MANIFESTO 30-9
Un silenzio suicida
ROSSANA ROSSANDA
Neanche il sequestro delle due Simone ci ha privato della perpetua rissosità nell'opposizione. Della quale un solo punto è chiaro, che il «come battere» il cavaliere importa meno del «che cosa fare dopo» il cavaliere. Da che Follini ha rinverdito la speranza di una centralità democristiana, una parte della Margherita e dei Ds, oltre che lo Sdi, sono tentati da un governo che tagli le ali: a sinistra - Rifondazione, il correntone, il Pdci e forse altri -, a destra - la Lega, forse An, ma solo parte di Forza Italia. Sembra un sogno, ma è così. Non basta, la tregua concessa al governo per riscattare i quattro di «Un ponte per» diventerebbe volentieri per molti un metodo costante e assai dialogico di accordi e separazioni su singoli punti fra maggioranza e opposizione, destinato a mischiar le carte per il governo successivo quale che sia. Sarà per questo che l'opposizione strilla contro la Casa delle libertà, ma su quel che farebbe una volta al governo resta sibillina? Ds e Rutelli hanno laconicamente detto che «non tutto va cambiato», si sono astenuti sul primo articolo della devolution, Fassino è svolazzato alla convention di Kerry come da giovane svolazzava a Mosca. Non si rendono conto quanta credibilità hanno perduto dal 13 maggio a oggi. E discutono sulla pelle di un orso che ogni giorno di più rischiano di non catturare affatto.
Questa reticenza è stupefacente. Anche la diatriba su chi dovrebbe decidere il programma - Bertinotti insiste che non siano soltanto i partiti - finisce col suonare come un rinvio, perché intanto nessuno si espone. Lo ha fatto soltanto la Fiom che, essendo un sindacato, elenca le urgenze dei lavoratori: finirla con la precarietà, tener fermo il contratto nazionale, basta con la legge 30. Questione bruciante non solo perché va contro l'ondata liberista che ci sta scrosciando addosso, ma perché precarietà, flessibilità, competitività sono state la grande scoperta del primo governo di centrosinistra e costituiscono il cuore della Carta europea. Non che non potrebbero essere discusse, perché oggi si vede che non sono soltanto i lavoratori a essere penalizzati ma che la priorità data al mercato globale ha reso l'economia ingovernabile, introducendo il massimo dell'incertezza e del disordine in tutte le nazioni. La libera circolazione dei capitali e delle merci terremota ogni previsione di crescita, mentre la circolazione delle persone è resa più urgente dalla miserie di posizione e più repressa dalla parte del mondo verso la quale gli infelici convergono. Come invertire queste tendenze? Viene il dubbio che i moderati dell'Ulivo non ci pensano neanche, mentre metà della sinistra sta ancora pentendosi di aver difeso il lavoro e lo chiama statalismo e rigidità. Se ne preoccupano di più le confindustrie, visto che l'allargamento - fortemente voluto dagli Usa - dell'Europa all'Est sta dando luogo a un colossale sistema di dumping. Mettere un freno a questi processi, come ha proposto Zapatero, implica che i governi rivedano i parametri dei trattati europei e che i sindacati cessino di credere che in un'economia globale il lavoro possa essere organizzato nazionalmente. E che dice la nostra opposizione sulle tasse? Si propone di redistribuire il reddito colpendo le ormai enormi rendite per alleviare le fasce più deboli e garantire i servizi collettivi invece che affidarli al mercato e se li compri chi può?
E poi. La Casa della libertà ha fatto dell'Italia il miglior amico di Bush. Romano Prodi ripete che l'Europa deve parlare con una sola voce. Quale, prego? Germania, Francia e Spagna dicono no a Bush e chiedono il ritiro americano dall'Iraq, il Regno Unito, l'Italia, l'Est e altri restano avvinghiati al Pentagono. La stessa divisione entra fin nella Margherita e nei Ds. La sola voce europea che direbbe? E, attenzione, nessuna delle due scelte è indolore e asettica, come non è semplice né asettico invertire l'ondata liberista. Proprio per questo evitar di parlarne rende l'opposizione poco credibile.
Sono solo due esempi di questioni decisive, che la destra cavalca ma senza che chi chiede il voto contro Berlusconi dica quale progetto ha, sempre che l'abbia. Viene il dubbio che chi non si sforza di convincere ha già smesso di puntare a vincere.
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STAMPA 30-9
Da anti-Berlusconi ad alter-Berlusconi
La lunga marcia di Walter Veltroni
di Filippo Ceccarelli
Per la liberazione delle due Simone ha acceso il Colosseo. Click. E per la festa del ritorno a casa ha offerto come scenografia il piazzale michelangiolesco del Campidoglio. Come dire: quanto a perfezione dallestimenti e macroscopiche luminosità, il presidente Berlusconi si dia una regolata.
Sempre più Walter Veltroni si conferma un interessante caso dantagonismo mimetico, o mimetismo antagonista. Doverosa la spiegazione. Più che lanti-Berlusconi sembra configurarsi come lalter-Berlusconi, il suo doppio speculare, una copia politicamente simmetrica, un prototipo uguale e contrario, là dove questa geometrica contrarietà è orientata per così dire a sinistra.
Ma attenzione, perché la sinistra, nel caso del sindaco di Roma, appare come una categoria ideologica non solo abbastanza desueta, ma anche un po fuorviante. Come del resto conferma lultimo sondaggio Ipsos (maggio 2004) che nellUrbe registra sul nome di Veltroni, ma sarebbe meglio dire sul suo volto e sulla sua immagine, un gradimento pressoché plebiscitario: 82 per cento. Pure su questo il Cavaliere si dia una regolata. E anche quegli altri del centrosinistra che riempiono le loro giornate a litigare o a vendicarsi.
Senza farla troppo lunga: linterventismo di Veltroni sulla vicenda delle due volontarie rapite in Iraq - un atteggiamento a tratti addirittura crocerossino - finisce per rivelare, più che le ambizioni personali del personaggio, alcuni recentissimi sviluppi della politica e soprattutto dei suoi leader nel senso dellemulazione strategica. In altre parole, lipotesi è che il sindaco di Roma abbia fatto sua la lezione del Cavaliere commutandola in maniera evoluta ben al di là del recinto berlusconiano. Ma in modo tale da risultare, il veltronismo, con i suoi romanzi, i suoi musei, le sue foto accattivanti, i suoi cd e dvd alla moda solidale (con Diaco), i suoi «villaggi della pace» e i suoi «parchi della memoria», e poi con gli artisti e gli sportivi disabili, gli ex deportati, gli eroi senegalesi, gli ultrà pentiti, le donne minacciate di lapidazione, i vecchietti rallegrati da Totti, i dipendenti comunali in permesso per volontariato, i barboni massacrati e poi premiati per il loro coraggio civico, insomma, è come se il mondo di Walter fosse più simile a un berlusconismo alternativo che non a una radicale alternativa al berlusconismo.
Va da sé che quasi tutti gli «ismi» sono inevitabili forzature giornalistiche. E che levoluzione delle forme espressive della politica è un fatto complesso dalle mille implicazioni. Sarebbe semplicistico, oltretutto, oltre che ingiusto, ritenere che Veltroni imita, anzi si è messo a «copiare» il Cavaliere, se non altro perché è in politica da molto prima di lui. E tuttavia, a proposito di quella ipotetica «mimesi», di quellantagonismo alla rovescia, varrà giusto la pena di ricordare che nel 1990 Walter pubblicò con gli Editori Riuniti un volume che sintitolava: «Io e Berlusconi (e la Rai)».
Chi vi cercasse ghiotte narrazioni intimistiche tipo «Senza Patricio» (Rizzoli) rimarrebbe deluso. Il libro è una raccolta di articoli, discorsi, interviste sulla tv. Eppure quel furbo titolo suona oggi più che giustificato che allettante perché rende bene lidea di quanto, fin da allora, Veltroni abbia studiato Berlusconi. E ancora di più perché dimostra quanto labbia via via capito assimilandone i tempi rapidi, i percorsi e i calori televisivi, le esigenze spaziali e spettacolari delle rappresentazioni, i linguaggi al tempo stesso sincopati, comprensibili e immaginifici, la forza delle emozioni, i segni del consumo e le risorse simboliche da utilizzare nel grande gioco del consenso da conquistarsi a distanza.
Sempre ieri, proprio ieri, durante la presentazione del best-seller veltroniano al teatro Argentina - lha notato Luca Telese sul Giornale - uno dei presentatori, Vincenzo Mollica, ha ritenuto di citare adattandola al sindaco-scrittore una frase di Federico Fellini: «Lunico realista è il visionario». Ecco, neanche a farlo apposta: questo della visione e del realismo visionario è un altro tipico argomento del berlusconismo (che lha mutuato da Erasmo). Così tipico che nella liturgia del decennale il Cavaliere lha utilizzata in uno dei suoi abituali botta e risposta con la platea. Chiese dunque Berlusconi a quella folla plaudente: «Avete fatto bene a credere alla visionaria follia di chi vi sta parlando?». E quelli: «Sìììì!».
Bene, Veltroni non lo farebbe mai. Però anche perché non ha bisogno. Basta che sia se stesso e faccia emergere i contrasti. Da una parte il successo e il lusso, per dire, e dallaltra il dolore, la miseria, lAfrica (il sindaco, in effetti, è in partenza per Maputo, dove inaugurerà una scuola). Da una parte il segreto sui meravigliosi lavori a villa Certosa, dallaltro le fantasmagoriche moltitudini della notte bianca. E ancora. Berlusconi che seduce e diverte, Veltroni che protegge e cura; luno fa lamicone di Bush, Blair e Putin, laltro approfitta di un concerto per far abbracciare sul palco israeliani e palestinesi. Nel frattempo, la politica cambia. Ma il conflitto pure.
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CORSERA 30-9
Le prossime dieci ampie convergenze tra destra e sinistra
di GENE GNOCCHI
A - Ampia convergenza sul fatto che Del Piero come prima punta fa tattica e deve ritagliarsi unaltra posizione in campo, dietro agli attaccanti. Bertinotti propenderebbe invece per la fascia sinistra a supporto di Zambrotta
9 - Ampia convergenza sul fatto che il film di Susanna Tamaro è una palla micidiale. La Lega fa presente che il ministro Castelli è riuscito a vederlo tutto senza addormentarsi
8 - Ampia convergenza sul trasferimento della discarica di rifiuti tossici sull'Isola dei famosi. Bertinotti propone di salvare Alessia Merz, dirigente della sezione di Rifondazione "Gianni Pettenati" di Sassuolo
7 - Ampia convergenza sul primo articolo della nuova Costituzione: «L'Italia è una Repubblica fondata sul fatto che la sera, di riffa o di raffa, ci si imbuca tutti a "Porta a Porta"»
6 - Ampia convergenza sullistituzione del Parco naturale del Pubblico Ministero, in cui i giudici potranno liberamente indagarsi tra loro
5 - Ampia convergenza sul fatto che i calendari più eccitanti sono quelli di Mascia e Alessia Fabiani. La Lega rileva che di Mascia preferisce la parte nord, mentre della Fabiani vanno bene anche il Sud e le Isole
4 - Ampia convergenza su una legge che impedisca a Montezemolo di diventare Gran Mogol delle Giovani Marmotte e presidente dellAssopiastrelle
3 - Ampia convergenza sul fatto che il decoder Sky torni a funzionare con le schede taroccate
2 - Ampia convergenza sul fatto che alla Regione Puglia vengano tolti i contributi statali perché tanto lì vincono sempre al Superenalotto
1 - Ampia convergenza sul prossimo aumento di stipendio dei parlamentari. Lega e Rifondazione sono daccordo
AVVISO - Chiunque non voglia più ricevere queste mie "circolari" non deve fare altro che mandarmi un UNSUBSCRIBE
NOTA -- Da giugno 2003 le MEDITAZIONI arretrate sono consultabili al sito www.bengodi.org/resistere-a-berlusca