giovedì, gennaio 27, 2005

RESISTENZA - 27/1/05

CORSERA 27-1

I poco eleganti segreti di Villa Certosa

IL premier Berlusconi e il titolare del segreto di stato Berlusconi secretano i lavori voluti dal miliardario Berlusconi in una delle sue ville

di GIAN ANTONIO STELLA

«Segretissimo». Come i documenti segreti del Politburo, i codici segreti dei missili atomici americani o il segreto di Fatima. Il decreto di Beppe Pisanu che blocca ogni inchiesta dei giudici sul porticciolo, le piscine e i lavori fatti alla Certosa, la villa sarda di Berlusconi, non può esser visto neppure dal Comitato per i servizi di sicurezza. Il quale, denuncia la sinistra, è stato in questi anni informato di tutto: tutto, meno i segreti di Porto Rotondo.

Segreti che a questo punto rischiano di paralizzare l'organismo parlamentare, quattro contro quattro, per la prima volta nella storia. Prossimo appuntamento, la settimana a venire. Ma il braccio di ferro rischia di farsi ancora più duro.

Una decisione rara. Molto rara. Presa, in tanti anni, soltanto una decina di volte e in casi spinosissimi. Così rara è, storicamente, la scelta di opporre un segreto di Stato, che neppure una volta il governo, in questi quattro anni, s'era posto il problema. Nonostante siano stati anni difficili. Eppure mai, neppure una volta, Berlusconi aveva messo il timbro «top secret». Lo ha fatto sulla sua villa in Sardegna. Nel momento in cui la magistratura, dopo una serie di denunce delle opposizioni, aveva cominciato a mettere il naso sui lavori compiuti in questi anni, a partire dallo sbancamento di un tratto roccioso per costruire un pontile nascosto, ribattezzato dai cronisti «pontile alla 007».

Ma non basta. Il segreto di stato, deciso nella scia del decreto Pisanu del 6 maggio 2004, un decreto che fissava alcuni criteri di massima sulla sicurezza e che era stato varato lo stesso giorno (coincidenza!) in cui La Nuova Sardegna pubblicava le fotografie dei lavori per il pontile e l'anfiteatro, non era neppure «firmato» dal presidente del Consiglio, come dice la legge. Ma, anche qui per la prima volta, dal sottosegretario Gianni Letta. Una questione di «eleganza», hanno detto ieri i quattro membri di destra del Comitato, cioè Fabrizio Cicchitto, Pasquale Giuliano, Pierfrancesco Gamba e Domenico Sudano che in quattro anni aveva fatto sentire la sua voce assai di rado (16 volte su 95 riunioni) ma ieri mattina è stato diligentemente puntuale.

Parole d'oro: che il presidente Berlusconi mettesse la firma del titolare del segreto di stato Berlusconi per secretare i lavori voluti dal miliardario Berlusconi in una delle sue ville, elegantissimo non era.

Accusano tuttavia i quattro componenti dell'opposizione, in testa Enzo Bianco che del Comitato è il presidente, che le cose poco «eleganti» sono diverse. Dicono che non è elegante che il decreto sia nascosto all'organo parlamentare delegato per legge a vigilare sugli eventuali abusi del governo e non al deputato forzista Niccolò Ghedini e al capogruppo di An Gianfranco Anedda, che qualche mese fa si presentarono al Pm sardo addetto all'inchiesta, gli comunicarono di essere stati scelti come difensori dal premier e gli mostrarono il decreto che bloccava le indagini dicendo: «Guardare e non toccare: può vederlo ma non farne neanche una fotocopia». Non è elegante che siano stati secretati non solo i lavori al pontile dove «ogni tanto arrivano Putin o Blair» ma tutta l'area della residenza, compresi i lavori smaccatamente abusivi come le cinque piscine della talassoterapia autorizzate dal comune di Olbia il 17 dicembre 2003 ma descritte da Renato Farina su «Libero» nell'agosto precedente. Così come non fu elegante che i lavori per la costruzione del «piccolo anfiteatro» da 400 posti (come il teatro Olimpico di Vicenza) avessero avuto il parere favorevole dell'Ufficio Tutela del paesaggio della Regione, allora in mano al forzista Mauro Pili, 56 giorni prima (non dopo: prima!) che fosse presentata la domanda.

Insomma, che l'opposizione abbia qualche ragione per sospettare che il decreto vada a coprire col «top secret» qualche marachella edilizia, è difficile negarlo. Diciamolo: mostrare il documento ai membri del Comitato sui servizi, ritenuti da questo stesso governo così affidabili da esser stati informati via via di cose assai delicate (quali le indagini riservatissime sulla preparazione dell'attentato alla nostra ambasciata a Beirut o le operazioni delicatissime predisposte per liberare i nostri ostaggi in Iraq) avrebbe spazzato via un po' delle tossine che avvelenano i rapporti tra destra e sinistra.

Letta ha spiegato invece che in situazioni di rischio Villa Certosa è stata «individuata come sede alternativa del governo» per assicurare «l'incolumità» del premier e la «continuità dell'azione di governo».

Quanto bastava perché i membri della Casa delle Libertà dicessero: bene così, allora non è necessario vedere il decreto. Anzi: hanno diffidato Bianco dal tornare a chiederlo. Il bello è che la pianta della tenuta, altimetrie comprese, è pubblicata nel libro dell'architetto Gianni Gamondi.

Curioso, come modo di proteggere una «sede alternativa di governo».

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LÂ’UNITAÂ’ on-line 27-1

Sommario di I pag.

La UE boccia Berlusconi

«I tagli alle tasse coperti da una tantum»

Proprio nel giorno in cui gli italiani dovrebbero iniziare a vedere i primi tagli fiscali in busta paga arriva, come una doccia gelata, il rapporto della Commissione Ue sulla situazione economica: una bocciatura su tutti i fronti per Berlusconi. I tagli non sono coperti, i conti pubblici sono in deterioramento, non c'è dialogo con le parti sociali né politica per l'occupazione, l'assistenza va a rotoli e la riforma delle pensioni avrà risultati incerti e sicuri shock.


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MEDITAZIONE - 27/1/05

WWW.APRILEONLINE.INFO

''Stone Ax''

Accordo atomico segreto tra Washington e Roma

[Guido Iodice]

La notizia-bomba, nel gergo giornalistico, è un fatto che una volta rivelato suscita grande clamore. In questo caso la notizia è bomba due volte, visto che si parla di armi e di armi nucleari. William M. Arkin oggi fa il consulente in materie riguardanti la difesa per diversi network televisivi americani, ma tra il ’74 e il ’78 era a Berlino Ovest, come analista di intelligence per l’esercito degli Stati Uniti e dopo aver lasciato la carriera militare, si è occupato di svelare al mondo i segreti nascosti dalle forze armate statunitensi, pubblicando documenti e notizie top secret.

Ora sta per uscire un nuovo volume, “Code Names”, che altro non è se non una collezione di 3000 e più nomi in codice per indicare le operazioni condotte dagli Stati Uniti sotto copertura. Tra queste, una riguarderebbe l’Italia e si chiamerebbe “Stone Ax” (ascia di pietra), e sarebbe anche collegata con altre simili operazioni in giro per l’Europa: “Pine Cone” (Belgio), “Toolchest” (Germania), “Toy Chest” (Olanda). Tutte prevederebbero il dispiegamento di armi nucleari. Il libro porta come sottotitolo: “Decifrazione dei piani, delle operazioni e dei programmi militari degli Usa nel mondo dell’11 settembre”, il che significherebbe che il governo italiano e quello degli Usa (o almeno le rispettive forze armate) avrebbero tra loro un “agreement” (un accordo) per la partenza di ordigni nucleari dall’Italia verso – probabilmente – i cosiddetti “Stati canaglia”, nell’ambito della “guerra al terrorismo”.

Se si fa la somma di queste rivelazioni (che ovviamente vanno prese con le pinze) e le dichiarazioni del Ministro della Difesa Rumsfeld che prima della guerra all’Iraq non escluse l’uso di armi nucleari contro Al Qaeda e Saddam Hussein, il risultato è a dir poco inquietante.

I parlamentari pacifisti alla Camera e al Senato hanno presentato alcune interrogazioni in merito. In particolare Pietro Folena (Ds, correntone), chiede “la verità” al governo, dopo “la sequela di bugie” raccontate sulla guerra. Per Elettra Deiana (Prc) “il contenuto di questa notizia è in assoluta contraddizione con l’articolo 11 della Costituzione”. E chiede come mai “il Parlamento è stato lasciato nella più completa ignoranza” riguardo l’accordo. Per Francesco Martone (Verdi) “il governo è tenuto a precisare quali siano le disposizioni cui fa riferimento Arkin, senza far valere il pretesto della segretezza, visto che l'esistenza dell'accordo e del piano sono ormai di dominio pubblico.” Un’interrogazione è stata presentata anche da Marco Rizzo (Pdci) alla Commissione europea.

Arkin, che nel suo libro rivela anche tutta una serie di particolari riguardo Enduring Freedom e le attività militari e di spionaggio sotto il controllo del Presidente Bush, dichiara di fare queste rivelazioni perché lo svelamento di codici segreti riguardanti le operazioni e programmi della difesa statunitense corrisponderebbe a quella trasparenza dell’informazione profondamente sentita dall’opinione pubblica americana e per rendere meno oscuro il processo decisionale dell’Amministrazione statunitense.


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mercoledì, gennaio 26, 2005

RESISTENZA - 26/1/05

CORSERA 26-1

Berlusconi - delirio continuato

“La Sinistra è il MALE”

“Ho salvato l’Italia dal comunismo”

Marco Galluzzo 

ROMA - Non basta chiedere il voto per i risultati ottenuti, occorre spiegare agli italiani che sono stati «salvati». Per questo motivo, «spirituale» prima che politico, gli italiani devono dare il voto a Forza Italia, perché «loro sono mosche impazzite che fanno solo caos» perché «loro sono uniti solo dall’odio nei miei confronti, sono solo dei finti riformisti». Mentre «noi abbiamo impedito a queste gente di andare al governo».

Berlusconi illustra ai suoi deputati la strategia per le elezioni regionali. Il canovaccio è il solito: noi siamo il Bene, loro il Male; «loro hanno nel Dna il comunismo e noi dobbiamo spiegare sino a stancarci che siamo anticomunisti». Le varianti sul tema arricchiscono il filone: loro «non hanno un programma, soprattutto non lo tirano fuori»; «se hanno sbagliato tanto nel passato non possiamo affidargli il futuro»; noi «dobbiamo andare giù duro, comunicare questi concetti, a cominciare dal libro nero sul comunismo, che fa venire i brividi e che in campagna elettorale è efficacissimo».

ODIO - La "lezione" del premier dura più o meno mezz’ora, l’inaffidabilità della sinistra è anche semantica, «perché nemmeno sul nome hanno trovato un’intesa», gli avversari rimangono comunque «persone complici di ideologie di morte e non lo possono negare. È gente che è stata nell'errore tutta la vita. Ho visto che c'è un odio da parte loro nei miei confronti... hanno un odio davvero incredibile. Mentre io non metterò mai in politica il loro odio».

SUPPLETIVE ININFLUENTI - Prima di parlare ai suoi deputati, in Transatlantico, il presidente del Consiglio si riunisce con Casini, Follini e La Russa, poi liquida con poche battute il risultato delle suppletive, «ininfluenti, perché non avevano nessun peso sul piano parlamentare. E l'assoluta ininfluenza ha fatto sì che gli elettori, soprattutto quelli della nostra parte politica, non si sentissero per nulla motivati ad andare a votare. Si tratta di un risultato previsto e scontatissimo».

Sulle alleanze, in vista delle Regionali, poche nuove. Con i Radicali, fa capire Berlusconi, si potranno trovare forme d’intesa su base territoriale, a seconda delle regioni. In Campania, dopo la «forte delusione» della rinuncia di D’Amato, la possibilità che alla fine la Cdl possa schierare la Mussolini non è esclusa: «Si è già battuta ad armi pari con Bassolino, vediamo....». Una certezza invece su Forza Italia: «Dopo le Regionali dovremo trasformare il partito in comitato elettorale».

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CITAZIONE

Vuoi vedere allora che Berlusconi pensa solo alle Politiche per mettere le mani avanti in caso di una disfatta in aprile?

(Francesco Verderami)


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MEDITAZIONE - 26/1/05

LIBERAZIONE 26-1

EDITORIALE

Per fortuna c'è la giudice Forleo

di Piero Sansonetti

Dobbiamo ringraziare la giudice Clementina Forleo. Lei crede che il diritto sia basato sulle leggi e non sulla retorica politica o sull'odio xenofobo. Crede che si possa giudicare un islamico come un cristiano, e valutare le sue responsabilità e le sue azioni (e i suoi diritti) sulla base delle leggi nazionali e internazionali. Ora la giudice Clementina Forleo è sotto il fuoco di un feroce attacco politico guidato da Alleanza nazionale, dalla Lega e dai centristi dell'Udc...

La giudice Forleo è considerata colpevole di avere prosciolto alcuni arabi accusati di terrorismo, dopo aver accertato che le loro azioni non si configuravano come terrorismo ma come sostegno alla guerriglia e alla lotta armata nel proprio paese. Ha detto che terrorismo e lotta armata non sono la stessa cosa e che gli imputati lavoravano per colpire obiettivi militari e non civili. E quindi esercitavano un diritto.

Contro la Forleo si sono scagliati il vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini, il ministro della Giustizia Castelli, l'altro ministro leghista Calderoli, e poi anche il presidente della Camera Pierferdinando Casini (e svariati altri esponenti del centrodestra). Loro dicono che la decisione della giudice "è incredibile", dicono di provare "rabbia per una sentenza che mette sullo stesso piano vittime e carnefici", dicono che gli si rivolta lo stomaco (Calderoli).

Qual è la questione. La giudice ha emesso la sua sentenza sulla base del comma 2 dell'articolo 18 della Convenzione Onu sul terrorismo. Il quale prevede una distinzione tra azioni terroristiche e azioni di guerra condotte da gruppi armati e movimenti diversi dalle forze armate di uno Stato. Queste azioni armate non sono perseguibili come terrorismo. In sostanza l'Onu riconosce il diritto alla resistenza armata, per esempio di un paese invaso da forze straniere. E' indubbiamente il caso dell'Iraq. Il presidente della Camera Casini ha detto che se esiste un problema di legislazione da cambiare, allora bisogna mettere mano alla legislazione. Che vuol dire? In parole povere vuol dire che se la legge imponeva l'assoluzione dei guerriglieri arabi, va cambiata la legge. Concetto - preilluminista - spiegato meglio, ieri, in un articolo sul "Corriere della Sera", da Piero Ostellino, il quale ha invocato l'introduzione anche in Italia di un "patriot act". Cos'è il "patriot act"? E' quella legge speciale varata negli Stati Uniti dopo l'11 settembre che sospende lo Stato di diritto, aumentando a dismisura i poteri di polizia e servizi segreti, e mettendo in mora garantismo e diritti civili degli individui. E' il nuovo orizzonte liberale?


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martedì, gennaio 25, 2005

RESISTENZA - 25/1/05

REPUBBLICA on-line 25-1

CARTA CANTA

di Marco Travaglio

Lo stratega

"In Iraq le elezioni regolari saranno la conseguenza di uno Stato ben funzionante. Ormai c'è una vita regolare, ci sono le scuole eccetera. Poi, certo, ci sono le cose che non funzionano. Ad esempio, i semafori a Baghdad non funzionano. Ogni tanto scende uno dalla macchina e si mette a dirigere il traffico". 

(Silvio Berlusconi, 30 settembre 2004).

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COMMENTO

Il cavaliere dell´Apocalisse

di Giorgio Bocca 

"Abbiamo adempiuto a tutte le promesse fatte agli italiani nel 2001 a partire dal taglio dell´Irpef fino all´aumento delle pensioni minime e del numero dei posti di lavoro". La voce del messia arrivava sull´altopiano abruzzese, risuonava nel deserto innevato delle Cinque miglia, e i fedeli di Neveazzurra ascoltavano estasiati il nuovo annuncio della Terra promessa fatto dal Cavaliere di Arcore. Possibile?

Possibile sì, come lo sono stati nella storia i paradisi autoritari, gli uomini della provvidenza. Siamo tornati allo "spirito missionario". "Dobbiamo evitare che l´Italia possa andare incontro a un futuro soffocante e illiberale. Occorre lo stesso spirito del ‘94, la stessa determinazione. I comunisti non sono cambiati affatto, basta leggere “l´Unità”, questa sinistra è qualcosa che ci preoccupa".

Anche questo capo della maggioranza e presidente del Consiglio è qualcosa che preoccupa. La politica come arte del possibile diventa con lui un ricorso alle angosce e alle pulsioni imprevedibili delle masse, alle paure e alle vendette irragionevoli delle classi sociali. Lamenta di continuo il pericolo comunista come una minaccia di violenza e di caos che pende sulla nazione e si appella a passioni e sentimenti che non hanno nulla di ragionevole. Usa la sua abilità di uomo della pubblicità per creare paure e angosce che non hanno fondamento. Le cose serie, i progetti concreti possono aspettare, come il ministro delle Attività produttive Marzano che non è arrivato a Roccaraso per una bufera di neve. I punti che Berlusconi ha indicato per il rilancio dell´economia sono il solito vuoto: incentivi alle nuove tecnologie, sviluppo del Sud, sviluppo del turismo, incentivi fiscali, infrastrutture altre scoperte dell´acqua calda.

Ma lo stato reale è ben altro, Lucchini ha venduto le sue acciaierie, la Fiat è alla canna dell´ossigeno, siamo un paese in vendita. Ma il Cavaliere sa cosa fare: "Bisogna trovare delle semplificazioni amministrative che oltretutto non costano nulla". Ha ragione Prodi: "Governare un paese è diverso che dirigere un´industria".

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L’UNITA’ on-line 25-1

BANNER

«Questa è la fotografia dell’Italia. Il regime è anche assuefazione al peggio, fastidio per chi si oppone. Chi parla male di Berlusconi diventa un rompiscatole, un bastian contrario, un maniaco che vuole a tutti i costi vedere il peggio. Ma cosa ti ha fatto questo Berlusconi? Ma possibile che non ti vada bene niente di lui?»

Giorgio Bocca, «L’Italia l’è malada», Feltrinelli 2005

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IL RIFORMISTA 25-1

EDITORIALE

Non si vive di solo Berlusconi

C’è una parte del centrodestra che non minimizza il risultato delle due suppletive, che vengono dopo le sette suppletive. Certo, l’affluenza bassa ha favorito il centrosinistra, dotato di un elettorato più motivato. Ma perché è così poco motivato l’elettorato del centrodestra? E perché, quando è motivato, lancia chiari segnali di protesta premiando oltre ogni previsione la Mussolini?

Non a caso, è in particolare dalle parti di An che albergano quelli che non minimizzano.

Soprattutto, a nostro giudizio, An ha non ha più un capo. Ha un leader che si è fatto statista fino a toccare il cielo della Farnesina. Ma An, conquistando uno statista, ha perso un capo.

Anche l’Udc è stata accuratamente amputata del capo, con l’inserimento, tanto cercato da Berlusconi, di Follini nel governo.

Dell’elettorato berlusconiano, manco a parlarne: non è gente da suppletive, né - temiamo per Berlusconi - da regionali. E’ gente da elezioni politiche, che viene fuori se e quando il leader riesce a mettersi in contatto mediatico con loro e a spingerli alle urne per una speranza (un nuovo miracolo italiano) o per una paura (il ritorno dei comunisti). E’ un elettorato disincantato e pigro. Il centrodestra, come forza politica radicata nella società, non può vivere di solo Berlusconi.


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MEDITAZIONE - 25/1/05

LIBERAZIONE 25-1

Un francobollo per Pinelli

di Piero Sansonetti

Una trentina d'anni fa Camilla Cederna scrisse un libro molto bello, di inchiesta, sulla morte di Pinelli. Un paio di mesi fa - in occasione del trentacinquesimo anniversario di quella morte - il settimanale "Diario" ha ristampato il libro e ha ottenuto un discreto successo editoriale. Il quotidiano "Libero" ha aperto una campagna contro "Diario", perché - sostiene - pubblicando quel libro ha diffamato il commisario Calabresi. Il Ministro Gasparri ha dato ragione, come spesso gli capita, a "Libero", e ha anche annunciato l'emissione di un nuovo francobollo in onore di Calabresi.

Spieghiamo meglio questa storia un po' intricata e che non tutti conoscono. Chi è la Cederna, chi è Pinelli, chi è Calabresi. Camilla Cederna è una giornalista e scrittrice italiana, fasmosissima negli anni '60 e '70, che aveva tra le sue specialità quella di fare giornalismo di inchiesta. Andava sul posto, parlava con centinaia di persone, cercava indizi, riscontri, controllava le carte, i luoghi, le caratteristiche delle persone.

Pino Pinelli era un ferroviere, di opinioni politiche anarchiche, attivista, e in una tragica giornata del dicembre 1969, poco più che quarantenne, venne arrestato dalla polizia, accusato di essere l'autore di una strage orrenda (la strage della banca dell'Agricoltura a piazza Fontana, 12 dicembre 1969, 16 morti), portato in questura, interrogato, forse un po' torturato, e poi... E poi volò da una finestra e morì. Il commissario Calabresi era un poliziotto che si occupò delle indagini sulla strage di piazza Fontana e che ebbe a che fare con Pinelli. "Lotta Continua" e altri gruppi extraparlamentari lo accusarono di aver partecipato attivamente alla defenestrazione di Pinelli, ma in un processo per diffamazione (contro Adriano Sofri) i giudici accertarono che Calabresi non era nella stanza quando Pinelli volò dalla finestra.

Tre anni più tardi il commissario Calabresi, mentre usciva dalla sua abitazione a Milano, fu affrontato da un killer che gli sparò con una pistola, lo uccise e fuggì. Sedici anni dopo questo dellitto un ex militante di "Lotta Continua", Leonardo Marino, si autoaccusò, dicendo che lui era l'autista del killer, che il killer era Bompressi e il mandante Adriano Sofri. Per questo motivo, Sofri (che al tempo era il capo di Lotta Continua) ora sta in carcere, anche se si è sempre proclamato innocente e contro di lui, in processo, non si è trovata nessuna conferma alle accuse di Marino.

La questura di Milano in quei drammaticissimi giorni del '69 sostenne che Pinelli si era suicidato. E si era suicidato per il rimorso. Cioè per la vergogna di avere compiuto l'attentato. Quasi tutti i giornali diedero retta alla questura di Milano. Quasi tutti i giornali parlarono di Pietro Valpreda (amico di Pinelli, arrestato con lui e sopravvissuto agli interrogatori) come di un mostro. Scrissero la parola mostro a caratteri cubitali sulle prime pagine. Le indagini successive accertarono che Valpreda era innocente, che Pinelli era innocente, che Pinelli non si era suicidato. E furono trovate montagne di prove sul fatto che era stato prima stordito, forse con un colpo di karatè (o forse ucciso con quel colpo) e poi gettato dalla finestra, esanime, per fingere il suicidio.

Ora nessuno ha niente da dire sul francobollo per il commisarrio Calabresi. Noi sappiamo che Calabresi era un giovane commissario, dicono che fosse molto bravo, aveva moglie e tre bambini piccoli. Ha perso la vita da servitore dello Stato, ucciso ingiustamente e barbaramente da dissennati e fanatici terroristi: è questa è la motivazione per dedicargli un francobollo. Vorremmeo però - lo diciamo senza polemica - che si dimostrasse la stessa sensibilità e riconoscenza per l'anarchico Pino Pinelli. Era un servitore dello Stato anche lui, faceva il ferroviere, lavorava sodo, faceva politica onestamente e con passione, senza ricompense e senza doppi fini, ed è stato ucciso ingiustamente dalla polizia. Non vi sembrerebbe giusto se lo Stato lo risarcisse, seppure con immenso ritardo e con un gesto simbolico infinitamente piccolo, dedicando anche a lui un francobollo? 


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venerdì, gennaio 21, 2005

MEDITAZIONE - 21/1/05

L’UNITA’ on-line 21-1

L'impero colpisce ancora

di Siegmung Ginzberg

 Bush II ha scelto di presentarsi, agli occhi degli americani e del mondo, molto più duro, cattivo, molto meno bonaccione e meno affabile di Bush I. Se il primo mandato era stato caratterizzato dalla dottrina della «guerra preventiva» contro la specifica minaccia terrorista (quindi in sostanza ancora difensiva), il secondo inizia all’insegna di una più ampia «minaccia preventiva», a tutto campo, di offensiva contro «la tirannia nel mondo».

Non ha dichiarato guerra a nessuno. Non ha nemmeno citato per nome singoli membri di un «asse del male». Non ha meglio definito quelli che il suo nuovo segretario di Stato, Condoleezza Rice, aveva qualche giorno fa chiamato «avamposti della tirannia». I primi che vengono in mente, ora che l'Iraq, senza più il suo tiranno Saddam, dovrebbe essere per definizione avviato in direzione di un luminoso futuro democratico, sono l'Iran (la prossima guerra?) e la tetra Corea del Nord di Kim Jong Il. Ma se si volesse intendere alla lettera il concetto di «tirannia» (peraltro notoriamente a geometria variabile, nel senso che i tiranni amici dell'America sono sempre stati considerati un po' meno tiranni degli altri), bisognerebbe estenderlo non solo al Pakistan del generale Musharraf o all'Arabia della monarchia medievale dei Sud, ma anche alla Cina di Hu Jintao e, presumibilmente, anche alla Russia di Vladimir Putin. Un'America che si sente investita della missione di «por fine alla tirannia in tutto il mondo», dovrebbe mettersi contro metà del mondo.

Le inaugurazioni presidenziali sono sempre state una palestra di grande retorica. Un rito cui l'America tiene, e che sarebbe limitativo ridurre alla pompa o al costo (anche se qualcuno ha criticato la spesa di 40 milioni di dollari per le cerimonie). Ogni presidente ha cercato di superare gli altri e, nel caso, se stesso con frasi memorabili, «da incidere nella pietra». Ma anche la retorica rappresenta scelte, indica, se non la scelta definitiva di una direzione, l'intenzione di accentuare certi temi anziché altri. Ronald Reagan II si era presentato «più gentile e più moderato» di Reagan I. Bush padre come «più gentile e moderato» di Reagan. Richard Nixon con l'impegno di concludere la guerra in Vietnam con «una pace con onore». Altri avevano voluto accentuare la continuità tra primo e secondo mandato. George W. Bush è parso invece insistere sulla discontinuità, dare una immagine più aggressiva di quella precedente. Il primo Bush si era presentato all'insegna della «conservatorismo con compassione».

Bush secondo ha scelto invece di presentarsi con il volto spigoloso. Non ha fatto appelli alla «conciliazione». Non nei confronti di quella metà del mondo (Europa, Asia, America latina, Medio Oriente) che ha visto con ansia la sua rielezione ed era col fiato sospeso in attesa di sentire se e quanto fosse «cambiato».

E nemmeno in direzione della riconciliazione tra quelli che in America l'hanno votato e l'altra metà del paese che gli aveva votato contro. Una scelta retorica, certo. Ma una scelta.

A quale scopo? Certo non è pensabile che George W. Bush voglia fare guerra a metà mondo. Ed è auspicabile che il respiro storico e planetario della sua «visione» nel futuro non si riferisse all'unica grande guerra «possibile» nei decenni a venire, quella tra Stati Uniti e Cina. Del resto ha ben pensato di attenuare la minaccia precisando che questa «missione», «non è principalmente compito delle armi, anche se difenderemo noi stessi e i nostri amici con le armi se necessario» (o, secondo altri punti di vista accentuarla, visto che una guerra con la Cina per Taiwan sarebbe in difesa degli «amici»). Ha detto anche che l'America non intende «imporre il proprio stile di governo a chi non volesse».

Promuovere libertà e democrazia è sacrosanto. Così come pure «smettere di pretendere che i dissidenti in prigione preferiscano le loro catene, o che le donne gradiscano umiliazione e servitù, o che un essere umano aspiri a vivere alla mercè dei prepotenti». Ma incentrare un intero discorso inaugurale su questo non fa fare nemmeno un passo in direzione di quanto auspicato, suona come minaccia che rischia di suscitare risentimenti, più che come sfida che richiederebbe la cooperazione di tutti coloro che tengono alla democrazia e alla libertà.

Sono state avanzate altre ipotesi. Qualcuno aveva anticipato che Bush avrebbe sottolineato di essere cambiato, avrebbe fatto tesoro degli errori commessi durante il primo mandato e cercato di governare diversamente nel secondo.

Tra gli ottimisti, il suo amico britannico Tony Blair, che in un'intervista a Timothy Garton Ash sul Guardian (ripresa da La Repubblica) era arrivato a considerare lo spostamento di accento dalla guerra al terrorismo al tema dei diritti umani e della democrazia come una sorta di «conversione» al multilateralismo, perché «se si vogliono diffondere i valori - dare alla gente più libertà e democrazia - è meglio cercare di farlo assieme agli altri».

Altri commentatori hanno ipotizzato che il problema sia che Bush si ritrova con molti più problemi che all'inizio del suo primo mandato (Iraq, dollaro, deficit) e con «meno idee» su come affrontarli. Più lapidaria di tutte la spiegazione che Bush stesso aveva avanzato, qualche giorno prima in un'intervista al Washington Post, e cioè che il risultato elettorale ora gli dà totalmente mano libera: «C'è stato un momento di chiamata a rendere conti… gli americani hanno soppesato le diverse posizioni su quel che stava succedendo in Iraq, e alla fine hanno dato ragione a me». Ci sarebbe da sperare che non crede davvero a quel che dice.


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giovedì, gennaio 20, 2005

MEDITAZIONE - 20/1/05

STAMPA 20-1

Corsivi

Poltrone medicinali

di Massimo Gramellini

Le Autorità hanno avviato una campagna di consumenismo senza precedenti. Berlusconi scrive agli italiani di tagliare tutti i farmaci inutili, comprese le lozioni non autorizzate espressamente dal suo tricologo. Telecom aumenta il costo dello scatto alla risposta e riduce quelli al minuto, per indurre gli utenti a stare di più al telefono ma a fare meno telefonate. Intanto Sirchia cerca in qualunque modo di alleggerirci la spesa di sigarette, alcolici e dolciumi, mentre Buttiglione si occupa dei piaceri residui e scavalcando a destra la Chiesa spagnola suggerisce di abbondare in fedeltà e risparmiare il più possibile sui preservativi.

In questo quadro di morigeratezza consumenista stride il comportamento delle Regioni, che nella stesura dei loro nuovi Statuti hanno compiuto un miracolo di faccia tosta: la lievitazione del numero di consiglieri da eleggere il prossimo aprile. La Liguria passerà da 40 a 50 cadreghini, l'Emilia rossa da 50 a 67, il Lazio di Storace da 60 a 70 e la Campania di Bassolino addirittura a 80, venti in meno del Senato degli Stati Uniti. Soltanto il Piemonte ha ribadito i 60 che aveva, ma si sa come sono i sabaudi: privi di slancio. Nel complesso il primo conto che il federalismo presenta ai contribuenti è di 130 stipendi da consigliere regionale in aggiunta. Chissà se, oltre alle medicine inutili, Berlusconi scriverà agli italiani di tagliare anche loro. 

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L'invasione della Cina

Dialogo fra due maschi adulti intercettati al freddo di una panchina per fumatori: «Sentito l’Eurispes? Tre precari su 4 guadagnano meno di 1000 euro al mese». «E il quarto pugni sulle gengive. Berlusca li chiama nuovi posti di lavoro. Occupati e affamati, mai visto». «Colpa della Cina, dove il lavoro costa niente». «Allora bisogna farglielo costare anche lì».«Vuoi mettere i dazi come Bossi?».«Nessun dazio. Libertà. Ma se Bush non si sbriga a sbianchettare la Cina, finisce che quelli fanno gialli noi: paghe basse, lavori che oggi ci sono e domani no...». «Quindi?». «Basta lacrime e cominciamo a esportare qualcosa di serio. I sindacati. Bertinotti. Gli scioperi. La corruzione... no, quella c’è già. La previdenza. L’assistenza. Le norme sull’ambiente».

«La democrazia». «Chiamala come ti pare. Basta che gli costi. Altrimenti, se il lavoro non diventa più caro lì, dovrà diventare ancora meno caro qui. E finiremo a mangiar una scodella di riso al giorno anche noi. Con la differenza che per loro che ne mangiavano mezza è un progresso. Per noi è fame». «Il governo comunista si opporrà. E tu che fai, invadi?». «Mica detto: i sindacalisti potrebbero calarsi giù come i parà... Dico sul serio: un modo se si vuole, si trova. Questione di sopravvivenza. Perché se in Iraq non arriva la democrazia mi dispiace ma mangio. Se non arriva a Pechino, non mangio più».

Erano così infervorati che mi sono avvicinato per sentire meglio: «Ti dico che Mutu svaria meglio sulla fascia!». «Ma no, è un trequartista!». Dovevo essermi sognato tutto. Però che sogno.


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martedì, gennaio 18, 2005

RESISTENZA - 18/1/05

WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 18-1

“Miseria, terrore e morte”

Tutti contro Berlusconi

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nell'occhio del ciclone dopo le affermazioni di domenica scorsa, con le quali ha definito un'eventuale vittoria del centrosinistra alle Politiche 2006 come l'arrivo al potere di una coalizione che porterà "miseria, terrore e morte".

Dopo le furiose repliche degli esponenti della Grande Alleanza Democratica, anche nel centrodestra c'è chi ha preso le distanze dal proprio leader.

"Che le devo dire? Non è il mio linguaggio - ha commentato il numero uno dell'Udc Marco Follini rispondendo ad un giornalista del Tg3 - da moderato posso dire che non sono i miei fantasmi".

Bacchettate al capo del Governo persino dai fedelissimi di Forza Italia che, sul portale azzurro, hanno scritto numerose mail di protesta.

Oltre ai soliti incoraggiamenti a alle congratulazioni sono arrivate infatti molte mail che invitano il Cavaliere a "non esagerare".

"Un cavalletto è violenza, le parole di odio cosa sono? Maggiore potere è uguale a maggiore responsabilità", ha scritto un sostenitore del premier.

"Suggerirei di evitare tali accuse - recita un'altra mail - potrebbe attirarsi il treppiede di un altro matto".

Infine, duri commenti anche da parte del giornale l'Osservatore Romano che, in una perfetta applicazione della par condicio, ha però criticato anche le affermazioni di replica del segretario dei Ds Piero Fassino.

"Sono frasi che non appaiono in linea con la storia - ha scritto il periodico - e che non rispondono soprattutto alle reali questioni che i cittadini pongono".

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REPUBBLICA on-line 18-1

Segreto di Stato su Villa Berlusconi

La procura si appella alla Consulta

di VLADIMIRO POLCHI

ROMA - Esistono in Italia 50 ettari di costa sottratti a ogni controllo di legalità. Una zona franca, inaccessibile all'Autorità giudiziaria, ma aperta alla visita di amici e cantanti. E' Villa Certosa, residenza estiva di Silvio Berlusconi. Sui suoi cactus, laghetti, cascate e agrumeti il governo ha posto il segreto di Stato. Uno stop ai magistrati sardi, che chiedevano di controllare le tante opere edilizie realizzate su un'area sottoposta a vincoli paesaggistici. Ma la procura della Repubblica di Tempio Pausania non si è arresa. Sabato 15 gennaio 2005 ha depositato davanti alla Consulta un ricorso contro il presidente del Consiglio, sostenendo l'illegittimità costituzionale del segreto. Ricorso che sarà all'esame del Comitato parlamentare di sorveglianza sui servizi segreti, convocato per il prossimo 24 gennaio.

La vicenda comincia nel maggio del 2004. A seguito di alcune notizie apparse sulla stampa locale e di relazioni del Corpo forestale, la procura di Tempio Pausania avvia un procedimento penale. L'ipotesi è che nella villa del premier si sia costruito senza le autorizzazioni necessarie. Ai primi di maggio la procura dispone un'ispezione all'interno della tenuta, assicurando che i relativi atti sarebbero stati segretati. Ispezione fermata da un decreto del ministro dell'Interno, datato 6 maggio 2004 (emesso lo stesso giorno della prima notizia di stampa, da cui ha preso le mosse il procedimento penale). Il decreto pone Villa Certosa sotto segreto di Stato, vietandone l'accesso "allo scopo di preservare la conoscibilità dei luoghi".

 Con nota del 23 dicembre 2004 indirizzata al procuratore della Repubblica di Tempio Pausania, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta conferma l'esistenza del segreto di Stato, visto che "il ministro dell'Interno ha individuato l'area in oggetto quale sede alternativa di massima sicurezza per l'incolumità del presidente del Consiglio, dei suoi familiari e dei suoi collaboratori e per la continuità dell'azione di Governo".

La procura di Tempio Pausania ha le mani legate. Non gli rimane che ricorrere alla Corte costituzionale per conflitto d'attribuzione tra poteri dello Stato e ottenere l'annullamento della decisione del Governo, "viziata da illogicità manifesta".

Nel riscorso, firmato dai professori Alessandro Pace e Pietro Ciarlo, la procura contesta vari profili di incostituzionalità. Primo. "Le ispezioni, così come le perquisizioni, non conoscono limitazioni in dipendenza della normativa sul segreto di Stato", che riguarda solo testimonianze e sequestri di atti.

Secondo. Il segreto di Stato non può riguardare luoghi, "realizzando così una sorta di extraterritorialità per una parte del territorio nazionale e di impunità per un qualsiasi fatto di rilievo penale che si verificasse al suo interno".

Terzo. Anche a voler ammettere che il segreto di Stato si applichi ai luoghi, nel caso in esame viene coperto dal segreto non una sede istituzionale, "ma un'area privata, concessa in affitto al presidente del Consiglio", area che godrebbe così di una sorta di immunità territoriale, rendendo impossibile ogni controllo su "qualunque violazione della legge compiuta in loco".

Quarto e ultimo profilo di illegittimità. La legge 801 del 1977 giustifica il segreto di Stato solo a "difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento" e non anche a tutela delle persone fisiche. "L'esigenza di salvaguardare l'incolumità fisica del presidente del Consiglio - si legge nel ricorso - non può mai giustificare l'assoggettamento al segreto di Stato di un'intera area privata in maniera stabile e permanente".

Per tali ragioni, la procura di Tempio Pausania chiede alla Consulta di annullare i provvedimenti del Governo, revocare il segreto e "aprire le porte" della villa dei cactus.


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MEDITAZIONE - 18/1/05

WWW.CENTOMOVIMENTI.COM 18-1

Iran-Stati Uniti - Bush promuove il conflitto

Si istituzionalizza la guerra preventiva

E' ormai guerra diplomatica tra Stati Uniti e Iran, che in queste ore si stanno fronteggiando con reciproci avvertimenti e minacce.

Il presidente americano George W. Bush in persona ha oggi parlato apertamente della possibilità di conflitto militare tra i due paesi.

"Spero di poter risolvere le cose attraverso la diplomazia, ma non intendo escludere nessuna opzione - ha affermato nel corso di un'intervista con l'Nbc - escluderò l'opzione bellica solo quando l'Iran cesserà di creare ostacoli alla comunità internazionale sulla esistenza dei suoi programmi nucleari militari".

Poche ore dopo Condoleezza Rice, che prenderà tra pochi giorni il posto di Colin Powell sulla poltrona di segretario di Stato, ha assicurato che nei prossimi quattro anni la Casa Bianca punterà decisamente sulla diplomazia, ma non ha nascosto il desiderio dell'amministrazione di Washington di poter garantire democrazia a tutto il Medioriente.

"Finché il Medioriente resta una regione di tirannia, di disperazione e di rabbia - ha chiarito - produrrà sempre estremisti e movimenti che minacciano la sicurezza degli americani e dei nostri amici".

Minacce che il regime della repubblica islamica ha rispedito al mittente, assicurando che un'eventuale invasione statunitense sarà certamente respinta.

"Possiamo dire che la nostra forza è sufficiente per impedire attacchi da qualsiasi Paese - ha dichiarato oggi il ministro della difesa iraniano Ali Shamkhani - in quanto nessuno ha informazioni precise sulle nostre capacità militari, grazie alla nostra abilità nell'attuare strategie flessibili".

Gli ispettori dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica hanno ieri lasciato l'Iran. Secondo le prime indiscrezioni non sarebbe stata trovata alcuna prova che il regime di Teheran stia mettendo a punto armamenti proibiti. Una notizia che non soddisferà di certo coloro che, negli Stati Uniti, spingono affinché il "problema iraniano" possa essere al più presto affrontato.

E' notizia di ieri che l'amministrazione di George Bush starebbe conducendo delle indagini "in proprio" alla ricerca di siti nucleari nella repubblica islamica. Secondo il prestigioso periodico "New Yorker", infatti, la Casa Bianca ha ordinato delle operazioni paramilitari che prevedono l'utilizzo di soldati delle forze speciali. Soldati che si sarebbero già introdotti in Iran diversi mesi fa attraverso il confine pakistano.

Un'inchiesta che il consigliere del presidente Dan Bartlett, ha definito "piena di inesattezze". Inesattezze, dunque, ma nessuna vera e propria smentita. Bartlett ha anzi voluto precisare che nessun presidente, in nessun momento importante della storia, "ha mai scartato a priori l'opzione militare".

Una sorta di avvertimento, insomma, che si va ad aggiungere alle numerose minacce degli scorsi mesi.

A novembre il segretario di stato Colin Powell aveva assicurato che Teheran era ormai ad un passo dall'acquisizione di armamenti nucleari.

"Armi da lanciare non solo qualcosa da tenere in un deposito - aveva chiarito - in base alle informazioni in nostro possesso possiamo dire che gli iraniani stanno lavorando seriamente a sistemi missilistici e armi nucleari. La cosa dovrebbe preoccupare tutti".

A settembre il sottosegretario di Stato John Bolton aveva accusato l'Iran di "minacciare la pace globale".

Poche settimane prima l'inquilino della Casa Bianca in persona aveva reso noto che il governo della repubblica islamica era addirittura sospettato di un coinvolgimento negli attacchi al World Trade Center e al Pentagono.

"Stiamo indagando a fondo per accertare se vi sia stata una connessione diretta con gli attacchi dell'11 settembre 2001 - aveva spiegato Bush - continueremo ad indagare per verificare se vi sia stato un coinvolgimento degli iraniani".

Poco prima delle elezioni presidenziali del 2 novembre Joseph Cirincione, esperto in armamenti di distruzione di massa della "Carnegie Endowment for International Peace", aveva assicurato che il presidente Bush, in caso di secondo mandato, avrebbe certamente sferrato un attacco contro il regime di Teheran.

Lo scorso luglio il quotidiano britannico "The Times" pubblicò un articolo nel quale si affermava che Washington ha in cantiere un piano militare per colpire il complesso nucleare iraniano di Bushehr. Un attacco che, sempre secondo il periodico, dovrebbe servire come apripista per una successiva invasione.


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lunedì, gennaio 17, 2005

RESISTENZA - 16/1/05

LÂ’UNITAÂ’ on-line 16-1

Berlusconi straparla di nuovo

«Con la Sinistra al governo solo miseria, terrore, morte»

Il presidente del Consiglio torna a parlare e a straparlare di tutto. Nei suoi ormai famosi discorsi-fiume in cui non si parla di nulla, ma si toccano migliaia di argomenti, Berlusconi è tornato a far ridere l'Italia. Intervenendo in collegamento telefonico con "Neveazzurra", il premier, non ricordando della caduta del Muro di Berlino ben 15 anni fa, dice: «Se la sinistra andasse al governo, questo sarebbe l'esito: miseria, terrore, morte. Così come avviene ovunque governi il comunismo. Non sarebbe lo Stato liberale che vogliamo noi».

Da qui Silvio Berlusconi trae un'altra sua massima, è «sicuro» che nel 2006 gli italiani confermeranno alla Cdl il mandato di governare. «I cittadini - dice facendo ricordare ai più vecchi i "proclami agli italiani" - l'anno prossimo ci domanderanno di proseguire nel governare il Paese». Berlusconi respinge quella che definisce «l'aggressione della sinistra» e in particolare le parole di sabato di Rutelli che lo ha definito il peggior presidente del Consiglio mai avuto dall'Italia. E qui mente spudoratamente: «Abbiamo adempiuto a tutte le promesse fatte agli italiani durante la campagna elettorale - dice - a partire dall'abbassamento delle tasse sul reddito personale. Di qui la sua sicurezza su un nuovo mandato nel 2006 da parte degli elettori.

«Sarebbe una stoltezza - ha aggiunto - cambiare la squadra di governo, e per di più farlo con gente che in sei anni non ha fatto nulla, dicasi nulla, se non cambiare quattro governi in una legislatura».

Il premeir passa poi a considerare l'opposizione. Se il programma della Gad sarà di "rottura" con il governo, allora «sarà anche di rottura con l'Italia che vuole crescere». «Mi fa piacere che facciano un programma - aggiunge il presidente del Consiglio - Dio voglia che si mettano d'accordo su un programma, qualsiasi esso sia, almeno ne vedremo uno, perché finora non abbiamo visto niente».

Poi, arriva il clou della telefonata. Dopo aver fortemente voluto la legge sulla procreazione assistita, dopo che il governo si è costituito contro i referendum, nel tentativo di farli bocciare dalla Corte Costituzionale, dopo che quest'ultima li ha giudicati ammissibili, smentendo clamorosamente il governo, ora Berlusconi fa il suo nuovo ribaltone. È auspicabile che il Parlamento modifichi la legge sulla procreazione, dice il premier. Auspicabile, ora che i referendum sono passati, certo. Se si arriverà alla consultazione popolare, continua Berlusconi, questa si dovrà svolgere «nella prima parte del periodo indicato dalla legge», che prevede il voto tra il 15 aprile e il 15 giugno.

Per quanto riguarda poi le indicazioni di voto Berlusconi ha dovuto ammentere: «Forza Italia e io stesso abbiamo detto che i nostri iscritti e i nostri simpatizzanti hanno libertà di coscienza, e voteranno quindi secondo le loro convinzioni etiche e religiose», perché questi temi «non fanno parte del programma di governo».

E i dissidi interni alla CdL per elezioni regionali? Non ci sono dissidi, giura il premier, perché l'accordo con Roberto Formigoni sulla lista alle regionali, «è già stato sottoscritto da alcuni giorni». «Con Formigoni - ha aggiunto Berlusconi - è andata a finire bene già da una settimana, restano solo da definire i posti nel listino da assegnare agli esponenti della società civile lombarda».


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domenica, gennaio 16, 2005

MEDITAZIONE - 15/1/05

USA LADRONA

La confessione del banchiere americano 

Maurizio Blondet (*)

Che un banchiere intitoli le sue memorie “Confessioni di un sicario dellÂ’economia”  è già clamoroso. Ma ciò che il banchiere John Perkins rivela nel suo libro, “Confessions of an economic hit man” (1) è spaventoso: racconta di essere stato arruolato dal governo Usa allo scopo di risucchiare a favore degli Stati Uniti le ricchezze di paesi poveri, e ciò “attraverso manipolazioni economiche, tradimenti, frodi”, attentati e guerre. Le rivelazioni di Perkins gettano una luce del tutto nuova anche sulle motivazioni dellÂ’invasione dellÂ’Irak.

John Perkins dice di essere stato reclutato quando era ancora studente, negli anni Â’60, dalla National Security Agency (NSA), lÂ’entità più segreta degli Stati Uniti, e poi inserito dalla stessa NSA in una ditta finanziaria privata. Lo scopo: “Per non coinvolgere il governo nel caso venissimo colti sul fatto”. Quale fatto? Abbastanza semplice. Come capo economista della ditta privata Chas. T. Main di Boston con 2 mila impiegati, Perkins decideva la concessione di prestiti ad altri paesi. Prestiti che dovevano essere “molto  più grossi di quel che quei paesi potessero mai ripianare: per  esempio un miliardo di dollari a stati come lÂ’Indonesia e lÂ’Ecuador”. La condizione connessa con il prestito era che in massima parte venisse usato per contratti con grandi imprese americane di costruzioni e infrastrutture, come la Halliburton e la Bechtel (strutture petrolifere). Queste ditte costruivano dunque reti elettriche, porti e strade nel paese indebitato; il denaro prestato tornava dunque in Usa, e finiva nelle tasche delle classi privilegiate locali, che partecipavano allÂ’impresa. Al paese, e ai suoi poveri, restava lo schiacciante servizio del debito, il ripagamento delle quote di capitale più gli interessi. LÂ’Ecuador, dice Perkins, è oggi costretto a destinare oltre metà del suo prodotto lordo – cioè di tutta la ricchezza che produce – per il servizio dei debiti contratti con gli Usa.

Ma questo è solo il primo passo. Gli Usa, indebitando quei paesi, vogliono in realtà “renderli loro schiavi”, dice Perkins. All’Ecuador, non più in grado di ripagare, Washington chiede di cedere parti della foresta amazzonica ecuadoriana per farla sfruttare da imprese americane. E’ questa la logica imperiale.

Tra i massimi successi dei “sicari economici”, Perkins rievoca lÂ’accordo riservato fra gli Usa e la monarchia saudita ai tempi della prima crisi petrolifera negli anni Â’70. Per gli Stati Uniti, era necessario tramutare il rincaro del greggio da sciagura a opportunità. La famiglia dei Saud, del resto, affogava nei petrodollari: le fu proposto di investirli in titoli Usa e in grandi opere. La Bechtel (chi scrive fu in Arabia allÂ’epoca e può testimoniarlo)  ricoprì il reame desertico di nuove città e di impianti di raffinazione per lo più inutili; la famiglia Saud accettò di mantenere il greggio entro limiti di prezzo desiderabili per gli Usa, in cambio dellÂ’assicurazione americana che Washington avrebbe sostenuto il loro potere per sempre. “EÂ’ questo il motivo primo della prima guerra allÂ’Irak”, dice Perkins, e dellÂ’intreccio privilegiato di affari e finanza tra i sauditi e i Bush.

Secondo Perkins, gli Usa cercarono di ripetere l’accordo con Saddam Hussein, “ma lui non c’è stato”. Da qui la sua rovina.

Perché, dice Perkins, “quando noi sicari economici falliamo il bersaglio, entrano in gioco gli sciacalli. Sono gli uomini della Cia, che cercano di fomentare un golpe; se nemmeno questo funziona, ricorrono all’assassinio. Ma nel caso dell’Irak, gli sciacalli non sono riusciti ad arrivare a Saddam: lui aveva delle controfigure, la sua guardia era troppo attenta. Perciò si è decisa la terza soluzione: la guerra”.

Perkins ha conosciuto personalmente Omar Torrijos, il generale e dittatore di Panama degli anni ’70, morto in un incidente aereo nel ’78. Torrijos fu ucciso, spiega Perkins, perché aveva stilato un accordo coi giapponesi per la costruzione di un secondo canale di panama, ed aveva ottenuto dall’Onu nel 1973 una risoluzione che obbligava gli Usa a restituire alla sovranità panamense il vecchio Canale. Le multinazionali americane “erano estremamente arrabbiate con Torrijos”. Per questo scopo, quando Reagan divenne presidente, gli furono fatti scegliere come ministri due alti funzionari della Bechtel, Caspar Weinberger alla Difesa e George Schultz – il che rivela molto sul ripugnante potere degli affari nella politica Usa – per costringere Torrijos con le m minacce a rompere i negoziati coi giapponesi (che stavano soffiando alla Bechtel l’affare del secolo) e di rinnovare il trattato del Canale di panama, riconsegnandolo agli americani. Torrijos rimase sulle sue posizioni: furono mandati in azione gli “sciacalli”. L’aereo di Torrijos, dice Perkins, cadde per un magnetofono che era stato riempito di esplosivo. La stessa fine di Enrico Mattei.

Conclude Perkins: il denaro che gli Usa adoperano per indebitare i paesi poveri non è neppure denaro americano. Sono la Banca Mondiale e il Fondo Monetario a fornirlo, e a fornire ai poveri la corda per impiccarsi.

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Note

(*)Giornalista, inviato speciale di Avvenire, il quotidiano dell'episcopato italiano, si dedica da anni allÂ’indagine sui poteri oligarchici che, agendo dietro le quinte della democrazia, condizionano la storia.

1) “Hit man” è il sicario prezzolato, il bastonatore assoldato dalla Mafia e dalle ditte americane per picchiare gli scioperanti. Il libro è acquistabile su Amazon.


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sabato, gennaio 15, 2005

MEDITAZIONE - 14/1/05

L’UNITA’ on-line 12-1

EDITORIALE

Stella di David e saluto fascista

di Furio Colombo

 Cominciamo con un breve ripasso della storia. Chi faceva il saluto romano, come Di Canio allo stadio di Roma? I fascisti. Li ricordiamo per molte ragioni. Eccone alcune: l’uccisione di Matteotti, la morte in prigione di Gramsci, il delitto dei fratelli Rosselli, le leggi razziali, la caccia agli oppositori politici, ai partigiani, le impiccagioni per le strade, la collaborazione fervida per completare la deportazione ad Auschwitz e lo sterminio di tutti gli ebrei arrestati in Italia. Chi ha cominciato a usare come simbolo la stella di Davide?

I sopravvissuti di Auschwitz, gli scampati ai campi di sterminio, le carrette del mare cariche di profughi che andavano a cercare, nella terra che stava per diventare Israele, la vita che in Europa si era cercato di estirpare. Con la volonterosa collaborazione dei fascisti. Torniamo ai giorni nostri e vediamo che cosa accade, oggi, qui, in Italia, in Europa. Ecco la lista degli eventi.

1. Il calciatore Di Canio fa il saluto fascista rivolto agli spalti dello stadio Olimpico. Gli spalti ringraziano. L’opinione pubblica si mostra comprensiva. Uno sportivo, un ragazzo vivace.

2. Nel “Processo” di Biscardi, il popolarissimo programma Tv, Bruno Vespa afferma che il saluto romano di Di Canio a Roma non è più offensivo del saluto col pugno chiuso di Lucarelli a Livorno. Gli astanti approvano, dimenticando che il saluto romano, come tutto il fascismo, è vietato dalla legge che - dai tempi in cui si sono aperti i cancelli di Auschwitz - non fa distinzione fra brigate nere, calciatori e naziskin. È (o almeno era) una legge per cancellare, per dimenticare, per non offendere i sopravvissuti.

3. Negli stessi giorni del gesto del nostro Di Canio, in Olanda si decide di chiedere un favore ai giocatori e ai tifosi dell’Ajax, popolare squadra di calcio di quel Paese. Bisogna sapere che c’è sempre stato un legame fra quella squadra e la stella di Davide (a volte cucita sulle magliette) a causa dei ricordi delle deportazioni naziste e del lungo vivere insieme di alcuni calciatori nel quartiere ebraico di Amsterdam. Adesso i dirigenti dell’Ajax hanno rispettosamente fatto notare ai giocatori e ai tifosi che quella loro mania della stella di Davide e delle bandiere ebraiche sventolate durante le partite, irrita molte tifoserie avverse. Perché scatenare violenze quando è così facile scucire la stella? «Se evitiamo di scatenare i tifosi di destra facciamo un favore anche agli ebrei, che restano fuori dalle polemiche» hanno detto. «E poi» ha osservato, secondo lui con buon senso, il presidente dell’Ajax «noi non siamo ebrei. Che c’entriamo?» Ha dimenticato che l’argomento era già stato usato anche ai tempi delle deportazioni da molte persone per bene che non volevano essere coinvolte.

Però quell’argomento ci offre uno spunto. Perché all’Olimpico - o almeno nello studio di Biscardi - nessuno si è alzato a dire «Senta un po’ io quel saluto non lo voglio. Io non sono fascista». C’è ancora tempo per dirlo, da Biscardi, allo stadio e fuori. Forse porterà a un ripensamento anche i dirigenti dell’Ajax.

La storia comincia dai simboli. Ritirare la stella di Davide (cioè dei perseguitati) ed esibire, fra la benevola comprensione di tutti, il saluto fascista (cioè dei persecutori), porta male all’Europa. Quello di Di Canio forse è soltanto un gesto stupido. Ma tutto il fascismo è iniziato con gesti stupidi. Ed è finito a Salò.


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RESISTENZA - 14/1/05

REPUBBLICA on-line 14-1

CARTA CANTA

di Marco Travaglio

IL messaggio della Lega

"Escludo un complotto politico contro Dell'Utri, perché conosco bene e di persona il capo della Procura di Palermo Gian Carlo Caselli: quando ero ministro dell'Interno è stato mio consulente gratuito e mi ha aiutato a gestire la complessa vicenda del pentitismo. E' una persona onesta che fa le cose solo perché ci crede e non per secondi o terzi fini'',

(Roberto Maroni, Ansa, 9 marzo 1999).

"La richiesta di arresto di Marcello Dell'Utri da parte della Procura di Palermo è legittima, fondata e non persecutoria. Le accuse a Dell'Utri fanno intravvedere lo spettro di Cosa nostra, lo spettro della mafia".

(Roberto Maroni, Ansa, 13 aprile 1999).

"Abbiamo votato compatti per l'arresto di Dell'Utri. Non mi meraviglio che la Camera l'abbia respinta, è stato un inciucio fra Polo e Ulivo. Cane non mangia cane. La Lega invece gioca a carte scoperte".

(Umberto Bossi, 13 aprile 1999).

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TITOLI E SOMMARI

-- Regionali, Formigoni alla Lega: "Non ci servite per vincere".

Si riaccende nella Cdl lo scontro sulle liste personali.

Il Carroccio torna a minacciare la candidatura di Maroni.

-- Formigoni prepara la sua lista: "Riformisti per la Lombardia"

Così potrebbe dribblare il veto. Nuovo vertice della Cdl

Irritazione in Fi: "Accordo chiuso, ma continua la sceneggiata."

-- "Silvio era d'accordo con me, voglio capire cosa è cambiato"

Formigoni parla della lista: "Rappresenta la società civile.

Sono e resto di Forza Italia. Ai leghisti dico: lavoriamo insieme." 

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LÂ’UNITAÂ’ on-line 14-1

Sommario di I pag.

Berlusconi decide da solo: «I soldati italiani restano in Iraq»

Altro che disimpegno post-elettorale. L’Italia non lascia l’Iraq. La conferma arriva dall’ultimo consiglio dei ministri, che ha approvato un decreto di proroga di tutte le missioni italiane all’estero. Il tricolore continuerà a sventolare a Nassiriya almeno fino al prossimo 30 di giugno. Mentre altri alleati discutono di un progressivo disimpegno, dal governo italiano arriva una ratifica meccanica che, ancora una volta, soffoca il dibattito del Parlamento e rinvia al futuro una seria discussione sul futuro dell'Iraq e sul valore della presenza italiana a Nassiriya.


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