PIU CRISI CHE VERIFICA
REPUBBLICA on-line 29-10
Il Cavaliere gela il leader di An
"Io tiro dritto, votami contro"
di CLAUDIO TITO
ROMA - "Niente verifica e niente crisi di governo". In uno dei corridoi di palazzo Venezia dove ieri ha inaugurato una mostra di Antiquariato, Silvio Berlusconi ha voluto dare l'altolà a Gianfranco Fini. Poche parole, pronunciate mentre Vittorio Sgarbi gli descriveva le opere d'arte esposte. Poche ma comunque nette. Perché la posizione assunta ieri dal vicepremier in un'intervista al Corriere proprio non gli è piaciuta. Non ha gradito nè l'ipotesi di dar vita ad un nuovo governo, nè l'inserimento di una quarta aliquota nella riforma fiscale.
Alla prima occasione, quindi, il presidente del Consiglio ha voluto mettere i puntini sulle "i" respingendo l'analisi del suo alleato sul 7 a 0 delle suppletive. Se quindi Fini parla di verifica, il Cavaliere risponde: "La verifica non è riaperta e non si riapre assolutamente". Se il leader di An ipotizza un Berlusconi bis, lui lo esclude: "La verifica non è riaperta - puntualizza - e quindi non si pone nemmeno il problema della crisi".
In pubblico, sostanzialmente, il premier non è andato oltre. Certo, ha fatto trasparire il fastidio per quella uscita dell'alleato, ma ha preferito non acuire la tensione. Che già era salita alle stelle nel breve faccia a faccia di ieri mattina a Palazzo Chigi, prima del consiglio dei ministri. "Ma scusa - è stato il discorso fatto da Berlusconi e ascoltato da alcuni ministri - ieri siamo stati tutto il giorno insieme, abbiamo lavorato per ore fianco a fianco e non mi hai detto niente". "Veramente - è stata la risposta - queste cose te l'ho sempre dette".
Ma al di là del colloquio che non ha portato al chiarimento tra i due, il premier non ha nascosto con i suoi tutta la delusione. Un vero e proprio sfogo cui si è lasciato andare subito dopo aver letto i giornali. "Io faccio tanto per rilanciare l'immagine del governo, per spiegare che il dato premiante è la coesione - è sbottato - e Gianfranco che fa? Se ne esce in questo modo. Vorrebbe non mantenere le promesse. Lo faccia lui, io le mantengo. Dica semmai apertamente che è spinto a fare quei discorsi dalle correnti del suo partito. Ma io non accetto che le ambizioni ministeriali dei suoi colonnelli condizionino il governo". Berlusconi considera urticante non solo termini come verifica e rimpasto, ma è convinto che parlare di Berlusconi bis mentre si prepara la campagna elettorale per le regionali significa gettare "scompiglio" e "confusone" nell'elettorato di riferimento.
Secondo il premier, la ricetta che può rimettere in ordine la popolarità del centrodestra è da rintracciare nel taglio delle tasse. "I rimpasti invece - ha sibilato - non servono a nulla". Ed era tale ieri mattina l'irritazione del Cavaliere che il filo di dialogo con Alleanza nazionale si stava quasi per spezzare. "Volete la crisi? Bene - si è rivolto ad un ministro di An prima del consiglio dei ministri - allora fatevi avanti. Votate apertamente contro il taglio delle tasse e così la crisi si apre. Poi, però, si va a elezioni e non certo ad un nuovo governo". Una frase buttata là e che poi ha fatto calare sulla riunione di governo una cappa di gelo.
Il tutto, poi, si è svolto alla vigilia della cerimonia per la firma della nuova costituzione europea. La decisone di Fini di porre sul tappeto un tema di politica interna così pesante, ha accresciuto il fastidio del premier. La sponda, seppure tiepida, offerta dal segretario dell'Udc, Marco Follini, al capo di An dopo un colloquio telefonico con lo stesso Fini, non ha migliorato la situazione. Basti pensare che nel corso dell'incontro avuto ieri mattina con Romano Prodi, il presidente "prorogato" della Commissione europea, il tema più dibattuto è stato quello della riforma elettorale. Il premier ne ha parlato a lungo quasi per coinvolgerlo nel percorso che secondo Forza Italia dovrebbe portare ad un rafforzamento della proporzionale o almeno alla scheda unica per votare sia per il candidato maggioritario sia per quelli proporzionali. "È una riforma - sono state le parole di Berlusconi davanti ad un Prodi silenzioso su questo argomento - che conviene a tutti". Ma la legge elettorale è anche la sua risposta ai litigi nella coalizione: "ognuno deve pesare per i voti che prende".
Sta di fatto che oggi, davanti ai leader europei, il presidente del consiglio si è presentato con il fardello di una tensione interna tornata di nuovo ai picchi della scorsa estate. Non a caso il timore dell'inquilino di Palazzo Chigi si è concentrato proprio sul colpo subito dalla sua immagine internazionale soprattutto alla luce del caso Buttiglione. "Ma vi pare si è lamentato con i vertici di Forza Italia - che alla vigilia della cerimonia per la firma del Trattato europeo, il mio vicepremier debba mettere l'intero governo in imbarazzo?".
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CITAZIONE
La vera novità è la distanza che riaffiora fra Berlusconi e il vicepremier. Il capo del governo non si aspettava il suo smarcamento. La sconfitta alle elezioni suppletive di domenica scorsa, però, lha spinto ad amplificare un malumore diffuso. «Fini ha fatto un ragionamento che in larga parte condivido», gli tende la mano Marco Follini, segretario dellUdc. Il gelo di FI e della Lega, ma anche di alcuni dirigenti di An, è indicativo. Promette nuove tensioni e rancori ed evoca un logoramento ulteriore della maggioranza.
(Massimo Franco, Corsera 29-10)
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LUNITA on-line 29-10
Sommario di I pag.
An contro le tre aliquote: «Rafforzerebbero gli interessi del premier»
La guerra delle aliquote è definitivamente iniziata. Alleanza Nazionale abbandona i toni felpati e prepara l'offensiva. Per il partito di Fini la teoria delle tre aliquote (23, 33, 39) che tanto piace al premier è uno «sbaglio colossale». L'aliquota del 39 per cento frutterebbe al presidente del Consiglio un risparmio annuo di soli 760.154 euro. Il premier ci ripensa e accenna a un «contributo etico» (cioè a una beneficenza), che però non soddisfa la proposta di An di inserire un'aliquota aggiuntiva del 43 per cento, per i redditi superiori a 500 mila euro.
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APRILEONLINE 29-10
La punta dell'iceberg
Buttiglione è un fallimento di Berlusconi
[Nicola Tranfaglia]
Pare che le polemiche seguite al rinvio della presentazione della squadra di Barroso abbiano portato in secondo piano il caso Buttiglione.
Nessuno sui nostri quotidiani ha messo in luce che il fallimento di Barroso dipende direttamente dal governo Berlusconi.
In un paese normale,di fronte allenormità delle risposte di Buttiglione ai parlamentari europei sul ruolo delle donne e sulla condizione degli omosessuali, un presidente del consiglio degno di questo nome avrebbe deciso autonomamente di sostituire il proprio candidato, visto che non si può pensare che un integralista cattolico radicale affronti laicamente i problemi che riguardano la giustizia,le libertà e i diritti, a meno di sdoppiarsi completamente e fare lopposto di quello che pensa.
Berlusconi, a quantodicono le cronache, ha assicurato a Barroso che avrebbe proposto a Buttiglione di ritirarsi ma, quando il filosofo ha detto di no, non ha fatto quello che qualsiasi presidente del consiglio avrebbe fatto al suo posto prendendo la decisione sulla base del suo ruolo e della sua responsabilità.
Perfino Giuliano Ferrara,nella sua trasmissione su La Sette, ha dovuto ammettere che questo non significa governare un paese ma lasciarlo andare per la sua strada sulla base dei comportamenti dei singoli componenti della sua maggioranza.
Se questa non è una prova di impotenza preoccupante e di incapacità di governare,non sappiamo quale altra avrebbe potuto accadere.
Resta il fatto assai grave di una commissione europea mandata allaria, di una necessaria proroga della commissione Prodi fino a data da destinarsi, di una pessima, anzi vergognosa figura, fatta davanti non soltanto agli italiani ma agli europei non per difendere la libertà di opinione dei cattolici(che nessuno ha mai messo in discussione, come dimostrano i casi di Prodi, di Santer e di tanti altri commissari europei) ma per mantenere la pace armata allinterno della cosiddetta casa delle libertà.
Tutto questo nonostante il fatto che allinterno della maggioranza parlamentare con ogni probabilità i deputati e i senatori che la pensano come Buttiglione non sono a loro volta la maggioranza.
E difficile trovarsi di fronte a un maggior autolesionismo, prova lampante del fallimento del progetto berlusconiano di governo dellItalia e di politica estera europea.
A questo punto appare grottesca lidea di Berlusconi di festeggiare a Roma da protagonista la firma della costituzione europea. Non si può essere nello stesso tempo il sabotatore dellunificazione europea e quello che finge di festeggiarla.
Tutto il materiale della serie RESISTENZA, da maggio 2001, è consultabile su www.bresciablob.com
Da giugno 2003 anche al sito www.bengodi.org/resistere-a-berlusca