LÂUNITAÂ on-line 27-11
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Un giudizio estremista: «La riforma fiscale del governo comporta riduzioni irrisorie. I cittadini non si accorgeranno di tagli tanto modesti e questi non avranno effetti sullÂeconomia».
Francesco Giavazzi ÂCorriere della SeraÂ, 26 novembre
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EDITORIALE
Adesso parli l'opposizione
di Antonio Padellaro
La politica ha i suoi tempi e sappiamo che attendere sulla sponda del fiume le spoglie del nemico può essere una strategia. Però, mentre il presidente del Consiglio si rivolge alla Storia per celebrare la «svolta epocale» sul fisco, crediamo sia urgente e lecita la domanda: ma il centrosinistra cosa fa per non farsi sommergere dallÂassordante grancassa? Dure sono state certamente le reazioni a caldo dei leader dellÂopposizione. Efficace la corale denuncia del carattere pubblicitario del cosidetto taglio: un colossale imbroglio contabile che, come ampiamente dimostrato, con una mano dà e con lÂaltra toglie di più. Ma siamo veramente sicuri che la gente, i cittadini, gli elettori, quei quindici- venti milioni di persone che allÂora di pranzo e allÂora di cena hanno come fonte dÂinformazione, spesso esclusiva, il telegiornale unico di Berlusconi (Tg1,Tg2,Tg4,Tg5), siamo proprio sicuri che questa enorme porzione di opinione pubblica abbia la nostra stessa percezione della realtà ? Davvero questi italiani, che immaginiamo impoveriti, disorientati e quanto mai bisognosi di buone notizie sono così convinti di aver preso una fregatura, sono così consapevoli dellÂinconsistenza del pacco dono governativo, sono così impermeabili alla incessante pioggia miracolosa di sconti, sgravi, risparmi e detrazioni che straripa dai teleschermi? Da quando lui è a palazzo Chigi il problema non è se le cose sono vere ma se vengono vendute come tali. Il fatto è che i numeri non migliorano di niente il triste bilancio delle famiglie. Ma che la gigantesca televendita rischia lo stesso di apparire politicamente convincente.
Primo.Non è vero che il nuovo fisco di Berlusconi realizza il contratto con gli italiani stipulato nel salotto di Vespa. Basta fare i conti per acorgersi che i tagli promessi allora sono otto volte superiori a quelli annunciati ieri dal consiglio dei Ministri.
Eppure la favola di un Berlusconi che «mantiene le promesse», rischia di passare. I suoi proclami, i suoi editti, i suoi ultimatum, le sue minacce, i suoi bluff danno una sensazione di energia e movimento, in contrasto con lÂapparente staticità dellÂopposizione (che, infatti, nel tg unificato risulta sempre seduta intorno al tavolone mentre il premier incede a passi veloci dentro il doppiopetto bombato)
Secondo.Non è vero che gli italiani saranno un po meno poveri. Come ha spiegato Enrico Letta su queste colonne, la legge finanziaria mette più tasse di quanto ne riduca. Toglie 6,5 miliardi di pressione fiscale e contemporaneamente dà 7,8 miliardi di tasse in più per tutti i lavoratori autonomi italiani, riducendo i fondi locali e spostando sui cittadini il taglio dei servizi e lÂaumento della pressione fiscale locale.
Purtroppo, però, si tratta di un raggiro ben congegnato, perché del tutto psicologico. Produce, infatti, attese positive destinate a durare nel tempo prima che risulti evidente che la riforma «comporta riduzioni di imposte irrisorie» (Francesco Giavazzi, «Corriere della sera»). E quando gli italiani comprenderanno che la svolta epocale ha loro regalato soltanto qualche spicciolo, non è detto che le reazioni saranno soltanto di risentimento nei confronti del premier inattendibile. Ci sarà sicuramente chi dirà : Berlusconi è quello che è ma in fondo è lÂunico che ha provato a farci pagare meno tasse.
Terzo. Non è vero che la cosiddetta riforma fiscale viene finanziata esclusivamente con tagli agli sprechi e alle spese inutili. A parte i 75 mila statali in meno, che significa meno personale della scuola e meno addetti alla pubblica sicurezza, esiste il fondato timore che il modesto obolo berlusconiano andrà a gravare sul già gigantesco debito pubblico e che a pagare lÂazzardo saranno dunque le prossime generazioni.
Però, a votare lÂanno prossimo e alle politiche del 2006 ci andranno queste generazioni e quei ceti che il governo più lassista che si ricordi ha provveduto a liberare dallÂillegalità . Moltitudini di contribuenti infedeli, di imprenditori in nero, di proprietari dediti allÂabuso edilizio premeditato e continuato chi dovranno ringraziare, al momento opportuno, se non lÂunico premier della storia capace di di incoraggiare lÂevasione fiscale davanti al comando generale della guardia di Finanza? E questi sono voti, e tanti.
Quarto. à vero che «la diatriba sul fisco è stata solo lÂacme incandescente di uno scontro fra alleati che forse non trovano più ragioni per amarsi(«La Stampa»). Ma questo non significa che Berlusconi è diventato più debole. Se anche Fini e Follini hanno cercato di opporsi al disegno populista del premier, poi però hanno dovuto piegare la testa e sottoscrivere lÂimbroglio fiscale. E, infatti, «Libero», organo ufficiale del nuovo peronismo può titolare trionfante: «Ha vinto Berlusconi». Vedremo quale sarà il prezzo elettorale che An e Udc dovranno versare a Forza Italia (o a Forza Silvio, nuovo movimento costruito sullÂadorazione del capo).
Dunque, ce ne sarebbe abbastanza per dare lÂallarme al centrosinistra, che farebbe malisssimo ad adagiarsi sui sondaggi favorevoli. Questa settimana si è consumata nella disputa sul nome della coalizione che forse, chissà , si chiamerà Alleanza. Ma già da lunedì Prodi e i leader dei partiti dovranno dire molto di più al paese. Sempre che il paese possa ascoltarli sigillato comÂè dentro lÂinformazione unica. Sarà dura far conoscere ai cittadini la verità sul fisco e sul declino economico della nazione. Perforare la barriera di un sistema radiotelevisivo dove non è più possibile il libero confronto democratico, figuriamoci la par condicio. Ma che, a sinistra, qualcuno si ostina ancora a non chiamare regime.
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CITAZIONE
Berlusconi sa di aver perso anche la fiducia delle imprese (ieri si è lagnata anche la Confapi). Così cerca di raddrizzare la baracca (baraccone se parliamo del governo) e visto che non può stampare carta moneta, tenta la carta populista della riduzione della pressione fiscale per rilanciare l'economia. Verrebbe quasi voglia di fargli gli auguri perché la sua ricetta funzioni. Purtroppo ogni giorno che passa la situazione si incancrenisce. E a pagarne il conto saranno gli italiani e il centro sinistra. E saranno dolori.
(Galapagos, Manifesto 26-11)
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EUROPA on the Web 27-11
EDITORIALE
Una Finanziaria scritta sulla sabbia
di ENRICO LETTA
La chiamano svolta epocale. Oggi di epocale cÂè soltanto lÂenfasi propagandistica con cui il premier vuol far passare unÂavventurosa manovra senza seria copertura per un evento della provvidenza.
Innanzitutto, sfatiamo la leggenda: siamo di fronte a unÂoperazione che spalma una cifra modesta su una vastissima platea di contribuenti, con il risultato che il risparmio pro capite è irrisorio. Soprattutto, lo è per le fasce a reddito medio-basso, cioè per quelle che ne avrebbero più bisogno.
Questa legge finanziaria, in realtà , mette più tasse di quante dichiari di toglierne. Annuncia riduzioni per 6,5 miliardi e contemporaneamente prende 7,8 miliardi dai lavoratori autonomi.
Le nuove entrate fiscali indicate altro non sono che nuove tasse. E comunque tutto questo è lontanissimo da quel che era scritto nel Contratto con gli italiani. LÂennesima dimostrazione che quelle promesse erano irrealizzabili.
Ci sono poi i tagli agli enti locali. Il governo e la maggioranza hanno continuato a ripetere che non sarebbero state toccate le risorse per la scuola, né per la sanità , né per i servizi.
Ma dove regioni, province e comuni reperiranno i fondi di cui hanno bisogno per continuare a servire i cittadini? Le possibilità sono soltanto due:o aumento delle imposte locali o taglio dei servizi.
Altro punto debole e davvero deludente è lo slittamento del condono edilizio. Siniscalco, come già Tremonti, aveva detto:«Niente più condoni ». Così non è stato. Come il suo predecessore, lÂattuale ministro dellÂeconomia ha accettato quello edilizio.
Sulla competitività era stato ripetutamente annunciato un collegato che avrebbe rilanciato il paese e le sue imprese. Arriveranno briciole sullÂIrap, uno schiaffo a tutte le proposte che in questi mesi associazioni imprenditoriali di ogni dimensione e tendenza avevano avanzato.
Nulla è stato fatto per ridurre le tasse sul lavoro, lÂunico modo davvero utile per dare più soldi ai lavoratori in busta paga aiutando nel contempo le imprese, che invece da questa manovra non hanno avuto nulla.
Questa operazione non servirà a dare al paese la scossa attesa. Allo stato costa molto, ma sui cittadini si riverbererà con un piccolo obolo.
Ma lÂallarme più forte viene dalla mancanza di coperture certe e definite per questo castello di carta. LÂimpressione sempre più forte è che tutto andrà a gravare sul debito.
Se il nostro debito pubblico risalirà , ci saranno ricadute sulla nostra posizione e considerazione in Europa, ma, soprattutto, vorrà dire che ancora una volta avremo scelto di lasciare una pesante eredità ai nostri figli. Saremo tornati indietro, al peggio della Prima Repubblica.
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APRILEONLINE 27-11
LÂobiettivo di Berlusconi è lÂestinzione dello Stato
Â
e lÂimmoralità nella gestione dei soldi pubblici
[Guido Iodice]
CÂè qualcosa di più di una trovata populistica («meno tasse per tutti») dietro la riforma fiscale varata dal governo. E lo stesso Berlusconi a dirlo: «Credo nei cittadini, non nello Stato». Versione nostrana del reaganiano «il governo è il problema, non la soluzione». Quando si tagliano 6 miliardi e mezzo di spese, si annunciano 75 mila pubblici impiegati in meno, si persegue scientificamente la privatizzazione di tutto ciò che è pubblico  dalla scuola alla sanità , ma anche parte del patrimonio immobiliare  allora non siamo di fronte solo ad una «compensazione» del taglio delle tasse. Siamo di fronte ad un progetto, per quanto confuso e contraddittorio, per quanto condotto con approssimazione e una buona dose di dilettantismo. Il progetto è il sogno di ogni liberista di questo mondo: lÂestinzione del ruolo mediatore dello Stato.
In realtà la «nuova frontiera» della politica berlusconiana è esattamente la cancellazione della sfera pubblica e la contraddizione dei principii costituzionali che finora hanno fatto dellÂItalia uno stato interventista, che non si contenta di fotografare gli assetti sociali, ma tenta di modificarli a favore delle classi deboli.
Come si diceva, non si tratta di unÂidea originale. La Thatcher e Reagan hanno perseguito lo stesso obiettivo, con il risultato di ottenere sì delle economie dinamiche, ma a prezzi sociali paurosamente alti.
In Italia, invece, il liberismo si presenta nella sua versione accattona. Taglia tutto, anzi, inizia proprio dagli investimenti che, soprattutto in un paese di piccole e medie imprese, non dovrebbero essere toccati. Distribuisce a pioggia i pochi spiccioli rimasti, senza quindi ottenere alcun ritorno in termini di crescita delle imprese. Premia lÂevasione e i comportamenti anticoncorrenziali, quelli messi in atto da imprese incapaci di stare sul mercato senza imbrogliare. Il combinato disposto di queste due politiche (lÂestinzione dello Stato e lÂimmoralità nella gestione dei soldi pubblici) rischia di far precipitare il paese in una crisi ancora più buia di quella in cui oggi è.
Tutto il materiale della serie RESISTENZA, da maggio 2001, è consultabile su www.bresciablob.com
Da giugno 2003 anche al sito www.bengodi.org/resistere-a-berlusca