo, gli fa velo (ovvero gli fa perdere il controllo) quando si levano voci di dissenso. Con buon istinto, però, Berlusconi ha visto subito il vero pericolo: non che si parlasse male di lui, che è già inaudito, ma che si parlasse bene dell'Italia, intesa come un Paese carico di energia e di valori che, se governato da gente pulita, competente, normale, può rifiorire. Ma ha capito che se lasciava libero il video, molti spettatori avrebbero intravisto come può, in altre mani, rinascere l'Italia e tornare ad essere un libero, normale e prospero protagonista della nuova Europa.
Il leader politico della più grande impresa mediatico-pubblicitaria che abbia mai governato un Paese democratico, non lo poteva permettere. Di qui la corsa a mettere insieme in poche ore una assemblea di impiegati, detto “consiglio nazionale di Forza Italia”. Di qui la decisione di far spettacolo, occupando televisioni, radio e giornali.
L'idea era questa: qualunque cosa voi diciate, io griderò «comunisti!». E poiché sono molti - per ragioni di lavoro - a venirmi dietro, mi basterà denunciare, momento per momento, coloro che osano criticarmi. Se sarà necessaria qualche calunnia non ci tireremo indietro, deve aver detto ai suoi impiegati che hanno compilato e distribuito il «dossier» su l'Unità, altra trovata per deragliare l'attenzione degli italiani dal Congresso Ds.
Dove sta il clamoroso errore mediatico del nostro uomo, motivato, come sempre, da cattive intenzioni ma non furbissimo? Abituato ai suoi circhi di cartapesta, tutto Berlusconi si sognava, tranne che il Congresso Ds si dedicasse a discutere l'Italia, un vero impegno di governo.
Ecco dove è apparso all'improvviso il problema di Berlusconi. A confronto con fatti veri, la sua figura non si vede. Accanto a un programma che non si occupa del passato ma del futuro, Berlusconi non si nota. Se confrontate veri problemi con un leader invadente, autoritario, intollerante, ma vistosamente incompetente capo di un governo che dovrebbe fermare il rotolare in basso dell'Italia smettendola di mentire, la sua figura scompare. Niente fa pensare che chi ha creato tutti i problemi italiani possa risolverli. Sempre meno cittadini ci credono.
E proprio mentre lui - Berlusconi - voleva attrarre l'attenzione su di sé, ripetendo le sue accuse di comunismo che hanno smesso di fare colore, al Congresso Ds ha cominciato a parlare Romano Prodi, il leader che guiderà il più importante confronto elettorale che l'Italia abbia mai vissuto.
Per un errore di protagonismo di Berlusconi, la sua voce modesta, risentita, vendicativa, tutta dedicata a un inesistente passato, si è sentita nel suo improvvisato controcongresso. Proprio mentre in un luogo vero, fra gente vera, si dibatte il Paese sotto Berlusconi.
Il problema dell'uomo di villa Certosa, residenza abusiva del primo ministro, è di farsi trovare in scena mentre parla Prodi, di farsi cogliere dalle telecamere mentre è intento a fare siparietti sul comunismo. Prepara una scenata contro il socialismo riformista contiguo al comunismo contiguo al terrorismo.
Sono seguiti sussulti penosi e un po' infantili di rabbia, frasi del tipo «hanno l'unico fine di conquistare il potere. Questa pura eventualità, che resterà tale perché noi la impediremo, getterebbe il Paese nel caos e nella ingovernabilità». Oppure: «I comunisti non sono come prima, sono peggio di prima». Ecco lo scherzo giocato dal vero Congresso Ds al finto congresso aziendale di Berlusconi. I tg comandati da Gasparri c'erano. L'uomo è apparso a tutti nelle sue vere dimensioni, rispetto al mondo politico adulto. Piccolo, molto piccolo. Non è una questione di tacchi. Lo ha detto Fassino nel suo discorso di chiusura. «Piccolo, a confronto con un grande disastro».
Giustamente, guardando a questo paesaggio, Romano Prodi ha concluso: «L'Italia merita un po' più di felicità».
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RESISTENZA 5/2/05


REPUBBLICA on-line 5-2
Nuovo attacco del premier
Berlusconi: "Sinistra al potere? Per il paese sarebbe il caos"
FIUGGI - L'eventualità che la sinistra andasse al potere "getterebbe il paese nel caos e nella ingovernabilità, come sa la maggioranza degli italiani".
Lo dice il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un messaggio al Congresso del Pri letto da Sandro Bondi. Riferendosi alla politica estera, Berlusconi afferma: che i suoi avversari "sono sempre dalla parte sbagliata e nel tempo sbagliato. Recitano, sempre in ritardo, una parziale autocritica, ma poi ripetono sempre immancabilmente gli stessi errori".
Ma al congresso dell'Edera c'è spazio anche per la polemica interna. All'arrivo del forzista Sandro Bondi sono volati fischi fischi e improperi diretti alla dirigenza del partito, per le scelte politiche fatte in questi ultimi mesi dal Pri come forza di coalizione della Cdl. A lanciarli, la minoranza del partito, rappresentata da esponenti dell'Emilia Romagna, che ha contestato, così, anche la presenza del coordinatore nazionale degli azzurri. Dopo alcuni minuti di parapiglia, in cui le diplomazie dei vertici del partito tentavano di calmare gli animi dei contestatori, è intervienuto Giorgio La Malfa: "Di questi imbecilli, di questi tipi, di queste presenze ne facciamo volentieri a meno". Solo dopo alcuni minuti è stato possibile riprendere il regolare svolgimento dei lavori congressuali.
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CITAZIONI
"Lo scarso senso delle istituzioni di un premier che convoca il giorno di apertura di un congresso di un partito dell'opposizione un raffazzonato consiglio nazionale di Forza Italia per offuscare il congresso degli avversari. E' una cosa penosa, il risultato è che voleva offuscare ed è stato offuscato".
"Il paese è grande ma la sua guida è piccola. Il premier non ha un progetto e nemmeno una visione del paese.”
“Tra l'altro, se perdi sempre da tre anni, ti vorrai chiedere perché? Anche se Berlusconi lo fa ora non ce la fa più ugualmente".
(Piero Fassino, Repubblica 4-5)
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"Io sostengo da tempo che quello dell'anticomunismo è un po' un disco rotto.”
(Vicepremier Marco Follini, Corsera 5-2).
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RESISTENZA - 4/2/05


REPUBBLICA on-line 4-2
Nuovo affondo di Silvio Berlusconi
"La sinistra al governo è ancora un pericolo"
ROMA - "Nel '94 siamo scesi in campo contro la sinistra, non volevamo la sinistra al governo; il pericolo della sinistra è ancora un pericolo attuale". Silvio Berlusconi chiude il suo intervento al Consiglio nazionale di Forza Italia, con il solito affondo contro la sinistra. Usa i toni consueti il premier, calcando la mano sulla strategia già usata molte altre volte. Anche perché, continua il premier, ''gli italiani da convincere sono ancora molti''. Il 29%, rivela Berlusconi citando un sondaggio. "C'è un vasto campo da arare" scandisce il presidente del Consiglio.
L'affondo contro la sinistra è ormai consueto. Contro "un'opposizione che non è democratica, che non ha compiuto il tragitto verso la democrazia, che non ha tagliato i ponti con il passato, nel cui interno sta prevalendo la linea più radicale, una opposizione che ha mantenuto la metodologia del sistema comunista, che fa politica capovolgendo la realtà, attraverso i suoi uomini e i suoi mezzi della comunicazione, che fa della conquista del potere il suo unico scopo. Dicono di essere riformisti e non presentano programmi".
L'ultrimo capitolo dello scontro tra i Ds e Forza Italia passa per l'Iraq. Si chiede Berlusconi: dove era il centrosinistra quando terminava il governo di Saddam? "Eravate - risponde il premier - a manifestare contro chi lottava per la libertà in Iraq ed in Parlamento bocciavate le proposte di mandare i soldati italiani in missione".
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CITAZIONE
L'anomalia del bipolarismo italiano "non è che ci siano forze estreme, o perfino estremiste, nelle coalizioni, ma che in Italia l'estremismo sia alla guida".
(Massimo D’Alema, Repubblica, 4-2)
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WWW.INMOVIMENTO.IT 4-2
EDITORIALE
E' arrivato il ventisette
di Paolo Galletti
Il miracolo non c'è stato. Oppure non ce ne siamo accorti, condizionati dal nostro essere di parte e dallo scetticismo che ci contraddistingue in quanto popolo abituato a sentirne di tutti i colori ed a vederne di realizzati molti di meno. Eppure la busta paga l'abbiamo guardata bene con i colleghi: del tanto sbandierato abbattimento delle imposte si è vista, nel migliore dei casi, solo qualche briciola... ci deve essere stato un complotto degli uffici del personale.
In compenso dal primo di Gennaio abbiamo già appreso che l'Ici aumenterà (dello 0,4 per mille a Firenze, da dove scrivo) e che tutta una serie di piccoli balzelli sono stati sparsi qua e là lungo il già faticoso cammino del cittadino consumatore e soggetto passivo di imposta.
Qualche esempio: aumentano i bolli sui conti correnti bancari, sul modulo di fidejussione bancaria dovrà essere apposta marca da bollo da 11 euro (chiaramente il costo sarà ribaltato sul cliente ), l'imposta sulle vincite del lotto dal primo dell'anno è passata dal 3 al 6%.
Insomma l'abbattimento delle aliquote può essere servito ad ispirare gli strateghi del marketing della Casa delle Libertà, ma certamente serve e servirà a poco alle tasche di tutti noi, confermando le cupe previsioni apparse all'atto del proclama di Re Silvio su quasi tutti gli organi di stampa.
Quello che all'epoca non è stato scritto è che in realtà il peso fiscale effettivo che andrà a gravare sugli italiani, tra imposte dirette ed indirette, aumenterà di parecchio.
Continua a non esistere, infatti, una seria politica contro il fenomeno dell'evasione fiscale (che sciocco, come potrebbe?) né una politica di effettivo rilancio di un sistema economico che fa acqua da tutte le parti perché la classe imprenditoriale si guarda bene dall'investire in un mercato con una domanda in fase costantemente discendente, con consumatori che vedono ridursi ogni giorno il loro potere d'acquisto nè trovano impieghi remunerativi ai risparmi residui dato che la contingenza è tale da mantenere a livelli irrisori i rendimenti sui titoli "sicuri".
Né dall'estero si fanno particolarmente tentare, visto che siamo l'unico paese occidentale che continua a ridurre le pene per il reato di falso in bilancio ( è della scorsa settimana l'approvazione a colpi di maggioranza dell'abbattimento da due a tre anni della pena ) rendendo ulteriormente inattendibili i documenti prodotti dalle aziende e quindi sempre più difficile capire cosa c'è dietro una realtà industriale. Il fatto che poi Bruno Vespa continui a fare trasmissioni tv sulla tutela dei risparmiatori senza nemmeno citare l'avvenuta ulteriore concessione ai maghi della finanza creativa , fa parte della tattica imbonitrice che il regime ( sempre e quanto più regime ) sta imponendo via etere agli Italiani.
Alla fine riusciranno anche a convincere un pò di persone che davvero Re Silvio le tasse le ha ridotte, e che poi non è colpa sua se questo sistema così zeppo di regole e di impedimenti ( tra questi anche i bilanci, documenti invero piuttosto noiosi nei quali ad una uscita dovrebbe tener testa una entrata possibilmente di importo superiore all'uscita, o almeno quasi uguale, ma insolla una vera barba...) non consente ai sudditi di godere dell'elargizione . Senza poi parlare di quel fastidioso ronzio, leggero per la verità, ma sempre poco gradevole, rappresentato da questa opposizione che in genere se ne sta a cuccia a rosicchiare l'osso, ma dalla quale ogni tanto salta su qualche ossesso a gridare che la barca naviga a caso, senza regole e senza rotta, in balia delle bizzarrie del comandante . Come sarebbe bello, cantano in coro i ciambellani di Palazzo, se Re Silvio potesse decidere secondo estro invece che secondo legge: l'Italia diventerebbe tutta come Villa Certosa, Come Arcore, un giardino di fiori.Tutti finti.
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STORIELLE DI REGIME
CATENA DI SAN LIBERO 4-2
PONTI - Lo faranno non piu' fra Messina e Villa, ma direttamente fra Messina e Salerno. Questo per evitare gli occasionali disagi (di cui il governo non e' responsabile) della prossima nevicata. Che e' comunque da addebitare (neve=freddo, freddo=Siberia, Siberia=comunismo) ai communisti. Quanto a dimettersi, acca' nisciuno e' fesso, come si dice in Brianza.
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SPETTACOLI - Italia da salvare, il communismo incalza, Craxi era un grand'uomo, se vince Josif Prodi miseria e oppressione per tutti. In seconda visione, al cinema.
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ELICOTTERI - Ottimo quello di Bush: lo faranno in Italia, grazie ai buoni uffici di Berlusconi. Pessimo quello dei 5 elicotteristi italiani che si rifiutarono di uscire in missione l'anno scorso e finirono alla corte marziale per "codardia" (Corriere della Sera, 2 dic.2004); assolti alla fine, perche' i mezzi erano davvero inadeguati. L'elicottero di Bush lo fa la ditta Agusta. Il conte Agusta, antico proprietario, era iscritto alla P2 (come il procacciatore dei buoni uffici). Chi sono gli eredi, adesso?
riccardoorioles@libero.it
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RESISTENZA 3/2/05


REPUBBLICA on-line 3-2
Berlusconi: "Gli uomini di sinistra scelgono il male"
"Un bel risultato offuscare il congresso dei Ds"
ROMA - La battaglia tra maggioranza e opposizione si consuma anche a colpi di esposizione mediatica. Mentre al Palalottomatica di Roma si svolge il terzo congresso dei Ds, a pochi metri di distanza, al Palacongressi dell'Eur, si riunisce il consiglio nazionale di Forza Italia. "Se riuscissimo ad offuscare il congresso dei Ds sarebbe un bel risultato", dichiara Silvio Berlusconi al suo arrivo.
Rispondendo ai cronisti che gli chiedevano se l'incontro azzurro non fosse stato convocato proprio per togliere spazio alla relazione di Fassino nei telegiornali, il presidente del Consiglio ha detto: "Lo facciamo perché c'è, non so se lo sapete, una campagna elettorale importante come quella per le Regionali. Forza Italia", ha aggiunto, "non si trovava con tutti i suoi eletti da tanto tempo. Oggi si torna ad essere un movimento che prepara anche le elezioni".
Il clima elettorale è evidente nelle parole che Berlusconi indirizza ai suoi: "La sinistra", dichiara, "sta sempre dalla parte sbagliata. E' stata contro Hitler, ma non contro Stalin. Certo", aggiunge, "non sono così cieco da non saper distinguere Stalin da Fassino... Fassino poi è così magro e non ha i baffi".
Riferendosi poi alle prossime consultazioni, il premier si dice fiducioso: "Tutti i sondaggi migliori, quelli che non hanno sbagliato un dato, ci dicono che Forza Italia è oggi al 24 per cento, cioè sui suoi standard normali prima di ogni campagna elettorale". Berlusconi ha aggiunto che, sempre secondo i sondaggi, il suo indice di gradimento è a 47,5% e la Cdl supera di tre punti il centrosinistra e "nelle prossime elezioni, la supererà molto di più".
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CITAZIONE
I Ds sembrano viaggiare sulla cresta dell’onda. Dal modesto 17% ottenuto nelle elezioni del 2001 giungono oggi a raccogliere, secondo i sondaggi, il consenso di quasi un italiano su quattro (25%). Con ulteriori possibilità di espansione in una quota consistente di elettorato. Insomma, i diessini riescono a costituire una possibile scelta elettorale per circa il 40% degli italiani.
(Renato Mannheimer, Corsera 3-2)
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L’UNITA’ on-line 3-2
BANNER
Domanda: «Lei pensa che Berlusconi sia oggi un avversario forte o più debole?». Risposta: «Berlusconi è un uomo molto ricco. È uno degli uomini più ricchi del mondo e sa usare molto bene la sua ricchezza. Ma ormai la gente lo conosce, e questo è molto importante».
Romano Prodi, Tg3, ore 19,20, 2 febbraio
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Sommario di I pag.
Berlusconi: il nemico è «L'Unità», giornale nazifascista
L’Unità non è simpatica a Berlusconi. Di conseguenza non è simpatica al partito di cui il premier è il capo. E così Forza Italia, impegnata in una riunione a Roma, distribuisce un libercolo di trenta pagine per indicare agli azzurri, e al mondo, chi è il nemico: da biasimare , possibilmente, colpire. L'Unità, appunto. Al nostro giornale gli uomini stipendiati dal premier imputano tutto o quasi, compresa l'istigazione al berlusconicidio (non ancora il regicidio, per fortuna) al vilipendio alla famiglia e al "povero" Dell'Utri.
Secondo questo pamphlet il nostro gionale è «a metà strada tra la rappresentazione del “nemico del popolo” (matrice comunista) e la descrizione orripilante delle caratteristiche fisiognomiche dell'ebreo (matrice nazista). in Polonia la chiamerebbero “sindrome nazicomunista”».
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La risposta di Furio Colombo
«Per quello che sento dire di questo dossier - ha commentato il direttore dell'Unità, Furio Colombo - si tratta di un puro e semplice attentato alla libertà di stampa attraverso la potente intimidazione di persone che hanno il potere». «Facciano l'esempio di un solo titolo o di un solo articolo -- continua Colombo -- Ogni titolo è politico e mediamente è più mite nei confronti di Berlusconi rispetto ai titoli dell'Independent o del Guardian contro Blair o degli editoriali del New York Times nei confronti di Bush».
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EUROPA on the Web 3-2
EDITORIALE
L’ultimo autogol del Cavaliere
Inutile stare a fare tanti discorsi sul taglio delle tasse: nessuno sa giudicare meglio di chi legge la sua busta paga.
E ora un sondaggio Ipsos mette in luce ciò che in molti sospettavamo: gli italiani sono in maggioranza delusi da quello che hanno trovato nelle loro retribuzioni.
L’effetto annuncio è rapidamente svanito. I numeri reali hanno sostituito le promesse, e anche chi riconosce che il “taglio” ha prodotto qualche euro in più in busta è ugualmente scontento, probabilmente perché ha realizzato che ciò che si ottiene in più da una parte è simultaneamente sottratto dall’altra. Con interessi che rendono il saldo negativo per la stragrande maggioranza delle famiglie, che sanno bene quanto pesino le nuove imposte sui loro bilanci.
La mossa berlusconiana del “meno tasse per tutti” rischia dunque di diventare un clamoroso autogol, perché non si scherza con la pazienza degli elettori.
Nè si può pensare di scherzare con la pazienza dell’Europa. Ieri dalla commissione è venuto al governo italiano un avvertimento sulla situazione dei conti pubblici che è impossibile ignorare. Al di là di tanti fumosi discorsi sul patto di stabilità, la realtà evidenziata in sede europea mostra una pericolosa tendenza a sforare la soglia del fatidico 3%. E questo è un lusso che l’Italia, con il debito che si ritrova, non può assolutamente permettersi. Per il 2005, dicono da Bruxelles, ci sono molti dubbi, e sono alte le possibilità che occorra quella manovra correttiva che Berlusconi ha categoricamente escluso.
Per il 2006 la situazione potrebbe essere ancora peggiore, perché si esaurirà l’effetto delle misure una tantum.
Non solo. Mentre riapre il cantiere europeo che dovrà rilanciare la competitività, con l’aggiornamento delle strategie di Lisbona, l’Italia arranca per varare un provvedimento che, proprio in materia di competitività, il governo aveva promesso da mesi a industriali e sindacati. Il motivo dell’impasse è noto: la cronica mancanza di risorse, che rende praticamente impossibile mantenere gli impegni assunti.
E allora, si chiedono in tanti (sempre di più): visto i tempi di “vacche magre” non sarebbe stato meglio investire i pochi euro che c’erano in cassa per rendere l’Italia più competitiva, invece che regalarli a pochi privilegiati (che neanche se ne sono accorti)?
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RESISTENZA - 2/2/05


IL FOGLIO D’ORDINI DEL MINCULPOP DI BERLUSCONI
L’UNITA’ on-line 2-2
EDITORIALE
Guerra, guerriglia e voto
di Furio Colombo
In Italia si è riformato quello che una volta si chiamava «l’Arco costituzionale» . In tempi di democrazia italiana comprendeva tutti i partiti che avevano lottato contro il fascismo o almeno consideravano base fondante del Paese la Resistenza e la Costituzione. Erano esclusi i neo fascisti. L’arco si è riformato. Include tutti coloro che accettano le graduatorie di fatti stabilite dal governo come «importanti». Il governo stabilisce il fatto che conta. Chi non ci sta è fuori. La parola «radicale» è stata tolta al suo contesto storico (e alla designazione politica italiana che indica i militanti di Marco Pannella) per farne una gabbia. In essa, di volta in volta, vengono messi in mostra e additati, come stravaganti o come nemici, coloro che non riconoscono vincolante l’ordine del giorno del governo.
Esempio: l’altra settimana Panorama nota che l’Unità non ha messo, come tutti, in prima pagina, la notizia che la giudice Forleo stava per rilasciare due islamici (sospetti di pericolosi contatti) per mancanza di indizi. Immediatamente, secondo il modello Castelli, partono gli ispettori. I colleghi di Panorama esigono una spiegazione. La ottengono, lunga, motivata. Con riferimenti precisi (quel giorno l’Unità non voleva ignorare l’ottima vittoria elettorale dell’opposizione in due collegi di ferro berlusconiani). Panorama ha fatto della finta intervista venti righe sarcastiche. Ha esposto la gabbia dei radicali irriducibili, ovvero di coloro che non seguono l’odg del governo.
Esempio: l’Unità, pur sapendo che sul voto iracheno è d’obbligo la celebrazione anche un po’ affannata, meglio se accompagnata da un riconoscimento di errore ha notato già dal titolo che quelle elezioni hanno certo un valore.
Hanno votato in tanti. Ma tutti sciiti nelle regioni sciite e tutti curdi nelle regioni curde, mentre i sunniti non hanno quasi votato. Vede il pericolo del voto diviso. Così facendo si mette fuori dal nuovo arco di osservanza e viene subito esposta nella gabbia dei comportamenti pericolosi.
Ecco il titolo del Corriere della Sera del 1° febbraio: «Il partito degli irriducibili». Il pacchetto comprende chi ha avuto dubbi sulla guerra, a causa delle gravi bugie che l’hanno provocata, chi ha avuto dubbi sulla missione italiana perché, sotto bandiera belligerante inglese e americana, non poteva essere missione di pace. Perciò, come dice quell’irriducibile dell’ex Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, viola la Costituzione. E coloro che hanno dubbi sul voto, perché è stato abbastanza grande (certo molto più del previsto) ma diviso lungo linee rigorosamente etniche e religiose. Ce ne è abbastanza per essere esposti nella gabbia degli irriducibili.
Un tempo un redattore si sarebbe domandato «irriducibili» rispetto a cosa? La stampa di tutto il mondo prende atto del sorprendente numero dei votanti, ma non fa finta di non vedere che stanno nascendo tre Iraq, uno sciita, uno curdo, uno sunnita (che non ha votato). Non divide i giudizi in ortodossi e irriducibili perché, altrimenti, si dovrebbe considerare «irriducibile» il giornalista inglese Robert Fisk, l’unico ad andare in giro da solo per le strade di quel Paese e a dire la gravità di ciò che accade ogni giorno. Il giornale di Fisk oggi intitola «Dubbi su Allawi» e «L’altra Iraq aspetta ancora il vento del cambiamento».
E si dovrebbe considerare «irriducibile» il Washington Post che, il 2 febbraio, apre con questo titolo: «Voto in Iraq, vantaggi per Bush, ma persino alla Casa Bianca vi sono dubbi e incertezze».
Washington può avere dubbi e incertezze perché la sua opinione giornalistica non subisce ispezioni dei colleghi ortodossi e ognuno è libero di avere dubbi sulla guerra in Iraq e di avere ansie sul voto in quel Paese e sulle effettive conseguenze di quel voto, senza essere rinchiuso nella gabbia degli irriducibili. Dovunque nei Paesi democratici, le opinioni hanno peso e dignità uguale. Da noi c’è la grande demarcazione: chi sta al gioco unico e si presta (magari con qualche scostamento di punto di vista) a seguire l’ordine del giorno del governo. E chi - evidentemente privo di istinto politico - resta fuori.
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CITAZIONE
Il voto in Iraq è stato preso a pretesto da molti polemisti dell'area moderata e dai conservatori per scagliare un attacco contro i pacifisti. Il ragionamento è molto semplice, è una specie di sillogismo con sei passaggi. Questi: la partecipazione massiccia al voto dimostra che in Iraq è iniziata la democrazia. Sotto Saddam la democrazia non esisteva. La guerra, cioè l'invasione anglo-americana, è stata la causa del rovesciamento di Saddam. Dunque la guerra ha portato la democrazia. E siccome la democrazia è giusta, allora anche la guerra è giusta. Per tutte queste ragioni i pacifisti che si opponevano alla guerra devono ricredersi. Ora c'è come una volontà di rivalsa e di vendetta. Si vuole il ritorno della realpolitik, cioè della politica della forza, e si vuole la punizione e la cacciata degli intrusi.
(Piero Sansonetti, Liberazione 2-2)
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REPUBBLICA on-line 2-2
L’Europa avverte di nuovo Berlusconi: "Siete a rischio deficit"
Bocciati i tagli alle tasse – necessaria manovra aggiuntiva
BRUXELLES - La Commissione europea è preoccupata per l'andamento dei conti pubblici di Italia, Francia e Germania. Nell'analizzare i programmi di stabilità 2004-2008 delle tre più grandi economie della zona euro, Bruxelles rileva che per l'Italia le misure di bilancio "non garantiscono un margine sufficiente contro il rischio di superare la soglia del 3% nel rapporto deficit-Pil", mentre per Francia e Germania, entrambe sotto procedura per deficit eccessivo, constata la situazione di "vulnerabilità" delle loro finanze pubbliche. I giudizi sono stati approvati oggi.
Sulla scorta di queste previsioni, la Commissione ha rivolto una serie di raccomandazioni all'Ecofin. Per evitare il rischio di sforare il 3% nel rapporto deficit/Pil nel 2005 e 2006, l'Italia dovrà prendere "misure aggiuntive di bilancio". Bruxelles chiede all'Italia anche di assicurare un ritmo "più veloce" di riduzione del debito pubblico. La Commissione inoltre mette in guardia dal fatto che i tagli fiscali voluti dal governo italiano rischiano di avere un impatto negativo sui conti in quanto "mentre ufficialmente è prevista una sua neutralità sul deficit, la riforma fiscale del 2005 rischia di avere un effetto negativo sull'equilibrio di bilancio".
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RESISTENZA - 1/2/05


IL RIFORMISTA 1-2
Corsivo
Casini, Berlusconi e l’equivoco del principale
Em.ma
Il presidente della Camera, parlando all’assemblea di An, ha saggiamente detto che «è finito il tempo delle ossessioni», ma avrebbe dovuto usare il condizionale. Infatti egli stesso ha aggiunto: «Tanti moderati devono emanciparsi dall’ossessione del comunismo, e la sinistra deve liberarsi dall’ossessione di Berlusconi». Ma mentre il comunismo non c’è, il Cavaliere c’è. Questo fatto non giustifica l’ossessione di cui parla Casini, ma può spiegarla. Non si spiega invece «l’ossessione» strumentale del Cavaliere. Il quale è il leader della Casa delle libertà, in cui Casini, come Fini, ha un ruolo essenziale per la collocazione istituzionale e le forze che rappresenta. Parlare di comunismo e totalitarismo è sciocco, anche perché il centrosinistra è stato al governo e, sbagliando, non pose mano alla legge sul conflitto di interessi, proprio per non essere accusato di «colpire l’avversario politico». Altro che totalitarismo! Berlusconi, infatti, è poi tornato al governo. E allora? Allora, caro Casini, c’è da chiedersi chi nella Casa delle libertà decide l’impostazione della campagna elettorale. Per dirla con Storace, se il Cavaliere è il vostro principale alleato o se è il Principale.
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martedì 25 gennaio 2005
Tutti insieme nella casa di padre Berlusconi
Em.ma
Avete visto e sentito in tv Berlusconi che parlava al Congresso del Nuovo Psi di De Michelis? Sembrava un buon padre di famiglia che provvede a tutto e a tutti, purché restino in Casa. Patrocinava la ricostituzione del partito che fu di Turati, Matteotti, Nenni, Saragat e Craxi. Annunciava che a Casa c’è chi vuole la rinascita del Partito liberale che fu di Croce, Einaudi e Malagodi, e sarà lui stesso a provvedere. E aiuterà ad esistere il Pri che fu di Pacciardi, La Malfa e Spadolini. Ora aspettiamo il Congresso dell’Udc, sempre a Casa, dove il Cavaliere patrocinerà la ricostituzione del partito che fu di Sturzo, De Gasperi e Moro. Ci sarà spazio anche per Formigoni. Poi metterà insieme Fini, Rauti e la Mussolini, e anche Vittorio Emanuele, lo scemo, e si adoprerà per una destra del Re e del Duce, di Starace e di Storace. Infine c’è da aspettarsi che Adornato e Bondi rifondino - altro che Bertinotti! - il Pci di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer (senza fame, morte e terrore), tutti a Casa, con Silvio al Quirinale e Gianni a Palazzo Chigi. Don Gianni invece avrà il patrocinio del Cavaliere per diventare Papa. E così la Casa è sempre più grande. Ragazzi, non ho scherzato.
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CRONACHE DEL REGIME
WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 1-2
"Batti e Ribatti": arriva l'uomo del Cavaliere
"Batti e ribatti", la striscia quotidiana di approfondimento nata per sostituire "Il Fatto" dell'epurato Enzo Biagi, tornerà in fascia preserale (alle ore 20:30) a partire dal 7 di febbraio. La conduzione è stata affidata a Riccardo Berti che, come fresco collaboratore dell'ufficio stampa di Forza Italia, saprà certamente garantire una giusta dose di imparzialità.
La sostituzione di Pierluigi Battista e Oscar Giannino (quest'ultimo ha recentemente presentato il programma in fascia pomeridiana), con il nuovo conduttore è talmente scioccante che persino il consigliere Rai Marcello Veneziani si è detto "preoccupato": "Vorrei capire i criteri e conoscere il senso di questa scelta", ha affermato annunciando che presenterà seri interrogativi al consiglio di amministrazione della tv pubblica.
Perplessità sono state avanzate anche dagli esponenti dell'Udc, che ha "preso atto con soddisfazione" della reazione di Veneziani.
"C'è più di un dubbio su come si sia giunti alla sostituzione di Oscar Giannino (cui l'Azienda deve essere grata) con il pur qualificato Riccardo Berti - ha chiarito il centrista Antonio Iervolino - speriamo che anche altri Consiglieri condividano questi dubbi".
Paolo Gentiloni ha invece annunciato che la Margherita chiederà al direttore di Rai1 Fabrizio Del Noce di venire in Commissione di Vigilanza della Rai per spiegare "se le decisioni del direttore di rete coincidono con le strategie aziendali e se i vertici aziendali le condividono".
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La Rai tappa la bocca a Paolo Rossi
Non andrà in onda la seconda puntata dello spettacolo di Paolo Rossi "Questa sera si recita Moliere", che era stata programmata sulla seconda rete Rai. Improvvisamente la televisione pubblica ha deciso di lasciare tutto a metà: chi ha visto la prima parte, oltre un milione di spettatori che pagano il canone, non potrà insomma vedere la seconda.
Non si può certo dire che il comico l'abbia presa bene, Rossi ha subito sfogato la sua rabbia parlando con i giornalisti.
"Da una parte mi viene da piangere, dall'altra mi viene da ridere - ha affermato - ormai in tv la satira politica è proibita. E un paese dove la satira non è ammessa è governato da gente che ha paura della sua ombra anche quando è al buio".
Dello stesso tono anche il commento di Paolo Guerra, manager dell'artista, secondo il quale siamo di fronte ad una palese "censura politica".
"Il linguaggio di Rossi è incompatibile con questa Rai - ha aggiunto - nemmeno di notte c'è la libertà di dire qualche cosina di diverso da quello che il presidente del Consiglio vuole che si dica attraverso le sue sette reti televisive".
Decisamente arrabbiato anche il diessino Giuseppe Giulietti, secondo cui questa vicenda "conferma che la cultura della censura e delle liste di proscrizione, impasto di arroganza e dilettantismo, è più in voga che mai nella Rai di Cattaneo".
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